Da sempre il termine "Imperatore" è sinonimo di potere e grandezza. Se si puo' definire una sorta di "scala del potere", sicuramente il termine Imperatore sarebbe al primo posto. Questo concetto, che ci appare sensato, è in effetti confermato dalla storia: dal I sec D.C. Augusto divenne il primo Imperatore di Roma, e da allora il termine è diventato il titolo di massima autorità.
Ottaviano Augusto dopo aver sconfitto il leggendario Marco Antonio nella battaglia di Azio (nel 31 a.C.), prese il controllo totale della vita politica di Roma. Il Senato Romano gli conferì il titolo onorifico di '"Augusto" (che vuol dire "colui che ha l'autorità morale") che da allora in poi divenne sinonimo di Imperatore.
Durante la sua gloriosa storia, Roma è stata guidata da grandi Imperatori: nomi come Augusto, Traiano, Marco Aurelio, Adriano, Costantino, Vespasiano ed altri grandi nomi che contribuirono a creare la grandezza e il mito della Roma Imperiale. Sotto la loro guida (più propriamente dovremmo dire "comando") Roma raggiunse il massimo della potenza militare, di civiltà e di cultura. Tali livelli di grandezza, potere e maestosità non verranno mai più raggiunti per molti secoli dopo la sua caduta.
E' anche corretto ricordare che, purtroppo per la capitale, non tutti gli imperatori romani furono grandi uomini: alcuni di loro sono passati alla storia quasi esclusivamente per i loro vizi, le loro depravazioni, le loro crudeltà e le loro stravaganze.
Oggi scopriremo 5 tra i peggiori (se non addirittura i peggiori) Imperatori romani. Vediamoli insieme.
1. Caligola - Gaio Giulio Cesare Germanico (12 d.C. – 41 d.C.)
Il 31 agosto del 12 d.C. nasce Gaio Giulio Cesare Germanico (noto come Caligola). Il luogo di nascita è controverso e suo padre era il Console Generale Gaio Giulio Cesare Germanico, figlio di Antonia Minore, figlia di Marco Antonio e di Ottavia, sorella di Augusto. Era stato adottato da Tiberio ed era destinato a divenire imperatore. Sua madre era Agrippina Maggiore, figlia di Giulia, figlia di Augusto, nipote di Giulio Cesare. Agrippina ebbe 9 figli, tra i quali, oltre Caligola, anche Agrippina Minore (nata nel 15 d.C.) che sarebbe diventata moglie dell'imperatore Claudio e madre dell'imperatore Nerone.
Di lui ci sono pervenute poche notizie storicamente attendibili, a causa della perdita degli scritti di Tacito in merito a questo imperatore e della poca oggettività degli altri autori. Il 16 marzo del 37 dopo la morte di Tiberio (molti sostengono che fu lo stesso Caligola ad ordinare il capo della guardia pretoriana affinchè lo soffocasse con un cuscino), il prefetto del pretorio chiamato Macrone, prese il controllo della situazione e organizzò l'ascesa di Caligola, che venne acclamato imperatore. E così, il 28 marzo Caligola arrivò a Roma, accolto da una folla gioiosa, e si presentò davanti al Senato che gli conferì la massima autorità sullo stato. Aveva appena 25 anni. Ebbe 4 mogli: Giunia Claudilla, Livia Orestilla, Lollia Paolina e Milonia Cesonia.
Successivamente e dopo la scomparsa dell'amatissima sorella Drusilla e suo punto di riferimento, a causa dell'eccessivo dolore dell’amore perduto, subì una trasformazione che lo portò a diventare il mostro Caligola che tutto il mondo conosce, un uomo turbato, sanguinario e molto pericoloso. Una follia che aumenta con il tempo e arriva a farsi adorare come una divinità, atteggiandosi spesso con comportamenti ambigui, come quando si maschera da Venere, Mercurio, Apollo ed Ercole. Di gran lunga la follia e stranezza più nota, è quella secondo cui avrebbe nominato il proprio cavallo Incitatus senatore. Considerava tutte le donne proprietà privata e si riteneva in diritto di stuprare in qualsiasi contesto si trovasse.
Amava assistere agli spettacoli violenti e provava un gusto sadico nell’assistere alle torture e alle esecuzioni capitali. Seneca diceva di lui "Nemo certe invenietur alius, qui in morituros tam atrociter saeverit (non si troverà di certo nessun altro che abbia infierito tanto atrocemente verso coloro che stavano per morire)". Caligola soffriva di un delirio di onnipotenza accompagnato dal timore di perdere il potere. Secondo lui “l’esecuzione dona conforto e libertà... si muore perché si è colpevoli. Si è colpevoli perché si è sudditi di Caligola... Quindi tutti devono morire. È solo questione di tempo e di pazienza.”
Svetonio Tranquillo (70 - 140 d.C. circa) ce ne parla di Caligola nella sua “Vita dei Cesari”. Questo libro è una biografia degli imperatori romani che presta particolare attenzione ai caratteri aneddotici e provocatori. Analizza tutte le atrocità compiute da questo imperatore, azioni di una malvagità inaudita come omicidi senza alcun motivo. Come ad esempio il fatto che Caligola non permise che si procedesse a giustiziare nessuno diversamente che con ferite piccole e numerose, secondo il suo solito e noto precetto: “Colpisci in modo che la vittima senta di morire”. Lo scrittore ci racconta ancora che a Roma, durante un banchetto pubblico, consegnò immediatamente al carnefice uno schiavo perché aveva strappato a un triclinio una lamina d’argento, gli fece tagliare le mani e con quelle che gli pendevano dal collo sul petto lo fece condurre in mezzo ai commensali, con un cartello che indicava il motivo della pena. La sua natia crudeltà egli la mostrò particolarmente in diversi modi. Poichè costava troppo il bestiame per il pasto delle bestie feroci destinate agli spettacoli, fece dare ad esse da sbranare alcuni condannati. Un altro episodio realmente accaduto ci racconta di un cavaliere romano gettato alle bestie feroci dell'anfiteatro mentre lui si proclamava innocente; lo fece ritirare e, fattagli recidere la lingua, lo rigettò dentro. E via dicendo.
Il 17 gennaio del 41 ebbero inizio i ludi palatini e venne allestito un teatro mobile davanti al palazzo imperiale. Verso l'1 Caligola si allontanò per fare un bagno, un pasto ed incontrare gli attori. In questo modo venne isolato dalla scorta che lo perse di vista e poi improvvisamente fu colpito mortalmente tra il collo e la spalla da Cassio Cherea, tribuno delle coorti pretorie, e da Cornelio Sabino, anch'egli tribuno delle coorti pretorie, il quale lo raggiunse e lo colpì a morte. Caligola fu colpito con più di 30 pugnalate. Non aveva ancora 29 anni e aveva regnato per meno di 4 anni. Il suo corpo fu lasciato in strada a marcire, e divorato dai cani.
2. Nerone - Lucio Domizio Enobarbo (37 d.C.- 68 d.C.)
Nerone fu il quinto ed ultimo imperatore romano della dinastia giulio-claudia e prese questo nome solo nel 50 d.C., quando fu adottato da Claudio, che aveva sposato sua madre Agrippina Minore nel 49 d.C., dopo la condanna a morte di Messalina nel 48; fino ad allora egli era stato Lucio Domizio Enobarbo, ossia un nobile vicino alla famiglia imperiale, figlio di Gneo Domizio Enobarbo, ma con poche chance di salire al trono, anche se, tramite la madre, discendeva direttamente da Augusto.
Nel 50 d.C. sposò la figlia dall'imperatore Claudio, Ottavia. La madre Agrippina si adoperò tanto per lui presso Claudio e fece in modo da escludere dalla successione il figlio di questi, Britannico. Lui diventa imperatore con la morte del padre adottivo Claudio, avvelenato dalla stessa Agrippina. Una volta salito al trono, essendo privo di affetti profondi, volle a poco a poco eliminare tutti coloro che potevano creargli opposizioni: dopo Britannico, il figlio di Claudio e Messalina, fece uccidere nell'anno 59 la madre, in quanto lei prese le parti di Ottavia contro l'amante Poppea, quindi allontanò Seneca dal governo per restare solo a capo dello Stato e nello stesso tempo fece uccidere la propria moglie Ottavia per sposare Poppea Sabina, sottraendola al marito Otone.
Gli eccessi e le follie di Nerone non ebbero più limiti e diede vita a un'impressionante serie di delitti. Nel 65 d.C. fu scoperta la Congiura dei Pisoni, nata per uccidere Nerone e far salire al trono un giovane senatore. La repressione che seguì fece molte vittime, tra cui il maestro Seneca e Petronio, l'autore di Satyricon. Nel 64 d.C. un enorme incendio divampò nel centro di Roma distruggendo gran parte della città e procurando migliaia di vittime. Nerone attribuì tale incendio ai cristiani e, visto che erano diversi dai romani, vennero perseguitati: molti furono bruciati vivi, altri dati come cibo agli animali feroci nell'anfiteatro. Durante questa persecuzione persero la vita gli Apostoli Pietro e Paolo. In seguito, fece costruire per sé al posto dell'incendio la nuova residenza imperiale (la domus aurea).
Le frequenti stravaganze, le condanne a morte di molti senatori, i sospetti sull’incendio del 64 e le difficoltà nell’approvvigionamento di Roma causarono la sua fine. Nel 68 d.C. Nerone non seppe reagire alle prime ribellioni nell’esercito e il Senato lo depose, inducendolo a uccidersi.Alla fama negativa dell’ultimo dei Giulio-Claudii contribuì non poco la tradizione cristiana. Nerone, nonostante non fosse colpevole del grande incendio, è stato sempre bollato come il primo, grande persecutore religioso.
Svetonio - Gaius Suetonius Tranquillus (scrittore romano d'età imperiale) sulla sua morte scrive:"..E ora invitava Sporo a iniziare i pianti e le lamentazioni, e ora pregava qualcuno di incoraggiarlo con l’esempio a darsi la morte, e qualche volta disprezzava anche la propria vigliaccheria con queste parole: «Questo modo di fare è ignobile, turpe, è indegno di Nerone, proprio indegno! Ci vuole sangue freddo in questi momenti! Via, svegliati!» Già stavano avvicinandosi i cavalieri che avevano l’ordine di prenderlo vivo. Quando li sentì, disse tremando: «Un galoppo di veloci corsieri colpisce le mie orecchie!» e affondò il ferro nella gola, con l’aiuto del suo segretario particolare Epafrodito. Respirava ancora quando irruppe un centurione e, come per soccorrerlo, gli applicò il suo mantello sulla ferita. Nerone gli disse semplicemente: e’ troppo tardi, e ancora: questa fedeltà. Pronunciando queste parole spirò e i suoi occhi, prominenti e fissi, presero una tale espressione che ispiravano orrore e spavento a chi li guardava”.
Aveva 30 anni. Aveva regnato 13 anni. Con la sua morte si apriva la prima grave crisi della successione all'Impero. Nerone fu condannato post mortem alla cosiddetta "damnatio memoriae" (la cancellazione del ricordo), che comportava la distruzione di ogni sua immagine, iscrizione o dedica che lo potesse ricordare alle generazioni future.
3. Domiziano - Cesare Domiziano Augusto Germanico (51 d.C. - 96 d.C.)
Domiziano fu un Imperatore romano dall'81 al 96. Secondo figlio dell'imperatore Vespasiano e fratello dell'imperatore Tito, fu pretore nell'anno 70 e succedette al fratello Tito nell'81. Era un uomo taciturno, solitario, raffinato ma sempre all'ombra del padre e del fratello e che aveva molto sofferto per il grande carisma che il padre aveva sulle persone e per i successi militari del fratello. Una volta salito al trono è diventato un tiranno spietato, sanguinario, un imperatore crudele e temuto, famoso per le persecuzioni cristiane e che porterà l'impero sul baratro dell'anarchia e dei disordini. Restaurò i tradizionali culti romani, vietando i culti orientali e perseguitando gli ebrei ed i cristiani. E' noto per essere stato tirannicamente contrario a tutte le altre religioni diverse da quelle Romane. Il martire cristiano più famoso fu S. Giovanni Evangelista il quale morì immerso nell'olio bollente su ordine di questo imperatore.
Così Plinio il Giovane (intellettuale dell’ età di Traiano), scrisse sulla fine di Domiziano: "Quella belva disumana, l'odioso tiranno, aveva fortificato il palazzo imperiale con un violentissimo terrore, ora come rintanata in un qualche antro, beccando il sangue dei congiunti, ora levandosi a sanguinosi massacri di illustrissimi cittadini. Orrore e minacce si aggiravano dinnanzi alle porte del palazzo, e una paura uguale sia per coloro che vi erano ammessi, sia per quelli che ne erano esclusi. Nessuno osava avvicinarsi, nessuno rivolgere la parola a lui che cercava sempre le tenebre e la solitudine e non usciva mai dal suo deserto se non per fare il deserto. Tuttavia egli, tra le pareti e le mura con le quali gli sembrava di proteggere la sua incolumità, rinchiuse con sé l'inganno, le trame e un dio vendicatore dei misfattii. Il gastigo forzò e penetrò i posti di guardia e irruppe attraverso gli stretti e inaccessibili passaggi non diversamente che per porte spalancate e soglie ospitali: allora lontana gli era la sua divinità, lontani quei misteriosi corvi e quegli inumani recessi, ai quali si era spinto con il terrore, l'arroganza e l'odio degli uomini."
Come Nerone, anche Domiziano è stato condannato alla cosiddetta "damnatio memoriae" (la cancellazione del ricordo), che comportava la distruzione di ogni sua immagine, iscrizione o dedica che lo potesse ricordare alle generazioni future. Il senato la proclamava contro gli imperatori giudicati nemici dello Stato. Una decisione che implicava la distruzione delle statue e delle immagini che lo raffiguravano. Plinio il Giovane scriverà ancora: «Che piacere per la plebe era schiacciare al suolo quel volto arrogante, dargli contro con le spade e incrudelire con le scuri»
4. Commodo - Lucius Aelius Aurelius Antoninus Commodus (161 d.C – 192 d.C)
Commodo, era figlio di Marco Aurelio, uno dei più grandi sovrani di Roma. Gli storici scrissero a proposito che "Marco Aurelio aveva avuto una sola colpa, quella di avere un figlio come Commodo". E se nelle fattezze assomigliava molto al padre, Commodo era completamente diverso da lui nell'indole. Diverse testimonianze dell'epoca ricordano il triste episodio del servo di Commodo, il quale fu gettato nel forno, reo di aver riscaldato troppo l'acqua del suo bagno, dando prova (nonostante fosse ancora un fanciullo) dei suoi istinti malvagi che lo avrebbero accompagnato per tutta la sua esistenza.
Fisicamente era un uomo forte e robusto e si era convinto di essere la reincarnazione del mitico Ercole. I biografi si sono scatenati nell’elencarne vizi e crudeltà di questo malvagio imperatore. Scrivono a proposito che nella sua passione per la crudeltà obbligava i sacerdoti di Bellona a tagliarsi davvero un braccio. Fece sbudellare un uomo grasso solamente per il gusto di rovesciarne fuori tutte le viscere. Prendeva uomini zoppi o invalidi e li obbligava a travestirsi da giganti e poi li uccideva con le frecce. Dava in pasto alle bestie feroci chi lo derideva. Addirittura fece gettare alle fiere un uomo, solo per il fatto di aver letto la vita di Caligola scritta da Tranquillo, perché era nato nello stesso giorno di Caligola.
Se qualcuno diceva di essere disposto a morire per lui, lo faceva precipitare suo malgrado da una rupe. Fece uccidere molte persone perché gli si erano presentati in abbigliamento non gradito e altri perché erano troppo aristocratici e vistosi. Nutriva una irrefrenabile passione per i giochi gladiatori, ai quali lui stesso partecipava regolarmente, anche se la sua vera passione era uccidere le belve. Si narra che una volta uccise addirittura un leone a mani nude. Nell'arena, il suo divertimento preferito era ammazzare gli struzzi decapitandoli. Si dice che combatté 735 volte.
Commodo diede al suo governo un carattere autocratico. Egli sperperò i denari dello Stato con elargizioni alla plebe, a cui concesse giochi circensi e spettacoli. Avviò anche una feroce repressione dei suoi oppositori. Nel 182 una congiura ordita dalla sorella Lucilla e dal cugino Ummidio Quadrato fu scoperta e portò alla morte dei congiurati.
Commodo fece poi uccidere la moglie Crispina accusata di adulterio, Tarrunteno Paterno giureconsulto ed ex prefetto del pretorio, poi il favorito Cleandro. Il 31 dicembre 192 d.C finì vittima di una nuova congiura di corte, ucciso dal gladiatore Narcisso, il quale lo strangolò nel bagno. Il suo regno durò 12 anni, dal 180 d.C al 192 d.C.
5. Caracalla - Marco Aurelio Antonino (188 d.C – 217 d.C)
Caracalla non era un imperatore folle, ma piuttosto un personaggio maligno e sadico. Il 4 di Febbraio del 211 d.C. in Britannia, ad Eboracum, l’odierna York, moriva l'imperatore Settimio Severo; gli succedettero i figli Caracalla e Geta cui venne attribuito il titolo di Padri della Patria mentre, al solo Caracalla, quello di Pontefice Massimo.
Era appena trascorso un anno quando Caracalla fece uccidere il fratello e dopo aver compiuto tale orribile fratricidio, si recò al campo di pretoriani, ai quali Geta era molto amato e popolare, e raccontò loro di aver ucciso il fratello come estremo atto di autodifesa. Si narra che ordinò la decapitazione del giurista Emilio Papiniano, reo di essersi rifiutato di comporre una apologia del fratricidio. E da quel momento ebbero inizio orrende stragi. Per prima cosa vennero trucidati tutti gli amici di Geta. E non solo. Fece anche uccidere e saccheggiare le loro case a tutti coloro che erano sospettati partigiani del fratello.
Ma l'episodio storico più violento e orribile, legato al nome di questo imperatore e compiuto da esso, riguarda la famosa città di Alessandria, dove in quel periodo avevano prodotto una satira per ridicolizzare tale fratricidio e che Caracalla non aveva per niente gradito. Secondo la testimonianze dello storico Cassio Dione Cocceiano (Historia Augustappena), appena infornato, viaggiò contro questa città e le sue truppe la saccheggiarono a lungo, bruciandola e uccidendo più di 20.000 alessandrini. Grazie a questa dimostrazione rafforzò maggiormente il suo potere, che finì per essere totalmente dispotico.
Ovunque andasse, il suo esercito uccideva, violentava, e seminava terrore e distruzione. Caracalla veniva descritto da Machiavelli "come un uomo spietato e crudele a dismisura". E' stato assassinato da una delle sue guardie, l'8 aprile 217, e mentre si recava a Carre per fare un sacrificio al dio Luno. Il suo errore fatale fu quello di aver ucciso il fratello di un centurione che teneva tuttavia come guardia del corpo. Quello stesso centurione, infatti, fu quello che lo uccise.
NON VI PERMETTETE ASSOLUTAMENTE DI INSULTARMI COMMODO PERCHè VI DO IN PASTO ALLE BELVE, MALEDETTI PLEBEI ! COMMODO è E RIMANE IN ASSOLUTO IL MIGLIORE DELLA STORIA!!
ALLE BELVE!
NON VEDO ELIOGABALO E SULLA FIGURA DI DOMIZIANO CHE FU UN OTTIMO IMPERATORE PESA L’ODIO DEI SENATORI CHE VOLLERO BOLLARE DI INFAMIA LA SUA MEMORIA!
gli storici moderni stanno rivalutando molti di questi 5 imperatori giudicati peggiori…..
bravo, ben detto, è stato il mio primo computer quando ero giovine… evviva il Commodo 64 !!!