Secondo la religione cattolica, Cristo è resuscitato dopo la sua morte in croce.
È stato lui a prometterci che anche noi risorgeremo il giorno del Giudizio Universale.
L’interrogativo ci esplode dentro alla morte di una persona cara: potrò mai ritrovarla e riabbracciarla in un’altra dimensione? Il messaggio evangelico di Cristo ci assicura di sì: tutti risorgeremo in Lui, che ha vinto la morte.
A chi non crede ai Vangeli né all’esistenza di Gesù di Nazareth, gli studiosi replicano che i Vangeli stessi non sono solo scritti religiosi, ma vere e proprie fonti storiche, che trovano riscontro in alcune testimonianze non religiose che ci sono pervenute.
1. Che cosa riferiscono i Vangeli
Nel prologo del suo Vangelo, scritto nella seconda parte del I secolo d.C., San Luca Evangelista, di professione medico, specifica di aver steso il racconto degli avvenimenti «come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio» e di aver fatto «ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi».
Luca descrive così il ritrovamento del sepolcro vuoto: «Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, Maria di Màgdala, Giovanna, Maria di Giacomo e altre donne si recarono nella tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù».
Apparvero alle donne due angeli, che dissero loro: «Perché cercare tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è resuscitato». Le donne corsero a raccontare l’accaduto agli apostoli, che non credettero.
Prosegue Luca: «Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto» (Lc 24, 1-12). Anche gli altri Evangelisti (Matteo, Marco e Giovanni) riportano lo stesso racconto con la sola differenza di qualche dettaglio, sempre con le donne prime protagoniste.
I quattro Vangeli, scritti da autori diversi in tempi diversi, soddisfano così quello che gli storici chiamano “criterio della molteplice attestazione”, secondo il quale più fonti diverse – distinte fra loro – che riportano la stessa narrazione ne avvalorano l’attendibilità.
A chi liquida la narrazione evangelica come pura invenzione, gli storici fanno altresì notare che se davvero qualcuno avesse voluto inventarsi la Resurrezione di Gesù, non avrebbe avuto senso costruire una storia in cui le donne sono le prime testimoni, poiché all’epoca, erano reputate esseri inferiori e la loro testimonianza valeva pressoché zero.
2. Le fonti storiche e i reperti archeologici
Fra le più importanti fonti storiche non religiose che confermano la Passione e Resurrezione di Gesù vi è il Testimonium Flavianum, un brano dello storico ebreo, leader militare e cittadino romano Giuseppe Flavio, contenuto nella sua opera Antichità Giudaiche, scritta a Roma nel 93 d.C.
L’opera narra la storia degli ebrei, in cui si inserisce anche la vicenda di Cristo. Scrive Giuseppe Flavio: «Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo uomo: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei Greci. Questi era il Cristo.
E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d’altre meraviglie riguardo a lui. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani».
Questa cronaca, a opera di uno degli storici più prestigiosi e accreditati del tempo, non solo corrisponde al racconto dei Vangeli, ma fa capire come la morte in croce di Gesù e la sua Resurrezione fossero stati eventi ben noti all’epoca.
Anche l’archeologia è dalla parte dei Vangeli: nel 2008, alcuni archeologi israeliani scoprirono una tavoletta di pietra scritta in antico ebraico e risalente al I secolo d.C. che menziona l’Arcangelo Gabriele e un Messia morto e risorto dopo tre giorni. La tavoletta prende il nome di “La Rivelazione di Gabriele”.
3. I discepoli erano disorientati
In chiave storico-culturale, va altresì considerato che i discepoli di Gesù, di mentalità ebraica, non contemplavano il tema della Resurrezione, tantomeno l’idea di un Messia che sarebbe stato crocifisso e ucciso.
Gli ebrei attendevano infatti un Messia trionfante e vincitore, che desse vita a un potente regno messianico.
Dopo la morte del Maestro, i discepoli rimangono quindi spiazzati e si sentono perduti, al punto che quando Egli si ripresenta loro in carne e ossa faticano a riconoscerlo.
Nel Vangelo, il giorno stesso della Resurrezione, Gesù ricompare sulla via per Emmaus, un villaggio a poche miglia da Gerusalemme.
Come un viandante qualsiasi affianca Cléopa e un altro discepolo, i cui occhi “sono impediti a riconoscerlo” (perché mancano loro la fede e l’intelletto per comprendere le Scritture, in quanto stanno discorrendo, delusi, sulla fine di Gesù).
I loro occhi si aprono e riconoscono il Maestro soltanto quando questi spiega loro le Scritture e spezza il pane (Mc 16, 12-13, Lc 24, 13-35). Poi, Gesù entra a porte chiuse nel Cenacolo.
Racconta Luca: «Stupiti e spaventati, credevano di vedere un fantasma». Gesù li invita allora a toccarlo: «Sono proprio io! Toccatemi e guardate: un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho».
Per dimostrare di avere un corpo, chiede loro: «Avete qui qualcosa da mangiare? Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro» (Luca 24, 36-43).
Celebre, infine, l’episodio di San Tommaso, che crederà alla Resurrezione del Maestro soltanto dopo aver messo le dita nelle piaghe delle sue mani e del costato (sotto).
4. Sulle ossa ricrescerà la carne
Nel Vangelo, Cristo promette la vita eterna a tutti quelli che credono in lui. Ma spesso, il corpo di una persona cara nella bara lascia sgomenti e mette a dura prova anche la fede cristiana.
Ci viene in aiuto il profeta Ezechiele, che nella Bibbia viene portato da Dio in spirito su una vasta pianura piena di ossa, “in grandissima quantità” e “tutte inaridite”.
Le ossa inaridite simboleggiano appunto la paura più devastante dell’uomo: quella della morte definitiva e senza ritorno: «Potranno mai rivivere?» è la domanda con cui Dio sollecita Ezechiele.
Il Signore ordina a Ezechiele di profetizzare su quei poveri resti umani, per farvi ricrescere nervi, carne e pelle. Racconta Ezechiele: «Mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro».
La Resurrezione può avvenire solamente se lo Spirito della persona (l’anima) si ricongiunge al corpo. Una persona appena morta appare ancora intatta nella carne, ma il suo corpo non ha più vita perché l’anima si è staccata da esso.
Ecco perché in tutte le resurrezioni operate da Cristo, dagli apostoli e dai profeti nella Sacra Scrittura viene invocato innanzitutto lo Spirito, che è reinfuso nel corpo.
Anche Ezechiele è invitato da Dio a invocare lo Spirito affinché rientri in quei corpi: «Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano». Scrive il profeta: «Lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato».
«L’ho detto e lo farò» (Ez 37, 1-14). È questa la solenne promessa di Dio: un giorno ricostituirà perfettamente i corpi dei morti, che ai nostri occhi sembrano destinati a ritornare polvere e a confondersi con la terra.
Secondo le parole di Cristo nel Vangelo, la resurrezione dei corpi avverrà alla fine dei tempi nel Giorno del Giudizio, al suo ritorno sulla Terra. Nel frattempo, i defunti vivono in una dimensione spirituale incorporea.
5. Sulle ossa ricrescerà la carne
Secondo i Vangeli Gesù risuscitò tre persone: l’amico Lazzaro di Betania, fratello di Marta e Maria, morto da quattro giorni (Gv 11, 1-44).
Poi il figlio unico di madre vedova che Gesù, commosso, richiamò in vita durante il funerale nella cittadina di Nain (Lc 7, 11- 17).
Infine, la figlia di Giàiro, capo della Sinagoga di Cafàrnao (Mt 9, 18-26; Mc 5, 21-43; Lc 8, 40-56).
Anche gli apostoli Pietro e Paolo e i profeti Elia ed Eliseo, nel nome di Dio, operarono delle resurrezioni. Pietro riportò in vita Tabità, una discepola di Giaffa (Atti 9, 36-43) e San Paolo fece lo stesso con il giovane Èutico, caduto dalla finestra presso Troade durante la sua predicazione (Atti 20, 7-12).
Nella Bibbia, Elia risuscita il figlio della vedova di Sarepta di Sidone (Primo Libro dei Re 17, 17- 24) ed Eliseo ridà la vita a un giovane di Sunem (Secondo Libro dei Re 4, 8-38) e a un defunto che durante il funerale, a causa dell’arrivo dei predoni, era stato gettato nel suo sepolcro (II Libro dei Re 13, 20-21).
A questi si aggiunge un gran numero di giusti che tornarono in vita alla morte di Gesù in Croce: «I sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua resurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti» (Mt 27, 52-53).
Sotto, "La resurrezione di Lazzaro", Giotto, 1304-1306.