È impossibile scindere la figura di Giuseppe Verdi musicista, uno dei più prolifici compositori italiani, da quella del patriota.
Il suo Nabucodonosor, andato in scena alla Scala di Milano nel 1842, ha accompagnato l’Italia risorgimentale verso l’unità nazionale.
Pur dedicato ad Adelaide, la figlia del viceré austriaco a Milano, incarnava il crescente sentimento antiaustriaco dei milanesi e benché raccontasse la schiavitù del popolo ebraico, si trasformò in un inno alla libertà e all’indipendenza, emblema dell’Italia patriottica ottocentesca.
Persino il nome “Verdi” fungeva da codice per i sostenitori dell’unità italiana. Ai suoi concerti la platea infatti urlava “Viva VERDI”, acronimo che significava “Viva Vittorio Emanuele re d’Italia”.
Giuseppe Verdi ha anche ricoperto la carica di senatore dell’Assemblea nazionale di Italia dal 27 gennaio 1861.
A 120 anni dalla morte, ricordiamo uno dei più importanti compositori italiani: la sua vita attraversò tutto l’Ottocento e la sua musica sostenne i nostri patrioti, decisi a ribellarsi al dominio straniero.
Una delle sue opere più famose è il Nabucco, diventato un inno alla libertà e all’indipendenza.
1. Musicista precoce
Giuseppe Fortunino Francesco Verdi nacque il 10 ottobre del 1813 da due albergatori a Roncole di Busseto, un paesino alle porte di Parma.
Il Ducato di Parma era politicamente legato all’Austria poiché la sua sovrana, Maria Teresa, ex moglie di Napoleone, era una principessa austriaca.
Dal 1908 i territori di Busseto erano però entrati a far parte dell’impero francese, creato da Napoleone.
Fin dai 4 anni, Giuseppe prese lezioni di latino e italiano da Pietro Baistrocchi: fu lui a consigliare la famiglia Verdi di fargli intraprendere lo studio della musica.
Così i genitori gli comprarono una spinetta sulla quale lui mosse i primi passi, ma poiché non avevano mezzi per aiutarlo adeguatamente, cercarono sostegno nel ricco notabile e intenditore di musica Antonio Barezzi.
Questi permise a Giuseppe di proseguire gli studi nella scuola di musica bussetana diretta dal maestro Ferdinando Provesi. A soli otto anni iniziò a comporre brani per la banda del paese. Si diplomò nel 1827 al ginnasio, dopodiché poté dedicarsi esclusivamente alla musica.
Tra il 1829 e il 1830 divenne membro della Filarmonica locale e si trasferì presso l’abitazione di Barezzi, dove prese a impartire lezioni di canto e di pianoforte a sua figlia Margherita, con la quale dal 1831 iniziò una relazione sentimentale.
In quello stesso anno, presentò domanda di ammissione al Conservatorio di Milano. Dovette intercedere per lui la duchessa d’Austria, Maria Luigia, grazie alla quale la domanda fu accolta il 14 gennaio 1832.
Verdi aveva infatti 19 anni e le regole del Conservatorio parlavano chiaro: il limite massimo per entrare era 14, a meno che non si dimostrassero doti straordinarie, per dimostrare le quali era necessario sottoporsi a esami severi.
Verdi non riuscì a superarli. Il verdetto fu: “Non corretta posizione delle mani sul pianoforte e non sufficiente cognizione delle regole del contrappunto”.
Ciononostante, il successo per lui non si fece attendere. Iniziò a comporre compulsivamente e a esibirsi sempre di più.
2. Successo, lutti e le prime opere alla Scala
Nel 1834 Verdi si esibì al Teatro Filodrammatici di Milano come maestro al cembalo in un’esecuzione dell’oratorio La Creazione di Franz Joseph Haydn.
Il direttore della Società Filarmonica di Milano, Pietro Massini, che era presente, notò le sue doti e lo incoraggiò alla composizione, trasmettendogli l’amore per l’opera.
Alla fine del febbraio 1836 fu nominato Maestro di Musica del Comune di Busseto e nel frattempo decise anche di coronare il suo sogno d’amore con Margherita Barezzi.
Si sposarono il 4 maggio 1836. Margherita aveva ventidue anni, lui ventitré. Dopo un breve viaggio di nozze a Milano, la coppia tornò a Busseto e si stabilì a Palazzo Tedaldi. Il 26 marzo 1837 nacque la loro prima figlia, Virginia Maria Luigia, e l’11 luglio 1938 il figlio maschio, Icilio Romano.
In quell’anno i Verdi si trasferirono a Milano. Qui, nel 1837, il giovane compositore chiese l’assistenza di Massini per mettere in scena una sua opera. Sarebbe stato l’inizio di una carriera di successi straordinari.
Il biennio successivo fu però segnato da gravi lutti familiari: morirono infatti entrambi i suoi figli: Virginia, il 12 agosto 1838, e Icilio, il 22 ottobre 1839. Avevano circa un anno e mezzo.
Il talento di Verdi era sempre più riconosciuto.
Fu chiamato per l’allestimento dell’opera Oberto, Conte di San Bonifacio, con libretto di Antonio Piazza, che andò in scena nel 1839 alla Scala, suscitando apprezzamento e ottenendo ben 14 repliche.
A questo punto, il teatro scaligero gli propose una seconda opera: Un giorno di regno, un melodramma giocoso, che Verdi accettò con riluttanza. Non se la sentiva di dedicarsi a un genere leggero dopo i dolori che lo avevano colpito.
Proprio mentre stava lavorando a quest’opera, anche sua moglie Margherita, il 18 giugno 1840, morì di encefalite. Aveva 26 anni. Un giorno di regno fu messa in scena nel mese di settembre ed ebbe un esito disastroso.
Fu rappresentata una sola volta, anche se, qualche anno dopo, sarebbe stata bene accolta a Venezia. Qua sotto, un ritratto di Margherita Barezzi.
3. L’incontro con Giuseppina
A consolare il dolore lacerante di Verdi per la morte dei figli e di sua moglie, fu l’incontro con il soprano Giuseppina Strepponi, che sarebbe diventato il grande amore della sua vita.
Si erano conosciuti alla Scala di Milano in occasione dell’allestimento dell’Oberto conte di San Bonifacio nel novembre 1839, ma il cuore di Verdi in quel momento non era libero.
Allora Giuseppina, che era nata a Lodi nel 1815 (primogenita di cinque figli di Rosa Cornalba e di Feliciano, compositore ed organista al Duomo di Monza), frequentava il Conservatorio di Milano.
Attraverso l’impresario Merelli, lo stesso di Verdi, stava iniziando la sua carriera lirica, che sarebbe stata costellata di successi. Qua sotto, un ritratto di Giuseppina Strepponi
L’amore non scattò subito, ma solo qualche anno dopo, quando lei e Giuseppe furono chiamati ad affrontare la prova lirica più importante: il Nabucodonosor. Il poeta Temistocle
Solera andò a trovare il musicista nella sua abitazione di via dei Servi a Milano e gli sottopose il libretto. Verdi vagò nella notte per la città per riflettere sulla proposta, poi una volta tornato a casa – come avrebbe raccontato in seguito – il libretto si aprì sulla pagina delle parole che sarebbero passate alla storia: “Va pensiero sull’ali dorate”.
Il canto doloroso del popolo ebraico lo colpì al cuore: sarebbe divenuto il canto contro lo straniero austriaco. Debuttò il 9 marzo 1842 alla Scala e fu un trionfo: Giuseppina interpretava il ruolo da protagonista femminile, Abigaille.
Era una donna amorevole ma anche decisa: riuscì infatti a cogliere l’animo fragile di un Verdi irascibile e cupo, spezzando la corazza che si era creato dopo la morte dei suoi cari. Da quel 1842 non si lasciarono più.
Il successo di lui non andò però di pari passo con quello di lei, che, dopo anni ricchi di soddisfazioni, ebbe un calo di voce: decise allora di trasferirsi a Parigi per insegnare canto lirico. Verdi la raggiunse lì per lunghi periodi.
Sotto: locandina di Aida rappresentata a Cleveland (USA) nel 1908.
4. La Traviata
Nel 1851 la coppia si trasferì nella Tenuta di Sant’Agata, a Villanova sull’Arda nell’attuale provincia di Piacenza.
Erano molto riservati, ma risentirono presto dei giudizi provinciali dei locali.
Decisero allora di stabilirsi in Francia dove, anni dopo, celebrarono il loro matrimonio in una piccola chiesetta di Collonges-sous-Salève in Savoia, con il cocchiere e il campanaro come testimoni.
Era il 29 agosto 1859. Verdi ormai si era votato al genere della tragedia e ne produceva una o due all’anno. Riuscì a comporre tredici opere in dieci anni, tra cui Attila, Ernani, Giovanna d’Arco.
La maggior parte mettevano in scena la lotta del popolo contro l’invasore. In quel momento l’Italia era punteggiata da rivolte: Napoli e la Sicilia insorgevano; il Regno di Piemonte-Sardegna dichiarava guerra all’Austria, mentre i repubblicani lottavano per l’indipendenza sotto Garibaldi e Mazzini.
Le opere “patriottiche” di Verdi rinvigorivano il sentimento nazionale degli italiani. Ormai si era imposto come uno tra i più grandi compositori viventi. Nel 1853, alla Fenice di Venezia, andò in scena quella che sarebbe diventata la sua opera lirica più rappresentata al mondo: La Traviata.
Tratta da La signora delle camelie di Alexandre Dumas, era incentrata sulla storia della mondana Violetta, che aveva dovuto rinunciare al suo amato Alfredo a causa della tirannia dei cliché sociali.
Da quel momento in poi, Verdi iniziò un nuovo percorso che lo portò dalle opere patriottiche a quelle psicologiche, evoluzione già evidente in Luisa Miller e Macbeth.
La Traviata tuttavia fu sottoposta a censura per i temi considerati scabrosi e per i costumi, accusati di eccessiva modernità. Fu successivamente rappresentata in costumi d’epoca Luigi XIII e apprezzata. Un anno dopo andò in scena sempre a Venezia e fu un trionfo.
Qua sotto, illustrazione che mostra Giuseppe Verdi direttore d’orchestra alla prima di Aida a Parigi nel 1880.
5. Un nuovo amore prima della morte
Grazie al suo successo Verdi era riuscito ad accumulare un grande capitale.
Lo destinò all’acquisto di una proprietà a Pulgaro, nei pressi di Busseto, dove realizzò una serie di investimenti in lotti di terreno e diventò imprenditore agricolo.
Nel 1951 acquistò la proprietà di Sant’Agata, in provincia dell’attuale Piacenza. Dal 1851 al 1891 continuò a comprare nuovi appezzamenti, compiendo un percorso di ascesa sociale e patrimoniale che lo portò a essere il facoltoso proprietario di oltre 700 ettari di terra.
Così, dal 1870, iniziò a comporre meno e a essere sempre più immerso nelle attività finanziarie, che gestiva con attenzione, ma anche con generosità: la dimostrò creando a Milano una casa di riposo per musicisti bisognosi.
Anche lui venne travolto dalla grande crisi agraria che si abbatté sull’Italia appena unita, ma non si diede per vinto e si trasformò in filantropo, offrendo ai contadini un’occupazione che permettesse loro di sopravvivere, sottraendosi almeno in parte all’impoverimento generale.
Verdi comunque non smise mai completamente di comporre. Questi furono gli anni di La forza del destino (1862) e dell’Aida (1871) commissionatagli per l’inaugurazione del Canale di Suez.
Nel 1867 l’Opera di Parigi gli affidò invece Don Carlos, in cui la protagonista Elisabeth era interpretata dalla soprano Teresa Stoltz, che sarebbe diventata il suo ultimo amore.
Si rincontrarono a Genova l’anno dopo e s’innamorarono. Dopo la morte della Strepponi sembra che la Stoltz si trasferì a Sant’Agata, residenza di Verdi dove rimase fino alla morte di lui.
Per la sua ultima opera, Falstaff (1893), Verdi attinse ancora una volta a Shakespeare, uno dei suoi autori preferiti, dal quale aveva precedentemente “preso in prestito” altri personaggi come Macbeth e Otello. Dopo decenni di tragedie, il suo ritorno alla commedia gli fruttò un trionfo assoluto.
Verdi si spense all’alba del 27 gennaio 1901. La sua salma fu condotta al Cimitero Monumentale di Milano per essere tumulata provvisoriamente; poi fu traslata assieme a quella della moglie Giuseppina, morta qualche anno prima, alla casa di riposo per musicisti di Milano.
Alla Scala Arturo Toscanini diresse in suo onore il Va’, pensiero, con un coro di 900 cantanti e 120 strumentisti.
Nella foto sotto, un ritratto di Giuseppina Pasqua, Teresa Stolz, Giuseppe Verdi, Leopoldo Mugnone. Foto di Pietro Tempestini, Montecatini Terme, 1899.
Note
LA VITA DI GIUSEPPE VERDI IN 10 DATE
1813: Nasce a Roncole, vicino a Busseto (provincia di Parma).
1839: Incontra il soprano Giuseppina Strepponi durante le prove della sua prima opera, Oberto, conte di San Bonifacio. Se ne innamora dopo la mor- te di Margherita Barezzi, sua prima moglie.
1842: Il Nabucodonosor va in scena alla Scala di Milano. Il “Coro Ebraico” diventa un simbolo della rivolta italiana contro l’Austria.
1850-1852: Compone Rigoletto, Il trovatore e La traviata.
1861: Proclamazione del Regno d’Italia. Verdi viene eletto membro dell’Assemblea nazionale italiana.
1868: Incontra a Genova il soprano Teresa Stoltz. Sarà l’ultima donna della suavita.
1871: L’Aida va in scena al Cairo (Egitto).
1887: Otello va in scena al teatro alla Scala di Milano
1893: Composizione e messa in scena dell’ultima opera: Falstaff.
1901: Muore a Milano.