È sotto gli occhi di tutti che la vita umana sta allungandosi sempre più, ma oggi si punta a raddoppiarne la durata.
La scienza non ha ancora accertato fino a quale età si potrà vivere.
Uno studio del dipartimento di genetica dell’Albert Einstein College di New York ne ha fissato il limite più probabile intorno ai 115 anni, con un confine pressoché invalicabile a 125.
Secondo due ricercatori della McGill University californiana, invece, è impossibile stabilire l’esistenza di un limite preciso: l’età massima raggiungibile da un essere umano potrebbe continuare a crescere anche fino ai 200 anni.
Forti di tali aspettative, gli imprenditori più ricchi hanno deciso di investire nella ricerca di soluzioni per allungare la vita.
Come? Agendo sui geni. Non solo: anche la tecnologia è al lavoro per sostituire organi invecchiati e inefficienti con altri artificiali!
1. Utopie miliardarie
Pierre Omidyar, fondatore di eBay, ha finanziato con 70 milioni di dollari un progetto dell’azienda californiana di San Diego Human Longevity che punta a rigenerare il corpo e aumentare la longevità.
Larry Page e Sergey Brin, fondatori di Google, hanno dato vita a Calico, un’azienda di ricerca nel settore delle biotecnologie che realizza tecnologie avanzate per comprendere meglio la biologia che controlla la durata della vita.
Sempre in casa Google c’è chi ritiene, come l’ingegnere capo Ray Kurzweil, che il venire a patti con la morte sia un traguardo a portata di mano. Secondo i suoi calcoli, entro il 2030 saremo in grado di iniettare minuscoli “nanobot” nel nostro sistema circolatorio.
Questi distruggeranno gli agenti patogeni, rimuoveranno i detriti, ci libereranno da coaguli e tumori, correggeranno i difetti del DNA e invertiranno il processo di invecchiamento.
Jesse Karmazin, laureato in medicina alla Princeton University, mai entrato nell’ordine, ha invece fondato Ambrosia, una controversa startup che, alla modica cifra di 8mila dollari a seduta, promette di allungare la vita con trasfusioni di sangue da persone più giovani. A
ncora più radicale il magnate russo Dmitry Itskov, addirittura convinto che l’uomo possa diventare immortale. La sua fondazione Project 2045 studierà come trasferire la mente e la personalità umana in un avatar robotico controllato da un’interfaccia cervello-computer.
In mancanza di un avatar, il trasferimento si limiterebbe a un computer. In questo caso, corpo e vita materiale verrebbero abbandonati e continueremmo a vivere sotto forma di ologrammi senza alcun legame con il mondo fisico.
2. Gli strumenti della genetica
Tra tanti progetti più “fanta” che scientifici, i ricercatori puntano anche a farci trascorrere ogni fase dell’esistenza nelle migliori condizioni di salute.
Di grande aiuto sarà la mappa completa del genoma umano, appena realizzata dopo 20 anni di lavoro.
I numerosi autori della ricerca hanno aperto la via alla possibilità di conoscere i singoli cromosomi a un livello di dettaglio mai raggiunto finora, con relative ricadute in molti campi della biomedicina, dalla diagnosi a tutta una serie di terapie innovative.
«Ormai sappiamo che molte varianti genetiche sembrano determinare collettivamente la durata della vita umana», afferma Jorge Fernández García, direttore dell’innovazione presso l’European Institute of Innovation & Technology.
«Intervenire su alcuni geni è una possibilità più che concreta. Dall’editing genomico, passando per la coltura di tessuti corporei, fino agli smartphone capaci di diagnosticare problemi di salute mentale, la tecnologia sta spingendo sempre più avanti le frontiere di una sana longevità».
Risulta oggi evidente che l’invecchiamento è un fenomeno multidimensionale nel quale hanno un ruolo centrale le alterazioni epigenetiche: reazioni biochimiche che controllano “l’accensione” e lo “spegnimento” dei geni, incidendo anche sulla capacità di riparazione dei danni al DNA.
La buona notizia è che si tratta di cambiamenti reversibili in cui l’ambiente e un corretto stile di vita hanno un grande peso.
3. Il segreto dei telomeri e l’enzima dell’immortalità
Analizzare in dettaglio i meccanismi dell’invecchiamento è un obiettivo concreto della moderna biologia molecolare.
Lo attestano gli studi dall’australiana Elizabeth Helen Blackburn che nel 2009 ha ricevuto il premio Nobel “per la scoperta di come i cromosomi sono protetti dai telomeri e l’azione dell’enzima telomerasi”.
I telomeri, dal greco telos, fine, e meros, parte, sono le porzioni terminali dei cromosomi e sono costituiti dalla ripetizione continua di brevi sequenze di nucleotidi, le unità di base del DNA.
Proteggono l’estremità del cromosoma stesso dal deterioramento o dalla fusione con cromosomi confinanti. Aumentando l’età, però, i telomeri s’accorciano, causando l’invecchiamento.
«Durante la nostra vita i telomeri tendono a logorarsi e quando non sono in grado di proteggere i cromosomi in modo adeguato, le cellule dell’organismo non possono ricostituirsi e non funzionano correttamente», spiega Blackburn.
«Ne conseguono i cambiamenti fisiologici connessi alle principali condizioni dell’invecchiamento: malattie cardiovascolari, diabete, cancro, un sistema immunitario indebolito e altro ancora».
In teoria, il processo di invecchiamento sarebbe arrestabile grazie alla telomerasi: un enzima che, aggiungendo nuove repliche di DNA sull’estremità del cromosoma, protegge i telomeri dal fisiologico accorciamento.
Perciò la telomerasi potrebbe essere definita “l’enzima dell’immortalità”.
Capire come si regola e che cosa la limita consentirà di far luce sull’orologio molecolare che segna il conto alla rovescia per la fine della crescita cellulare, anche se, tra il sapere come funzionano quei “caschetti” protettivi dei cromosomi e la capacità di operare su di loro a nostro piacimento, la distanza è ancora enorme.
Tuttavia, sono molti i ricercatori al lavoro per scoprire come agire in modo concreto.
Coordinato dal biochimico Julian Chen, un team dell’Arizona State University, per esempio, ha individuato un segnale di pausa nell’azione della telomerasi, una specie di freno a mano inserito, che impedisce all’enzima di aggiungere sequenze ripetute all’infinito.
Per Chen, trovare un modo per togliere il freno alla telomerasi potrebbe essere un buon sistema per invertire il processo di invecchiamento cellulare. «Occorre però fare molta attenzione», mette in guardia il ricercatore.
«L’aumentata attività della telomerasi dovrà essere regolata con grande precisione perché nelle cellule tumorali questo enzima può diventare un alleato pericoloso, rendendole potenzialmente immortali».
4. Quanti anni abbiamo davvero?
Il ritmo con cui invecchiamo varia da persona a persona. Infatti, se due individui hanno la stessa età, non è detto presentino gli stessi segni d’invecchiamento.
Per ognuno esistono infatti due tipi di età: l’età cronologica e l’età biologica.
La prima riguarda il numero di anni vissuti dalla nascita al momento in cui si fa la valutazione.
La seconda, che è influenzata dai geni e da stile di vita, comportamento, ambiente e altri fattori, è invece la misura della vera età ed è la caratteristica più biologicamente rilevante, in quanto strettamente correlata con la mortalità e lo stato di salute.
Come si misura? I ricercatori della Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago hanno messo a punto un test basato su un punteggio chiamato BAS (Biological Age Score) che classifica l’invecchiamento biologico in tre categorie: normale, accelerato o eccellente.
Per calcolare il BAS sono stati individuati dei marcatori fisiologici dell’invecchiamento, sistema per sistema: cardiovascolare, respiratorio, renale, immunitario-ematologico, neuro-cognitivo, digestivo ed epatico, endocrino, muscolo-scheletrico, sensoriale, tegumentario (che comprende pelle, peli, unghie, capelli, ghiandole mammarie, ghiandole sudoripare e sebacee) e il midollo osseo.
Alcuni marcatori potrebbero suggerire terapie atte a ripristinarne la funzionalità e invertire un eventuale processo di decadimento.
5. Tre ricerche all’avanguardia
- BIONICA
Perfetta fusione tra uomini e macchine, i cyborg stanno per diventare realtà grazie a neuroscienze, robotica e ingegneria biomedica.
Presto aiuteranno chi ha perso un arto o è condannato all’immobilità.
Passi da gigante si stanno facendo anche per compensare i difetti sensoriali, specie quelli visivi e uditivi: non solo grazie a protesi e apparecchiature sempre meno invasive e più performanti, ma anche attraverso il potenziamento del sistema percettivo, ossia inducendo il cervello a rendere più efficiente l’elaborazione dei dati raccolti.
- NANOTECNOLOGIA
Questa disciplina consentirà, in un prossimo futuro, di realizzare strumenti estremamente piccoli, più o meno delle dimensioni di una molecola, utilizzabili per eseguire particolari compiti.
Sciami di “nanomacchine” ripulitrici potrebbero per esempio essere programmate per attaccare ed eliminare le placche di colesterolo che riducono la capacità di flusso del sangue nelle vene e nelle arterie, principale causa di varie infermità connesse all’invecchiamento e di eventi acuti come infarti e ictus.
- NUOVI FARMACI
Sta dimostrandosi efficace un trattamento sperimentale messo a punto dal genetista Steve Horvath dell’Università della California a Los Angeles: un mix di farmaci, alcuni dei quali utilizzati contro il diabete, testati per un anno su 9 uomini tra 51 e 65 anni.
Alla fine del test l’età biologica dei partecipanti è risultata ringiovanita di due anni e mezzo, misurati analizzando i segni dell’età sui geni.
I farmaci hanno agito come una specie di lifting che ha cancellato le rughe dal DNA, annullando le modifiche chimiche accumulatesi nel tempo.