John Bradshaw, biologo inglese direttore dell’Istituto di Antrozoologia della Scuola di Scienza Clinica Veterinaria dell’Università di Bristol, ha pubblicato un nuovo libro dal titolo Cat Sense (Allen Lane/Basic Books) e in un articolo pubblicato sulla rivista New Scientist svela come ci vedono i gatti.
Per loro non siamo padroni o capobranco, come per i cani, ma felini più grossi che sostituiscono la madre.
Come mai? Scopriamo che cosa determina questo meccanismo psicologico dovuto ad anni di convivenza con noi.
Quello che nella maggior parte dei casi si può verificare, soprattutto nei gatti che si relazionano solo a noi esseri umani e non hanno compagni felini, è quel fenomeno chiamato “sostituzione interattiva” per cui un micio, non considerando alcuna differenza fisica tra noi e lui, ci chiede di giocare, di comunicare e interagisce con noi esattamente come fa con i suoi simili.
Questa scoperta non solo conferma che, a dispetto di quanto abbiamo sempre creduto, i gatti si legano a noi ma anche che le loro capacità e risorse psicologiche, anche a livello emotivo, sono dotate di un potenziale inesauribile. Non è tutto.
La scienza ci racconta che possiamo legarci ai nostri mici in maniera indissolubile e, talvolta, potremo anche arrivare a somigliarci, quantomeno nelle abitudini quotidiane. Scopriamo tutti i segreti della “pazzesca” relazione tra noi e loro… Non è tutto.
Ci sono ricerche recentissime che si spingono addirittura oltre. Ma la notizia sconvolgente e, dal nostro punto di vista, esaltante, è che il gatto proverebbe piacere a stare insieme a noi. In questo modo,
la scienza potrebbe aver definitivamente cancellato secoli e secoli di tradizione che hanno dipinto il gatto come un animale opportunista, senza scrupoli, interessato solo alla nostra funzione di fornitori di cibo.
Finalmente noi, padroni attenti e premurosi, potremmo arrivare a spiegare tanti comportamenti casalinghi che altrimenti rimarrebbero difficili da comprendere, come il fatto che il micio ami dormire con noi o starci accanto.
1. Dall’amore per loro... alla somiglianza con noi
Assomigliamo davvero ai nostri animali.
Lo ha provato una ricerca condotta nel 2004 da Michael M. Roy e Nicholas J. S. Christenfeld del Dipartimento di Psicologia dell’Università della California di San Diego (pubblicata sulla rivista Psychological Science).
Inizialmente si pensava che fosse una sorta di leggenda riferita soltanto ai cani.
Oggi le ricerche si estendono anche ai gatti, con una sola variante: nei piccoli felini sono soprattutto il carattere e gli atteggiamenti a risultare simili, come il modo di stare seduti o di guardare il mondo circostante, il portamento oppure i gusti o il grado di curiosità.
I due ricercatori californiani cominciarono con l’effettuare la loro indagine visitando tre diversi parchi pubblici aperti ai cani e chiedendo ai proprietari il permesso di scattare delle fotografie a loro e ai rispettivi amici.
Il campione era costituito da 24 donne, 21 uomini, 25 cani di razza e 20 meticci. Si chiedeva poi ai proprietari un ulteriore dato: da quanto tempo vivessero insieme ai loro amici.
Le foto di cani e padroni sono state poi mostrate separatamente a 45 volontari ai quali è stato chiesto di abbinare le fotografie dei cani ai rispettivi proprietari.
Nella gran parte dei casi, i volontari hanno “indovinato” l’accoppiamento tra cane e padrone!
2. Riconoscono la nostra voce
Avete mai provato a far ascoltare un messaggio audio con la vostra voce al micio di casa? Talvolta la reazione è incredibile.
Ma vediamo come mai. È luogo comune pensare che i gatti ignorino o quasi il padrone. O, almeno, questo è quanto la tradizione ha sempre tramandato.
Eppure, e chi ha mici lo sa bene, li vediamo dormire con noi, chiamarci, aspettarci al ritorno dal lavoro. Sono davvero così disinteressati? Secondo gli etologi non è proprio che ci vogliano bene.
La loro attenzione nei nostri confronti sarebbe giustificata dal fatto che noi rappresentiamo per loro una certezza legata alla soddisfazione dei loro bisogni: cibo, habitat e divertimento (intorno a noi si concentrano tutti quelli che per loro sono stimoli).
Di sicuro ci studiano e ci riconoscono; conoscono le nostre abitudini e percepiscono i nostri stati d’animo. È stato dimostrato, infatti, che registrano ogni nostro passo ed elaborano tutte le informazioni che catturano. Non solo. Riconoscono le nostre voci, dal vivo, registrate e perfino in radio o al telefono.
A questo proposito, una ricerca è stata condotta attraverso l’osservazione di alcune reazioni ai suoni: a un campione di gatti sono state fatte ascoltare registrazioni di sconosciuti che parlano e altre, invece, con la voce dei padroni, senza che questi fossero realmente presenti alla loro vista.
I gatti, durante l’ascolto, hanno modificato il loro comportamento, ruotando le proprie orecchie in direzione della fonte sonora nota.
Se questo può sembrare un riflesso evidente (il gatto sente un suono e presta attenzione), più interessante è la reazione oculare, con la dilatazione delle pupille, segno non soltanto di attenzione ma anche di eccitazione e predisposizione alle emozioni.
Altri studi successivi, infatti, hanno dimostrato che i movimenti oculari sono strettamente connessi alle reazioni del cervello in seguito a stimoli emozionali. Tutte queste reazioni sono state registrate all’ascolto delle voci dei padroni o di altre persone a loro familiari.
Da ciò si deduce che, pur non manifestando particolare interesse all’ascolto, i gatti percepiscono comunque l’informazione. Dopo 10mila anni di coabitazione con gli umani, forse davvero tra noi e loro si è creato un feeling particolare da celebrare oggi più che mai.
3. Qualche consiglio
Con i gatti non sempre è semplice indirizzare il gradimento di uno verso gli altri o verso di noi.
Diciamo che, quanto ad amicizie e non solo, i mici hanno un bel caratterino.
Più che una ricetta per dare vita all’amicizia perfetta, sono utili consigli per gestire al meglio le relazioni tra gatti e tra gatti e noi.
Arriva un nuovo micio o il micio appena arrivato è poco socievole? Lasciamogli i suoi spazi, non forziamo il contatto con lui ma facciamogli sentire costantemente la nostra presenza in casa, parlandogli e coinvolgendolo.
Una buona idea può essere dargli una compagnia felina “tollerante” in modo che, imitandola, superi qualche insicurezza.
Può essere fondamentale dividere lo spazio dei “coinquilini” umani e felini in modo che tutti abbiano un luogo tranquillo (anche piccolo) in cui sentirsi a proprio agio. Il micio creerà un “mondo di odori” tutto suo.
Odori che poi, attraverso lo scambio di copertine e oggetti, verranno mischiati a quelli degli altri componenti della famiglia. Successivamente, sarà importante lavorare sulla vista: mostrare al gatto che il mondo con cui lui deve convivere non è ostile.
Infine, non per importanza, creare degli spazi verticali per i gatti in modo che, pur restando confinati nell’ambiente domestico, le prospettive, le possibilità di movimento e la fantasia moltiplichino il loro potenziale avvicinando il modello “casalingo” a quello “nature”.
4. Una ricerca incredibile! A loro piace stare insieme a noi
Secondo un recentissimo studio, condotto nella sede della prestigiosa Oregon State University’s Human-Animal Interaction (HAI) lab, i gatti, durante i tanti anni di vita accanto all’uomo, avrebbero imparato ad amarci e ad apprezzare la nostra compagnia tanto da cercarla, in alcuni casi.
Parte delle motivazioni sembra siano addirittura genetiche.
La teoria per cui la domesticazione delle piccole tigri avrebbe avuto origine sulle navi o nei palazzi, dove venivano introdotti per cacciare i topi, è confermata, ma da sola, secondo gli scienziati, non sarebbe in grado di giustificare l’intero percorso della relazione micio-uomo che trova oggi fondamenti scientifici molto più solidi e importanti.
Come mai il gatto ci aspetta, ci sta vicino, ci cerca e, se stiamo in una stanza piuttosto che in un’altra, tende quasi sempre a raggiungerci? Si pensava che il motivo fosse uno soltanto: il fatto che noi siamo il loro punto di riferimento.
Ma al team di ricerca non sembrava sufficiente. Secondo esperimenti condotti su diversi campioni di gatti in parità di condizioni, infatti, tra cibo, giochi, caccia ai topi e la nostra compagnia, il 50 per cento dei gatti ha indirizzato le proprie attenzioni proprio all’essere umano, scegliendo di passare del tempo con noi!
E, a parere dei ricercatori, si tratta di una percentuale più che sufficiente a dimostrare la tesi. Ma perché il nostro gatto scappa quando arriviamo in salotto e pare non gradire la nostra presenza?
A noi sembra di non aver fatto nulla di male, anzi, siamo convinti di viziarlo. Ma talvolta ci sbagliamo. Sebbene lo facciamo con le migliori intenzioni, può essere che senza rendercene conto assumiamo un atteggiamento che viene percepito come “ostile”.
Ci sbracciamo andandogli incontro? Alziamo la voce? Corriamo verso di lui? Vogliamo prenderlo in braccio a tutti i costi? Ci avviciniamo a lui con passo sostenuto, magari con qualche oggetto (fosse anche il più innocuo) in mano?
Si tratta di atteggiamenti tutt’altro che rilassanti, soprattutto se il micio ha un carattere timido o pacato. Se un gatto spavaldo e giocherellone, infatti, potrebbe mettersi in fuga e cogliere questi movimenti come una proposta di gioco, un micio schivo e ancora non del tutto integrato nell’ambiente di casa, reagirà quasi certamente con paura.
Siamo sempre delicati e non forziamolo con atteggiamenti appiccicosi e bruschi, andrà meglio.
5. Capire quello che ci dice
Facile! Vediamo, “parola per parola”, le più classiche espressioni!
- MIAGOLIO LAGNOSO: si perde o è confuso, bisognoso di attenzione immediata, molto affamato.
- CHIACCHIERICCIO: fa vibrare i denti e muove le mascelle rapidamente con un suono che sembra un chiacchiericcio, quando vede una preda ma non è in grado di afferrarla (per esempio, la finestra è chiusa o la preda è lontana).
- BRONTOLIO: è un suono basso, prolungato, rabbioso.
- MIAGOLIO: è il modo di “parlare” del gatto. Miagola per salutare gli amici e altri animali che conosce, magari si lamenta o chiede qualcosa.
- MORMORIO: somiglia alle fusa, ma non è prolungato. Il gatto spesso mormora per salutare il suo padrone, oppure quando vuole mangiare o ricevere attenzioni. A volte è un ringraziamento.
- FUSA: è un ronzio sommesso, ritmico, prolungato. Di solito il gatto lo emette quando è felice e contento, o in specifiche situazioni. A volte, tuttavia, fa le fusa se non si sente bene o ha dolori. In quest’ultimo caso indica bisogno di aiuto.
- SOFFIO: segno di rabbia o fastidio, talvolta con emissione di saliva come in uno sputo.
- STRILLI. Strilla quando lotta o ha forti dolori. Come rispondergli? Semplice. Avendo un udito molto sviluppato, il gatto individua la differenza tra i diversi toni di voce.
Se vogliamo mostrargli affetto, parliamogli con sussurri morbidi e sommessi e lui capirà subito. Se siamo arrabbiati e vogliamo che smetta di fare qualcosa, un richiamo aspro non mancherà di attirare la sua attenzione.
Risponde in modo positivo anche al tono normale di conversazione e un gatto che ci vuole bene gradisce che si conversi continuamente con lui. «Vado nell’altra stanza», oppure «Adesso mi siedo e guardo un po’ di televisione, vieni con me?», e così via.
Presto conoscerà la nostra voce e imparerà a capire il nostro umore e i nostri desideri.