Ci spostiamo da sempre, con gli scopi più diversi, ma solo da poco lo facciamo tutti e anche per divertirci. A modo nostro. L’uomo è un viaggiatore, da sempre.
Non solo perché il viaggio è la metafora perfetta per descrivere l’arco dell’esistenza umana ma perché spostarci, cambiare orizzonti ed esplorare il mondo è un’esigenza insopprimibile per la nostra specie.
Nella preistoria era necessario per trovare risorse e sopravvivere, nell’antichità serviva per commerciare, prosperare e allargare il dominio sul territorio, negli ultimi decenni è diventato un piacere alla portata di tutti.
Al punto che con lo stop ai viaggi imposto dalla pandemia parecchi si sono sentiti in gabbia. Ma siamo davvero tutti viaggiatori o piuttosto turisti, che comprano una vacanza come qualsiasi altro prodotto?
1. CHILOMETRI DI STORIA
Di certo siamo nati viaggiatori.
A un recente convegno dell’American Association for the Advancement of Science è stato riferito che già l'Homo erectus, ominide comparso in Africa poco meno di due milioni di anni fa, sapeva costruire imbarcazioni per “navigare” e si spostava per trovare territori da colonizzare e nuove risorse da sfruttare.
L'Homo sapiens non è da meno, anzi: proprio viaggiando nel corso dei millenni ha occupato pressoché tutte le terre emerse, anche le meno ospitali.
Poi proprio i grandi viaggiatori hanno cambiato la storia, spinti dalla necessità di aprire nuove vie commerciali come Marco Polo o Cristoforo Colombo, dalla curiosità scientifica come Charles Darwin, dalla voglia di conoscere il mondo e aprire gli orizzonti culturali come Johann Goethe e gli altri aristocratici europei che nel ’700 partivano per il Grand Tour.
Proprio da quel “grande giro” attraverso le città europee è nata la parola turismo: il viaggio da allora è diventato anche sinonimo di piacere e relax e con il continuo miglioramento dei trasporti è stato sempre più facile spostarsi per andare al mare o in luoghi esotici.
A metà ’800 Thomas Cook, in Inghilterra, ideò il primo viaggio organizzato: in 570 viaggiarono in treno da Leicester a Loughborough (17 km) al costo di uno scellino a persona, compreso il biglietto e il pranzo. D
a allora i turisti hanno invaso pacificamente il mondo: se fra le due guerre mondiali erano ancora pochi a potersi permettere di viaggiare, dalla seconda metà del ’900 con l’introduzione delle ferie pagate e il boom economico è arrivato il turismo di massa.
Poi, con Internet e gli aerei low cost, muoversi è facilissimo: siamo diventati assidui viaggiatori, fino allo stop imposto dalla pandemia.
2. INTRAPPOLATI NEL QUOTIDIANO
Non tutti però viaggiano allo stesso modo e non tutti hanno sofferto ugualmente di questo stop: chi si sente in viaggio solo dopo aver prenotato un volo per l’altro capo del mondo di certo ha morso il freno più degli amanti della vacanza dietro casa.
Tuttavia secondo gli psicologi del turismo i fattori che ci motivano a viaggiare sono sempre di due tipi e rispondono alla cosiddetta teoria “spingi e attira”.
Da una parte c’è la spinta interna a muoversi dovuta a elementi come la voglia di fuggire dalla routine, il bisogno di relax, il prestigio sociale, la necessità di relazioni e di comunicazione con gli altri; dall’altra i fattori esterni che ci attraggono, come la bellezza o la particolarità di una destinazione, le attività che vi potremo svolgere, la cultura locale, la natura e così via.
Lo psicologo John Crompton dell’università del Texas (Usa), che ha messo a punto la teoria, ha spiegato che «i bisogni interni sono quelli che ci spingono a viaggiare, gli elementi esterni di attrazione ci fanno scegliere la meta che più risponde alle nostre necessità. Se viaggiamo per cercare pace e riposo andremo in un posto tranquillo nella natura, se cerchiamo prestigio e status sociale sceglieremo una destinazione alla moda».
“Instagrammabile”, insomma; tuttavia sono le motivazioni interne a definire, più di tutto il resto, che tipo di viaggiatore siamo.
Secondo Jost Krippendorf, psicologo del turismo dell’università di Berna in Svizzera, gratta gratta il primo motivo che ci porta a viaggiare è sempre la necessità di scappare dalla vita quotidiana, perché «nel mondo iper-tecnologico di oggi ci sentiamo spesso intrappolati, schiacciati fra impegni e doveri su cui ci pare di non avere alcun controllo. Così la spinta maggiore al viaggio, di qualunque tipo sia, è la fuga da qualcosa che percepiamo essere sbagliato nella vita quotidiana. La monotonia del lavoro, l’impoverimento dei contatti umani, l'allontanamento dalla natura ci fanno cercare nel viaggio una via d'uscita dall’ordinario».
3. MOTIVAZIONE
Che si scelga un paesino a due passi da casa o una metropoli di un altro continente, insomma, quel che conta è cambiare aria e abitudini per un po’, perché ne abbiamo bisogno e ci fa bene.
Serve concedersi pause, staccare davvero e non pensare al lavoro: è di questo che abbiamo realmente bisogno e per questo anche un viaggio breve e vicino può essere una vacanza che "ricarica”.
Tutto dipende da quel che si fa e come lo si fa: l'obiettivo è dedicare tempo alle attività preferite perché, qualunque esse siano, aiutano il recupero psicologico.
Così c’è chi sceglie un trekking in montagna perché ama fare movimento nella natura o chi preferisce fare le parole crociate su una sdraio al mare.
C’è il viaggiatore “doc” che si perde nei luoghi insoliti, fa pochi programmi, vuole nutrire il suo intelletto, cerca di integrarsi con i locali e conoscerne la cultura oppure il turista standard, che scatta le fotografie nei luoghi iconici, cerca di mangiare italiano anche in Thailandia e preferisce avere tutto ben organizzato.
Va bene qualsiasi approccio al viaggio, purché risponda alla necessità profonda e universale di uscire per un po’ dall’ordinario.
Gli effetti positivi della pausa dal quotidiano però scompaiono progressivamente nell’arco di due-quattro settimane dal rientro, se ci si porta dietro il lavoro anche prima.
Per questo, visti i vantaggi del viaggio, è meglio prendere ferie più brevi ma più numerose durante l’anno anziché concedersi una sola maxi-vacanza: potremo godere più a lungo dei benefici post-viaggio, in diversi momenti dell’anno.
La motivazione principale al viaggio è la fuga, l’uscita dall’ordinario: per questo abbiamo patito non poco l’impossibilità a muoverci liberamente durante la pandemia.
Che peraltro ha accentuato il desiderio di scappare, come ha spiegato la psicologa californiana Carla Marie Manly: «Quando si vivono esperienze traumatiche si cerca di evadere dalla realtà per evitare ulteriore malessere psicologico, ma per colpa delle restrizioni i tanti che utilizzavano il viaggio come modalità di fuga dallo stress non hanno potuto farlo. Questo ha portato molti a sentirsi ansiosi, prigionieri, a volte anche arrabbiati».
E a cambiare abitudini di viaggio: come raccontano dati presentati di recente dall’Associazione Ricerche Interdisciplinari di Psicologia del Turismo, alcune nuove dinamiche si sgonfieranno con la fine della pandemia (dalle vacanze solo all’aria aperta alla scelta di mete vicine) ma altre sembrano destinate a rimanere.
Un esempio su tutti è la commistione vacanza/lavoro resa possibile dal lavoro da remoto che, secondo gli esperti, potrebbe portare a un ritorno nelle seconde case e a nuovi modi di vivere le ferie e il tempo lavorativo.
4. I 5 BENEFICI DEL VIAGGIO
1. Aumenta la fiducia in se stessi: superare piccole difficoltà, mettersi in discussione, doversi confrontare con persone e contesti diversi migliora l’autostima, aiutando a conoscersi meglio e poi ad affrontare con maggior serenità i problemi della vita quotidiana.
2. Apre la mente alla diversità: gli stereotipi crollano, quando ci si mette in viaggio e si fa esperienza di persone e luoghi molto diversi da quelli abituali, così si diventa meno giudicanti e più aperti al nuovo e al differente.
3. Riduce lo stress: prendersi una pausa dalle incombenze quotidiane abbassa immediatamente la pressione e l’effetto è ancora più evidente scegliendo una meta dove possiamo stare a contatto con la natura.
4. Rende creativi: il viaggio è una palestra per il cervello perché obbliga ad adattarsi a nuovi ambienti, lingue, abitudini e così facendo sviluppa il pensiero laterale, quello che aiuta a trovare soluzioni inedite ai problemi ed è appunto indice di creatività.
5. Sviluppa le capacità cognitive: dover organizzare, prenotare o semplicemente immaginare l’itinerario allena alla risoluzione dei problemi e all’organizzazione, doti cognitive utili per migliorare il controllo sugli eventi anche quando non viaggiamo.
5. I SETTE TIPI DI VIAGGIATORE
La molla profonda del viaggio è sempre la necessità di scappare dalla routine, ma poi tanti altri elementi ci definiscono come viaggiatori. Ecco le caratteristiche dei più comuni.
- Il cercatore di se stesso.
È un viaggiatore dell’anima, che spesso sceglie di muoversi in solitudine perché quel che chiede alla sua vacanza è la pace interiore e la sua motivazione principale è l'autorealizzazione; non vuole scoprire il mondo ma se stesso e il proprio scopo nella vita, considera il viaggio come un’esperienza di trasformazione personale.
Ama viaggiare con lentezza e resta più tempo della media nei luoghi che visita, che spesso sono lontani dalla folla, nella natura o sono intrisi di spiritualità: un sottotipo è il pellegrino, che ha per meta luoghi sacri e vive il viaggio come un percorso di elevazione verso il divino.
- L'amante delle città.
Adora il caos delle metropoli, aborre i posti troppo silenziosi e le molle che lo spingono sono spesso il prestigio, la voglia di integrazione sociale e di comunicazione: non potrebbe mai rinunciare ai comfort urbani ed è attratto da luci, palazzi, ristoranti alla moda, vita notturna, spettacoli e intrattenimento, shopping sfrenato.
Sottospecie sono l'animale da feste, che preferisce città ben fornite di locali dove sentire musica, ballare o bere ottimi drink (per questo può adattarsi anche a qualche isola greca o a Ibiza); e il viaggiatore di lusso, che si trova a suo agio solo nei boutique hotel o nei ristoranti stellati e nel suo itinerario include solo esperienze d'eccellenza.
- L'affamato di cultura.
Cerca di immergersi completamente nella cultura e nelle abitudini dei posti che visita, non gli bastano le attrazioni turistiche: vuole scoprire l'essenza dei luoghi vivendo come i locali, l'ideale per lui è avere un amico sul posto che possa fargli fare acquisti nei negozi più segreti o fargli mangiare i piatti più tipici.
Trova irresistibili tutte le mete dove può trovare secoli di storia e cultura, tradizioni, festival o manifestazioni, perché esce di casa soprattutto per allargare i suoi orizzonti mentali.
- L'avventuroso.
Ama cimentarsi in esperienze diverse ogni volta, pensa che senza emozione la vita sia noiosa, desidera la sua dose di adrenalina da viaggio: si cimenta in imprese impegnative, dalle scalate in bici alle immersioni, dal rafting nelle rapide di un fiume ai tuffi dalle scogliere.
Più un'attività è rischiosa, più lo attrae: la sua molla principale al viaggio è trovare un senso di libertà e, quando infatti conquista il suo obiettivo, prova un'estrema soddisfazione (e comincia già a pensare all'avventura successiva).
- Il turista.
Cerca la serenità nel suo viaggio, perciò non vuole sorprese ma itinerari ben organizzati che scorrano via lisci come l'olio, perché solo così si sente a suo agio e non va in ansia; spesso considera il viaggio come un bene di consumo qualsiasi, che acquista perché aver visitato un certo luogo è un obiettivo per chi appartiene alla sua cerchia sociale.
Pianifica tutto con molto anticipo, si arma di guide e mappe e non si fa scappare neanche una delle attrazioni turistiche più note del luogo, dedicandosi alle attività più rinomate: a Venezia non mancherà di fare un giro in gondola, a Parigi si scatterà una foto sotto la torre Eiffel.
- Il viaggiatore sociale.
La sua molla è la “compensazione": vuole che il suo viaggio sia utile a una buona causa e sente di doversi impegnare per migliorare il mondo, magari unendo un’attività di volontariato alla vacanza.
Viaggiare con una missione lo fa sentire bene con se stesso e vuole essere un turista consapevole: sceglie perciò mezzi di trasporto ecosostenibili, mete al di fuori delle rotte turistiche consuete e alloggia presso gli abitanti del luogo, allacciando spesso relazioni con le persone che incontra nelle sue vacanze.
- Il rilassato.
Ciò che lo spinge a viaggiare è recuperare dallo stress della vita quotidiana, rilassarsi, rigenerarsi: se ha uno spirito avventuroso si immerge nel flusso del viaggio senza far programmi, assapora l'esperienza e la prende con calma in ogni situazione: il “comodone" invece preferirà mete vicine come la casa al mare o settimane ali-inclusive in cui spegnere il cervello all'ingresso del villaggio.
Ciò che conta per lui è non pensare, a prescindere da dove si trova.