Aristotele nacque nel 384 a.C. (o nel 383) a Stagira, cittadina nella penisola Calcidica.
La madre, originaria dell’isola di Eubea, si chiamava Festide e il padre Nicomaco svolgeva la professione di medico presso la corte del re macedone Aminta III, nonno di Alessandro Magno.
Aristotele rimase orfano in tenera età e venne affidato allo zio Prosseno ad Atarneo, una città in Turchia oggi scomparsa.
Fu lui a intuirne le potenzialità e a inviarlo, appena diciassettenne, ad Atene per frequentare le lezioni del grande filosofo Platone presso la sua scuola, l’Accademia.
Allievo preferito di Platone, precettore di Alessandro Magno, il grande filosofo greco del IV secolo avanti Cristo ebbe il merito di organizzare in un unico corpo le idee e le intuizioni della cultura occidentale, diventandone un simbolo.
1. Era balbuziente e l'incontro con Platone
Secondo un certo Timoteo ateniese, Aristotele era balbuziente, aveva le gambe sottili e gli occhi piccoli.
Nella scuola ateniese, allora uno dei più grandi centri della cultura mediterranea e forse mondiale, era solo e senza appoggi.
Tecnicamente era un “meteco”, ossia uno straniero privo di diritti politici e con diritti civili limitati (per esempio, non poteva acquistare edifici in città, e la cosa avrebbe avuto delle conseguenze importanti sulla sua vita).
Anche per questo, forse, Aristotele si dedicava avidamente alla lettura personale, una prassi tanto poco diffusa all’epoca da fargli meritare il soprannome di “lettore”.
Platone non c’era: da circa un anno era andato a Siracusa per educare alla filosofia il giovane Dionisio II, in modo da realizzare l’ideale del re-filosofo. Il progetto fallì e Platone (foto sotto) ritornò ad Atene nel 364 a.C.
Nel frattempo Aristotele aveva studiato matematica, come prevedeva l’impostazione dell’Accademia, sotto la guida di Eudossodi Cnido, uno dei più grandi astronomi e scienziati della sua generazione.
Aristotele non dovette ricavarne una grande impressione, dato che molti anni dopo avrebbe scritto che le teorie di Eudosso «trovano credito più per la virtù e per i costumi di Eudosso che per se stesse».
Invece è sicuro che tra Aristotele e Platone i rapporti fossero di grande rispetto reciproco, anche se ben presto il giovane macedone dovette cominciare ad allontanarsi dalle posizioni filosofiche del maestro.
Platone, infatti, assegnava una posizione di grande prestigio metodologico alla matematica e pensava che la filosofia potesse raggiungere una conoscenza unitaria su tutta la realtà, mentre il suo allievo riteneva che fosse lo studio degli animali e in genere degli esseri viventi a costituire il vero punto di partenza per lo studio sull’essere, e che in ogni caso il sapere umano fosse destinato a restare diviso in generi supremi, le categorie.
La posizione di Aristotele alla scuola di Platone si consolidò negli anni, tanto che, quando il maestro invecchiò, il discepolo coltivò la sensata speranza di essere nominato suo successore.
Quando invece fu chiaro che Platone, ormai malato, avrebbe ceduto la scuola al nipote Speusippo, figlio della sorella di Platone, Potone, Aristotele decise di allontanarsi da Atene e tornare ad Atarneo, dove era stato in gioventù, e subito dopo ad Asso, una città affacciata sullo stesso golfo di Mitilene, su invito del nuovo tiranno della città, Ermia.
2. In missione segreta
Secondo lo storico Anton-Hermann Chroust si trattò di una sorta di missione segreta su invito del re di Macedonia Filippo II: questi infatti stava già progettando una guerra contro l’impero persiano e stava cercando alleati in Asia Minore (l’odierna Turchia).
Aristotele, in nome delle sue origini macedoni, avrebbe dovuto convincere il tiranno Ermia ad allearsi con Filippo II. Non abbiamo documenti per avvalorare questa tesi: quel che è certo è che Aristotele sposò Pizia, nipote di Ermia.
La giovane donna non si limitò ai suoi doveri di moglie (mise al mondo una figlia, Pizia la giovane) ma collaborò anche negli studi scientifici che Aristotele stava compiendo nel campo della biologia marina (anzi, secondo la storica Kate Campbell Hurd-Mead gli studi della coppia si sarebbero concentrati sullo studio degli embrioni).
Aristotele era diventato famoso: nel 344 fu chiamato a fondare a Mitilene una nuova scuola filosofica, che lui stesso presentò come “l’unica vera scuola platonica”.
Infatti, anche se a scuola i manuali più semplicistici si ostinano a presentare Aristotele come l’opposto di Platone, ormai gli storici della filosofia concordano sul fatto che il distacco di Aristotele dal maestro Platone fu graduale e che elementi di platonismo sono rintracciabili fino alla fine della carriera filosofica di Aristotele.
Qua sotto, Raffaello Sanzio “Scuola di Atene” part. Platone (a sinistra) e Artistotele (a destra).
3. Precettore di Alessandro Magno
Nel 343 arrivò la consacrazione definitiva: Filippo II di Macedonia chiamò Aristotele come precettore del figlio Alessandro, che all’epoca aveva tredici anni.
Purtroppo non sappiamo molto dell’educazione che il filosofo ormai quarantenne impartì a colui che sarebbe diventato uno dei più grandi politici e generali del mondo antico.
Sicuramente faceva parte del suo curriculum la lingua greca e l’Iliade, che ogni giovane greco istruito doveva sapere a memoria.
L’architetto e scrittore rinascimentale Leon Battista Alberti racconta che avendo ricevuto in dono un piccolo forziere, bellissimo e preziosissimo, il giovane principe volle tenerci proprio l’edizione del poema omerico che Aristotele aveva annotato per lui, in segno di stima per l’opera.
Probabilmente Aristotele insegnò al suo allievo anche le scienze naturali e i fondamenti della teoria politica dell’epoca (aveva iniziato una raccolta di tutte le costituzioni delle città greche). Qua sotto, Charles Laplante, Aristotele fa lezione ad Alessandro Magno, incisione, 1866 ca.
Su questo punto Alessandro rimase sicuramente sordo alle indicazioni del suo insegnante, che non poteva fare altro che presentargli la concezione classica della polis (città) greca come unico orizzonte politico: Alessandro, al contrario, era più incline a subire il fascino del padre, che immaginava già la conquista di tutta la Grecia come primo passo di un attacco generale di tutto l’Ellade contro la Persia.
In ogni caso l’idillio con Alessandro non durò a lungo: nel 341 il giovane cominciò a seguire il padre sui campi di battaglia, e il suo maestro, dopo una breve sosta a Stagira, tornò ad Atene.
Qui, anche grazie ai finanziamenti di Alessandro, fondò la sua scuola più famosa, detta Peripato, ossia “passeggiata”. Il termine indicava la parte del giardino con un colonnato coperto dove il maestro e i suoi discepoli camminavano discutendo.
La scuola era detta anche Liceo perché sorgeva vicino a un tempio dedicato ad Apollo Licio. Ad Atene Aristotele continuava a essere un meteco, dunque non aveva il diritto di acquistare proprietà immobiliari: probabilmente gli edifici erano solo affittati.
Nella scuola si studiavano zoologia (di cui si occupa Aristotele in persona), botanica (affidata al brillante discepolo Teofrasto), astronomia, matematica e medicina (insegnate dai migliori specialisti dell’epoca).
Le lezioni si svolgevano di mattina; nel pomeriggio e di sera, invece, Aristotele teneva conferenze aperte al pubblico di politica e retorica. Seguendo un’antica tradizione pitagorica, i pasti nella scuola venivano consumati in comune, mentre una volta al mese si teneva un simposio filosofico sotto la guida dello stesso Aristotele.
4. L’ultimo amore
Il filosofo intanto era rimasto vedovo e conviveva con un’altra donna, Erpillide. La tradizione è ben poco generosa con lei e le fonti la qualificano sbrigativamente come un’amante o una concubina.
Ma Aristotele dovette amarla sinceramente perché la ricorda con affetto nel suo testamento concedendole una ricca fetta dell’eredità (tra cui la casa paterna a Stagira), anche se il figlio avuto da lei viene ricordato solo per ultimo.
Fino alla fine, comunque, la condizione di Aristotele ad Atene rimase sempre quella di un immigrato e quando il partito anti macedone prese il sopravvento alla morte di Alessandro Magno, il grande filosofo fu costretto a fuggire, questa volta nell’isola di Eubea, dove infine morì nel 322 a.C. forse per una malattia allo stomaco.
La logica di Aristotele è valida ancora oggi! Uno dei meriti filosofici maggiori di Aristotele è la sistemazione della logica classica o deduttiva.
Anche se oggi esistono numerosi altri tipi di logiche (formale, paraconsistente, modale, lineare, intuizionista e così via), quella sillogistica (basata cioè sul ragionamento nel quale esistono solo due premesse e una conclusione) viene ancora oggi accettata nella forma che le diede Aristotele più di 2mila anni fa.
Per quanto riguarda lo studio della natura e del movimento, Aristotele è stato criticato dal XVII secolo perché la sua fisica era inadeguata a sviluppare un vero metodo scientifico, basato sui numeri.
Tuttavia va notato che il concetto di divenire in Aristotele è diverso da quello che interessava gli uomini del Seicento: il filosofo greco cercava uno strumento per pensare la trasformazione del vivente (che cambiando resta sempre se stesso), mentre gli scienziati erano chiamati a descrivere prima di tutto il “moto locale” (cioè lo spostamento nello spazio) dei corpi con lo scopo esplicito di dominarli.
Nel campo dell’etica chiarì definitivamente che il bene per l’uomo è la felicità e che questa si raggiunge solo con una vita pienamente umana.
Qua sotto, Pagina miniata dall’Etica nicomachea di Aristotele, manoscritto del X secolo, Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze. L’Etica nicomachea è, assieme alla Politica, l’opera di Aristotele che meglio sintetizza le sue riflessioni pedagogiche.
5. L’opera di Aristotele fu recuperata 140 anni dopo la sua morte
C’è mancato poco che tutta la filosofia aristotelica andasse perduta per sempre. Alla morte di Aristotele, infatti, divenne “scolarca” (cioè capo della scuola) il suo discepolo migliore, Teofrasto.
A sua volta, Teofrasto prima di morire lasciò all’allievo Neleo di Scepsi tutta la raccolta dei libri scritti da Aristotele. All’epoca i libri potevano essere copiati solo a mano e quindi non avevano una vasta diffusione.
Inoltre il grosso della produzione del maestro era composta da testi esoterici o acroamatici (cioè «che si ascoltano»), riservati agli allievi della scuola e mai “pubblicati” (ossia, mai “letti in pubblico”).
Tornando a Neleo, nella votazione rituale fu superato da Stratone. Offeso, tornò in Asia Minore portandosi via tutta la biblioteca aristotelica, lasciando così gli altri allievi senza i testi di riferimento e costringendoli a un duro lavoro per rimettere insieme almeno in parte questi documenti.
Lo storico Strabone narra che al momento della morte di Neleo gli eredi, non sapendo che farsene di quelle scatole di rotoli ammuffiti, li tennero in cantina per decenni prima di venderli al bibliofilo Apellicone di Teo, che li portò ad Atene, praticamente senza aprirli, agli inizi del I secolo a.C.
Erano passati quasi 140 anni dalla morte di Aristotele e per tutto questo periodo le sue opere erano rimaste nascoste. Finalmente il dittatore romano Silla comprò in blocco tutte le opere e le trasferì a Roma affidandole al suo bibliotecario Tirannione.
Questi ne fece delle copie che inviò allo scolarca del Peripato Andronico di Rodi il quale finalmente realizzò la prima edizione scientifica dei testi aristotelici, salvandoli così dalla distruzione.
Qua sotto, Giusto di Gand, Ritratto di Aristotele, 1475 ca., Musée du Louvre, Parigi.