Un importante anniversario celebra quella che fu l’inaspettata rivelazione di una terra incredibile, sorprendente e sterminata che all’epoca venne definita “il Nuovo Mondo”: 12 ottobre 1492-12 ottobre 2022.
Parliamo della scoperta dell’America che, proprio quest’anno, compie 530 anni da quando Cristoforo Colombo, alla guida delle sue tre leggendarie caravelle, avvistò per la prima volta il continente americano, compiendo così una delle più importanti scoperte della storia dell’umanità.
Quell’evento infatti non solo ha segnato la “nascita” di una nuova terra tutta da scoprire ma, soprattutto, ha posto le basi per l’avvento dell’epoca moderna, un’epoca fatta di viaggi, esplorazioni, scoperte geografiche e scientifiche.
Cristoforo Colombo, il suo coraggio e la sua incredibile impresa resero infatti chiaro al mondo conosciuto che la Terra non era una distesa piatta e finita come si pensava a quel tempo, bensì un globo circolare, largamente sconosciuto e ricco di infiniti luoghi da scoprire.
Prima di lui infatti nessuno aveva mai provato a sfidare l’oceano Atlantico per provare a capire cosa ci fosse oltre l’orizzonte inesplorato. O almeno questo è il pensiero comune e unanimemente accettato dalla maggioranza delle persone.
Ma siamo sicuri che le cose siano andate proprio così? È stato veramente il navigatore genovese il primo a mettere piede sul suolo del continente americano? O qualcun altro prima di lui aveva già effettua- to quella traversata verso l’ignoto, arrivando a toccare le coste del Nuovo Mondo?
Cercheremo di capirlo in questo affascinante viaggio dove esploreremo le varie teorie esistenti su chi possa essere stato il primo vero scopritore dell’America. Ma prima vediamo come nacque l’impresa di Colombo.
1. IL VIAGGIO DI COLOMBO
Chi non conosce la storia del viaggio di Cristoforo Colombo? Ma forse non tutti sanno come è nata questa sua idea così “folle” per l’epoca.
C’è da dire infatti che l’impresa era stata giudicata quantomeno azzardata e in pochi avrebbero scommesso sulla sua riuscita e soprattutto sul ritorno da quel viaggio verso il nulla.
Il navigatore genovese però era un marinaio esperto che aveva speso tutta la sua vita in mare, girando il mondo conosciuto in lungo e largo.
E, proprio in funzione delle informazioni che aveva raccolto durante i suoi viaggi e delle antiche carte nautiche a sua disposizione, aveva iniziato a credere che la Terra fosse più piccola del 25% rispetto a quanto ritenuto dagli studiosi dell’epoca e che la distanza tra Europa e Asia fosse solo di 4.400 chilometri contro i 20.000 effettivi.
Colombo si era convinto così che, partendo dalle coste occidentali dell’Europa e attraversando l’oceano Atlantico, avrebbe potuto raggiungere facilmente l’Asia.
Questa sua rivoluzionaria idea, all’epoca ritenuta insensata e per alcuni aspetti eretica, fu dapprima scartata dal re del Portogallo Giovanni II, mentre fu successivamente appoggiata dai regnanti di Spagna, Ferdinando II di Aragona e Isabella di Castiglia, che si convinsero a finanziare l’incredibile viaggio.
Partito da Palos in Spagna il 3 agosto del 1492 alla guida di tre imbarcazioni, la Santa Maria, la Niña e la Pinta, con a bordo 90 uomini di equipaggio, dopo due mesi e mezzo di navigazione Colombo raggiunse il 12 ottobre le coste del Nuovo Mondo, sbarcando su un’isola che i locali chiamavano Guanahani e che oggi fa parte dell’arcipelago delle Bahamas.
Il primo incontro con il gruppo di indigeni fu sereno e gli abitanti del luogo vennero descritti come gentili e indifesi. Forse anche per questo Colombo prese facilmente possesso dell’isola che chiamò San Salvador.
Nelle settimane successive, le tre navi arrivarono a toccare le coste dell’attuale Cuba, che Colombo chiamò Juana, e di quella che battezzò Hispaniola, ovvero la grande isola che oggi ospita la Repubblica Dominicana e Haiti. Eppure, a fronte delle sue convinzioni iniziali, Colombo era sicuro di trovarsi non nelle isole caraibiche bensì in Asia.
Niente di più errato, visto che il Giappone era distante ben 15.000 chilometri. La sua fortuna fu che tra l’Europa e l’Asia incontrò il continente americano, altrimenti il suo viaggio sarebbe molto probabilmente terminato molto male.
Eppure, nonostante non avesse idea di dove fosse realmente arrivato, il genovese era certo che in quel punto del pianeta ci fosse una terra. Da dove provenivano quel sapere e quella convinzione? È possibile che le antiche carte nautiche in suo possesso raccontassero dell’esistenza di terre sconosciute oltre l’oceano Atlantico?
Forse qualcuno nei secoli o nei millenni precedenti aveva già compiuto quel viaggio e aveva lasciato traccia in qualche scritto o su qualche mappa segreta? E quali potrebbero essere stati gli uomini o i popoli che avrebbero incontrato le lontane terre americane prima di Colombo?
2. I VICHINGHI
Anche se ancora poco se ne parla, è ormai accertato che i popoli del Nord Europa giunsero nel continente americano prima di Colombo.
Infatti la rotta che dalla Scandinavia passava per l’Islanda e la Groenlandia, permetteva un viaggio relativamente semplice verso le coste dell’America settentrionale.
Sicuramente più semplice della traversata oceanica senza soste compiuta da Colombo tra Spagna e Caraibi. Esiste anche il nome di colui che sarebbe stato il primo a mettere piede sul Nuovo Mondo: l’islandese Leifur Erickson (foto sotto).
I racconti riguardo le straordinarie imprese della sua famiglia tra Islanda, Groenlandia e Nord America sono stati tramandati per centinaia di anni attraverso le mitiche saghe nordiche.
Da queste sappiamo che Leifur era discendente di Naddoddr, il norvegese che scoprì l’Islanda intorno all’800 d.C., e figlio di Erik il Rosso, l’uomo che, in fuga dall’Islanda per omicidio, arrivò per primo sulle coste allora disabitate della Groenlandia dove riuscì a insediare delle colonie.
Il primo ad avvistare le coste americane è stato invece un certo Bjarni Herjolfsson il quale, partito dall’Islanda nell’estate del 986 d.C alla volta della Groenlandia, venne portato fuori rotta da una violenta tempesta e si ritrovò casualmente davanti a quelle che definì terre ricche di boschi, molto differenti dalle lande brulle e gelide della Groenlandia. Herjolfsson si rifiutò però di sbarcare e, dopo alcuni giorni di esplorazione, riprese la rotta verso est.
Fu Leifur Erickson che una decina di anni dopo, intorno all’anno Mille, incuriosito proprio dai racconti di Bjarni Herjolfsson, partì verso ovest alla ricerca della mitica terra piena di boschi. Leifur non aveva idea di dove si stesse recando, anche se era convinto che quelle coste boscose non fossero solo una favola.
E infatti dopo alcuni giorni di navigazione incontrò un’isola composta da pietre piatte che chiamò Helluland (Terra delle pietre piatte) che viene oggi identificata come l’Isola di Baffin, nel Canada settentrionale.
Proseguendo il suo viaggio incontrò quella che battezzò Markland (Terra delle foreste) che si pensa fosse il Labrador, per poi raggiungere la famosa Vinland (Terra del Vino o Terra dei Prati) corrispondente all’attuale isola di Terranova. Ma ci sono prove di tutto questo o sono solo racconti leggendari?
Nel 1960 l’esploratore norvegese Helge Ingstad, insieme alla moglie, l’archeologa Anne Stine Ingstad, scoprì nel sito di Anse aux Meadows, sull’isola di Terranova, i resti di un antico villaggio vichingo composto da almeno otto edifici, tra cui una fucina e una segheria, che doveva probabilmente rifornire un cantiere navale.
A quel punto per mettere la parola fine al dibattito su chi fosse stato il primo a scoprire l’America, rimaneva solo da capire a che data corrispondessero i resti ritrovati a Terranova. E la risposta definitiva è arrivata proprio poco tempo fa, quando una ricerca guidata dall’università olandese di Groningen e pubblicata sulla rivista Nature è riuscita a dare una collocazione temporale precisa ai reperti di Anse aux Meadows.
Gli studiosi olandesi hanno analizzato una serie di resti in legno lavorati in modo inequivocabile da popoli che usavano strumenti in ferro, materiale sconosciuto ai nativi americani.
Lo studio si è focalizzato sugli anelli di accrescimento dei tronchi in legno, dove sono state identificate le tracce, comuni alle piante dell’epoca di tutto il mondo, di una potente tempesta solare avvenuta nell’anno 992 d.C.. La presenza delle tracce della tempesta solare seguita da 29 anelli di crescita ha permesso ai ricercatori di concludere che l’attività di taglio è stata eseguita nell’anno 1021 d.C.
Quindi ora sappiamo con certezza che i Vichinghi arrivarono in Canada intorno all’anno Mille. Eppure quelle loro colonie americane rimasero un evento un po’ casuale e non ebbero lunga vita, soprattutto a causa dei contrasti con le tribù locali che lentamente divennero insostenibili.
Per questo la decisione fu quella di abbandonare le nuove terre e tornare verso la Groenlandia, anche se più volte si è parlato di insediamenti vichinghi esistenti più a sud.
Ma nel continente americano prove a sostegno di questa teoria non sono state trovate e quindi per ora sappiamo solo che i Vichinghi anticiparono il viaggio di Colombo di almeno quattro secoli. Ma quindi è questa la risposta? I primi a giungere nelle Americhe furono i popoli del Nord Europa? Oppure c’è dell’altro?
3. I ROMANI
Qualcuno sostiene che l’incredibile impresa dei Vichinghi e di Colombo potrebbe essere stata compiuta molti secoli prima dagli antichi Romani. C’è da dire però che, rispetto ai viaggi di Leifur Erickson e del navigatore genovese, qui le prove sono meno convincenti e si rimane più in un clima di leggenda.
Ma da dove nascerebbe questa incredibile teoria? Come spesso succede ci sono alcuni “strani” ritrovamenti che porterebbero a pensare che i Romani arrivarono in America, forse casualmente.
Nell’isola di Oak Island, nella regione della Nuova Scozia, in Canada, è stata ritrovata una spada corta da cerimonia romana. L’analisi ai raggi X ha confermato la presenza sull’oggetto di tracce di arsenico e piombo, presenti anche in altri manufatti romani, validando così quell’incredibile scoperta.
Il ritrovamento dell’arma risalirebbe ad alcuni decenni fa, quando due pescatori, padre e figlio, l’avrebbero ripescata in mare e poi tenuta nascosta per paura di incappare nelle sanzioni legali contro i cacciatori di tesori. A sostegno della stravagante tesi per cui i discendenti di Romolo e Remo arrivarono in America ci sarebbero poi una serie di altri ritrovamenti.
Nella foto sotto, il piccolo istmo che collega Oak Island alla terraferma. Come si vede dai cartelli sulla strada, l’isola è una proprietà privata e serve un permesso per poterla visitare.
A partire dalla scoperta, sempre ad Oak Island, di quella che sarebbe una nave romana sommersa. Ci sarebbe poi una statuetta ritraente la testa di un uomo bianco barbuto, rinvenuta in una tomba dei primi anni del 1500 nella valle di Toluca, non lontano da Città del Messico.
Lo scopritore, l’archeologo José Garcìa Payòn, trovò la statua nel 1933 ma solo negli anni ‘90 del Ventesimo secolo l’oggetto venne studiato da alcuni esperti che pare ne decretarono i caratteri latini, riferibili al II secolo d.C., datazione che fu confermata con il test della termoluminescenza.
Ma anche se la statuetta fosse autentica, ciò non significa che sia stata portata lì da un soldato romano. L’oggetto potrebbe essere stato portato lì con l’arrivo degli Spagnoli o addirittura in età più moderna.
C’è da dire però che l’esistenza di storie riguardanti uomini barbuti in Centro e Sud America non è una cosa nuova, nonostante agli indigeni locali è risaputo che non cresca la barba. Lo stesso dio Quetzalcoatl, noto anche come “Serpente Piumato”, era descritto come un uomo alto, dalla pelle chiara e con la barba lunga, che era arrivato a bordo di una strana imbarcazione proveniente da est. Che fosse un’antica nave romana perdutasi nell’Atlantico e arrivata sulle coste americane?
Sempre a sostegno di chi pensa che i Romani arrivarono per primi nel Nuovo Mondo c’è poi un dettaglio che possiamo ritrovare non in America ma proprio nella Città Eterna: nel Museo di Palazzo Massimo, dove si può fare una scoperta incredibile. Su un pavimento a mosaico custodito al secondo piano c’è un dettaglio davvero sorprendente.
Il mosaico, risalente agli inizi del I secolo d.C., mostra un cesto di frutta che nasconde un vero mistero. In esso infatti, oltre a diversi frutti classici della Roma antica, è riprodotto un alimento impossibile per l’epoca: un ananas. La cosa che lascia sbalorditi è che la pianta dell’Ananas sativus, appartenente alla famiglia delle Bromeliacee, è arrivata in Europa solo dopo la scoperta dell’America.
Quindi i Romani non potevano conoscere questo frutto tropicale. Allora come fa a stare in quel mosaico così antico? Anche a Pompei, nella Casa dell’Efebo, c’è un affresco che mostra un ananas, mentre una statuetta romana, conservata a Ginevra, rappresenta un bambino che tiene per il ciuffo un ananas.
Infine c’è il misterioso caso delle anfore romane rinvenute negli anni ‘80 nella baia di Guanabara, vicino a Rio de Janeiro, in Brasile.
Furono ritrovate per caso: prima alcuni piccoli reperti, poi un intero carico che un famoso cacciatore di tesori americano disse appartenere ad una nave romana affondata.
A quel punto si accese una polemica feroce tra chi sosteneva che fosse una truffa e chi voleva che si andasse a fondo nelle ricerche e nell’esplorazione del relitto.
Si dice anche che, secondo il parere di un’esperta di anfore romane, quelle ripescate a Guanabara Bay sarebbero risultate “molto simili” a quelle realizzate a Kouass, un’antica colonia romana sulla costa atlantica del Marocco, centro famoso proprio per la produzione di anfore.
Ma tutto ciò rimane solo un’ipotesi e non si sa se queste storie possano celare un fondo di verità.
4. I FENICI E I CINESI
- I FENICI
Se può sembrare incredibile che i Romani siano arrivati in America duemila anni fa, lo è ancor di più l’idea che un altro popolo antico possa averlo fatto diversi secoli prima di loro.
A favore di questa tesi parlerebbe uno strano ritrovamento avvenuto in Brasile. Nel 1872 il visconte di Sapuacahy, presidente dell’Istituto Storico e Geografico brasiliano, ricevette una lettera che raccontava il rinvenimento in una piantagione di Paraiba di una pietra con una strana iscrizione.
La pietra purtroppo era stata rotta ed era andata persa, ma una copia dell’iscrizione era stata allegata alla lettera e alcuni studiosi ritennero di riconoscere nell’iscrizione la scrittura fenicia.
Inizialmente la trascrizione fu dichiarata non vera però in seguito, negli anni ‘60, un famoso epigrafista affermò che il testo fenicio non poteva essere un falso perchè riportava concetti grammaticali della lingua fenicia che erano ancora sconosciuti nel 1872, quando la conoscenza dell’antico idioma medio-orientale nel mondo era ancoramolto limitata.
Ci sono poi altre due pietre chiamate Pedra di Gavea e Pedra do Ingá che, secondo alcuni, riporterebbero petroglifi e segni riconducibili sempre all’antica cultura fenicia ma forse questi ritrovamenti sono davvero insufficienti a sostenere che i Fenici arrivarono davvero in America.
Ad ogni modo conoscendo le loro doti di abili navigatori, non stupirebbe affatto che possano essere riusciti a compiere una simile impresa.
- I CINESI
C’è anche chi sostiene che l’America sia stata scoperta dai Cinesi. E il suo scopritore avrebbe anche un nome: il navigatore ed esploratore Zang He.
La sua figura sembra essere reale e si sa che a partire dal 1405 e per i successivi 30 anni compì diversi viaggi in mare, girando il mondo dalle coste cinesi, fino all’Africa e al Golfo Persico.
Qualcuno però sostiene che Zheng He si sarebbe spinto oltre, sfidando gli oceani e giungendo in America 70 anni prima di Colombo e circumnavigando il globo prima di Magellano.
Questa è la tesi nata a seguito del ritrovamento di una mappa che, se fosse vera, riscriverebbe la storia così come la conosciamo.
Una mappa che sarebbe una copia risalente al XVIII secolo di un’altra del 1418, che rappresenta il mondo scoperto da Zheng He.
In questo si vedono le coste del continente americano, da nord a sud, l’Artico, l’Antartide, l’Australia, la Groenlandia. Insomma, tutto il pianeta conosciuto diversi secoli prima di quando è stato effettivamente scoperto.
Ma gli storiografi hanno completamente respinto questa mappa e la tesi ad essa associata. Troppo pochi i 30 anni di viaggi di Zang He per poter realizzare una mappa così accurata.
Per inserire così tanti dettagli sarebbero servite centinaia di esplorazioni e molti secoli.
Quindi è ipotizzabile che la mappa possa essere solo un falso, una copia antichizzata di una mappa moderna.
5. GLI EGIZI E I PRIMI VERI ABITANTI
- GLI EGIZI
Non poteva mancare a questo lungo elenco di possibili scopritori dell’America il più leggendario popolo dell’antichità.
È notoriamente risaputo che gli Egizi fossero abili costruttori di navi, sia simboliche, utili ad accompagnare il defunto nell’aldilà, sia pratiche, come quelle che venivano usate lungo il Nilo per trasportare i grossi blocchi di pietra con cui venivano costruiti i loro grandi monumenti.
Inoltre, rispetto a quanto si crede, gli Egizi furono grandi esploratori e si spinsero molto al di fuori del territorio che governavano grazie alle numerose flotte in loro possesso, in grado di affrontare lunghi e difficili viaggi per mare.
Partendo dal presupposto che gli Egizi hanno forse raggiunto la Cina, potrebbero essersi spinti anche in America? Negli anni ’80 fece scalpore la notizia del ritrovamento di alcuni geroglifici egizi in Australia.
Si trattava di simboli sparsi in maniera disordinata, con i cartigli di Cheope e del figlio Snefru. In realtà ci volle molto poco per accertare che si trattava di un falso.
All’inizio del secolo scorso poi, nel 1909, si era parlato del ritrovamento di mummie egizie e tavolette con geroglifici nel Grand Canyon, ma di questa voce poi purtroppo non si è saputo più nulla.
La scoperta più interessante è invece avvenuta negli anni ‘90 a Monaco di Baviera dove una studiosa scoprì la presenza di nicotina e cocaina in alcune mummie egizie.
Nicotina e cocaina sono sostanze presenti nel tabacco e nella pianta di coca, entrambe originarie del continente americano e non presenti in Africa ed Europa se non in epoca moderna.
Diverse critiche furono sollevate dalla comunità scientifica a questo studio e si disse che la nicotina poteva dipendere dal tabacco che dal Settecento venne usato come insetticida sulle mummie.
Sempre a favore della tesi dei faraoni in America ci sono poi alcune antiche tombe egizie riportanti incisioni e oggetti che sembrano somigliare davvero ad ananas e pannocchie di mais, vegetali appartenenti al continente americano.
- I PRIMI VERI ABITANTI
Anche se la scienza e gli studi vanno avanti e ci forniscono ogni giorno nuove risposte e nuove ipotesi, sarà davvero molto difficile stabilire chi sia stato il primo uomo a mettere piede sul continente americano.
Eppure in effetti, a pensarci bene, noi già sappiamo chi furono i primi uomini a colonizzare il Nuovo Mondo. Infatti molto spesso tendiamo a non considerare che quando Colombo o i Vichinghi o perfino i Romani o gli Egizi arrivarono dall’altra parte dell’oceano, trovarono terre che erano già abitate da lungo tempo.
Infatti circa 15-20.000 anni fa popolazioni nomadi provenienti dall’Asia attraversarono lo Stretto di Bering, congelato dalle glaciazioni, e colonizzarono l’intero continente americano, da nord a sud, dando vita a splendide civiltà ricche di cultura, di fascino e di storia.
I Maya, gli Inca, gli Aztechi, i Toltechi, gli Olmechi, i Nativi d’America e tutte le centinaia di altri popoli che vivevano e prosperavano in serenità ed equilibrio sul suolo di quel mondo lontano e sconosciuto: sono sicuramente loro i primi uomini ad aver scoperto l’America.
E questo è un tributo che ci sentiamo di riconoscergli, con rispetto e ammirazione, per quello che sono stati e per tutto ciò che ci hanno lasciato e che oggi contribuisce a renderci la grande civiltà che siamo diventati.
Nella foto sotto, nativi americani in una foto di fine Ottocento.