“Vedono tutto in bianco e nero”, si sentiva dire spesso negli anni Ottanta.
E tutti a immaginarsi il mondo come lo avevamo visto riprodotto per tanto tempo in televisione prima dell’avvento del colore.
Il decennio successivo, invece, fu quello del “distinguono solo il giallo e il rosso”, per alcuni, mentre per altri i colori che il cane riusciva a percepire erano anche il blu, il verde o il nero (peraltro, un “non colore” in realtà).
E allora, chi faceva attività sportive si ingegnava a piazzare nastro adesivo dei colori ritenuti giusti sui salti dell’Agility e a cercare riportelli in plastica della tinta adatta, cosa poi avvenuta anche per i frisbee da Disc Dog.
Tuttavia, non si ricordano particolari differenze nelle prestazioni dei cani in base alle loro supposte capacità di visualizzazione cromatica…
Comunque sia, nuovi studi sembrano offrire indicazioni credibili sull’argomento e, perciò, li riportiamo, insieme ad altre utili informazioni sul “punto di vista” del cane.
1. L’importanza dei “coni”
La prima cosa da sapere è che gli occhi del cane, e anche di tanti altri mammiferi per quanto se ne sa, dispongono di due tipologie di "coni", cioè le cellule deputate a riconoscere i colori, che si trovano nella retina.
Noi, invece, ne abbiamo tre tipi (per un totale di 6-7 milioni).
Queste cellule si attivano alla ricezione della luce visibile e inviano segnali al cervello che li interpreta per riconoscere i diversi colori distinguendo, grazie alla sensibilità specifica dei diversi coni, la lunghezza d'onda del colore blu da quella del giallo, così come la lunghezza d'onda del rosso da quella del verde.
I due tipi di coni a disposizione degli occhi del cane, invece, permettono al cervello di distinguere il blu dal giallo ma non il verde dal rosso.
Questo almeno secondo gli studi più recenti condotti sul tema, in particolare dallo specialista in oftalmologia e visione dei colori Jay Naitz, della Washington University di Seattle, negli Stati Uniti, uno dei maggiori esperti mondiali della questione.
Ricapitolando, quindi, i nostri amici sono in grado di riconoscere il blu e il giallo ma non il verde e il rosso. In altre parole, sono parzialmente daltonici: la stessa cosa che capita anche a noi, quando la genetica ci priva proprio del terzo tipo di coni che manca ai cani.
Quando si ragiona sulle caratteristiche di altri esseri viventi, però, bisognerebbe sempre riuscire a sganciarsi dalla nostra visione delle cose. Nel caso specifico, sorge spontaneo chiedere se per i cani i colori abbiano la stessa importanza che rivestono, a quanto pare, per il nostro tipo di vista.
Il fatto che oltre il 60 per cento dei coni presenti nella nostra retina sia particolarmente sensibile allo spettro cromatico del rosso, per esempio, deve avere una qualche ragione, anche se non so quale sia.
Evidentemente, però, non è un caso se utilizziamo ovunque il rosso per catturare l'attenzione più rapidamente (pensiamo solo ai semafori): i nostri occhi sono predisposti per vederlo meglio del verde (circa il 30 per cento dei nostri coni è sensibile a tale colore) e nettamente prima del blu (solo il 2 per cento dei coni è "blue-sensitive").
Ma ai nostri amici serve questo tipo di abilità? In ogni caso, anche il paragone tra il nostro modo di percepire i colori e quello del cane manca di un fattore di confronto importante: noi abbiamo creato una scala cromatica e dato un nome ai diversi colori che la compongono. I cani li valuteranno nello stesso modo? Se ne dubita.
2. Sfumature di colore. Tra rosso, verde e ultravioletti
Comunque, va detto che un umano daltonico non è "cieco" rispetto ai colori che non percepisce.
Infatti, il suo cervello vede quelle tinte in una scala di grigi che differiscono tra loro per intensità crescente andando dal verde al rosso.
Per esempio, riprendendo l'esempio dello stesso Naitz, una mela rossa apparirà di una sfumatura di grigio ben più scura rispetto a una mela verde, agli occhi di un daltonico.
Dunque, se il parallelo tra i coni di un essere umano daltonico e quelli del cane è corretto, e non c'è motivo di dubitarne visto il dettaglio dei coni illustrato poc'anzi, anche il nostro amico percepirà chiaramente un oggetto rosso come qualcosa di diverso, di più scuro, rispetto a uno verde, anche se di forma identica.
Sono dettagli, è vero, ma sappiamo bene come il cane sia uno specialista inarrivabile nel cogliere anche le più piccole differenze di tutto ciò che riveste interesse per lui.
Ecco perché si è sempre più convinti che l'inutilità dei nostri sforzi per fornire indicazioni cromatiche utili, all'epoca dei primi ragionamenti sui colori e la vista del cane, risieda proprio nel fatto che il nostro amico, quando serve, sa distinguere perfettamente ciò che conta, indipendentemente dal colore.
E poi andrebbe considerato anche un altro fatto molto importante: la gamma visiva del cane è più ampia della nostra per quanto riguarda la luce che noi definiamo "ultravioletta", perché la sua retina blocca solo in parte tale lunghezza d'onda mentre la nostra ne impedisce del tutto il passaggio. Quali altri colori a noi preclusi vedono, perciò, i nostri amici?
3. Visioni notturne. Questione di bastoncelli e “tappeti”
Un altro aspetto importante parlando delle capacità visive del cane si riferisce al rapporto luce/ombra.
Nella retina del nostro amico ci sono più cellule preposte alla percezione della fioca luce notturna (i "bastoncelli") rispetto a quelle orientate alla luce diurna (che sono sempre i coni): ecco perché il cane vede meglio di noi in condizione di luce incerta, cioè all'alba e al tramonto, e in caso di luna piena.
Guarda caso, questi sono i momenti ideali per la caccia dei lupi, progenitori del cane.
Il buio totale, invece, non lo agevola più di tanto, anche se riesce a vedere comunque meglio di noi grazie alla presenza del tapetum lucidum. Si tratta di uno strato che amplifica la quantità di luce rinviandola alla retina e aumentando così la capacità visiva del cane in condizioni di scarsa illuminazione.
La presenza del tapetum lucidum è la ragione per cui gli occhi del cane e di tanti altri animali, se incappano nel raggio dei fari di un'auto di notte, brillano nel buio. Interessante notare che tale strato riflettente è presente in quasi tutti i cani con l'eccezione di alcuni soggetti appartenenti a razze toy.
Importante anche ricordare che, per quanto riguarda la visione notturna, il gatto è nettamente superiore al nostro amico; in presenza anche di una pur minima fonte di luce, infatti, il micio vede con buona chiarezza grazie a una struttura oculare che si è evoluta specificamente per agevolare un predatore di piccola taglia: agendo di notte, il gatto è meno esposto al rischio di divenire egli stesso preda dei tanti cacciatori di stazza maggiore che lo minacciano.
4. Sono miopi! Equivoci facili da capire
L'acutezza della vista non è molto sviluppata nel cane, che in pratica somiglia un poco a una persona miope che fa fatica a mettere a fuoco qualcosa finché non gli giunge sufficientemente vicino.
Nel caso del nostro amico, test simili a quelli utilizzati dagli oculisti per gli esseri umani sono stati condotti su soggetti di razza Whippet, Carlino e Shetland all'università di Linkòping, in Svezia.
Ne è emerso che per distinguere un oggetto con la stessa precisione di un essere umano dalla vista normale che si trovi a 15 metri dal "bersaglio", questi cani devono trovarsi a una distanza di circa 6 metri.
Ecco perché a volte i nostri amici abbaiano anche a persone che conoscono mentre si avvicinano: fino a una certa distanza non ne distinguono bene l'aspetto.
Lo stesso vale quando, e non è infrequente, l'attenzione del cane si focalizza da lontano su un oggetto inanimato e immobile ma visibile, per esempio un sacco nerodella spazzatura; in questi casi, il cane spesso si irrigidisce e sta in allerta fino a quando non giunge abbastanza vicino da capire, quasi sempre utilizzando l'olfatto, che non si tratta di una minaccia.
Sapendo della miopia dei nostri amici, sono equivoci facili da capire.
5. Bersagli mobili. Se la "preda" è attiva le cose cambiano parecchio
Per posizione degli occhi e predisposizione di specie, il cane, in quanto predatore, ha certamente un'elevata capacità visiva (pur se non acuta, come abbiamo appena visto) a grande distanza, a maggior ragione se lo stimolo da individuare si trova in movimento.
Rispetto al campo visivo "binoculare" dell'uomo, determinato dagli occhi collocati frontalmente, la percezione "monoculare" del cane, che nella maggior parte dei casi ha occhi semilaterali o laterali, consente poi un raggio visivo di maggiore ampiezza, permettendogli di individuare ciò che si muove ai suoi lati: una necessità per un predatore che ha bisogno di cogliere il maggior numero di segnali dall'ambiente circostante.
Ma è la capacità di percepire con grande facilità ciò che si muove a testimoniare più di ogni altra cosa la discendenza diretta del cane dal lupo, cacciatore eccezionale. Tale abilità si deve principalmente a una dote, quella rivelata da una ricerca sulla percezione della luce intermittente.
Un essere umano che osservi una luce che si accende e si spegne a un ritmo sempre più rapido verrà ingannato dal suo cervello non appena quella luce raggiungerà un'intermittenza pari a 60 volte al secondo, perché la vedrà come se fosse stabilmente accesa, non riuscendo a percepire variazioni superiori a tale ritmo.
Per ingannare un cane, la frequenza dovrebbe arrivare a 75 intermittenze al secondo. Ecco perché la sua percezione dei movimenti è tanto sviluppata e, dettaglio da ricordare, anche la conseguente capacità di reazione.