Uno dei resti più notevoli dell’epoca vichinga in Danimarca sono le famose pietre di Jelling, le stele che il re danese Gorm e suo figlio Harald fecero erigere a metà del X secolo nella località dello Jutland, che per un certo periodo fu la loro capitale.
Sulla più grande di esse, commissionata dal figlio, compare l’iscrizione runica: «Il re Harald fece erigere questo monumento in memoria del padre Gorm e della madre Thyra».
Quindi segue un elogio del sovrano: «Harald che regnò sull’intera Danimarca e Norvegia e convertì i danesi al cristianesimo».
Infatti Harald Gormsson, conosciuto anche con il soprannome Blåtand (Dente Azzurro), passò alla storia come il re che unificò la Danimarca e svolse un ruolo cruciale nell’introduzione del cristianesimo nelle terre danesi.
Nel X e nell’XI secolo, sia in Danimarca sia in altri territori nordici, i piccoli regni vichinghi formatisi nei secoli precedenti grazie alle ricchezze ottenute dalle scorrerie nei mari del nord si trasformarono gradualmente in monarchie centralizzate, soggette all’autorità di governanti prestigiosi e potenti.
A questo processo politico se ne accompagnò un altro di carattere religioso: l’adozione del cristianesimo. I sovrani di Norvegia, Svezia e Danimarca divennero re cristiani.
Alcuni furono addirittura proclamati santi, come il norvegese Olaf II, lo svedese Erik IX e il danese Canuto IV. Così il mondo nordico – inclusa l’Islanda, che si convertì intorno all’anno 1000 – divenne parte della mappa dell’Europa cristiana.
La fonte principale per conoscere la vita e il regno di Harald Dente Azzurro è una saga scritta in Islanda nel XIII secolo, intitolata Knýtlinga saga. Questa cronaca dei re di Danimarca nel Medioevo inizia con il regno di Harald nel X secolo e continua fino alla fine del XII secolo.
Il titolo dell’opera deriva dalla particolare attenzione dedicata a Knútr inn ríki, cioè Canuto il Grande, un nipote di Dente Azzurro che nel 1016 fu proclamato re d’Inghilterra dopo aver invaso e occupato l’isola.
Probabilmente questa cronaca dei sovrani fu scritta dall’islandese Olaf Thordarson, nipote del famoso storico e poeta Snorri Sturluson.
Il suo stile è lontano dall’abilità narrativa della Heimskringla, la saga dei re vichinghi di Svezia e Norvegia scritta dallo zio all’inizio del XIII secolo, ma l’influenza di questo modello è evidente in molte parti del testo.
Olaf probabilmente raccolse informazioni per la saga durante il suo soggiorno in Danimarca alla corte del re Valdemar II, morto nel 1241.
1. Un vichingo sul trono
Mentre la Heimskringla inizia in tempi leggendari con il viaggio del dio Odino da Troia alla Scandinavia, la Knýtlinga si apre direttamente con l’ascesa al trono di Harald Gormsson.
Questo perché l’origine mitica della linea reale danese era già stata descritta in altri due testi: le Gesta Danorum (Gesta dei danesi) di Saxo Grammaticus e la Skjöldunga saga, che narra gli albori della famiglia reale danese, da Odino a Gorm il Vecchio, padre di Harald.
La saga descrive Harald come un prototipo di re vichingo: «Era un sovrano potente, bellicoso e carismatico in battaglia».
Evidenzia anche i suoi scontri con i popoli limitrofi: alcuni nordici, come gli svedesi e i norvegesi; altri germanici, come i sassoni; altri ancora slavi, come i venedi, che si stabilirono nel nord delle odierne Germania e Polonia, tra i fiumi Oder ed Elba.
La saga racconta che Harald s’impossessò di un grande feudo nel territorio dei venedi, sulle rive del Baltico, dove fondò una fortezza, Jomsborg.
Il territorio fu governato in nome di Harald dall’esercito dei jomsvikingar, leggendari vichinghi adoratori di Odino e Thor, famosi per le loro attività mercenarie e le loro scorrerie nel Baltico. Secondo la Knýtlinga saga, «trascorrevano le estati dedicandosi alla razzia e durante l’inverno si ritiravano tranquillamente nelle loro case».
Nel tentativo di estendere il suo potere, Harald prese di mira la Norvegia, dove regnava il nipote Harald Gråfeld (Manto Grigio). Secondo le cronache, Dente Azzurro ordì una cospirazione contro il sovrano norvegese, invitandolo in Danimarca e facendolo uccidere a tradimento.
Dopo la morte del nipote, Dente Azzurro invase la Norvegia con il suo esercito e nominò un re vassallo, Håkon Sigurdsson, obbligando l’intero Paese a versargli un tributo.
Nella foto sotto, delle monete scoperte nel Mar Baltico, tra cui sono presenti quelle dedicate ad Harald Bluetooth.
2. In guerra con l’impero
A sud, la Danimarca confinava con uno stato molto più potente dei regni vichinghi della Scandinavia: il Sacro romano impero.
Gli imperatori avevano combattuto i popoli germanici e slavi per molti decenni, con il pretesto che in quanto pagani dovessero essere convertiti al cristianesimo.
Questa stessa giustificazione fu usata dall’imperatore Ottone II di Sassonia per attaccare il re di Danimarca nel 974.
A quel tempo, secondo la Knýtlinga saga, «Harald non aveva alcuna intenzione di abbracciare la fede cristiana» e, con l’aiuto delle truppe norvegesi, non solo respinse l’offensiva di Ottone, ma attraversò il confine e conquistò alcuni territori imperiali.
Quando però i norvegesi tornarono in patria, Ottone riconquistò i territori perduti e oltrepassò il Danevirke, una linea difensiva di mura e trincee che fino a quel momento era stata la frontiera tra il mondo cristiano e quello pagano.
Nonostante ciò che sostiene la Knýtlinga saga, la conversione di Harald al cristianesimo era avvenuta probabilmente qualche anno prima dello scontro, intorno al 965. Il resoconto più dettagliato di questo episodio si trova nelle Res Gestae Saxonicae, scritte da Vitichindo di Corvey nella seconda metà del X secolo.
Vitichindo inizia mettendo in chiaro che prima della conversione pubblica del sovrano i danesi erano in realtà già cristiani, ma continuavano a venerare i loro dei secondo le proprie antiche tradizioni.
Consideravano Cristo una divinità, sostenendo però che ci fossero altri dei estremamente potenti, in grado di manifestarsi attraverso segni e prodigi molto più evidenti. Secondo il racconto di Vitichindo, Harald ricevette un giorno la visita di un sacerdote della cattedrale di Colonia di nome Poppone.
Il sovrano e il chierico si misero a discutere di religione, e Poppone affermò che esisteva un unico vero dio, e che quelli che i danesi chiamavano dei erano in realtà demoni. Harald, «che era noto per saper ascoltare bene, ma per parlare molto lentamente», chiese a Poppone se fosse disposto a dimostrargli la sua fede.
Il chierico accettò. Il giorno dopo il re fece mettere sul fuoco una grande barra di ferro e chiese a Poppone di prenderla a mani nude. Il sacerdote tedesco afferrò la barra e quindi mostrò al re le mani illese, a riprova della sua fede. In seguito a questo evento, Harald decretò che in Danimarca si venerasse unicamente il dio cristiano.
Nella foto sotto, Aroldo battezzato dal monaco Poppo, in un rilievo del X secolo.
3. Una conversione faticosa
L’esempio di Harald si diffuse a tutto il popolo, anche se il processo non fu facile e si generarono delle resistenze, com’è dimostrato da un episodio della Knýtlinga saga.
Dopo la sua conversione, Harald costrinse anche il re vassallo norvegese Håkon Sigurdsson e i suoi uomini, che si trovavano presso la corte danese, a farsi battezzare.
Mise inoltre a disposizione di Håkon dei sacerdoti che andassero con lui nelle sue terre per battezzare tutti i norvegesi.
Ma dopo essersi congedato dal re Harald, Håkon si recò nel luogo in cui Harald Gråfeld era stato ucciso a tradimento e costrinse tutto il clero a sbarcare. Quindi abiurò la fede cristiana e tornò in Norvegia, dove fece subito grandi sacrifici agli dei nordici.
Harald reagì con furia e guidò una spedizione che devastò l’intera costa norvegese, costringendo gli abitanti a rifugiarsi nelle foreste e sulle montagne circostanti. Tuttavia, non appena questi tornò in Danimarca con le sue truppe, Håkon riprese il controllo della Norvegia e smise di versare tributi ad Harald.
Un fatto curioso riferito dalla Knýtlinga saga mostra che la conversione di Harald non aveva affatto estirpato le antiche credenze pagane del re.
Mentre era in Norvegia, Dente Azzurro prese in considerazione l’ipotesi d’invadere l’Islanda, perché gli era giunta notizia di alcuni componimenti poetici in cui veniva ridicolizzato.
Prima di passare all’attacco, però, «ordinò a uno stregone di fare un viaggio magico verso l’isola per raccogliere informazioni». Alla fine rinunciò all’impresa perché il suo inviato gli disse che l’isola era troppo distante e abitata da creature mostruose.
Nella foto sotto, un drakkar (tipo d’imbarcazione vichinga) che naviga al largo delle scogliere di Dover (Inghilterra) è una ricostruzione moderna di una nave trovata nel 1962 nel fiordo di Roskilde, in Danimarca. L’originale fu costruito in Irlanda a metà dell’XI secolo.
4. Guerra civile in Danimarca
Il cristianesimo non fu l’unica imposizione di Harald al suo popolo.
Per rendere sicuri i confini del regno e allo stesso tempo controllare e amministrare meglio il territorio, Dente Azzurro fece costruire numerose fortificazioni circolari, i cosiddetti trelleborg (foto sotto).
Le dimensioni di queste imponenti costruzioni difensive costrinsero a usare come forza lavoro i guerrieri che normalmente formavano il seguito dei nobili vichinghi, gli jarl, tra i quali si diffuse il malcontento verso quello che consideravano un abuso del potere regale.
Questo spiega gli eventi che precipitarono la fine del regno di Harald.
Quando suo figlio Svein Tveskaeg (Barba Forcuta) era ancora un ragazzo, pretese dal padre una parte del regno. Harald rifiutò di cedergliela perché, secondo la Knýtlinga saga, «era il figlio di una concubina e non provava per lui alcun affetto».
Una volta diventato adulto, tuttavia, Svein decise di agire come i vichinghi avevano sempre fatto. Radunò alcune navi e una buona milizia, probabilmente reclutata tra gli avversari di Harald, e intraprese delle scorrerie in Danimarca e in altri Paesi.
Nella foto sotto, Pietra di Jelling. Gesù non è raffigurato su una croce, ma appeso a dei rami. Nationalmuseet, Copenaghen.
5. L’ultima battaglia
Furioso, Harald reagì alla provocazione lanciandosi contro il figlio alla testa del proprio esercito.
Scoppiò una guerra civile in piena regola in cui si registrarono diversi scontri.
In uno di questi, le truppe di Harald riuscirono a prevalere su quelle di Svein, ma una freccia ferì gravemente Dente Azzurro, che morì poco dopo. Era il novembre del 987.
Fu il primo re danese a essere sepolto in terra consacrata nell’antica chiesa di legno di Roskilde, anche se la sua tomba non si è conservata fino a oggi. Morto il padre, Svein divenne il nuovo re di Danimarca e riuscì a ricomporre il rapporto con gli jarl.
Nel periodo di pace e stabilità che ne seguì, le fortezze che Harald aveva costruito furono abbandonate perché erano troppo costose da mantenere. La Knýtlinga descrive Harald allo stesso modo degli eroi vichinghi delle saghe.
Come loro era audace, infaticabile, pronto alla battaglia e al saccheggio e avido di potere e fama. Harald era un uomo rude e incolto, due tratti che aveva ereditato dal padre Gorm e trasmesso a sua volta al figlio Svein.
La conversione al cristianesimo non dovette generare cambiamenti profondi nel suo carattere. I continui litigi e tradimenti all’interno della sua stessa famiglia, come l’omicidio di suo nipote e la guerra con suo figlio, fanno pensare all’Amleto di Shakespeare e alla famosa sentenza: «C’è del marcio in Danimarca»
Nella foto sotto, Cattedrale DI Roskilde. Questa chiesa gotica fu eretta intorno al 1200 sul sito di una chiesa precedente in cui fu sepolto Harald Dente Azzurro, che fece di Roskilde la capitale del suo regno.
CRONOLOGIA
910: All’incirca in questo periodo nasce Harald Gormsson, figlio di Gorm il Vecchio.
958: Alla morte di Gorm sale al trono danese il figlio Harald Dente Azzurro.
974: L’imperatore germanico Ottone II entra in guerra con Harald e ne invade il regno.
987: Harald muore in battaglia durante la guerra contro il figlio e successore, Svein.
XIII secolo: Autori islandesi scrivono le saghe che raccontano la vita di Harald.
Nella foto sotto, cimitero vichingo. L’insediamento vichingo di Lindhom Hoje, nel nord della penisola dello Jutland, fu abbandonato nel XIII secolo. Rimane una necropoli di circa 700 sepolture, molte delle quali sotto tumuli circondati da pietre che tracciano il profilo delle navi che portavano i defunti nell’aldilà.