La questione dei cani e delle emozioni comincia nell’età vittoriana, quando la domanda ha innescato una delle prime guerre culturali nella storia. Ha comportato striscioni, cartelli e volantini.
Ci sono state effigi bruciate e statue vandalizzate, marce furiose e discorsi in sedi comunali affollatissime. A un certo punto ci sono stati veri e propri scontri nelle strade.
I manifestanti erano pronti a lottare per stabilire se emozioni come l’amore fossero unicamente umane o comuni a molti animali, in particolare ai mammiferi sociali come i cani.
Da un lato, c’erano quelli che si ispiravano alle idee di Darwin, secondo le quali i mammiferi (inclusi gli umani) discendono da antenati comuni. Sostenevano che i cani fossero capaci di molte, o tutte le emozioni che proviamo noi, però con livelli diversi.
Dall’altro lato, c’erano i medici che vedevano i cani più o meno come automi, in poche parole, esseri simili a macchine, utilizzabili al bisogno per esperimenti scientifici.
Questi medici preferivano un approccio più vicino al loro campo razionale e obiettivo – nel quale le idee sentimentali sull’esistenza delle emozioni nei cani erano considerate non professionali e perfino non etiche, perché minacciavano di rallentare i progressi della medicina. Riguardo all’obiettività, gli scienziati avevano ragione e la loro opinione è tuttora valida.
Ma i cani possono davvero amare i loro umani come noi amiamo loro? Domande come questa hanno una vasta storia scientifica, con una conclusione elettrizzante che potrebbe cambiare per sempre il nostro rapporto con i cani.
Certo, ci salutano scodinzolando e sono felici di accoccolarsi vicino a noi per guardare la tv la sera, ma i nostri adorati cagnolini provano realmente per noi lo stesso amore che noi sentiamo per loro?
1. COTTO DI TE
È chiaro che molti esperti di animali nell’era moderna restano reticenti sull’uso del termine “amore” negli animali, perché il concetto è soggettivo.
Dopotutto, se generazioni di poeti non riescono ad accordarsi su una definizione dell’amore, che possibilità può avere la scienza?
Ecco perché molti di quelli che fanno ricerche sui cani preferiscono la parola “attaccamento” quando si riferiscono al legame che i cani hanno nei nostri confronti.
“L’attaccamento – spiega Clive Wynne, esperto del comportamento canino e autore di Dog is Love – è un aspetto specifico e quantificabile dell’amore; in particolare riguardo alla sicurezza che un individuo può provare grazie alla presenza dell’essere amato. Se ne parla molto a proposito del forte legame tra genitore e figlio, che rappresenta un buon modello per la relazione tra cani ed esseri umani”.
Wynne pensa all’amore come una parola che possiamo utilizzare nelle conversazioni di tutti i giorni. Non adatto a documenti o articoli scientifici, ma ammissibile per l’uso comune.
Certamente non evita di utilizzarlo quando descrive la sua adorata compagna Xephos. “Noi la amiamo – ha affermato – e lei ama noi. In realtà, lei ama quasi tutti. Stabilisce molto, molto rapidamente dei legami forti e potenti con le persone”.
I cani sembrano veramente attaccarsi psicologicamente ai loro compagni umani con una modalità che noi tutti riconosciamo. In test particolari, in cui alcuni “estranei” entrano in un stanza dove si trovano già un cane e il suo compagno umano, per esempio, i cani hanno un comportamento sostanzialmente paragonabile a quello di un bambino. In un contesto incerto, si tratterranno maggiormente accanto al loro compagno umano e, se lasciati da soli con gli sconosciuti, passeranno molto tempo vicino alla porta.
I cani domestici sembrano attaccarsi naturalmente ai loro compagni umani in altri modi. In un ambiente sperimentale, dove a cani e lupi addomesticati veniva offerta la scelta tra il cibo e il soggetto che si prendeva cura di loro, molti cani, oltre a cercare il cibo, andavano dall’umano per farsi coccolare. I lupi, invece, pensavano esclusivamente al loro stomaco.
Durante un altro esperimento, dove chi li accudiva fingeva di essere imprigionato in una scatola, i cani davano segni di disagio, piangendo, guaendo e raschiando contro la scatola per aiutare il padrone a fuggire. “I cani – aggiunge Wynne (foto sotto)– sembrano davvero ammirare i loro umani in maniera simile all’amore tra genitore e figlio”.
2. PERFINO NEL DNA
Anche i meccanismi psicologici – gli ormoni cerebrali e i neurotrasmettitori – che controllano questo attaccamento, tra uomini e cani, sembrano paragonabili.
Fondamentale è il ruolo dell’ossitocina, una molecola che nei mammiferi è associata a stati emozionali piacevoli. L’ossitocina è molto importante negli umani.
Aumenta in particolare durante l’allattamento o durante il sesso, agendo come una droga naturale che stimola l’attaccamento sociale e che aiuta ad assicurare la sopravvivenza dei geni nelle generazioni future.
Nei cani, l’ossitocina aumenta quando c’è un attaccamento nei confronti di altri cani, ma anche quando essi sono vicini agli umani.
In realtà, se i cani e i loro compagni umani si guardano negli occhi, i livelli di ossitocina aumentano enormemente in entrambe le specie. Nel corso di una ricerca, dopo solo mezz’ora di sguardi amorosi tra gli umani e i loro cani, il livello di ossitocina era più che raddoppiato.
Perché i cani si sono evoluti in questa direzione? Perché tanti cani domestici si attaccano potentemente agli umani? Negli ultimi anni, la ricerca sul patrimonio genetico canino ha fornito approfondimenti interessanti sui motivi di questa trasformazione.
È rilevante il fatto che i cani sono esseri sociali per natura. Letteralmente, hanno la socialità scritta nel DNA, nei due geni GTF2I e GTF2IRD1, che notoriamente influenzano i comportamenti sociali nei mammiferi, inclusi gli umani. Le mutazioni di questi geni possono portare a comportamenti più sociali.
“Il cane medio – afferma Bridget vonHoldt (foto sotto), professoressa associata di genetica evolutiva all’Università di Princeton – porta da due a quattro di queste mutazioni per inserzione, mentre alcune razze (o gruppi di razze) ne portano un numero minore e altre ancora, invece, possono averne una maggiore quantità. È raro, ma non impossibile, trovare cani portatori di più di sei mutazioni”.
Fortuna vuole che la cagna di vonHoldt, un cane pastore sorridente e saltellante di nome Marla, ne abbia cinque. E per questo viene definita “ipersociale”.
3. IPERSOCIALE
“È stato sorprendente – dice vonHoldt – guardarla crescere e sviluppare la sua personalità. Che sia per colpa della genetica o dell’educazione, Marla diventa piuttosto dispotica quando si tratta di chiedere attenzione. Si indigna con le persone che conosce bene se la conversazione non è incentrata su di lei e non viene contemporaneamente accarezzata e ammirata”.
Nel 2017, vonHoldt (foto sotto) e i suoi colleghi hanno completato una ricerca sulla differenza di frequenza di GTF2I e GTF2IRD1 nelle popolazioni di cani e lupi grigi, concludendo che esiste un “forte aspetto genetico” nelle modalità con cui i cani interagiscono con gli umani.
Il cibo ha rappresentato probabilmente un elemento chiave delle prime interazioni.
“I primi lupi, portatori di appena una o due mutazioni che hanno influenzato il loro comportamento sociale – spiega vonHoldt – hanno potuto facilmente trarre vantaggio da strette interazioni con insediamenti e villaggi umani. Quando l’associazione con gli umani ha cominciato a dimostrarsi utile, queste mutazioni sono diventate più frequenti, spianando così la strada ai cani come li conosciamo adesso”.
Tutto ciò significa che una gran parte della storia evolutiva del cane si riduce in fondo a due punti essenziali: la sopravvivenza del più forte e quella del più amichevole. Una lotta per la vita che è anche, allo stesso tempo, una lotta per l’amore. È tutto scritto nella lunga storia dei cani.
Le ricerche come quella della dottoressa vonHoldt spiegano come e perché i cani si affezionano facilmente. Ma ancora non ci avvicinano alla domanda fondamentale: come sente il cane questo attaccamento? Come lo vive dentro di sé? L’amore che proviamo per i nostri cani è in qualche modo uguale a quello che loro ci restituiscono? Come potremmo saperlo con certezza?
4. È TUTTO NEL CERVELLO
Per più di 100 anni, il dilemma filosofico sull’obiettività ha rappresentato un macigno inamovibile sul cammino della scienza.
Ma nuovi approcci sperimentali stanno cominciando a farlo vacillare, rivelando nuove, appassionanti linee di ricerca.
Ha aperto la strada una meticcia bianca e nera chiamata Callie (foto sotto), il primo cane a entrare volontariamente in un apparecchio per la risonanza magnetica e ad avere il cervello scansionato.
Callie è una specie di stele di Rosetta per coloro che si interessano alla scienza di quello che gli animali pensano e sentono. Nel 2012, il suo compagno umano (il neuroscienziato Gregory Berns dell’Emory University) ha elaborato attentamente una routine di addestramento per abituarla ai rumori forti e agli spazi angusti dell’apparecchio per la risonanza magnetica.
Questo addestramento ha avuto un tale successo che è stato poi utilizzato con altri cani offerti volontari dalle loro famiglie umane. Callie e questi altri cani hanno dimostrato che il cervello del cane si illumina con le emozioni in maniera sostanzialmente simile a quello degli umani.
È stata particolarmente interessante la scoperta che i centri del piacere del cervello di Callie venivano stimolati non solo all’annuncio di una ricompensa alimentare, ma anche quando i suoi compagni umani apparivano a sorpresa per salutarla.
Perfino l’odore del compagno umano di Callie era sufficiente per suscitare un flusso di piacere, proprio come avverrebbe a un adulto umano nel vedere un figlio o viceversa. La conclusione? È amore... o qualcosa di simile. È attaccamento, esattamente come quello che conosciamo noi.
E adesso? Questo eccesso di scoperte recenti sui cani e sul loro attaccamento a noi dovrebbe forse modificare il modo in cui li trattiamo? Se i cani sentono come noi, abbiamo una maggiore responsabilità di migliorare la loro vita? Il dibattito su questo punto continua.
Holly Root-Gutteridge, una ricercatrice post dottorato della Lincoln University, che studia i cani e preferisce il termine “curatore” per descrivere la nostra relazione con i cani, si chiede: “Forse è tempo di rivedere il nostro rapporto e smettere di considerarci proprietari? Curiamo la loro salute fisica, perché non anche quella emozionale?”.
E anche Sean Wensley, capo veterinario e autore di Through A Vet’s Eyes, è d’accordo: “Riconoscere la capacità degli animali di provare sentimenti – dice – significa che moralmente dobbiamo occuparci del loro benessere quando vivono insieme a noi. La comprensione scientifica delle loro necessità aumenta, quindi, in pratica, possiamo adattare meglio le nostre cure per garantire che sia i loro bisogni fisici sia quelli emotivi vengano soddisfatti”.
Più di 100 anni fa, scienza e società si scontravano sull’amore. Oggi, grazie ad alcune scoperte incredibili, le due parti sono più unite che mai. Ma il rapporto umano con il cane non è certo scolpito sulla pietra.
Continuerà a cambiare, a mano a mano che nuove scoperte scientifiche illumineranno il cammino. La relazione amorosa tra noi è ben lontana dal finire e il nostro eccezionale attaccamento continua.
5. IL LINGUAGGIO DELL’AMORE
- CONTATTO VISIVO DOLCE
Il contatto visivo diretto prolungato può essere molto inquietante per la maggior parte dei cani.
Ma se il tuo cane è felice di scambiare occhiate dolci con te, può significare che è ben contento di entrare in contatto in questo modo.
- GRANDE SCONDINZOLIO
Claire Stallard, comportamentista animale della Blue Cross, un’associazione benefica di assistenza agli animali, dice: “Tutti noi sappiamo che i cani sono felici di vederci perché dimenano tutto il corpo e la coda, ma la coda ‘a elicottero’, che gira come un’elica, spesso è riservata alla persona preferita”.
- SONNELLINI E VICINANZA
Per stare caldi e al sicuro, i cani amano sonnecchiare uno accanto all’altro. Quindi, a questo scopo, scelgono spesso i membri della famiglia per i quali provano più attaccamento.
“È importante ricordare che le coccole si devono sempre fare alle condizioni del cane”, dice Stallard.
- LECCARE
I cani leccano gli umani per molte ragioni. È il loro modo di raccogliere informazioni su dove siete stati e potrebbero anche apprezzare il gusto salato della vostra pelle.
“Comunque – aggiunge Stallard – alcuni cani sembrano farlo come segno di affetto, in particolare quando salutano qualcuno che amano”.
- CHE BELLO SALUTARTI
Molti cani provano una reazione emotiva positiva quando ritrovano i loro compagni umani dopo un periodo di separazione.
Quando li rivedete, osservate la loro coda scodinzolante, il corpo che si dimena, gli sguardi dolci, la bocca aperta, spesso con la lingua fuori.