La passione per il running dà una cascata di effetti benefici, comprovati dalla scienza. Correre fa bene al cuore, al cervello, ma ha anche molti altri pregi poco noti, che meritano di essere esaltati.
Gli effetti benefici della corsa sul corpo sono una miriade. Correre, si sa, fa bene alla mente, riduce l’ansia e libera dallo stress, ci mantiene in forma, accentua il nostro buonumore.
La corsa brucia calorie, rinforza il sistema immunitario ed è un antidepressivo naturale, diminuisce i livelli di stress e facilita quindi il sonno notturno.
Un recente studio dell’Università di Ottawa ha osservato che la corsa praticata regolarmente può aiutare a riparare i danni cerebrali, migliora le funzioni cognitive e fa ringiovanire il cervello.
Inoltre, correre aiuta a prevenire i tumori, aiuta ad abbassare i livelli di colesterolo “cattivo”, riduce l’osteoporosi (non solo per le donne) e fa bene alla vista.
Oggi, invece, cercheremo di sfatare alcune radicate (e pericolose) credenze popolari tra i runner e spiegheremo come davvero correre meglio e più forte.
1. C’È UNA TECNICA DI CORSA IDEALE E CORRERE DISTRUGGE LE GINOCCHIA
- IL FALSO MITO: C’È UNA TECNICA DI CORSA IDEALE E INFALLIBILE
LA REALTÀ DEI FATTI: La tecnica migliora con l’esperienza.
«Non esiste un modo “ideale” di correre», afferma Isabel Moore, ricercatrice in Medicina dello Sport e dell’Esercizio Fisico presso la Cardiff Metropolitan University.
Questo perché i nostri corpi sono diversi quanto a struttura, tipo di falcata e resistenza agli infortuni.
«La nostra meccanica di corsa è probabilmente il risultato di una combinazione tra anatomia, infortuni passati e la nostra storia come runner», afferma Rich Willy, professore di Fisioterapia presso l’Università del Montana a Missoula, USA.
La Moore, che ha condotto uno studio su atlete principianti testate in un programma di corsa di 10 settimane, sostiene che giorno dopo giorno macinare chilometri ottimizza l’andatura.Alla fine, la tecnica delle runner era migliorata spontaneamente, senza aver ricevuto alcuna indicazione.
Diffida dagli esperti che giurano di poterti insegnare a correre in “modo perfetto”.
Secondo uno studio del 2020 pubblicato sull’European Journal of Sports Science, la maggior parte degli allenatori non è in grado di individuare uno stile di running ottimale, nemmeno quelli di più lunga data.
I ricercatori della Middle Tennessee State University hanno determinato l’efficienza di corsa di 5 runner e hanno inviato i loro video a 121 allenatori, da quelli delle scuole superiori a quelli di fama internazionale. La stragrande maggioranza dei tecnici non ha saputo dire quale runner fosse il più efficiente. Insomma, non perdere il sonno dietro alla tecnica.
- IL FALSO MITO: CORRERE DISTRUGGE LE GINOCCHIA
LA REALTÀ DEI FATTI: Correre rinforza le ginocchia e previene lo sviluppo dell’osteoartrite
I runner, anche amatoriali, hanno un tasso di osteoartrite alle ginocchia inferiore del 3% rispetto ai soggetti sedentari, afferma Willy.
Una review e meta-analisi pubblicata sul Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy ha dimostrato che i runner non professionisti sviluppano l’osteoartrite all’anca o al ginocchio nel 3,5% dei casi contro il 10,2% rilevato nel gruppo di soggetti sedentari.
«La cartilagine funziona come qualsiasi altra struttura biologica: si rafforza sollecitandola costantemente», spiega Willy. Quando si corre, si stimola la cartilagine delle articolazioni.
Proprio come i muscoli, la cartilagine recupera e si rafforza dopo l’allenamento. Nuove ricerche sulla salute metabolica rivelano inoltre che l’impatto positivo sulla glicemia e sugli ormoni dato da un allenamento regolare, migliora le condizioni della cartilagine.
Perché questo falso mito è così duro a morire? A causa di un dato di fatto: running e osteoartrite del ginocchio sono correlati secondo uno schema a U, ovvero da “troppo o troppo poco”.
Non correre aumenta il rischio. Ma secondo Willy, anche il running praticato ad alta intensità, soprattutto se si inizia da giovani.
La meta-analisi ha determinato che il 13,3% dei runner professionisti ha sviluppato nel tempo l’osteoartrite all’anca o al ginocchio.
2. LO STRETCHING E IL CICLO
- IL FALSO MITO: DEVI FARE STRETCHING!
LA REALTÀ DEI FATTI: Lo stretching statico non riduce il rischio d’infortuni
«Inoltre, non allunga i muscoli in modo significativo né li protegge», afferma Willy. Grazie a uno studio condotto nel 2001, ha scoperto che sei settimane di stretching dei muscoli posteriori della coscia potevano ampliare il range di movimento degli atleti, che alla fine riuscivano a sollevare le gambe più in alto.
Tuttavia, dopo quattro settimane senza stretching, quasi tutti i miglioramenti svanivano. Willy ritiene che lo stretching sia una questione prevalentemente neurologica.
Quando facciamo stretching, sproniamo il fisico a sviluppare una soglia di tolleranza: il cervello impara che non c’è pericolo ad aumentare il range di movimento, il che fa sì che i muscoli si adeguino.
«Lo stretching statico (cioè il mantenimento di una posizione) può effettivamente diminuire le prestazioni nel running», sostiene Todd Buckingham, Fisiologo dello sport presso il Mary Free Bed Sports Rehabilitation Performance Lab di Grand Rapids, USA.
Uno studio pubblicato sul Journal of Strength and Conditioning Research ha rilevato che i runner dediti alla lunghe distanze e con i muscoli posteriori della cosce induriti, avevano un’economia di corsa migliore rispetto ai loro colleghi più “flessibili”.
«Immagina i tuoi muscoli e i tuoi tendini come degli elastici. Di sicuro vuoi che questi elastici scattino e tornino in posizione rapidamente», dice Buckingham.
«Comunque, se ami fare stretching, continua a farlo. A me rilassa» dice Willy. Ma dai la priorità al defaticamento, all’allenamento della forza e ai giusti tempi di riposo tra un allenamento e l’altro. Gli studi dimostrano che questi sono i migliori alleati per il recupero e la prevenzione degli infortuni.
- IL FALSO MITO: AVERE IL CICLO IL GIORNO DELLA GARA È UN DISASTRO
LA REALTÀ DEI FATTI: A volte per le runner i cambiamenti ormonali sono persino un vantaggio
«Durante il ciclo, non c’è necessariamente un giorno sbagliato per gareggiare», afferma Stacy Sims, fisiologa che studia le prestazioni delle atlete. «Anzi, le ricerche dimostrano che le mestruazioni possono offrire vantaggi fisiologici unici».
I giorni premestruali possono essere tra i migliori dal punto di vista delle prestazioni.
«Durante questa fase i livelli di estrogeni e progesterone si abbassano, riducendo la temperatura corporea e la frequenza cardiaca a riposo. Si ha anche una migliore variabilità della frequenza cardiaca, il che significa che si è più resistenti allo stress. La riduzione di estrogeni e progesterone migliora poi la capacità dell’organismo di utilizzare i carboidrati».
Tuttavia, se si soffre di flusso abbondante, crampi e problemi gastrointestinali, questo può ovviamente ostacolare le prestazioni.
«Oltre il 35% delle atlete ha di questi problemi. Se pensi di avere un flusso particolarmente abbondante, rivolgiti al tuo medico: ci sono tante valide soluzioni».
Se soffri di crampi, la Sims dice che può essere utile assumere ibuprofene per ridurre l’infiammazione. Inoltre, la settimana prima delle mestruazioni, suggerisce di assumere dai 3 ai 5 grammi di integratore di creatina al giorno: riequilibra la mucosa gastrointestinale, riducendo i problemi di digestione.
3. DUE LEGGENDE SULLE SCARPE E IL RUNNER NON CAMMINA
- DUE LEGGENDE E UNA VERITÀ SULLE SCARPE
IL FALSO MITO: Le scarpe vanno sostituite ogni 600 chilometri
Ci sono troppe variabili per generalizzare. Matt Trudeau, senior manager del brand di scarpe da running Brooks, afferma che il peso, il tipo di schiuma utilizzata, le superfici su cui si corre e l’andatura influiscono sull’usura della scarpa.
Dato che non esiste una regola ferrea sul chilometraggio, è bene cercare indizi esterni: quando i tasselli della suola iniziano a consumarsi e sparire, è possibile che la scarpa non offra più l’ammortizzazione e il grip di un tempo, dice Trudeau.
Inoltre, presta attenzione a qualsiasi nuovo dolorino post corsa alle caviglie, alle anche o alle ginocchia, che può essere il segnale che l’intersuola della scarpa si è scaricata.
IL FALSO MITO: Le scarpe durano di più se vengono alternate
Non proprio, dice Trudeau. Rimarranno semplicemente più a lungo nella scarpiera. Questo mito deriva dall’idea che la schiuma dell’intersuola abbia bisogno di tempo per rigenerarsi dopo le corse.
Ma la schiuma si riadatta in pochi minuti, non in giorni. Tuttavia, per prevenire gli infortuni si può prendere in considerazione l’idea di ruotare le scarpe.
Willy consiglia di alternare due modelli simili. In questo modo, a seconda del paio che si calza, si correrà in modo leggermente diverso, limitando così gli infortuni da movimento ripetuto.
Uno studio pubblicato sullo Scandinavian Journal of Medicine & Science in Sports ha evidenziato una riduzione del 60% del tasso di infortuni nei runner che utilizzavano più paia di scarpe rispetto a quelli che ne usavano uno solo.
LA REALTÀ DEI FATTI: Togliere le scarpe senza slacciarle le rovina
Il tallone in schiuma aiuta a mantenere il piede nella corretta posizione. Secondo Trudeau, se si schiaccia la schiuma ogni volta che si fa leva sul retro di una scarpa per sfilare l’altra, e poi si ricomprime il tallone quando la si rimette, la schiuma si rovina più velocemente.
Inoltre, anche tirare troppo i lacci può danneggiare gli occhielli. Per uscire qualche secondo prima, vale davvero la pena sacrificare l’efficienza e la durata delle scarpe?
- IL FALSO MITO: IL RUNNER NON CAMMINA
LA REALTÀ DEI FATTI: Anche una passeggiata può renderci più veloci
Tutti i runner camminano: ai punti di ristoro durante la gara, durante l’allenamento, ogni volta che ne hanno voglia. Vai a vedere un’ultra: in salita, molti runner camminano.
Puntare su un solo tipo di movimento, che si crede perfetto e insostituibile, non ha alcun senso. E se hai paura a farti vedere mentre cammini, forse il problema è l’ego, non il tipo di allenamento.
Diminuire l’intensità in un lavoro impegnativo permette di correre più a lungo e più velocemente, dice Buckingham. Inoltre, camminare può rappresentare un modo semplice per raggiungere un nuovo obiettivo in termini di distanza.
In 50 anni il metodo Galloway (con cui si affrontano le lunghe distanze alternando alcuni minuti di corsa a 1 o 2 minuti di camminata) ha portato al traguardo almeno mezzo milione di persone.
Quanto al crono, camminare a passo svelto non ti rallenterà molto. Uno studio pubblicato sul Journal of Science and Medicine in Sport ha testato runner e runner-camminatori durante una maratona.
Risultato? I due gruppi avevano tempi medi di arrivo simili: 4:14’25” per chi camminava e 4:07’40” per chi correva. Una differenza minima, del 3%. Inoltre, dopo la gara i runner-camminatori riportavano minor affaticamento e dolori muscolari.
4. IL RUNNING È UNA TERAPIA E L'IDONEITA' PER LE GARE
- IL FALSO MITO: IL RUNNING È UNA TERAPIA
LA REALTÀ DEI FATTI: Correre giova alla mente, ma non sostituisce la psicoterapia
«I professionisti della salute mentale raccomandano spesso l’esercizio fisico perché può innescare alcuni cambiamenti positivi nella chimica del cervello», afferma Dimitrios Tsatiris, professore associato di Psichiatria presso la Northeast Ohio Medical University.
L’esercizio fisico aumenta la produzione di serotonina, che migliora l’umore.
Può anche stimolare processi neurotrofici correlati al cervello, che incoraggiano lo sviluppo di neuroni e sinapsi. È stato dimostrato che, potenzialmente, anche gli antidepressivi hanno la stessa funzione.
L’esercizio aerobico regolare è stato collegato a un aumento delle dimensioni dell’ippocampo, un’area del cervello che, secondo le ricerche, può avere dimensioni più ridotte nelle persone che soffrono di depressione.
«Inoltre, in chi soffre di ansia o di ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/ Iperattività), il running può attivare le parti frontali del cervello responsabili della nostra capacità di agire - afferma Tsatiris -. Il semplice atto di andare a correre, soprattutto all’aperto, può costringerci a vivere nel “qui e ora”. Utile per chi tende ad avere ansia del futuro».
Infine, il running può incidere sulla nostra determinazione, in quanto ci spinge ad andare più lontano o più velocemente di quanto credevamo possibile.
«In questo modo, cresce l’autostima: posso correre un km in più, correre quel km più rapidamente. Ed è un modello che si può applicare ad altri aspetti della vita», afferma Tsatiris, che tuttavia è convinto che la corsa non sia una terapia. «L’obiettivo della terapia è migliorare la consapevolezza di sé - afferma -.
La terapia dovrebbe creare uno spazio sicuro in cui imparare a essere curiosi e perspicaci su ciò che avviene di preciso nella nostra testa. Un buon terapeuta aiuterà a capire perché si hanno pensieri intrusivi o forti sbalzi d’umore.
Se fatte bene, le sedute dovrebbero fornire gli strumenti necessari per riflettere sul motivo per cui, ad esempio, una persona ha calzato le scarpe da corsa ed è uscita di casa invece di parlare col partner dopo una brutta litigata».
- IL FALSO MITO: NON SONO FATTO PER LE GARE
LA REALTÀ DEI FATTI: Il running è per tutti (e non serve fare chissà che record personale per divertirsi)
Paranoie e aspettative irrealistiche, come la convinzione che in ogni gara si debba ottenere un record personale, ti abbattono quando invece dovresti essere lì a dare il 5 agli spettatori lungo il percorso.
«Innanzitutto, la maggior parte di noi si vede attraverso una lente eccessivamente critica», afferma Chelsi Day, psicologa dello sport presso l’Ohio State University.
«Ci concentriamo su ciò che non funziona nel nostro allenamento e ne dimentichiamo tutti gli aspetti positivi. Questo ci impedisce di valutare la nostra reale preparazione». «Le gare non si limitano ai risultati - sostiene Jonathan Cane, running coach di New York -.
Aspettarsi che ogni gara sia migliore della precedente significa togliere tutto il divertimento. Correre deve essere fonte di gioia. Dovrebbe anche consentire di imparare dai propri errori e apprezzare le piccole vittorie: dal riuscire a placare il nervosismo pre gara, all’organizzare al meglio la propria alimentazione».
Quando Cane s’imbatte in un atleta che si rifiuta di gareggiare se non è sicuro di ottenere il proprio “personal best”, lo convince a partecipare a una gara con salite infernali o su una distanza strana, come i 7 km.
«Improvvisamente non si preoccupa più dei tempi, perché anche quelli di tutti gli altri sono lenti o insoliti», dice. Libero dallo stress della prestazione, il runner si ricorda di quanto sia divertente mettere le ali ai piedi assieme ad altre centinaia di altri runner, tutti sudati e felici.
5. NON AUMENTARE IL CHILOMETRAGGIO SETTIMANALE DI OLTRE IL 10% E I NUTRIENTI BUONI E CATTIVI
- IL FALSO MITO: NON AUMENTARE IL CHILOMETRAGGIO SETTIMANALE DI OLTRE IL 10%
LA REALTÀ DEI FATTI: Non esiste una regola universale che si adatti a tutti i runner e a tutte le situazioni
Questo falso mito è troppo generico per essere accurato. «Le distanze, le intensità, il terreno, la velocità e la propria fisiologia sono tutti fattori che incidono sui carichi di allenamento», afferma Willy.
Piuttosto, incrementa il numero dei km basandoti sull’esperienza, sugli infortuni passati e sullo stato di benessere psicofisico. Se stai iniziando a correre e fai pochi km, aumenta fino al 20% del totale settimanale.
Uno studio pubblicato sull’American Journal of Sports Medicine ha esaminato due gruppi di runner principianti che si allenavano per una gara di 6,5 km seguendo la regola del 10% o aumentando il chilometraggio del 24% ogni settimana.
I tassi di infortunio erano praticamente identici, benché uno studio del 2014 pubblicato sul Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy abbia rilevato un incremento d’infortuni nei runner principianti che aggiungevano oltre il 30% di km in più a settimana.
Secondo Buckingham, i runner esperti che riprendono ad aumentare i volumi dopo una pausa possono aggiungere fino al 30% di chilometri in più a settimana. Tuttavia, se corri ad alta intensità e su lunghe distanze, sii prudente.
Tieni traccia dei chilometri percorsi in un diario di allenamento e annota le tue sensazioni. La prossima volta che aumenti i chilometri, consulta il diario per verificare che il tuo fisico digerisca quegli incrementi e che non ci siano annotazioni del tipo: “Ops, così è troppo”.
Quando si aumenta il chilometraggio è fondamentale programmare delle settimane di scarico. Buckingham consiglia di aggiungere chilometri per tre o quattro settimane e poi di diminuirli per una settimana.
I miglioramenti derivano da un aumento dei carichi seguito da una pausa in cui si permette al fisico di riposarsi, recuperare e adattarsi.
- IL FALSO MITO: CI SONO NUTRIENTI BUONI E NUTRIENTI CATTIVI
LA REALTÀ DEI FATTI: I runner traggono beneficio sia dai carboidrati sia dai grassi
Secondo certi falsi miti, si dovrebbero eliminare o tutti i grassi o tutti i carboidrati, ma entrambi i nutrienti possono essere sfruttati a proprio vantaggio.
«Per correre al meglio, il corpo ha bisogno di tutte le risorse disponibili» spiega Louise Burke, docente di Alimentazione per lo sport presso l’Australian Catholic University di Canberra.
Il nostro corpo consuma l’energia immagazzinata sotto forma di glicogeno (carboidrati) o di grasso. Secondo la Burke, la trasformazione del glicogeno in energia richiede uno sforzo minore rispetto a quella del grasso.
La differenza nella quantità di ossigeno consumata in questo processo si attesta tra il 5 e l’8%. È una quantità trascurabile quando si corre a bassa intensità, ma in una corsa impegnativa, il consumo di un 5-8% di ossigeno in più fa la differenza, rallentandoci.
E anche se in palestra qualche fanatico della dieta keto giuri che il corpo può funzionare solo con uno o l’altro carburante, pure questo è un mito secondo Newell. Puoi – e probabilmente lo fai già – consumare entrambi i nutrienti.
E gli entusiasti del keto dovrebbero sapere che alcuni studi hanno dimostrato che gli atleti che seguono una dieta a basso contenuto di carboidrati perdono parte della loro capacità di convertire il glicogeno in energia, rendendo meno efficace il gel di metà gara o la bevanda energetica trangugiata in corsa.