Definito il “tempio della velocità”, il glorioso circuito sul quale si corre il Gran Premio d’Italia di Formula 1 è stato inaugurato nel 1922, poco dopo la fine della Prima Guerra mondiale.
La sua storia vanta record imbattuti, piloti leggendari, conquiste tecnologiche, ma anche alcune drammatiche perdite.
Cent’anni all’insegna della velocità e dell’adrenalina: nel 2022 l’autodromo di Monza festeggia il suo primo secolo di vita.
Un secolo fatto di motori rombanti sempre più veloci e spinti in epiche sfide tra i nomi più importanti della Formula 1.
1. L’auto, un bene per pochi
Alla fine della Prima Guerra mondiale, l’Italia ritrova la pace dopo un conflitto che ha lasciato sul terreno circa 650mila morti, oltre a rimandare a casa 450mila mutilati e 3 milioni di reduci.
La tensione sociale, dovuta alla crisi lavorativa e all’inflazione, aleggia pesantemente sulla nazione che stenta a riprendersi.
Anche l’industria automobilistica, dominata da Fiat, Lancia e Alfa Romeo, fatica a decollare: i marchi storici sono noti perché producono auto lussuose, ma tra i comuni cittadini la macchina rimane spesso un sogno proibito.
In tutta Italia, nel 1922, circolano solo 41mila auto per una popolazione di 37.890.000 persone (nel 2022 le auto sono 40 milioni e la popolazione tocca i 59 milioni di persone).
L’automobile è quindi ad appannaggio di un gruppo ristretto di appassionati, suggestionati dalle visioni del movimento artistico del Futurismo, che ne fa un simbolo di audacia, movimento e dinamicità.
Quando nel 1922 l’Automobile Club di Milano pensa a come festeggiare degnamente il suo XXV anniversario, prende piede l’idea di realizzare un circuito che permetta agli appassionati di automobili di poter sfrecciare al sicuro.
L’anno precedente, nel 1921, si era disputato il primo Gran Premio d’Italia sul circuito di Montichiari (Brescia), che non era una vera e propria pista, ma un percorso cittadino adattato per l’occasione: bello, ma non all’altezza di quelli permanenti già presenti in Europa.
La scelta cade sul Parco di Monza: di proprietà dell’Opera Nazionale Combattenti (ente nato nel 1917 per assistere gli ex soldati della Prima Guerra mondiale), è situato a nord della città e ha una superficie di 668 ettari.
Per la progettazione (a firma dell’architetto Alfredo Rosselli) e costruzione dell’impianto viene creata la società SIAS - Società incremento automobilismo e sport, presieduta dal senatore Silvio Crespi che in breve dà inizio ai lavori.
La prima pietra viene posta nel febbraio 1922, ma pochi giorni dopo avviene il primo intoppo: secondo alcuni rilievi, infatti, i lavori arrecano seri danni all’ambiente circostante e quindi occorre rivedere il progetto e valutarne le conseguenze.
Dopo un estenuante tira e molla, si giunge a un compromesso: il circuito si può fare, ma invece dei 14 chilometri previsti se ne costruiranno solamente 10.
2. Inaugurato a tempo di record
Il 15 maggio possono così riprendere i lavori che proseguono speditamente grazie all’impiego di 3.500 operai, 200 carri, 30 autocarri e di una ferrovia di cinque chilometri sulla quale si muovono due locomotori e 80 vagoni.
Lo sforzo è notevole, ma viene ripagato: in 110 giorni il circuito è pronto e il 28 luglio è testato per la prima volta dai piloti Pietro Bordino e Felice Nazzaro a bordo di una Fiat 570. L’inaugurazione ufficiale dell’Autodromo Nazionale di Monza (come è chiamato ufficialmente il circuito) avviene il 3 settembre 1922 in una giornata di pioggia.
È il quarto autodromo permanente più antico al mondo: dopo quello di Milwaukee (USA), aperto nel 1903, quello inglese di Brooklands, su cui si corse per la prima volta nel 1907, ma in disuso dopo il 1939, e quello di Indianapolis (USA), inaugurato nel 1909.
Il giorno dell’inaugurazione dell’autodromo di Monza, che ha una capienza di 3mila posti, mentre le sei tribune laterali possono ospitare mille persone l’una, sulla tribuna d’onore siedono i rappresentanti degli enti locali e anche il Presidente del Consiglio, Luigi Facta.
Sotto i loro occhi prende il via la prima gara, vinta da Pietro Bordino a bordo di una Fiat 501. Nella foto sotto, l’inaugurazione ufficiale dell’Autodromo Nazionale di Monza il 3 settembre 1922. La gara viene vinta da Pietro Bordino con una Fiat 501.
Cinque giorni dopo l’apertura ufficiale, l’8 settembre l’Autodromo Nazionale di Monza ospita le motociclette, che si disputano il Gran Premio motociclistico delle nazioni. Vince Amedeo Ruggieri a bordo della sua Harley Davidson 1000.
Un giorno di pausa e si riprende con le automobili. Il 10 settembre si disputa infatti il secondo Gran Premio d’Italia, che ancora una volta vede primeggiare l’asso del volante Pietro Bordino alla guida della sua Fiat 804.
Ma la gioia generale s’interrompe di colpo nel 1928, durante l’ottava edizione della gara: una folla festante si è radunata per assistere a un Gran Premio che si annuncia di altissimo livello. T
ra i piloti in gara, infatti, figurano tutti i nomi più importanti e famosi dell’epoca, come Tazio Nuvolari, Achille Varzi, Gigione Arcangeli, Gastone Brilli Peri, Louis Chiron ed Emilio Materassi. Al diciottesimo giro, però, proprio Materassi è protagonista di un terribile incidente (foto sotto).
Probabilmente a causa di un problema meccanico, perde il controllo della sua auto Talbot e piomba a quasi 200 chilometri orari sulla tribuna principale per poi superare le reti di protezione e abbattersi sulla folla. Il bilancio finale è tragico: oltre al pilota muoiono 27 spettatori.
Fino all’incidente di Le Mans nel 1955 (nel quale furono 84 le vittime), quello di Monza è stato l’incidente più grave di ogni d’epoca nell’ambito dell’automobilismo sportivo. Purtroppo non il solo.
Cinque anni dopo, nel 1933, un nuovo incidente si verifica nell’autodromo: durante il Gran Premio di Monza, una gara di contorno che seguiva il più importante Gran Premio d’Italia, una macchia d’olio fa sbandare ben quattro piloti.
Due di essi, Giuseppe Campari e Mario Umberto Borzacchini, purtroppo non sopravvivono. In tempi più recenti, un altro tragico episodio funesta l’edizione 1961 della kermesse automobilistica.
Durante il secondo giro della gara, infatti, la Ferrari del pilota tedesco Wolfgang von Trips si scontra con la Lotus di Jim Clark.
Nell’urto le due macchine finiscono verso la parte esterna della pista, ma von Trips ha la peggio: scaraventata contro le reti di protezione, la Ferrari rimbalza su di esse e finisce in mezzo alla pista.
Il pilota, sbalzato fuori dall’abitacolo, perde la vita. Assieme a lui perdono la vita anche 14 spettatori che guardavano la gara da dietro le reti di protezione (foto sotto).
3. Messo in sicurezza
Tornando agli anni Trenta del secolo scorso, i primi incidenti mortali avvenuti all’autodromo suggeriscono la prima delle molte modifiche destinate a prolungarsi nel tempo: l’obiettivo è di garantire la sicurezza dei piloti e del pubblico.
Oltre al rifacimento (più volte) del manto stradale, si decide di abbattere le due curve sopraelevate (che permettevano alle automobili di raggiungere le massime velocità) e vengono introdotte alcune chicane e varianti, cioè curve o serie di curve (solitamente a forma di S) lungo il percorso in modo tale da costringere i piloti a rallentare.
Nel corso degli anni sono state aggiunte tre chicane, studiate appositamente per garantire una maggior sicurezza in gara: la “Prima Variante” o “Variante del Rettifilo”, cioè una strettissima curva a destra di 90° a cui segue una curva a gomito a sinistra; la “Seconda Variante”, nota anche come “Variante della Roggia”, posta in fondo a un lungo rettilineo, che deve essere affrontata con una lunga frenata così da poter superare una S sinistra-destra molto stretta; e infine la “Variante Ascari” (dedicata al pilota Alberto Ascari) formata da tre curve sinistra-destra-sinistra in rapida successione (foto sotto).
Nel secondo dopoguerra, per due anni il circuito viene utilizzato per stoccare i residuati bellici e solo nel 1948 iniziano i lavori per rimettere in sesto la pista.
L’evoluzione della tecnologia permette alle auto di raggiungere velocità crescenti: se da una parte lo spettacolo offerto agli spettatori – sempre più numerosi – ne guadagna, dall’altro si fanno sempre più importanti gli interventi per la sicurezza del circuito che si protraggono fino agli anni 2000 (le ultime modifiche sono apportate nel 2014).
Oggi il circuito di Monza è una pista molto tecnica, dove l’abilità dei piloti viene esaltata e gratificata lungo tutti i 5.793 metri di percorrenza.
Grazie ai quattro lunghi rettilinei che lo contraddistinguono, l’Autodromo Nazionale è noto tra gli appassionati come “il tempio della velocità”: proprio su questa pista, infatti, nel 2005, è stato registrato il record assoluto di velocità in Formula 1 con Kimi Räikkönen su McLaren che ha sfrecciato a 370,1 km/h.
4. I record di Monza: piloti e pole position
L’asfalto di Monza ha visto sfrecciare i nomi più importanti della storia della velocità a partire da Michael Schumacher e dall’attuale campione Lewis Hamilton.
Entrambi sono saliti sul gradino più alto del podio del Gran Premio d’Italia ben 5 volte: Schumacher nel 1996, 1998, 2000, 2003 e 2006, mentre Hamilton nel 2012, 2014, 2015, 2017 e 2018.
Solo un altro pilota è riuscito ad avvicinarsi a simili traguardi: Nelson Piquet, brasiliano ritiratosi dalle gare nel 1991, che si è aggiudicato 4 volte l’ambita vittoria sul circuito di Monza.
Oggi, tra i piloti in attività, l’unico che potrebbe insidiare il primato di Schumacher e Hamilton è Sebastian Vettel, fermo a quota 3 vittorie (2008, 2011, 2013) in compagnia di alcuni dei nomi storici delle gare automobilistiche come Tazio Nuvolari, Alberto Ascari, Juan Manuel Fangio e Alain Prost (foto sotto).
Vettel è particolarmente legato al circuito di Monza: proprio qui, infatti, nel 2008 conquistò la sua prima vittoria in carriera e stabilì anche il record di pilota più giovane di sempre a vincere una gara di Formula 1: aveva 21 anni e 73 giorni.
Un primato rimasto imbattuto fino al 2016 quando Max Verstappen si aggiudicò il Gran Premio di Spagna a 18 anni, 7 mesi e 15 giorni. Quanto alle case automobilistiche più vittoriose a Monza il primato assoluto spetta alla Ferrari, con 19 primi posti, seguita da McLaren (ferma a 11) e Mercedes (7).
Se si guarda alle pole position (cioè la prima posizione sulla griglia di partenza conquistata durante le prove cronometrate che precedono la gara vera e propria), è nuovamente il nome dei Lewis Hamilton a svettare su tutti, con 7 pole position.
Incredibile la sua performance nel 2020 quando, durante le prove, fece un giro del circuito in 1:18.887, a una velocità media di 264,362 km/h. Al secondo posto con 5 pole position ci sono il brasiliano Ayrton Senna (foto sotto) e l’argentino Juan Manuel Fangio.
5. 4 curiosità sul mondo della Formula 1
- Non esiste un allenatore
Come scrive Biagio Maglienti ne Il grande circo. Storie di Box dalla A alla Z (Giunti), nella Formula 1 “esiste un pilota che decide di allenarsi alla guida”.
Sotto il profilo atletico può affidarsi a un preparatore atletico, ma per quanto riguarda la guida è impossibile che accetti suggerimenti.
Grandi campioni come Schumacher e Alonso sono partiti dal go-kart.
- Così si combatte il caldo
Le gare di Formula 1 si svolgono in tutto il mondo e non è raro che i piloti si trovino ad affrontare condizioni meteo proibitive, soprattutto nella temperatura.
In Bahrein normalmente si corre con 42 °C e temperature simili ci sono anche in Ungheria o Brasile”.
Un circuito decisamente impegnativo da questo punto di vista è anche quello della Malesia, dove spesso si usano “dei gilet pieni di ghiaccio, messi addosso al pilota sulla griglia di partenza prima di infilarsi in macchina.
- Team troppo numerosi
Prima della pandemia che ha sconvolto il mondo intero, la Ferrari portava a ogni gara un team di quasi 300 persone: dai cuochi agli addetti stampa, dagli accompagnatori dei piloti agli addetti alla pulizia della carrozzeria dell’automobile.
Buona parte di queste figure non esistono più: ne rimangono 100, che sono funzionali: i meccanici, i gommisti, i tecnici del motore, dell’aerodinamica.
Alcuni lavorano in remoto, come coloro che devono controllare i dati della vettura durante la gara: possono svolgere i loro compiti in smart working. La ragione di queste limitazioni è di natura economica. Le trasferte costano.
- Volanti complessi
I volanti non sono tutti uguali. Ne esistono di vari tipi, come quello a razze o quello più rotondo, a seconda dei gusti e delle esigenze di guida del pilota: tutte le varianti hanno però in comune la presenza di molti pulsanti che bisogna conoscere e saper usare per poter sfruttare al 100% la propria auto da corsa.
Il volante è il centro nevralgico della vettura. È anche molto costoso visto che da lì si comanda e si gestisce praticamente tutta l’elettronica che controlla l’auto in corsa: ad esempio, si ha la possibilità di controllare la ripartizione della frenata o quella del cambio delle ruote. Ma non solo.
Tra le molteplici funzioni che un volante può avere ci sono anche quelle che riguardano l’accensione, lo spegnimento e addirittura il controllo dell’acqua da bere.