Quando qualcuno che ci è caro se ne va per sempre, il dolore è straziante e non ha mai realmente una fine, perché nella nostra vita si apre un vuoto che non è possibile colmare.
Per noi che amiamo davvero i cani, questo vale anche quando è uno di loro a lasciarci.
Ma se con noi vive più di un cane, cosa prova chi rimane di fronte a un membro del branco che sale sul “ponte dell’arcobaleno”?
È ciò che si sono chiesti tanti di noi ma anche diversi studiosi, coinvolti in uno studio dell’Università degli Studi di Milano condotto con l’Università di Padova e pubblicato su Scientific Reports.
Via via che diventa evidente quanto ricca sia la sfera emotiva dei cani, la ricerca scientifica si spinge ancora più avanti per capire cosa provano. E ogni volta ci scopriamo sempre più simili…
1. Reazioni evidenti
Come tanti altri, ho quasi sempre avuto almeno due cani nella mia vita e in questo periodo ne ho tre.
Lo considero un grande privilegio, quello di vivere accanto a diverse creature meravigliose, godere del loro affetto che non ha paragoni per sincerità, divertirmi a giocare e a fare attività insieme a loro, condividere spazi, viaggi, esperienze, osservare le loro interazioni e imparare cosa vuol dire davvero essere un tutt’uno di fronte al mondo e un’individualità unica e indispensabile nella sfera del branco.
Sono un uomo fortunato, per questo. Ma quando uno dei miei fratelli con la coda imbocca il “ponte dell’arcobaleno”... il dolore è terribile, insopportabile, lacerante. Perché con un cane si può arrivare a un livello di intimità spirituale che molto raramente si raggiunge con un essere umano.
Però, il mio spirito curioso da indagatore del comportamento canino neppure di fronte al lutto si è rassegnato e ha cercato di capire cosa provassero i miei cani di fronte alla scomparsa di un membro del branco. Ho colto così reazioni diverse, ma evidenti.
Ce stato chi, dopo la morte della femmina con cui viveva da anni, per mesi si è voltato ad aspettarla al rientro, sulle scale di casa, e ogni volta, nei suoi profondi occhi scuri, era evidente il grande rammarico di non trovarla dietro di sé come in passato.
Un altro, invece, ha passato notti e notti sul divano accanto alla porta d’ingresso, invece di dormire come sempre in camera da letto, come se stesse aspettando il ritorno di chi, purtroppo, non sarebbe riapparso mai più. E non sono solo questi i segni del lutto che ho notato nei miei cani.
La ricerca che riassumiamo brevemente in queste pagine li comprende e ciò mi conforta: non me li sono immaginati e quel dolore è reale anche nei cani. Il che li rende ancora più degni di rispetto.
2. Uno studio molto ampio
Lo studio è stato condotto attraverso un questionario online indirizzato a chi avesse avuto almeno due cani contemporaneamente e i ricercatori hanno strutturato le domande in modo da ottenere un quadro molto completo della convivenza tra i cani e i loro partner umani nel corso del tempo.
Il campione che ha costituito la base dello studio è composto da 426 cinofili italiani, con una vasta prevalenza femminile (384 contro 42 maschi) e un’età media di circa 42 anni su un range che andava da 18 a 70.
Alla morte di uno dei cani, solo il 13 per cento circa dei proprietari viveva da solo mentre tutti gli altri convivevano con almeno un famigliare. Oltre il 66 per cento dei cani era morto da più di un anno al momento del questionario, 1’11,9 per cento tra i 6 mesi e un anno, il 21,7 per cento da meno di sei mesi.
Le circostanze in cui i cani sono morti sono state improvvise per oltre il 52,1 per cento dei casi, conseguenti a eutanasia per malattia per il 57,2 per cento (una parte delle morti inattese è evidentemente dovuta a malattie gravi insorte all’improvviso con conseguente eutanasia, il che spiega la sovrapposizione delle percentuali) e lo 0,2 per cento per problemi comportamentali (una quota molto bassa, per fortuna...).
Quanto al periodo di convivenza tra i cani prima della scomparsa di uno di loro, fattore teoricamente importante ai fini del lutto, circa il 93 per cento dei proprietari lo ha indicato superiore a un anno.
Un’altra informazione utile per capire di più sulle emozioni dei cani sopravvissuti è, plausibilmente, il tipo di convivenza che hanno vissuto con il partner deceduto, valutato secondo diversi criteri contemporaneamente.
Per il 69 per cento dei proprietari intervistati, il rapporto era di tipo amichevole, non agonistico per il 56 per cento, di reciproca tolleranza per la medesima percentuale e di tipo parentale per il 48 per cento.
Più in dettaglio, la condivisione delle attività, come dormire vicini, era la norma per il 66 per cento, il grooming reciproco era praticato nel 27 per cento dei casi, quasi il 50 per cento giocava insieme, 1’86 per cento condivideva le aree di riposo, il 36 per cento il cibo, il 58 per cento i giocattoli e solo il 9 per cento non condivideva sostanzialmente nulla.
L’assenza di liti è stata riportata dal 54 per cento dei proprietari.
3. Soffrono anche loro
Ovviamente, il questionario mirava soprattutto a capire quali conseguenze avesse avuto la scomparsa di un cane sul comportamento di quelli rimasti.
E i risultati sono decisamente chiari: i cani soffrono la morte dei loro compagni di branco e i segnali sono evidenti.
Nel 67 per cento dei casi, i proprietari riportano un incremento della ricerca di attenzione, il che può essere plausibilmente dovuto alla necessità di contatto e rassicurazione, facile da capire in una circostanza simile.
A rinforzare questa deduzione, anche il 35 per cento di segnalazioni di un aumento delle paure, cioè le figlie predilette dell’insicurezza derivante dalla scomparsa di un partner.
Anche la tristezza e l’apatia devono avere un ruolo importante, visto che il 57 per cento dei proprietari ha notato una riduzione delle attività di gioco e il 46 per cento una diminuzione della attività in generale, senza contare un 35 per cento di incremento del sonno (rifugio tipico della mente canina di fronte al disagio), un calo dell’appetito per il 32 per cento (quanti di noi riescono a mangiare in quelle circostanze?) e un aumento delle vocalizzazioni (30 per cento), frequente valvola di sfogo dello stress emotivo, per i cani.
Interessante anche notare la bassa percentuale di proprietari che non ha riscontrato segnali di alcun genere, il 13,4 per cento. Sono pochi e non è detto che tutti abbiano osservato abbastanza bene il loro cane per notare dei sintomi...
4. Affetti di lunga data
Anche il tipo di legame che cera tra i cani ha il suo peso sul comportamento di chi rimane.
Infatti, le relazioni di lunga durata che vengono a mancare sono correlate, in questa ricerca, alla riduzione del gioco e delle attività in generale, oltre che a un incremento dei periodi di sonno.
E ha senso: venendo a mancare il partner per giocare, controllare il territorio, abbaiare agli estranei eccetera, il livello delle attività cala.
L’incremento del sonno (e quindi della non percezione dell’assenza...) va a colmare in parte questi vuoti. Invece, la durata della convivenza non influisce con l’aumento delle paure e delle vocalizzazioni, e neppure con l’incremento della ricerca di attenzione e con la durata delle modifiche comportamentali elencate.
Significativo, poi, che i segnali di lutto più intensi siano emersi in quei soggetti che avevano un legame particolarmente affettuoso con il cane scomparso.
Dunque, siamo grati agli studiosi che ci hanno aperto questo nuovo varco sul mondo emotivo del cane e li elenchiamo a fine articolo come riportati da Scientific Reports, la rivista scientifica che ha pubblicato lo studio (ecco il link dove poterlo consultare, in inglese: https://www. nature.com/articles/s41598-022-05669-y).
Siamo felici di trovare sempre più spesso conferma alle impressioni e alle sensazioni che i nostri cani ci trasmettono ogni giorno e che ci dicono con forza che possiedono una sensibilità estremamente evoluta e per certi versi simile alla nostra.
Motivo in più perché vengano tutelati e rispettati, finalmente, come esseri senzienti di grandissimo valore, poiché è ciò che sono.
5. Quanto dura il lutto nel cane?
Una domanda che trova anch’essa una risposta da questo studio. E spesso non si tratta di periodi brevi.
Per il 24,9 per cento dei proprietari intervistati, infatti, i cambiamenti del comportamento descritti poc’anzi sono durati per più di sei mesi (un tempo piuttosto lungo anche per la nostra specie); per il 32,2 per cento, il fenomeno si è protratto tra i due e i sei mesi e per il 29,4 per cento per meno di due mesi.
Sempre secondo la ricerca, fattori quali il sesso del cane scomparso, la sua sterilizzazione, l’età, la razza e anche la vista del corpo da parte del cane sopravvissuto non hanno influenzato la
durata dei segnali di lutto.
La comprensione e la consapevolezza che anche l'animale può essere colpito dal lutto è importante per accompagnarlo in questo momento difficile.
È importante cercare di mantenere il più possibile le routine a cui il cane che sopravvive è abituato. Questo perché la prevedibilità è molto rassicurante per lui.
Stare con l'animale e condividere attività, facendogli sentire che può comunque contare su di noi, può essere estremamente utile. Ma quando i segnali di stress sono marcati e protratti è bene chiedere un aiuto.
In questo caso è opportuno rivolgersi a un medico veterinario esperto in comportamento che valuterà la situazione dell'animale e prescriverà le terapie comportamentali e mediche più adeguate.