Le articolazioni sono i nostri punti di snodo e ci rendiamo conto del prezioso lavoro che svolgono per noi soltanto quando cominciano a far male.
I dolori articolari sono però molto diffusi e spesso sono dovuti alla poca cura che abbiamo del nostro sistema muscolo-scheletrico.
Di solito si tratta di mali passeggeri, ma talvolta sintomi banali nascondono disturbi più seri. Il primo gesto d’amore che possiamo fare nei confronti delle nostre articolazioni è conoscerle meglio.
Comprendere come sono fatte è, infatti, il primo passo per cambiare il nostro stile di vita in loro favore.
Una scelta che si tradurrà in un benessere maggiore e in una maggior libertà di movimento.
1. Che cos’è l’artrosi e perché si sviluppa?
Con il termine artrosi si intende genericamente un disturbo doloroso a una o più articolazioni.
L’artrosi non è una vera e propria malattia, quanto il risultato del processo di invecchiamento dell’articolazione.
I dati indicano che proprio l’età rappresenta il maggior fattore di rischio, perché se nei 40enni il problema riguarda un 10% circa della popolazione, questa percentuale si innalza al 50% di coloro che hanno raggiunto i 60 anni di età.
Laddove i fenomeni di degenerazione dei tessuti hanno risentito pesantemente dell’usura data dal tempo e (spesso ancor di più) da abitudini sbagliate. Le articolazioni, infatti, sono tanto utili quanto delicate. E per questo vanno “trattate bene”.
Le ossa sono le formazioni più rigide del nostro organismo. Sono talmente rigide che non sarebbe pensabile un movimento di scorrimento liscio e armonico se fossero soltanto poggiate le une sulle altre.
A questo scopo la natura ci ha dotato di un sistema di “ammortizzazione e scorrimento”, che è rappresentato dalle cartilagini, dai tendini e dal liquido sinoviale. Le prime hanno una consistenza compatta ma elastica e sono in grado di deformarsi, assecondando così le eventuali pressioni che un osso esercita su un altro.
I tendini servono a mantenere la struttura dell’articolazione ben collegata alle ossa e ai muscoli, in modo che ogni parte rimanga in sede. Infine, il liquido sinoviale facilita il compito, nutrendo le cartilagini e lubrificando le superfici di scorrimento sulle cartilagini stesse.
Ecco che, in questo modo, i movimenti articolari sono armonici, ordinati e, soprattutto, indolori. Con il tempo e l’utilizzo, le cartilagini tendono naturalmente a consumarsi.
La normale usura è la causa prima e comune a tutti i fenomeni artrosici, tuttavia lo stile di vita può favorire (così come rallentare) questi fenomeni di degenerazione articolare. Avremo modo di dedicare ad ognuno di questi “errori” di stile di vita uno spazio per analizzarli compiutamente.
Per il momento basti sapere che il sovrappeso, gli eccessi di carico, il fumo di sigaretta, le posture scorrette, la sedentarietà e un modello alimentare troppo “acidificante” per i tessuti rappresentano le cause più comuni che favoriscono (e aggravano) i problemi articolari.
Il fenomeno dell’artrosi colpisce le articolazioni nel seguente modo: la continua pressione dell’osso finisce con lo schiacciare le cartilagini, che così divengono meno elastiche.
Le ossa si trovano quindi separate da uno strato di protezione molto sottile. Lo sfregamento osseo determina consunzione dell’osso stesso e dolore, oltre a rigidità di movimento.
Con il tempo anche la membrana sinoviale produce meno liquido (il fenomeno della disidratazione è strettamente connesso all’avanzare dell’età) e quindi anche questa lubrificazione interna predispone verso l’artrosi.
Tutte le articolazioni possono essere colpite, ma per alcune di queste ci sono più rischi: la mano (e le dita), il ginocchio, la schiena (e il collo), la testa del femore.
2. Quali articolazioni colpisce?
In linea teorica, laddove c’è un’articolazione può esserci una potenziale artrosi: questa è infatti una patologia specifica delle giunture e quindi non ce n’è una o più che possano definirsi “esenti” da questo rischio.
È però vero che, almeno nella popolazione generale, ce ne sono alcune che sono più diffuse: sono quelle che colpiscono gli arti che usiamo di più nella vita di ogni giorno oppure quelli che devono sopportare il maggior “carico”, rappresentato dal peso corporeo.
Vediamo quali sono.
- I DOLORI DELLA SPALLA
Si tratta di una artrosi molto invalidante perché non consente di svolgere molte delle normali occupazioni della vita di tutti i giorni.
Al di là del dolore e della rigidità, sono tipici i rumori di scorrimento articolare che non abbandonano il paziente nemmeno nei momenti in cui diminuisce la sofferenza.
Nel momento della diagnosi è però importante capire se il problema è originato nell’articolazione scapolo omerale (la maggior parte delle volte) o se c’è un interessamento dell’altra articolazione della spalla che si chiama Acromion claveare.
- LA SOFFERENZA DELLA COLONNA VERTEBRALE
Anche in questo caso è necessario fare una distinzione tra due possibili sedi di artrosi.
La prima, più alta, è la cosiddetta artrosi cervicale e colpisce la regione tra il collo e la nuca. Si manifesta a livello delle vertebre cervicali (da C1 a C7). La particolarità è che non si manifesta solo con dolore e rigidità, ma può dare anche sintomi accessori come vertigini, emicrania e talvolta nausea.
La seconda sede è quella abbastanza tipica degli uomini: la sofferenza lombare. Può dare complicazioni tipiche alle gambe e lungo il nervo sciatico, che passa attraverso il muscolo gluteo. Quelle manifestazioni note popolarmente come “colpo della strega” ne sono un esempio tipico.
- I PROBLEMI DELLE MANI
Colpiscono soprattutto le falangi e le articolazioni del metacarpo e vengono chiamate, in gergo medico, “rizoartrosi”.
È una condizione maggiormente diffusa nelle donne e si manifesta con alterazioni tipiche della struttura delle piccole articolazioni.
Queste possono presentarsi ingrossate (per la crescita di strutture ossee) a livello dell’articolazione intermedia formando dei noduli chiamati “noduli di Bouchard”.
Oppure possono interessare l’ultima articolazione, quella della falangetta, formando i “noduli di Heberden”.
Nei casi più seri ci possono essere delle vere e proprie deviazioni delle dita, che così vedono diminuire la capacità naturale della presa.
- I FASTIDI DELL’ANCA
Prende anche il nome di coxartrosi ed è una delle più diffuse nella popolazione anziana.
Deriva da una degenerazione dei capi articolari tra la testa del femore, che è coperta da una sua cartilagine, e la sua sede di scorrimento, chiamata acetabolo, che ha la forma di una coppa ed è anch’essa rivestita da una cartilagine di protezione.
Quando si ha una consunzione di una o entrambe, la rotazione diviene difficoltosa e anche molto dolorosa. Può essere monolaterale o bilaterale, quando interessa entrambe le anche.
- I GUAI DEL GINOCCHIO
Definita gonartrosi può essere favorita da un cattivo allineamento osseo che colpisce la sede in cui si incontrano femore, perone e tibia.
Si contraddistingue anche perché nel cavo retrostante il ginocchio si possono formare delle cisti liquide, chiamate “cisti di Baker” che a loro volta finiscono con il creare pressione interna sull’articolazione, alterandone ulteriormente la funzionalità.
Geneticamente sono più predisposte le donne: era il famigerato “ginocchio della lavandaia”. È diffusa anche tra gli sportivi.
3. Con quali sintomi è solita presentarsi?
L’artrosi si manifesta in vari modi a seconda del suo grado di sviluppo e gravità.
I primi disturbi passano spesso quasi inosservati, anche perché esiste una tendenza generale, nei fenomeni artrosici: sono più intensi al mattino e tendono invece a migliorare con il passare delle ore (in molti casi, fino a scomparire del tutto).
Le prime manifestazioni apprezzabili dell’artrosi sono comunque le seguenti: dolore e senso di rigidità articolare, accompagnato più o meno da gonfiore.
Si può anche avere la sensazione che l’arto colpito sia meno forte e si può anche provare una maggiore sensazione di instabilità (specie se l’artrosi colpisce gli arti inferiori, come anca e ginocchia).
Una caratteristica dell’artrosi è quella di produrre periodi di disagio a cui si alternano altri di benessere. Questo fatto rappresenta una specie di “trappola” poiché al venire meno delle sensazioni dolorose il paziente è convinto che il malessere fosse muscolare o tendineo e non articolare.
Quindi rinuncia a svolgere esami di approfondimento e lascia che la situazione proceda, senza mettere in atto alcuna strategia difensiva per evitare di peggiorare l situazione.
Con il tempo, però, i periodi di assenza di dolore e disturbi diminuiscono, mentre si allungano e intensificano quelli connessi al disagio.
Tipicamente, la “parabola” dell’artrosi finisce con il paziente che prova grandi difficoltà a ritrovare una buona fluidità di movimento durante la giornata e accusa dolori anche di notte, quando invece quello era il momento in cui, in genere, stava meglio.
Un altro fastidio che può essere connesso alle artrosi e che viene riferito meno frequentemente rispetto al dolore e al gonfiore, sono i formicolii e le alterazioni della sensibilità.
In genere le parestesie si avvertono maggiormente quando i fenomeni artrosici colpiscono la colonna (bassa o alta, come nel caso di quella cervicale) ma non si limitano esclusivamente a quelle.
Il fenomeno che le più originare è per lo più la compressione: quando ci sono variazioni della struttura articolare, qualche nervo può risultare compresso oppure “pizzicato” dalla formazione di escrescenze ossee, che lo irritano.
Sono, questi, fenomeni molto fastidiosi che spesso limitano la funzione ancor più del dolore o del senso di rigidità.
4. Il sovrappeso è un fattore di rischio
Se dobbiamo fare una classifica tra i “fattori di rischio” per ciò che riguarda l’artrosi, l’eccesso di peso corporeo si merita senz’altro la prima posizione.
I calcoli su base nazionale dicono che nel nostro Paese ci sono circa 4 milioni di persone alle prese con disturbi di tipo artrosico.
Ebbene la percentuale tra coloro che hanno un indice di massa corporea superiore a 30 (il valore che segnala l’obesità) è almeno doppia rispetto ai normopeso.
Se pensiamo a tutti i possibili danni causati dall’eccesso di peso per ciò che riguarda le articolazioni, il primo che dobbiamo prendere in considerazione è l’azione diretta.
Immaginiamo di portare un sacco di farina di numerosi chili sulle nostre spalle per una intera giornata. Quando si fa sera sentiremo muscoli, tendini e articolazioni dolenti per via del maggiore sforzo compiuto da tutto il corpo.
È vero: il grasso corporeo non grava sulle spalle e tende a essere meglio distribuito sul corpo, ma questo non lo rende di per sé più leggero.
Un calcolo statistico spiega chiaramente che per ogni 5 kg in più che si accumulano sul corpo, c’è un aumento del 36% del rischio di incorrere in artrosi, specialmente a carico di piedi, ginocchia, schiena, anche.
Gli esperti hanno stabilito che se l’artrosi si manifesta con un dolore costante, nel paziente in sovrappeso, prima ancora di valutare interventi chirurgici o altro è necessario diminuire il peso corporeo.
Da questo punto di vista il professor Karvonen Gutierrez ha pubblicato una ricerca su Current Opinion of Rheumatology nella quale ha stabilito che per ottenere una diminuzione significativa della sofferenza articolare (e anche un miglioramento della funzionalità) è necessario conseguire un calo ponderale del 10%.
Questo significa che un paziente di 100 chili con sofferenza, per esempio, alle ginocchia, dovrà toccare quota 90 kg prima di avvertire un beneficio sensibile dal calo di peso.
Nel momento in cui un paziente sovrappeso sviluppa una artrosi dolorosa, la sua motivazione a muoversi per diminuire di peso corporeo subisce una grave battuta d’arresto.
La paura del dolore, infatti, rende il paziente molto cauto e preferisce così la vita sedentaria. Spesso inizia a usare strumenti di supporto anche per fare piccoli spostamenti, come deambulatori o simili, al fine di diminuire il carico sulla parte dolente.
Ma in questo modo la muscolatura si atrofizza sempre di più: il peso aumenta e con lui anche la sofferenza.
5. Un problema che riguarda 5 milioni di italiani oggi
Le malattie reumatiche, di cui fa parte anche l’artrosi, colpiscono oltre 5 milioni di italiani, interessano una persona su tre dopo i 65 anni e, dopo cancro e malattie cardiovascolari, sono quelle che comportano costi sociali maggiori all’INPS.
I dati sono riportati dalla Società italiana di reumatologia, che punta i riflettori anche sul fatto che queste patologie siano troppo poco conosciute e ancora molto sottovalutate. Si avverte un dolore al ginocchio, ma si pensa a un “normale” dolore dell’età.
Le articolazioni scricchiolano, ma si dà la colpa al tempo che cambia, alla stanchezza. Si sminuiscono i sintomi, insomma. Anche per questo motivo le diagnosi di artrosi e altre malattie reumatiche arrivano in ritardo, magari dopo anni, rendendo così le cure tardive e meno efficaci.
È circa il 32% degli anziani italiani, oggi, a utilizzare farmaci antinfiammatori ed antireumatici per la cura, tra gli altri disturbi, di artriti e artrosi.
Sempre secondo la Società italiana di reumatologia, sono oltre 800mila gli italiani che rischiano l’invalidità a causa delle forme più gravi di malattie reumatiche diagnosticate in ritardo e sono circa 600mila ogni anno i ricoveri in strutture sanitarie conseguenti a malattie del sistema osteo-articolare e del tessuto connettivo.
Era il 2019 quando, nel rapporto Osservasalute, veniva fatta una previsione poco incoraggiante: entro il 2028 il numero di malati cronici in Italia supererà 25 milioni di unità (in quell’anno erano 24 milioni).
Il motivo di tale aumento è anche nell’invecchiamento generale della popolazione, dato che secondo le stime nel 2028 gli over 65 saranno oltre 15,6 milioni, mentre nel 2038 saranno più di 18,6 milioni (nel 2019 erano più di 13,5 milioni).
Sempre secondo le previsioni del rapporto, comunque, la malattia cronica più diffusa fra qualche anno potrebbe essere l’ipertensione, che interesserà quasi 12 milioni di italiani, subito seguita da artrite e artrosi, che invece si stima colpiranno poco meno di 11 milioni di italiani, di cui 7 milioni circa saranno nella fascia d’età 45-74 anni.
Una quantità impressionante, se si tiene conto del fatto che, come detto, oggi le malattie reumatiche sono un problema per “solo” 5 milioni di individui.
A soffrire di cervicalgia invece sono 7 italiani su 10, pari a oltre 15 milioni di persone adulte, spesso ancora in età lavorativa, che per curare questo disturbo altamente invalidante devono ricorrere a ortopedici, fisiatri, fisioterapisti. E, soprattutto, ai farmaci.
Sono questi i dati emersi a fine 2019 durante il dodicesimo “Trauma meeting” promosso a Riccione dall’Associazione degli Ortopedici e Traumatologi ospedalieri Italiani (Otodi).
E' la fotografia di un fenomeno che non accenna a ridimensionarsi e per il quale giocano un ruolo di primo piano, oltre ai fattori climatici scatenanti, anche la compresenza di artrosi, gli errori posturali, l’uso di calzature sbagliate, le troppe ore trascorse con la testa china su videoterminali, tablet e smartphone ma anche e soprattutto l’ansia e lo stress che, scaricando su collo, nuca e spalle uno stato di tensione costante, provocano infiammazione e dolore.