È stato detto che quelle etrusche venute alla luce il mese scorso meritano l’Olimpo delle sculture.
Un Olimpo affollato di capolavori senza tempo, da Discobolo a Venere, da Nike a Zeus.
In questa breve galleria abbiamo voluto ricordarne dieci celebrati in tutto il mondo.
1. CRONIDE DI CAPO ARTEMISIO E IL DISCOBOLO
- CRONIDE DI CAPO ARTEMISIO
Recuperato nel 1926 da un antico relitto nelle acque di Capo Artemisio, nell’Egeo, e conservato al Museo Archeologico Nazionale di Atene, l’imponente bronzo raffigurerebbe Zeus o Poseidone (entrambi figli di Crono) nell’atto di lanciare un fulmine o il tridente.
Perfettamente conservato e alto ben 2,09 m, questo capolavoro risale alla metà del V secolo a.C. ed è un rarissimo esempio di un originale bronzeo in stile severo (la fase di transizione tra lo stile arcaico maturo e il pieno classicismo, a cavallo tra il 480 e il 450 a.C.).
La sua attribuzione rimane incerta, ma tra i candidati c’è anche lo scultore Mirone.
Con lo sguardo inflessibile e concentrato, la barba e i capelli ricci ben curati, la divinità è immortalata con le membra tese, mentre prende la mira puntando il bersaglio, con le gambe divaricate.
- IL DISCOBOLO
La fama del Discobolo (lanciatore di disco) è talmente grande da renderla una delle statue greche più riprodotte e ammirate al mondo, fin dall’antichità.
Sfortunatamente l’originale in bronzo, scolpito alla metà del V secolo a.C. dall’artista Mirone di Eleutere, è andato perduto, ma in compenso esistono varie copie marmoree di età romana, tra cui spiccano il cosiddetto “Discobolo Lancellotti” e il “Discobolo Townley”, entrambi risalenti al II secolo e conservati, rispettivamente, al Museo Nazionale Romano e al British Museum di Londra.
Considerato emblematico del cosiddetto “stile severo”, che segnò il passaggio tra l’età arcaica e quella classica, il Discobolo è ritratto nel momento di massimo sforzo atletico, mentre piega il corpo e sta per lanciare il pesante attrezzo.
2. LA VENERE DI MILO E IL GALATA MORENTE
- LA VENERE DI MILO
A contendere alla Nike di Samotracia il titolo di statua più popolare del Louvre c’è la Venere di Milo, considerata uno degli emblemi della bellezza femminile.
Risalente al II secolo a.C., la scultura (alta 2,02 m e realizzata in marmo pario) è priva di braccia e rappresenta Afrodite, dea greca dell’amore, in una posa intima, con la veste che le cade sotto al bacino e il corpo leggermente piegato.
Nel 1820 fu ritrovata per caso da un contadino dell’isola di Milo (Grecia) e, grazie all’intercessione dell’ambasciatore di Francia nell’Impero ottomano, fu poi acquistata dai francesi e dal 1821 si trova nelle sale del grande museo parigino.
Secondo alcuni studiosi, il suo autore potrebbe essere Alessandro di Antiochia, il cui nome era iscritto nel basamento della statua, oggi perduto.
- IL GALATA MORENTE
Ritrovata a Roma nel XVII secolo, questa rappresentazione di un guerriero morente fu trasportata a Parigi dalle truppe napoleoniche nel 1797, ma è stata riportata in Italia nel 1815 (oggi è conservata ai Musei Capitolini, dove è tra le sculture più ammirate).
Si tratta di una copia romana (III secolo a.C.) in marmo di un originale bronzeo, parte di un gruppo commissionato dal re di Pergamo Attalo I per commemorare la vittoria contro il popolo celtico dei Galati.
Anche se la sua attribuzione è incerta, il Galata morente è considerato un capolavoro assoluto per la drammaticità e il realismo con cui comunica la sofferenza del guerriero moribondo, ritratto sdraiato, con il corpo ferito e l’espressione afflitta.
3. LA NIKE DI SAMOTRACIA E L'APOLLO DEL BELVEDERE
- LA NIKE DI SAMOTRACIA
Chiunque visiti il Louvre, non può non percorrere la celebre “Scala Daru”, uno degli spazi monumentali del grande museo parigino, primo al mondo per numero di visitatori l’anno (8,5 milioni).
Tale scalinata è sormontata dalla Nike di Samotracia, capolavoro greco del III secolo a.C.
Scolpita in marmo pario e alta 2,45 m, rappresenta la dea alata della vittoria, mentre sta per posarsi, trionfante, sulla prua di una nave.
Coperto da un chitone (una tunica senza maniche), il corpo della divinità è colpito dal vento che le increspa il vestito.
Due millenni fa, si sarebbe potuta ammirare sulla sommità del Santuario dei Grandi Dèi, sull’isola di Samotracia (Mar Egeo).
La sua scoperta si deve al console francese di Adrianopoli, Charles François Noël Champoiseau, che iniziò gli scavi archeologici sul posto nel 1863.
- L'APOLLO DEL BELVEDERE
“Il più alto ideale dell’arte tra le opere antiche che si sono conservate fino a noi”.
È così che nel XVIII secolo lo storico dell’arte Johann Joachim Winckelmann descrisse l’Apollo del Belvedere, che fin dal Rinascimento ha incarnato nell’immaginario collettivo l’emblema della perfezione artistica greca.
In tale raffigurazione del dio Apollo, alta 2,25 m, la divinità è immortalata con il braccio proteso in avanti, lo sguardo sereno e i lineamenti delicati.
La statua originale fu forgiata in bronzo dal maestro greco Leochares alla fine del IV secolo a.C. ma è andata perduta. Si può ammirarne una copia marmorea romana nel Cortile Ottagono (un tempo noto come Cortile delle Statue) dei Musei Vaticani, dove nel XVI secolo il papa Giulio II espose un’eccezionale collezione di sculture antiche.
4. L'EFEBO DI ANTICITERA E IL DORIFORO
- L'EFEBO DI ANTICITERA
La statua dell'Efebo di Anticitera, conservata al museo archeologico nazionale di Atene, è un'opera d'arte straordinaria, nota per la sua maestosa presenza e la sua accurata rappresentazione del corpo umano.
Nonostante sia stata trovata in numerosi pezzi e sia stata ricomposta solo nel 1953, l'opera è ancora in ottime condizioni e mostra una grande cura per i dettagli.
La statua è attribuita a Eufranore e risale al 335 a.C., ed è alta circa 1,96 metri.
Il giovane raffigurato nella statua è stato interpretato in diversi modi, con alcuni che lo vedono come Perseo, il famoso eroe greco che uccise la terribile Medusa, o come Paride, il celebre giudice della bellezza degli dei.
Altri ancora suggeriscono che possa essere un atleta che mostra un trofeo. Nonostante le varie interpretazioni, non è chiaro quale sia l'oggetto che il giovane tiene in mano, e questo rende difficile dare un nome preciso all'eroe raffigurato.
Una cosa che è particolarmente evidente nella statua dell'Efebo di Anticitera è la sicurezza e il bilanciamento del movimento. Il giovane è saldamente piantato sulla gamba sinistra, con la destra flessa alla fine del passo, il braccio sinistro steso lungo il corpo e il destro teso a sostenere l'oggetto scomparso.
Anche lo sguardo dell'eroe è particolarmente espressivo, con gli occhi in pasta vitrea che conferiscono vita all'opera. Insieme, questi elementi creano una statua che è sia esteticamente piacevole che emotivamente potente.
- IL DORIFORO
Se c’è una statua che racchiude tutti i canoni della bellezza classica, questa è il Doriforo (portatore di lancia) di Policleto.
L’originale fu forgiato in bronzo alla metà del V secolo a.C., ma già nel mondo antico ne esistevano numerose copie marmoree, di cui una delle meglio conservate è oggi custodita al Museo Nazionale di Napoli.
Alto 2,12 m, il Doriforo immortala un guerriero o un atleta e fu proprio immaginato come il ritratto dell’“uomo ideale”: le parti del corpo sono proporzionate secondo misure precise, mentre gli arti (con la gamba destra e il braccio sinistro portanti) assumono la cosiddetta forma “chiasmica” (dalla lettera greca x, “chi”).
Tali proporzioni influenzarono tutta la scultura occidentale e furono messe nero su bianco da Policleto in un’opera intitolata Canone, oggi perduta.
5. I BRONZI DI RIACE E LA STATUA EQUESTRE DI MARCO AURELIO
- I BRONZI DI RIACE
Il 16 agosto del 1972, un giovane sub romano si immergeva nelle acque dello Ionio, nei pressi della cittadina di Riace, in Calabria, notando sul fondale due grandi statue.
Venivano così scoperti i cosiddetti “Bronzi di Riace” meraviglie dell’arte classica tra le più raffinate al mondo.
Entrambe le sculture (alte 1,97 e 1,98 m) pesano 320 kg e raffigurano guerrieri nudi, in posa “eroica”: hanno i lineamenti perfetti e la muscolatura definita, con una gamba leggermente in avanti rispetto all’altra e le mani che paiono impugnare una lancia e uno scudo.
Realizzati a poca distanza l’uno dall’altro da un artista sconosciuto (probabilmente un maestro greco operante nella seconda metà del V secolo a.C.), dal 2013 i due guerrieri sono tornati a Reggio Calabria, dove sono attualmente conservati.
- LA STATUA EQUESTRE DI MARCO AURELIO
Salvata per miracolo dalle distruzioni operate in tempi antichi dai cristiani, che lo risparmiarono perché lo identificarono erroneamente con Costantino (primo imperatore romano a sposare la religione di Cristo), la statua di bronzo di Marco Aurelio a cavallo, alta ben 5,85 m, risale al II secolo d.C. ed è uno dei rari originali in bronzo dell’epoca arrivati ai nostri giorni.
Nel 1538, la scultura fu posta da Michelangelo al centro della piazza del Campidoglio, dove ancora oggi troneggia una sua copia (l’originale è custodito dal 1990 nei vicini Musei Capitolini per preservarlo dalle intemperie).
L’opera riproduce l’imperatore Marco Aurelio (121-180) in groppa al proprio destriero con la mano alzata in segno di pacificazione e nei secoli è diventata il modello principale per quasi tutte le statue equestri.