Non si sa se i primi operarono nell’antico Egitto o nell’antica Roma: ma già duemila anni fa c’erano uomini addetti allo spegnimento degli incendi.
Fu però dal 1300 che, prima a Firenze e poi a Parigi e a Napoli, si creò un vero e proprio corpo di uomini addestrati a intervenire in ogni evenienza critica. Con spirito di generosità e sprezzo del pericolo.
I vigili del fuoco potrebbero essere nati per difendere la cultura: dopo l’incendio del 48 a.C. che devastò la famosa biblioteca di Alessandria d’Egitto, “l’Egitto decise di creare un gruppo di persone il cui scopo fosse quello di intervenire contro gli incendi”.
Realtà o leggenda? Non si sa con certezza, ma è sicuro che i più antichi vigili del fuoco della storia risalgano all’epoca romana: tra le case di legno ammassate e i bracieri sempre accesi, gli incendi erano frequenti.
Perciò nel 22 a.C. Ottaviano Augusto raccolse un gruppo di 600 schiavi, sul quale il Senato esercitava il controllo, adibito allo spegnimento degli incendi e alla loro prevenzione e sorveglianza.
Nacquero così i vigiles che negli anni aumentarono di numero. Per affrontare il fuoco usavano, oltre all’acqua, i centones, coperte di pelle di animali “imbevute di acqua o aceto, in modo da respingere le fiamme”.
1. I pompiers francesi e la scuola italiana
Con la fine dell’Impero Romano e l’inizio del Medioevo, le notizie sui “vigili del fuoco” si fanno scarse.
Occorre attendere il 1334 per trovare a Firenze le guardie del fuoco, un’organizzazione preposta al controllo degli incendi in città.
Alcuni editti del 1400 predispongono presidi in ogni quartiere. Tale organizzazione resta attiva per secoli.
Precisamente fino al XVII, quando il nobile francese Dumourrier-Duperrier, dopo aver viaggiato per tutta l’Europa, propone al re di Francia Luigi XIV “una pompa manovrabile a mano, spostabile tramite un carretto trainato da cavalli e dimensionata per gli incendi”.
È l’innovazione tecnologica che fa da spartiacque tra il vecchio e il nuovo modo di affrontare gli incendi. In breve, il nuovo corpo dei pompiers francesi cresce (221 uomini nella sola Parigi nel 1786).
Indossa una tenuta d’ordinanza con elmo in cuoio, divisa blu e stivali gialli. Analoghi pompier sono attivi anche nell’Italia preunitaria: vestono come i francesi, ma gli stivali sono neri. Qua sotto, la “carica” dei pompieri su una rudimentale autobotte nella Parigi del 1896 (da Le Petit Journal, 1896).
L’inizio del 1800 segna una svolta per la storia dei vigili del fuoco, soprattutto in Italia: grazie ad alcune riforme i pompieri sono ormai una realtà consolidata e i loro interventi una sicurezza per i cittadini.
Nel corso del XIX secolo però i vigili del fuoco non accorrono solo per domare le fiamme, ma anche per aiutare le persone nelle più svariate situazioni. La svolta parte da Napoli, la capitale del Regno delle due Sicilie, grazie a Francesco Del Giudice, membro del Corpo dei pompieri di Napoli e ingegnere. La sua capacità di fondere l’attività dei vigili del fuoco con i suoi studi di ingegneria è il nocciolo della sua rivoluzione.
Nel 1846 Del Giudice scrive Dalla istituzione de’ pompieri per grandi città e terre minori di qualunque stato, un trattato nel quale oltre all’aspetto morale (gentilezza e spirito di sacrificio devono sempre caratterizzare il pompiere) è sottolineata per la prima volta l’importanza della preparazione fisica degli operatori e proposta una formazione per diventare vigile del fuoco.
Con il successivo Manovre e pratiche cui debbono esercitarsi i pompieri, Del Giudice sviluppa ulteriormente la sua visione concentrandosi sull’uso dei macchinari a disposizione dei pompieri: ognuno di loro deve conoscere a fondo la tecnologia e deve essere in grado di utilizzarla al meglio in qualunque situazione.
L’organizzazione proposta e attuata da Del Giudice, con la sua articolazione in grado di raggiungere anche i centri abitati minori, diventa in breve un vero e proprio modello che viene applicato anche fuori da Napoli: la gente “vedeva in quello strano esercito che si andava formando la certezza di onestà e impegno”, un corpo di eccellenza formato da uomini abili e coraggiosi pronti a intervenire per domare gli incendi e per tutte le esigenze della popolazione.
Sotto, vigili del fuoco in azione all’Arena di Milano nella tavola di Achille Beltrame (1871-1945), copertina de La Domenica del Corriere del 24 settembre 1899.
2. Corpo nazionale, le scuole e la guerra
L’Unità d’Italia (1861) vede i vigili del fuoco frammentati in svariati corpi territoriali e operanti in situazioni molto diverse tra loro.
Per la verità, alcune zone sono più coperte di altre. Per avere una realtà più omogenea occorre aspettare il 1935: con il Regio decreto numero 2472 del 10 ottobre viene infatti istituito il Corpo nazionale pompieri, che sancisce anche l’introduzione della prima uniforme nazionale in panno blu (l’attuale divisa nera in tessuto in fibra aramidica/viscosa viene invece regolamentata nel 2004).
Un successivo Regio decreto del 1939 trasforma il nome in Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
L’organizzazione del Corpo viene affidata al prefetto Alberto Giombini (1898-1983), politico, militare e vigile del fuoco, che ne celebra la nascita con il primo raduno nazionale a Roma dal 26 giugno al 2 luglio 1939.
Qua sotto, esibizione dei pompieri di Milano all’Arena per il congresso dei vigili del fuoco (da L’Illustrazione Italiana, 1899).
I risultati del lavoro di Giombini si concretizzano presto: negli anni Quaranta vengono introdotte le scuole centrali antincendio, “veri e propri centri di formazione capaci di fornire una preparazione comune e favorire l’avvicinamento e l’affiatamento tra persone appartenenti a diverse realtà del territorio italiano”.
La prima scuola è inaugurata il 4 agosto 1941 ed è una sorta di università per vigili del fuoco con aule, laboratori, palestre, piscine. Lo scoppio della guerra e i successivi eventi bellici vedono i vigili del fuoco in prima fila soprattutto nei bombardamenti sull’Italia.
Ma non solo: in molte zone, infatti, i vigili del fuoco si adoperano per garantire i servizi essenziali compromessi dalla guerra come le poste o i mercati. Alcuni forniscono il loro aiuto anche alla Resistenza: “tramite salvacondotti e lasciapassare, entravano nei campi di concentramento e aiutavano i prigionieri a evadere”.
Al termine del conflitto nel 1945 anche i vigili del fuoco contano le loro vittime: 205 morti e 4.237 tra feriti e mutilati.
Vengono ricordati ogni 4 dicembre, festa di Santa Barbara. Ma chi era Santa Barbara, la protettrice dei vigili del fuoco?
Il 4 dicembre la Chiesa cattolica ricorda Santa Barbara, martire cristiana e protettrice dei vigili del fuoco in quanto “rappresenta la capacità di affrontare il pericolo con fede, coraggio e serenità anche quando non c’è alcuna via di scampo”.
Nata a Nicomedia (attuale Turchia) nel 273, si trasferì vicino a Rieti tra il 286-287. Dopo aver rifiutato un matrimonio combinato dal padre, venne catturata e rinchiusa in una fortezza. Si salvò miracolosamente dalle fiamme sprigionate all’interno della prigione ma fu processata e condannata a morte per decapitazione.
La sentenza fu eseguita proprio il 4 dicembre del 290 d.C. I suoi resti sono custoditi nella cattedrale di Rieti.
3. Sempre in prima fila
Nel Secondo dopoguerra l’impegno dei vigili del fuoco travalica i confini italiani: oltre ad assicurare la loro presenza sul territorio nazionale, infatti, gli uomini del Corpo intervengono anche all’estero in occasione di alcuni eventi catastrofici: come, ad esempio, la mareggiata che colpisce l’Olanda nel 1953 (“quasi 2mila morti e un numero incalcolabile di danni alla struttura urbana e ambientale” o nel terremoto che nell’estate dello stesso anno si abbatte sulla Grecia (113 morti e più di 5mila sfollati).
Nel corso degli anni i vigili del fuoco devono affrontare emergenze di tutti i tipi (come l’alluvione di Firenze nel 1966 o il terremoto in Friuli nel 1976).
E proprio questo curriculum fatto di esperienze e capacità apprese sul campo convince il Governo a inserire il Corpo nazionale dei vigili del fuoco “quale componente fondamentale” del Servizio nazionale della protezione civile istituito nel 1992 “al fine di tutelare la integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi”.
4. Assunti o volontari, ma sempre in divisa a difesa dell’infanzia
- Assunti o volontari, ma sempre in divisa
Per entrare nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco è necessario partecipare a un concorso pubblico.
L’ultimo è stato indetto lo scorso febbraio e prevede l’assunzione di 300 vigili del fuoco. Attualmente sono quasi 27mila.
I cittadini italiani di entrambi i sessi tra i 18 e i 45 anni possono anche prestare servizio come vigili del fuoco volontari: dopo aver frequentato e superato i corsi di addestramento pratico presso i comandi provinciali di residenza, possono indossare la divisa.
In occasione di pubbliche calamità o catastrofi, il personale volontario può essere chiamato in servizio temporaneo e destinato in qualsiasi località. Oppure, in caso di particolari necessità, può essere inoltre chiamato in servizio temporaneo nel limite di 20 giorni. Per ulteriori informazioni www.vigilfuoco.it
Nella foto sotto, Vigili del fuoco nel capoluogo abruzzese dopo il sisma del 6 aprile 2009.
- A difesa dell’infanzia
Sempre in prima fila e pronti all’intervento quando ricevono le chiamate d’emergenza al numero di telefono 115, i vigili del fuoco sono anche impegnati a difesa dell’infanzia dal 1989, da quando cioè il Corpo ha ricevuto la nomina di “ambasciatore di buona volontà” da parte del Comitato italiano per l’UNICEF.
Le storie di questi uomini e donne (la prima donna vigile del fuoco è stata Barbara Zampieri nel 1991, oggi sono 275) sono state raccontate di recente nel documentario Fuoco sacro, prodotto dal Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile e diretto da Antonio Maria Castaldo, vigile del fuoco e regista.
Presentato nel 2020 fuori concorso alla 77a Mostra del Cinema di Venezia, il documentario è ora disponibile sul portale RaiPlay.
5. Carlo Galimberti, pompiere campione e l’11 settembre e i vigili del fuoco di New York
- Carlo Galimberti, pompiere campione
Nato il 4 agosto 1894 in Argentina da immigrati italiani che tornarono in Italia stabilendosi a Bollate (Milano), partecipò alla Prima Guerra mondiale come bersagliere ricevendo una croce al merito.
Nel 1920 entrò nei pompieri di Milano dove si mise in mostra come membro del gruppo sportivo di sollevamento pesi, vincendo, tra il 1921 e il 1939, 18 titoli nazionali.
Partecipò inoltre a quattro edizioni delle Olimpiadi (dal 1924 al 1936) aggiudicandosi una medaglia d’oro e due d’argento.
Morì il 10 agosto 1939: cinque giorni prima era intervenuto per domare un incendio, riportando gravi ustioni. Il suo nome è presente sulla Walk of fame dello sport italiano a Roma.
- L’11 settembre e i vigili del fuoco di New York
Sono stati 343 i pompieri morti l’11 settembre 2001 nell’attacco alla Torri Gemelle di New York.
Il tragico evento, che causò quasi 3mila morti, vide in prima fila il NYFD - New York Fire Department, il corpo più numeroso e famoso dei vigili del fuoco USA.
Quel fatidico giorno, 6 minuti dopo il primo impatto (contro la Torre nord), la prima squadra era già sul posto e aveva iniziato i soccorsi quando il secondo aereo si schiantò sulla Torre sud.
L’obiettivo principale dei vigili del fuoco era recuperare il maggior numero di persone dall’interno degli edifici.
Tra la polvere, le urla e il caos, questi uomini hanno salvato molte vite prima del crollo totale delle due Torri. Anche a costo delle proprie. Sono ricordati ogni anno nell’anniversario dell’attentato.