Trecento anni fa Johann Sebastian Bach (1685-1750) terminava il primo libro del suo Clavicembalo ben temperato.
Non immaginava che quella e centinaia di altre composizioni lo avrebbero consegnato al mito come “l’Omero della musica” (una definizione del direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler), “il santo sul trono, inaccessibile, al di sopra delle nuvole”, in definitiva “il più grande dei musicisti”.
Non lo sospettava nemmeno, perché lui era un uomo modesto, che firmava i suoi spartiti con la sigla “S.D.G.”, Soli Deo Gloria; (“solo alla gloria del Signore”).
Meglio, si sentiva forse “tanto grande da potersi permettere di essere modesto”, come scriveva nel volume J. S. Bach: il musicista poeta (1905) il più insospettabile dei suoi biografi, il medico missionario Albert Schweitzer, appassionato esecutore della sua musica per organo.
Alla fine, Bach era un padre di famiglia, un artigiano della musica, geniale ma quasi inconsapevole delle note immortali che stava scrivendo.
1. NOIE QUOTIDIANE, CARATTERE E GAVETTA
Nelle lettere arrivate fino a noi, Bach è preso soprattutto dal quotidiano: dai soldi che non bastavano mai; dalle malattie dei venti figli, che troppo spesso gli toccò seppellire; dagli allievi stolti e dai rivali inetti.
Non ultimo dai rapporti burrascosi con la committenza, i prìncipi tedeschi e le gerarchie ecclesiastiche che lo sfamavano ma gli facevano ribollire il sangue quando cercavano di influenzarne l’estro creativo. In breve, un carattere ben poco “temperato".
Il pianista iraniano Ramin Bahrami, che a Bach ha consacralo la sua carriera, sostiene che è necessario conoscerlo, «come è fondamentale conoscere il padreterno, perché ha scritto la A e la Z di tutta la musica, perché è l’autore universale che sa parlare al bambino come all’adulto».
Un compositore che riesce «a far dialogare le realtà più diverse senza che vi sia conflitto». Eppure di piccole guerre Johann Sebastian dovette combatterne più di una.
Bach era nato ad Eisenach da una stirpe di artisti, in mezzo al «più stupefacente clan della storia musicale», come scrive Alberto Basso nel suo monumentale saggio Frau Musika (Edt), sulla vita e le opere del compositore tedesco. Nella regione d’origine, la Turingia, il nome Bach (che in tedesco vuol dire “ruscello”) era sinonimo di musicista. Sotto, la casa natale di Bach a Eisenach.
Un primo colpo basso della vita Johann Sebastian lo subì con la perdita della madre Elisabeth, nel 1694. Otto mesi dopo morì anche il padre Johann Ambrosius (foto sotto). A nemmeno dieci anni Bach si ritrovò orfano.
Fu ospitato dal fratello maggiore Johann Cristoph, organista che aveva studiato con Pachelbel, quello del celebre Canone. Johann Sebastian e l’altro fratello Johann Jacob vennero accolti a casa sua a Ohrdruf, dove il maggiore provvide a sfamarli ed educarli.
Sappiamo che Bach cantava nel coro e che il padre lo aveva avviato allo studio del violino e del clavicembalo; il fratello più grande gli trasmise la "tecnica di tastiera”, anche se in definitiva Bach fu autodidatta.
Sembra che il fratello lo trattasse con estrema severità, come si potrebbe dedurre da due composizioni di Johann Sebastian, che al maggiore dedicò il più convenzionale Capriccio BWV 993, mentre pare abbia riservato il ben più tenero - fin dal titolo, Capriccio sopra la lontananza del suo fratello dilettissimo BWV 992 - a Johann Jacob.
Questi si era arruolato come oboista nella guardia d’onore del re di Svezia Carlo XII ed era partito per la Polonia lasciando solo il fratellino. Morì nel 1722, quando la carriera di Johann Sebastian stava per decollare.
Sotto, Johann Ambrosius Bach, padre di Johann Sebastian.
2. NEL SEGNO DI LUTERO
Terminati gli studi di teologia, latino e greco (trascurò sempre il francese), Bach si avviò all’arte di famiglia: musizieren (fare musica).
Partì dal basso, ma arrivò ai ruoli più prestigiosi previsti allora nel mondo musicale tedesco, che aveva i suoi vertici nell’organo e nel corale luterano.
Fu Hofmusikus (musicista di corte), Stadtorganist (organista cittadino), Hoforganist (organista di corte), Konzertmeister (primo violino), Kapellmeister (maestro del coro di cappella), Thomaskantor, ovvero maestro cantore, direttore artistico e responsabile dell’organizzazione musicale del Thomanerchor, il coro di voci bianche di Lipsia, nato nel Duecento e di fama mondiale.
Alla Thomasschule di Lipsia insegnava a cantare agli studenti e ogni settimana doveva fornire nuovi spartiti per le due grandi chiese della città. Una corvée che produsse oltre 200 cantate sacre, un monumento della musica barocca.
Bisogna sapere che la Riforma luterana aveva trasformato la Chiesa nordeuropea nel profondo. Il tedesco era subentrato al latino e la messa cantata, che nel Medioevo era riservata ai cori gregoriani composti da cantori professionisti o da monaci, era stata allargata e aperta all’assemblea dei fedeli.
Martin Lutero (1483-1546), che da monaco agostiniano era stato musicista e direttore di coro, diceva che non bisognava "lasciare la bella musica al diavolo": aveva intuito che il canto era un mezzo accessibile anche agli analfabeti per comprendere meglio la liturgia.
I corali luterani avevano favorito la nascita di un ceto di organisti e direttori di coro, "impiegati" della musica sacra, impegnati a comporre e suonare corali, Lieder e Passioni (grandi composizioni per il tempo di Pasqua). La città di Eisenach era stata la culla di questo movimento musicale.
Bach era dunque cresciuto nell‘humus protestante, ma tendeva ad andare oltre i compiti per cui lo assumevano. Colpa del suo difficile rapporto con l’autorità, che secondo uno dei suoi biografi, Robert Marshall, si doveva alla perdita precoce dei genitori.
In ogni caso, Bach non aveva ancora compiuto vent’anni che, nella cittadina di Arnstadt, ebbe il primo incarico ufficiale. E affrontò la sua prima zuffa.
Sotto, monogramma di Johann Sebastian Bach, disegnato da lui stesso. Si compone delle lettere J S B, ossia le sue iniziali, intrecciate due volte, una nel verso normale e l'altra speculari.
3. PUNTO E... CONTRAPPUNTO
Il 5 agosto del 1703 il concistoro cittadino dovette dirimere una lite tra due musicisti. La notte precedente c’era stato tumulto sulla piazza del mercato di Arnstadt.
Due giovani teste calde avevano litigato tra loro, separati dagli amici. Uno di loro era Johann Sebastian Bach, organista e cantore, e si era presentato davanti al consiglio della chiesa cittadina per sporgere denuncia.
Aveva riferito che era stato insultato e poi aggredito dal fagottista e allievo del coro Johann Geyersbach. Chiese al concistoro di punire l'aggressore, affinché lui potesse attraversare la città "senza essere insultato e senza doversi battere".
Venne fuori che ad attaccar briga per primo era stato sì Geyersbach, ma per chiedere ragione del fatto che Bach lo apostrofava Zippelfagottist, come a dire “quella capra di un fagottista".
Il concistoro li ammonì entrambi. Sotto, la famiglia Bach: J.S. Bach (a sinistra) con tre dei suoi figli. Artista sconosciuto.
Nella primavera del 1707 Bach lasciò la piccola Arnstadt per cercar fortuna a Mühlhausen, dove gli offrivano il posto di organista. Quell’autunno sposò Maria Barbara Bach, sua cugina di secondo grado.
Dal matrimonio nacquero sette figli (tre morti nella culla). Ma presto cominciò a litigare anche con il consiglio municipale di Mühlhausen, i cui notabili non apprezzavano le novità da lui introdotte nei corali.
Così, anche questo rapporto di lavoro si concluse. Nel 1708, il musicista abbandonò quel borgo di vedute ristrette per accettare il posto di organista offertogli dal duca di Sassonia-Weimar, Guglielmo Ernesto.
I nove anni passati a Weimar risentono della mancanza di documenti. Si sa che in casa Bach furono fecondi di studi e di nascite. Il musicista si fece fama di ottimo esecutore e grande improvvisatore.
Si registra anche un suo viaggio a Dresda, nel 1717, per una sfida con il francese Marchand, organista di Luigi XIV, che forse non si presentò o venne stracciato dal tedesco. Poco importa. Lo attendevano ben altre prove.
Sempre a caccia di un contesto meno gretto, Bach tornò a Weimar con l’obiettivo di cambiare lavoro. Chiese congedo al duca, forse ne nacque un alterco e la situazione precipitò.
Fatto sta che gli archivi municipali riportano uno strano episodio: "Il 6 novembre, Bach, fino ad allora maestro di concerto e organista a corte, è stato, a causa della sua testardaggine e del congedo che sollecita con ostinazione, arrestato nella sala di giustizia: il 2 dicembre, il suo congedo gli è stato infine concesso ed è stato liberato dagli arresti".
Il testardo Konzermeister aveva passato quattro settimane in prigione. Con la liberazione arrivò anche il licenziamento e Bach levò le tende.
Sotto, le mogli di Bach, Maria Barbara Bach (a sinistra) e Anna Magdalena Bach (a destra).
4. ANNA MAGDALENA E RITMO SERRATO
A 38 anni prese servizio a Köten, alla corte del principe Leopoldo, con l ambito titolo di Kapellmeister e direttore della musica da camera.
Una posizione non priva di soddisfazioni mondane. Ma nel 1720, di ritorno da un viaggio alle terme di Carlsbad, dove aveva accompagnato il suo signore, scoprì la prematura morte della moglie, avvenuta a sua insaputa il 7 luglio.
L'anno precedente aveva seppellito il più piccolo dei suoi sette figli, di appena dieci mesi. Passato il periodo del lutto, Bach sposò la giovane cantante Anna Magdalena Wilcke, che gli diede altri tredici figli, di cui sette morirono bambini.
Fu Anna Magdalena a trascrivere per anni la musica del marito (secondo alcuni diede anche il suo contributo creativo) e ad aprire le stanze della casa di Lipsia per le serate musicali che videro la famiglia Bach al centro della vita sociale cittadina. Johann Sebastian aveva ottenuto finalmente il lavoro al quale aspirava, ma i problemi quotidiani continuavano ad assillarlo.
Sotto, Johann Sebastian Bach mentre suona davanti al re di Prussia e principe elettore di Brandeburgo, Federico II di Prussia.
Per tutta la vita il musicista lottò per assicurarsi entrate extra. Aveva lasciato Köten per uno stipendio più alto (700 talleri all’anno invece di 400), ma a Lipsia solo 120 erano sicuri, gli altri dipendevano... dall'aria!
In una lettera del 1730 si lamentava del fatto che il clima migliore del solito quell’anno aveva fatto diminure i funerali e di conseguenza le occasioni di Accidentien, ovvero le "entrate occasionali” che di fatto costituivano la parte più cospicua degli incassi del musicista.
Inoltre, era sottoposto a enormi pressioni: doveva comporre una cantata a settimana e insegnare, cosa che gli veniva a noia, tanto che incaricò un sostituto, pagandolo di tasca propria.
Con il consiglio comunale, poi, erano liti su tutto, dalla burocrazia al numero di allievi da ammettere nel coro. A Lipsia aveva trovato sulla sua strada un organista, Johann Gottlieb Görner, che gli contendeva visibilità e salario. Come scrisse Schweitzer nella sua biografia.
"Bach usò ogni mezzo perché la sua piena autorità fosse ristabilita e soprattutto perché gli fosse dato tutto l'onorario". Si narra che durante una prova il musicista di Eisenach, arrabbiato con l'organista che accompagnava la cantata, gli lanciò contro la parrucca gridandogli: "Voi dovete fare il calzolaio!".
Intanto gli interessi dell’artista si erano allargati alla musica profana. Già a Köten aveva composto i Concerti brandeburghesi (per orchestra da camera), poi vennero le Variazioni Goldberg per clavicembalo e altri capolavori strumentali: sempre a caccia di commissioni, sempre a lavorare come un matto.
Per fortuna aveva una salute di ferro. C'è chi ha avanzato l'ipotesi che dietro alla vitalità di Bach e alla mole di impegni che riusciva a gestire ci fosse un "aiutino": il caffè. All’epoca era vietato, ma i locali dove berne una tazza non mancavano.
Bach compose persino una Cantata del caffè, dove prende in giro l’effetto della caffeina su una ragazza, che senza la sua tazza quotidiana si sente come un "pezzo di montone secco".
In questa fase di ascesa, poteva mancare un’altra disputa? No. E infatti Bach se la prese con il nuovo rettore della scuola di San Tommaso, Johann August Ernesti, a partire dal 1736, per colpa della nomina di uno studente prefetto, a cui lui si era opposto.
In quell’occasione si schierò contro il padrino dei suoi figli e per due anni scrisse a ogni funzionario municipale per chiedere udienza e protestare. Sotto, clavicembalo e viola appartenuti al compositore.
5. REQUIEM E DIVINO ARTIGIANO
Tutta questa veemenza venne meno con il progredire dell’età e degli acciacchi. La malasorte colpì Bach in uno dei sensi che più gli serviva per comporre: nel 1750 si sparse la voce che stava perdendo la vista.
Si affidò alle mani di un oculista inglese, che lo ridusse alla cecità con due interventi mal eseguiti. Poi fu colpito da un ictus. Spirò la sera del 28 luglio 1750, a 65 anni.
Aveva dettato il suo ultimo corale dal letto di morte: Davanti al tuo trono mi presento, o Dio. Dopo la morte di Johann Sebastian, i figli maschi litigarono e se ne andarono.
Anna Magdalena rimase sola con due figlie, vivendo grazie alla generosità di amici e conoscenti e con i magri sussidi del consiglio municipale di Lipsia. Il genio di Eisenach fu presto dimenticato, o quasi.
Nella seconda metà del Settecento, il Bach più famoso era il suo quinto figlio, Carl Philipp Emanuel. Eppure, tutti i grandi della musica gli devono qualcosa. Mozart (1756-1791) fu influenzato non da uno, ma da ben due Bach, Carl Philipp Emanuel e Johann Christian (foto sotto).
Beethoven (1770-1827) a undici anni suonava perfettamente i preludi e le fughe del Clavicembalo ben temperato: la musica di Johann Sebastian gli era stata messa in mano dal suo maestro Neefe e lui la portava nei salotti della nobiltà, dove si esibiva come virtuoso.
Toccò a un altro ragazzo prodigio, Felix Mendelssohn Bartholdy (1809-1847), “riesumare" il Bach che conosciamo. Nel 1802, Johann Nikolaus Forkel aveva pubblicato la prima biografia, avviando la Bach-Renaissance.
Ma fu Mendelssohn, nel 1829, a dirigere a Berlino la Passione secondo Matteo, mai più eseguita dopo la morte di Johann Sebastian. Fu un clamoroso successo. La musica del divino artigiano era tornata a vivere.
Qua sotto, ritratto di Johann Christian Bach (1735-1782) eseguito nel 1776 da Thomas Gainsborough.
Note
PERCHÉ SI CHIAMA "BEN TEMPERATO"?
Secondo il dizionario Treccani, tra i significati di "temperato"c’è questo: "di persona che si modera negli atti e nel soddisfacimento dei bisogni, degli istinti e impulsi, dei desideri e degli appetiti, che ha la virtù della temperanza".
Senza eccessi, insomma. Ma quando si parla di musica, il termine non ha nulla a che fare con il carattere. Componendo (in due parti, nel 1722 e nel 1742) Il clavicembalo ben temperato, Bach consacrò un nuovo sistema di organizzazione dei suoni, che si era affermato allora e che usiamo ancora oggi: il temperamento equabile.
Fino al Seicento, i musicisti europei avevano usato la scala "naturale", basata sui rapporti matematici tra i suoni, individuati dal greco Pitagora. L’evoluzione della pratica musicale e nuovi stili esecutivi avevano però evidenziato i limiti di quel sistema: accordare in modo preciso gli strumenti, soprattutto quelli a intonazione fissa (organo e clavicembalo, per esempio) era impossibile usando la scala naturale.
E far suonare strumenti a intonazione fissa insieme a quelli a intonazione naturale (il violino, ma anche la voce) stava diventando un'impresa. Per rimediare, si decise di "temperare", cioè di "aggiustare" la scala naturale, modificando artificialmente gli intervalli tra i suoni: ogni ottava fu divisa in 12 semitoni perfettamente uguali, cioè "equabili". Nel 1691 il teorico tedesco Andreas Werckmeister espose il nuovo sistema nel trattato Musikalische Temperatur.
E utilizzando quella suddivisione dei suoni della scala, Bach compose Il clavicembalo ben temperato: 24 preludi e fughe nelle 12 tonalità del temperamento equabile.