Seicento anni fa nasceva Federico da Montefeltro, il condottiero, mecenate e uomo di lettere che rivoluzionò la corte e la città di Urbino.
1. LATO OSCURO
Nacque nel giugno del 1422 e quando aveva solo cinque anni la sua vita sembrava destinata a un gramo destino: quello di eterno secondo.
Seppur primogenito, infatti, Federico era il figlio naturale (poi dichiarato legittimo con tanto di bolla papale nel 1424) del conte di Montefeltro e Urbino, Guidantonio.
Così quando nacque Oddantonio, il vero erede, il piccolo venne spedito a Sant’Angelo in Vado (Pesaro), un paesino della Massa Trabaria. Tuttavia, contro ogni previsione, tutto fu tranne che secondo.
Probabilmente la sua smania di eccellere in qualsiasi campo nacque allora, quando, lontano dalla famiglia e dagli affetti, fu allevato da un’estranea, la colta e intelligente nobildonna Giovanna degli Alidosi, di cui in seguito sposò la figlia (Gentile Brancaleoni, qua sotto).
Della madre di Federico poche e incerte sono le informazioni: era forse Elisabetta degli Accomanducci, dama della prima moglie di Guidantonio, Rengarda Malatesta.
Ma a dire il vero anche sul padre non vi sono certezze: secondo un’altra ipotesi, infatti, Federico era nato dall’unione della figlia illegittima di Guidantonio, Aura, con Bernardino Ubaldini della Carda, che in seguito sposò la donna. Non un figlio quindi, ma un “nipote illegittimo” per Guidantonio.
In tutta questa storia di certo si sa solo che nel 1424, all’età di 46 anni, il conte di Urbino ancora non aveva un erede e decise di far dichiarare “legittimo” l’unico figlio maschio della famiglia, da papa Martino V (parente della sua seconda moglie, ritratto sotto).
Con il nuovo matrimonio, però, l’erede inaspettato arrivò e Federico da un giorno all’altro non ebbe più diritto neppure di rimanere a corte.
2. MENTE E CORPO
Un inizio difficile per una delle figure più importanti e sfaccettate del Rinascimento: fu un condottiero in grado di dare filo da torcere a eserciti regolari e mercenari.
Un politico sopraffino dotato di intuito, capace di usare regnanti e Stati a suo esclusivo vantaggio; un uomo colto e un grande mecenate, tanto da essere soprannominato dall’umanista Baldassarre Castiglione “il lume d’Italia”.
Abile e determinato, Federico riuscì vittorioso in molte delle sue numerose imprese militari nonostante la menomazione a un occhio causata da uno scontro armato durante una giostra nel 1450. In seguito all’incidente si narra si sia fatto tagliare un pezzo di naso, per non perdere la visuale.
Il che spiegherebbe lo strano e inconfondibile profilo che appare nei dipinti nei quali è sempre ritratto solo dal lato sinistro (forse a causa dello sfregio sull’occhio destro).
Dopo l’infanzia a Sant’Angelo, a 11 anni fu mandato a Venezia e poi a Mantova dove, ancora ragazzino, ebbe come precettore l’umanista Vittorino da Feltre. Proprio in quegli anni nacque in lui l’interesse per la cultura.
Poi, appena quindicenne, si sposò con Gentile Brancaleoni, che di anni ne aveva 21. Il primo matrimonio fu senza amore, ma gli permise di entrare in possesso dei territori della Massa Trabaria, portati in dote dalla moglie.
Il padre Guidantonio, che lo aveva escluso dalla successione, sapeva che per il figlio era importante ricevere fin da giovane un buon addestramento militare.
Così, nel 1438 lo fece entrare nell’esercito dei milanesi Visconti, guidato da Niccolò Piccinino, maestro nell’arte della guerra. In questo periodo Federico combatté contro Francesco Sforza (qua sotto), che poi diventerà uno dei suoi alleati.
3. COLD CASE E RIVALITÀ SIGNORILI
Nel 1443 morì il conte Guidantonio e, come da programma, Oddantonio, non ancora 18enne, divenne il nuovo signore – e presto anche primo duca – di Urbino.
Ma il suo governo durò poco: l’anno successivo fu ucciso in circostanze mai chiarite. Era una calda notte di luglio quando una dozzina di uomini armati sfondarono il portone del palazzo, uccisero due uomini di Oddantonio e infine entrarono nella stanza dove dormiva il duca.
Lo pugnalarono a morte, gettarono il suo corpo dalla finestra e lo trascinarono fin sulla piazza, come succedeva ai regnanti sgraditi al popolo. Probabilmente una messinscena per far credere che la congiura fosse partita dal basso.
Federico non perse tempo e già la mattina successiva alla tragedia, tornato in fretta e furia da Pesaro, dove risiedeva, entrò solennemente a Urbino e fu proclamato conte (non duca, per questo titolo dovrà aspettare). Per qualcuno Federico era un “nuovo Caino” ma nessuno ebbe il coraggio di accusarlo e il delitto rimase un caso irrisolto. Uno dei tanti del Rinascimento.
Qua sotto, Oddantonio da Montefeltro quale appare, secondo una teoria, nella Flagellazione di Cristo (Piero della Francesca), 1460.
Una volta al potere, Federico si dedicò a un’impresa a cui teneva particolarmente: fare la guerra al suo acerrimo nemico, Sigismondo Malatesta, signore di Rimini.
Tra i due potentati perduravano da generazioni contese territoriali, ma nel loro caso l’inimicizia era alimentata dall’antipatia personale reciproca: per Federico, Sigismondo era un vizioso e l’assassino di due delle sue tre mogli.
Nel 1462 lo sconfisse in battaglia, aiutato da Ferdinando d’Aragona, e Malatesta perse tutto tranne Rimini. Gran parte del Montefeltro ora era nelle mani di Federico.
E se con gli Aragonesi il condottiero ebbe sempre buoni rapporti (fu al loro servizio per quasi trent’anni) lo stesso non si può dire per gli Sforza.
Con Francesco ebbe una duratura e proficua alleanza, ma con il figlio Galeazzo (sotto) ci furono contese sulla leadership della Lega Italica, l’alleanza tra Venezia, Firenze e Milano (poi anche Napoli e Stato pontificio) in funzione difensiva, una specie di Nato ante litteram.
4. RAPPORTI DIFFICILI
Anche con Firenze Federico ebbe un rapporto ambiguo, soprattutto con il giovane e altezzoso Lorenzo de’ Medici.
Inizialmente il signore della Toscana, conscio delle doti di condottiero del conte, si rivolse a lui per risolvere una spinosa questione: ristabilire il dominio su Volterra, che si era rivoltata contro i Medici, per il controllo delle miniere di metallo a sud della città.
Nel 1472 il conte di Urbino con oltre diecimila uomini assediò la cittadina toscana, che dopo quasi un mese cadde. L’esercito mandato da Firenze si dette a massacri, violenze e incendi, in quello che fu poi ricordato come “sacco di Volterra”.
Presto però le cose cambiarono. Dopo due anni Federico finalmente ricevette l’agognato titolo di duca da parte di papa Sisto IV (sotto), nemico giurato dei Medici, e da quel momento i rapporti tra Federico e Lorenzo andarono via via peggiorando.
Secondo recenti ricerche d’archivio, Federico avrebbe avuto un ruolo nella congiura dei Pazzi (1478), volta a far fuori Lorenzo e il fratello Giuliano.
«La prova dell’attiva partecipazione del duca di Urbino alla congiura dei Pazzi si trova, guarda caso, nell’archivio della famiglia Ubaldini. È una lettera cifrata inviata dal Montefeltro ai suoi ambasciatori a Roma il 14 febbraio 1478, cioè due mesi prima dell’attentato contro i fratelli Medici nel Duomo di Firenze», scrive Marcello Simonetta, autore del libro L’enigma Montefeltro (Rizzoli), nel suo saggio Federico da Montefeltro, un illustre uomo d’armi tra gli illustri uomini di lettere.
«Federico prometteva di inviare in Toscana, con un pretesto, una buona metà del suo esercito, composto di uomini ben addestrati (oggi le chiameremmo special forces). In cambio di questo discreto ma potente aiuto, Sisto IV garantì al duca il conferimento del diritto di successione ducale in favore di Guidobaldo».
Sappiamo come andò: Giuliano morì assassinato nella congiura, ma Lorenzo rimase al potere, passando poi alla Storia come “il Magnifico” (attributo derivato in realtà dal titolo fiorentino di “Magnifico Messere”). Un appellativo che Federico non avrebbe affatto disdegnato.
5. MAGNIFICO DE FACTO
Colto, raffinato e consapevole dell’importanza del prestigio per un signore, Montefeltro volle infatti che i proventi delle sue condotte militari al servizio di questo o quel governante fossero investiti in opere immortali.
Una di queste fu la costruzione del Palazzo ducale: un edificio di 3.500 metri quadri nel centro di Urbino progettato dal 1464 dall’architetto istriano Luciano Laurana (foto sotto).
Alla corte inoltre cominciarono ad arrivare artisti, umanisti e scienziati: dal giovane matematico Pacioli ai pittori Paolo Uccello e Piero della Francesca , di cui il duca fu intimo amico.
Federico mise insieme una biblioteca di quasi mille codici manoscritti, tra cui la “Bibbia Montefeltro”, una Bibbia miniata che portava sempre con sé. I codici erano conservati in armadi e legati con una catenella, disponibili – novità assoluta – per la consultazione dei visitatori (oggi sono nella Biblioteca apostolica vaticana).
Nonostante i buoni propositi e l’impegno, però, non superò i Medici. Se con le armi e la politica riuscì a primeggiare, come mecenate Federico rimase un passo indietro rispetto a quel “Magnifico” che mal sopportava.
Dal secondo matrimonio, con Battista Sforza, il “lume d’Italia” ebbe nove figli e un erede, Guidobaldo.
Quanto a lui, morì nel 1482 durante la Guerra di Ferrara, forse di malaria. Sulla sua tomba nella chiesa di San Bernardino a Urbino lo ricorda un busto, in cui appare (finalmente) visto di fronte (foto sotto).