Oltre al Capodanno, la festività più celebrata al mondo è probabilmente quella del 25 dicembre, il giorno in cui si ricorda la nascita di Gesù di Nazaret, il messia dei cristiani: più di due miliardi di persone l’attendono con trepidazione.
Ciononostante, tra tutti gli elementi reali legati al cristianesimo, tale festa è quella che presenta meno fondamenti appurati storicamente.
La storicità del Natale si basa solo su due dei quattro vangeli canonici, ossia quelli ammessi dalla Chiesa.
Si tratta dell’insieme dei testi che compongono il cosiddetto vangelo dell’infanzia, costituito dai due primi capitoli dei Vangeli secondo Matteo e secondo Luca, redatti tra l’85 e il 90 d.C.
Le Chiese cristiane hanno forgiato una storia del concepimento e della nascita del messia intrecciando soprattutto i racconti di Matteo e di Luca.
Ma Gesù nacque a Betlemme o a Nazaret? In quale anno e in quale giorno? Fu adorato dai magi o dai pastori? Erode uccise davvero i neonati? La famiglia di Gesù fuggì davvero in Egitto? Scopriamolo insieme.
1. Nato a Betlemme o a Nazaret?
Afferma Matteo: «Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode» (2:1).
Anche Luca dichiara: «Giuseppe [...] dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme [...] Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per [Maria] i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito» (2:4-7). Gli altri due evangelisti, Marco e Giovanni, accennano piuttosto al fatto che la nascita di Gesù avvenne a Nazaret, in Galilea. Era una tradizione ormai consolidata, perché Gesù era detto «di Nazaret» e non «di Betlemme».
Per il Vangelo secondo Giovanni alcuni dubitavano che Gesù fosse davvero il messia proprio perché non era nato a Betlemme: «Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?» (7:42).
Quest’ultimo testo sottolinea come i cristiani e i loro contestatori si scontrassero su due tradizioni che riconducevano il messia a Betlemme o a Nazaret.
Qua sotto, censimento romano sul bassorilievo di Domizio Enobarbo, proveniente dal Campo di Marte, a Roma. II secolo a.c. Musée du Louvre, Parigi.
Sembra più verosimile ritenere che la verità si trovi nel Vangelo secondo Marco: «Partito quindi di là, andò nella sua patria», ossia Nazaret (6:1).
E si hanno riscontri anche nel Vangelo secondo Giovanni, quando l’apostolo Filippo dice a Natanaele, il futuro apostolo Bartolomeo: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret».
Natanaele gli risponde: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?» (1:45-46). Nello stesso vangelo, quando Gesù si reca a Gerusalemme alla festa del Sukkoth, o delle capanne, e le guardie non lo arrestano credendolo un profeta, i farisei dicono a uno di loro: «Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea» (7:52).
È quindi più probabile ritenere che Gesù nacque nel poco noto villaggio di Nazaret. Con il tempo s’iniziò a supporre che fosse il messia e allora si scrisse la storia della sua nascita a Betlemme perché si potessero compiere le profezie, soprattutto quella di Michea: «E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti» (5:1).
Ecco perché Matteo fa vivere i genitori di Gesù a Betlemme, mentre Luca li presenta in viaggio verso Betlemme per via di un censimento obbligatorio, che avrebbe costretto Giuseppe a stabilirsi lì dove era poi nato Gesù.
Qua sotto, "Alla ricerca di un alloggio". Secondo una tradizione, Giuseppe non trovò dove dormire a Betlemme, e così Maria partorì in una grotta. Illustrazione di James Tissot per La vita di Cristo. 1886-1894 circa.
2. In quale anno nacque Gesù?
Gesù nacque il primo anno della nostra era? Forse no. La data sarebbe un errore del monaco Dionigi il Piccolo, vissuto nel VI secolo.
A quel tempo gli anni erano calcolati in base alla cosiddetta Era di Diocleziano, ossia dall’inizio del regno dell’imperatore che aveva perseguitato i cristiani.
Per questo Dionigi ritenne di dover modificare il modo in cui i cristiani computavano gli anni e decise di considerare come primo anno la data di nascita di Gesù.
Secondo i Vangeli di Matteo e di Luca, Gesù era nato ai tempi di Erode, e Dionigi stabilì che il re era morto nel 753 AUC, ab Urbe condita, cioè dalla fondazione di Roma, l’anno che si era imposto come riferimento per il conteggio del tempo in Occidente.
Secondo Dionigi, Gesù sarebbe nato negli ultimi giorni di quell’anno: il primo gennaio del 754 AUC sarebbe stato il primo dell’era cristiana, l’anno primo d.C., o dopo Cristo.
Tuttavia è noto che Erode morì nel 750 AUC. Se a questa data si tolgono uno o due anni (quelli in cui Gesù visse a Betlemme prima della strage degli innocenti), ne risulta che nacque nel 748 o nel 749 AUC, ovvero cinque o sei anni prima della data calcolata da Dionigi. E sarebbe quindi venuto al mondo nel 6 o nel 5 a.C.
Qua sotto, Gesù appena nato. Nel XVII secolo Georges de la Tour dipinse L’adorazione dei pastori, un episodio descritto nel Vangelo secondo Luca. Musée du Louvre, Parigi.
Può anche darsi che Dionigi non si sia sbagliato, ma abbia scelto di proposito una data simbolica, sebbene approssimativa. Nell’antichità il numero sette aveva infatti un grande valore simbolico, come pure il ventisette.
In quanto multiplo del tre e del nove, il ventisette svolse un ruolo importante per spiegare la formazione dell’universo proprio a partire da un’opera di Platone, il Timeo. Inoltre, nell’architettura romana il ventisette era fondamentale per la proporzione dei luoghi sacri e pubblici.
Per indicare il cambiamento più importante nella storia del mondo, la venuta del messia, il numero 7(00) + 27 + 27 = 754 diveniva perciò molto più significativo del 748 o del 749. È quindi probabile che, al di là della cronologia, Dionigi abbia deciso di far coincidere la nascita di Gesù con il numero sacro più vicino.
Quanto al giorno in cui nacque Cristo, gli evangelisti tacciono. Non doveva essere inverno, perché nel Vangelo secondo Luca i pastori tenevano gli animali all’aperto.
Il 25 dicembre è arbitrario, e lo riconosce la stessa Chiesa, che optò per quella data al fine di contrastare la festa pagana del Sole Invitto. O forse la Chiesa sovrappose la nascita di Gesù a quella del dio Mitra? Non vi sono elementi certi per dirlo, perché nessun testo antico colloca la nascita di Mitra il 25 dicembre.
Qua sotto "La stella cometa si ferma sopra Betlemme". Illustrazione di W.L. Taylor per the Children’s Bible di H.A. Sherman e C. Foster Kent. 1922.
3. I tre magi andarono a Betlemme?
In Matteo 2:1-12 si racconta che «alcuni magi» adorano Gesù e gli offrono doni, ma ci si limita a tali informazioni.
Altri particolari sono aggiunte successive, fantasiose, dei vangeli apocrifi; per esempio, che i magi erano re ed erano tre.
La parola“mago”aveva due significati: indicava chi praticava la magia nera o bianca, oppure si riferiva ai sacerdoti dello zoroastrismo, la religione della Persia, che erano anche studiosi degli astri e dei loro effetti sugli esseri umani.
I magi domandano del «re dei giudei che è nato»; Matteo afferma quindi che Gesù era il vero re del mondo, e non lo era l’imperatore romano. Sebbene l’evangelista non parli di Gesù come del figlio di Dio, bensì scriva solo che i magi «prostratisi l’adorarono», i fruitori del suo vangelo avevano già letto un passaggio precedente in cui Matteo narrava che Gesù era stato concepito dallo spirito santo.
Matteo sostiene pure che i magi «giunsero da Oriente»; ma se fossero stati davvero «magi», sarebbero arrivati dalla Persia. Per questo altri studiosi hanno creduto che venissero invece dall’Arabia, perché nel testo offrono a Gesù «in dono oro, incenso e mirra».
L’oro e l’incenso erano i regali che, come profetizzò Isaia (60:6), i popoli di tale regione avrebbero portato a Gerusalemme come regalo al re e lode a Dio.
Qua sotto, "L’arrivo dei magi a Betlemme". Olio del pittore francese Octave Penguilly L’Haridon. 1864 circa. Musée des beaux-arts, Reims.
Eppure l’attendibilità storica della narrazione sui magi è nulla, come ammette anche la Chiesa. Matteo stesso presenta una serie di dettagli inverosimili. Per esempio, una stella cometa giunta da oriente compare su Gerusalemme e gira a sud verso Betlemme, dove rimane.
Ebbene, questo fenomeno senza eguali nella storia astronomica sarebbe dovuto comparire in qualche cronaca del tempo, cosa che non avviene.
Non solo, il modo in cui si comporta Erode è davvero incredibile: non prova a seguire i magi che vogliono rendere visita a un monarca rivale, e i suoi soldati non riescono neppure a scoprire quale bambino abbiano visto i tre, peraltro in un villaggio molto piccolo.
Inoltre, nel Vangelo secondo Luca sono i pastori ad adorare Gesù e nel testo non si fa menzione né di Erode, né della strage degli innocenti, né della fuga della famiglia in Egitto, come invece racconta Matteo.
Il messaggio teologico è chiaro: Gesù nasce nella città di David perché si avverino le profezie che riguardano il re-messia, salvatore d’Israele e del mondo intero.
È un re talmente importante che la sua nascita viene perfino annunciata da una stella, e Dio avverte del prodigioso evento anche persone non israelitiche: i magi rappresentano tutti coloro che crederanno nella figura di Gesù come salvatore.
Qua sotto, "L’adorazione dei magi". Gaspare offre dell’oro in un recipiente di porcellana; Baldassarre porge un calice d’agata pieno di mirra, e Melchiorre un incensiere. Andrea Mantegna. 1495-1505. J. Paul Getty Museum.
4. Erode uccise davvero i neonati?
Riferisce Matteo che il re Erode, informato dai magi della nascita di un rivale, ordinò di uccidere tutti i bambini di Betlemme di meno di due anni, in modo tale da scongiurare questa minaccia.
Alcuni studiosi sostengono che l’evento accadde davvero e che ben si adatterebbe alla crudeltà di Erode.
Si sa, per esempio, che in punto di morte il sovrano ordinò alla sorella Salomè di riunire nell’anfiteatro di Gerico trecento membri delle famiglie più illustri del Paese e di farli uccidere a colpi di frecce.
Secondo lo storico giudaico-romano Flavio Giuseppe, il re avrebbe detto: «Cosicché tutta la Giudea e tutte le famiglie, anche non volendo, verseranno lacrime per me».
Tuttavia la maggior parte dei cronisti, compresi quelli cattolici, ritiene che il racconto di Matteo sia frutto di fantasia, di una tradizione popolare cristiana o di una “storia teologica” composta da lui o da qualche sconosciuto sulla base del Vecchio testamento e attribuita simbolicamente a Gesù.
La strage degli innocenti s’inserisce nella vicenda dei magi venuti da Oriente, che appartiene appunto all’ambito della leggenda. Inoltre nei resoconti successivi della vita pubblica di Gesù non si trovano tracce di un evento così eccezionale.
Qua sotto, Erode il Grande. Bassorilievo intagliato nel marmo e policromato. Lato nord del recinto del coro di Notre-Dame di Parigi. XIII secolo.
Oltre a ciò, questo massacro e la successiva fuga in Egitto di Giuseppe, Maria e Gesù, decisa dopo che un angelo aveva comunicato al padre putativo che Erode voleva uccidere il bambino, non trovano riscontro in quanto afferma Luca.
Secondo l’evangelista, infatti, dopo la nascita di Gesù la famiglia tornò a Nazaret senza problemi: «Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore [la presentazione del bambino al tempio di Gerusalemme e la purificazione di Maria], fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret»(2:39).
L’episodio è ignorato pure nella scrupolosa relazione degli ultimi giorni di Erode redatta da Flavio Giuseppe in Antichità giudaiche.
Pochissimi personaggi dell’antichità greco-romana possono vantare un resoconto talmente particolareggiato della loro fine e, se fosse davvero accaduto il massacro, probabilmente ne sarebbe rimasta traccia nel racconto dello storico.
La tradizione riguardante la strage degli innocenti non è univoca riguardo al numero dei morti. Nel II secolo Giustino martire, nel Dialogo con Trifone, non menziona alcuna cifra.
Lo storico contemporaneo Giuseppe Ricciotti ipotizza verosimilmente la cifra di circa venti neonati su un totale di mille abitanti. Tuttavia la liturgia bizantina della Chiesa ortodossa parla di 14mila bambini, e alcuni santorali della Chiesa siriaca antica ne menzionano 64mila.
Qua sotto, la ricostruzione di un episodio drammatico. Il francese Léon Cogniet è l’autore di quest’olio commovente: Scena della strage degli innocenti, dipinto nel 1824. Musée des Beaux-Arts, Rennes.
5. La famiglia di Gesù fuggì davvero in Egitto?
Gli studiosi ritengono che la storia dei magi finisca con la strage degli innocenti e che Matteo vi abbia aggiunto la fuga della Sacra famiglia in Egitto.
Secondo l’evangelista, alla morte di Erode un angelo disse a Giuseppe di tornare in Israele con i suoi cari, ma, aggiunge Matteo: «Avendo però saputo che era re della Giudea Archelao al posto di suo padre Erode, [Giuseppe] ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si avverasse ciò che era stato detto dai profeti: “Sarà chiamato Nazareno”» (2:22-23).
Tuttavia quest’ultimo termine non deriva da Nazaret; per evocare la missione divina di Gesù, Matteo fa ricorso a due parole dal tono messianico: nāzîr/nazireo, che significano “consacrato” o “devoto”, come lo erano stati Sansone e Giovanni Battista; e nes̄er, ovvero “rampollo” o “prole” di David, come viene detto nella profezia d’Isaia: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse [padre di David], un virgulto germoglierà dalle sue radici» (11:1).
Qua sotto, La fuga in Egitto. Il pittore italiano Iacopo Bassano evocò in quest’olio l’episodio narrato da Matteo. XVI secolo. Museo civico, Bassano del Grappa.
Secondo i credenti l’intero episodio della fuga in Egitto dev’essere inteso come un evento realmente accaduto e insieme come un simbolo.
Il ritorno della Sacra famiglia in Israele sarebbe stato preannunciato da quello degli ebrei dall’esilio babilonese, dov’erano stati mandati dal sovrano Nabucodonosor II nel 587 a.C., quando aveva messo a ferro e a fuoco Gerusalemme.
Vi erano rimasti fino a quando il re persiano Ciro gli aveva consentito di andarsene nel 500 a.C. Se con l’adorazione dei magi Matteo vuole indicare l’accettazione del messaggio di Gesù da parte dei pagani, il massacro tramato da Erode simboleggia invece il rifiuto da parte delle autorità giudaiche della rivelazione divina di cui Gesù fu portatore.
La vicenda sarebbe inoltre un’anticipazione della passione. Dio aveva salvato il figlio portandolo in Egitto, e da lì in Israele; anni più tardi le autorità giudaiche e gli abitanti di Gerusalemme avrebbero cercato di annientare Gesù crocifiggendolo, ma non l’avrebbero distrutto perché sarebbe risorto: Dio avrebbe salvato il figlio facendo in modo che la sua vita non si concludesse nel sepolcro.
Secondo Matteo, il soggiorno di Gesù in Egitto avvenne quando era appena un bambino. La tradizione giudaica plasmata a partire dal Talmud (i commenti dei rabbini del V, VI e VII secolo sui testi biblici) non ha dunque fondamento storico: difatti riferisce che Gesù avrebbe appreso in Egitto arti magiche, si sarebbe tatuato dei sortilegi e sarebbe stato un mago nella vita pubblica, ingannando così il proprio popolo.
Qua sotto, Gesù torna a Nazaret dall’Egitto assieme ai genitori dopo la morte di Erode. Quadro di William Charles Thomas Dobson. XIX secolo.