Si dice che il tempo non aspetta nessuno. E per di più non esita ad aggredire la nostra forma adulta, staccandone un pezzetto alla volta.
Un minuto abbiamo vent’anni, un corpo e un cervello apparentemente invulnerabili al ticchettio dell’orologio e a qualunque stile di vita ci vada di assumere, non importa quanto sfrenato.
Il minuto dopo abbiamo passato i trenta e tutto cambia: consumiamo più calorie di quante ne bruciamo e il grasso comincia a vedersi, la densità ossea comincia a diminuire più in fretta di quanto riusciamo a ricostruirla e così via.
Per usare le parole di un articolo apparso sulla rivista Current Opinion In Clinical Nutrition And Metabolic Care, dal prosaico titolo Il tessuto muscolare cambia con l’età: “Uno degli effetti più vistosi è la perdita involontaria di massa muscolare, forza e funzionalità, che va sotto il nome di sarcopenia. La massa muscolare decresce approssimativamente del 3-8% ogni decennio dopo i trent’anni, e dopo i sessanta il declino accelera ancor di più”.
Quindi, come dovremmo reagire? Girarci dall’altra parte e accettare l’inevitabilità del nostro deterioramento? Certo che no.
Ecco dunque alcuni suggerimenti nutrizionali, fisici, psicologici e sociologici per mantenerci nella forma migliore… almeno un po’ più a lungo.
1. MANGIARE PIU FIBRE
Che cosa?
Le fibre hanno un potere quasi magico. Assumere un buon quantitativo di crusca aiuta a bloccare l'insorgere di problemi cardiaci e diabete e mantiene in stato ottimale l'intestino.
Su questo i dati scientifici non lasciano spazio a dubbi. Uno studio apparso nel 2019 su The Lancet, che ha coinvolto "dati personali per un totale di 135 milioni di anni-persona da 185 studi di prospettiva e 58 test clinici su 4635 adulti", suggerisce che mangiare abbastanza fibre riduce la probabilità di contrarre il diabete di tipo due e fa diminuire del 15-20% la probabilità di infarto.
"Inoltre - dice Peter Cronin, esperto di malattie intestinali dell'Università di Limerick - le fibre abbassano il livello di infiammazione dell'intestino. L'infiammazione è un fattore rilevante nelle più comuni patologie dell'intestino, come il tumore al colon-retto e le malattie infiammatorie intestinali. Contro l'insorgere di questi problemi, dunque, le fibre hanno un effetto protettivo".
Di fatto, un'analisi del 2015 pubblicata sull'American Journal Of Epidemiology ha dimostrato che ogni dieci grammi di fibre consumate il rischio di mortalità si riduce del 10%.
Perché?
Le fibre sono un genere di carboidrato complesso, che il nostro corpo non può spezzare. Un tempo si pensava che avessero un ruolo importante nel mantenere le feci compatte e ben formate, ma oggi la scienza ha scoperto che le loro proprietà vanno ben al di là di questo.
"Come ogni altro organismo - spiega Cronin - il microbiota intestinale ha bisogno di sostanze nutritive per sopravvivere. Alcune specie di batteri crescono meglio in presenza di fibre, essendosi evoluti per dissolverle e utilizzarle come nutrimento. Un apporto elevato di fibre, dunque, li fa proliferare e allo stesso tempo riduce la quantità di altre specie che invece non possono digerire le fibre".
I benefici per il nostro organismo, prosegue Cronin, sono innumerevoli: "Quando i batteri intestinali scompongono le fibre, producono acidi grassi a catena corta, una famiglia di molecole che ha effetti positivi sul metabolismo.
Tra questi possiamo annoverare una diminuzione del livello di lipidi - come il colesterolo - e di glucosio nel sangue, entrambi fattori associati a varie patologie, per esempio l'obesità.
Se si riduce la quantità di colesterolo "cattivo", che può occludere i vasi sanguigni, il cuore sta meglio e anche le probabilità di ictus diminuiscono.
Come?
Bisognerebbe riuscire ad assumere circa trenta grammi di fibre al giorno. È importante soprattutto con l'avanzare dell'età, assieme alla quale avanza anche il rischio di quei problemi cardiaci di cui si diceva.
Come probabilmente avete già capito, i cibi molto lavorati non vanno bene: il processo di raffinatura delle granaglie, infatti, rimuove da esse il rivestimento esterno, diminuendo il contenuto di fibre.
"Scegliete piuttosto le noci, i semi, la frutta e la verdura - dice Cronin. - Le fibre esistono in varie forme: il meglio per la salute della flora intestinale è mescolare fonti di fibre variegate".
Ma di fatto, 30 grammi di fibre a che cosa corrispondono? Un esempio sarebbe un avocado (6,7 grammi), una ciotola di lenticchie (13,1 grammi) e 100 grammi di popcorn (14,4 grammi): questo rappresenta un buon apporto giornaliero, ma tali alimenti non andrebbero consumati tutti assieme.
2. CHI DORME DI PIU VIVE PIU A LUNGO
Che cosa?
Il sonno è la medicina migliore che ci sia: rafforza la salute fisica e mentale, e la sua importanza è tale che i vincitori del Tour de France sembrano essere sempre gli atleti che hanno dormito di più durante le ventuno tappe e 3500 chilometri della gara. Il che è un problema per chi ha passato i trenta...
Negli ultimi quarant'anni, l'età media dei genitori alla nascita del loro primo figlio è salita a 33,2 anni per gli uomini e 30,3 per le donne. In altre parole, nell'ultimo quarantennio, gli esseri umani hanno ritardato il periodo delle notti insonni protratte nel tempo: secondo uno studio apparso nel 2019 sulla rivista Sleep, i neo genitori affrontano fino a sei anni di deprivazione del sonno.
Gli effetti cumulativi a lungo termine di una riduzione sia nella quantità che nella qualità del sonno includono un gran numero di problemi di salute tra cui ipertensione, diabete, obesità, depressione, infarto e ictus.
"Inoltre, riduce le difese immunitarie e ha un'influenza negativa sull'umore e sulle capacità cognitive", dice Shona Halson della Australian Catholic University.
Perché?
Molti dei problemi fisiologici legati al cattivo sonno sono dovuti agli ormoni.
Per esempio, l'ormone umano della crescita, o HGH, che ripara i muscoli facendo produrre al fegato e ad altri tessuti una proteina chiamata fattore di crescita insulino-simile, diminuisce al diminuire del sonno, e ciò ha come conseguenza una minore ricrescita muscolare (è noto da tempo che anche l'alcol riduce la produzione di HGH: uno studio del 1980 ha stimato tale riduzione attorno al 25%).
"Il sonno influisce anche sulle abitudini alimentari, spiega ancora la Halson, agendo sugli ormoni che controllano il nostro comportamento quando mangiamo.
Per esempio, l'aumento dell'ormone chiamato grelina segnala che è ora di mangiare, mentre l'aumento di quello chiamato leptina segnala che si è sazi: uno studio tedesco apparso sul Journal of Sleep Research mostra che anche una sola notte di sonno interrotto aumenta significativamente i livelli di grelina, il che spiega perché quando siamo stanchi ci viene una gran voglia di un tubo di Pringles.
È dimostrato anche che due o più notti di cattivo sonno diminuiscono i livelli di leptina".
Come?
Stranamente i neonati non sembrano disposti a discutere del loro sonno. Dunque, se non puoi combatttelri, fatteli amici.
"Quando si soffre di deprivazione del sonno - dice la Halson - fare un pisolino è importante. Una ricerca recente, condotta su tutta la letteratura relativa ai sonnellini indica che il pisolino ottimale va dai 20 ai 90 minuti nel periodo tra l'una e le quarto del pomeriggio".
In ogni caso, che abbiate bambini o meno, cercate di mantenere una routine di sonno il più regolare possibile, evitate di assumere caffeina al pomeriggio e tenete lo smartphone rigorosamente fuori dalla camera da letto.
"Per chi soffre di ansia o di stress, conclude la Halson, possono essere utili anche l'app di rilassamento. Si possono provare anche gli alimenti ricchi di triptofano, come il latte: ci sarebbero prove (per il momento un po' conflittuali) che questo amminoacido aiuta a prendere sonno".
Un altro consiglio è non andare a letto dopo aver mangiato molto o dopo aver bevuto mezzo litro d'acqua, perché dopo un po' inevitabilmente ci si sveglierà per urinare.
3. NON SMETTERE DI FARE MOVIMENTO
Che cosa?
Non si può sfuggire: per vivere più a lungo bisogna fare movimento.
Uno studio del 2019 pubblicato sul British Medical Journal mostra che venticinque minuti al giorno di esercizio moderato, per esempio camminare rapidamente, aumenta le possibilità di sopravvivenza: i gruppi più sedentari hanno una probabilità di morte prematura del 60% più alta dei gruppi attivi.
E non sono buone notizie se si considera che, secondo una ricerca del 2015, i cittadini britannici passano seduti una media di 8,9 ore al giorno.
Un altro studio effettuato nello stesso anno, apparso sul British Journal Of Sports Medicine, dimostra che il rischio di morte prematura aumenta del 5% per ogni ora di movimento in meno.
Perché?
C'è chi pensa: "Sono rimasto incatenato a una scrivania per dieci anni, ma ora ne ho comprata una che mi fa stare in piedi. Così sarà tutto a posto". Ecco, non è proprio così.
"Esistono effettivamente prove che stare in piedi anziché seduti abbia effetti positivi sulla salute metabolica - dice Richard Pulsford, docente di attività fisica e salute pubblica presso l'Università di Exeter - in particolare per la gestione degli zuccheri nel sangue, un fattore di rischio non trascurabile per diabete e malattie ematiche. Ma si tratta di benefici che tendono a notarsi solo in chi non vive una vita attiva o non gode di una salute ottimale".
Inoltre, sebbene ci siano prove che lavorare in piedi prevenga i dolori alla schiena, rimanere troppo a lungo ingobbiti sopra una scrivania può avere l'effetto contrario.
"Non si può sfuggire - conclude Pulsford - bisogna semplicemente muoversi di più".
"L'attività fisica è un elemento davvero irrinunciabile se si vuole invecchiare in salute. L'invecchiamento influisce sui processi metabolici e sulla salute cardiovascolare: tutto quello che possiamo fare per sostenere queste funzioni, dal mantenerci in forma al muoverci almeno un po', è d'aiuto".
Come?
Non è necessario correre la maratona. Ballare, nuotare, fare giardinaggio... Qualunque attività che ci tenga in movimento, non importa quanto piccola, contrasta gli effetti della sedentarietà prolungata.
"Anche solo spezzare la giornata con una camminata - dice Pulsford - è meglio che rimanere in piedi. Uno studio recente ha scoperto che le passeggiate lente a intermittenza, anche solo per due minuti ogni venti, riducono la richiesta di insulina e aumenta la captazione del glucosio, entrambi cambiamenti metabolici benefici per salute.
Stare in piedi a intermittenza, invece, non sembra sortire i medesimi effetti. L'esercizio frequente aiuta a spostare il glucosio dal sangue ai muscoli e ad altri tessuti, dove può venir immagazzinato. Più ne abbiamo nei muscoli, meglio è".
4. USCIRE DI CASA E STARE NELLA NATURA
Che cosa?
Se sei felice e lo sai batti le mani... e non smettere di farlo, dato che uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings Of The National Academy Of Sciences ha scoperto che un elevato livello di ottimismo è collegato a una maggiore lunghezza della vita: chi si mantiene di buon umore ha più probabilità di superare gli 85 anni in buona salute. E questa è la buona notizia.
La cattiva è che, secondo uno studio realizzato nel 2010 dall'organizzazione no-profit Relate, gli individui tra i 35 e i 44 anni sono più depressi di qualunque altra fascia di età.
Sia uomini che donne hanno indicato le lunghe ore di lavoro, le discussioni in famiglia e le faccende domestiche come le principali cause dei loro problemi. Ma c'è una soluzione: uscire di casa.
Perché?
"In base a dati raccolti su quasi ventimila cittadini inglesi, abbiamo stabilito che chi passa più di due ore a settimana nella natura mostra livelli di salute e benessere superiori a chi non esce mai" spiega Mathew White, psicologo ambientale dell'Università di Exeter.
I benefici sono numerosi e, dice White, includono sei meccanismi fondamentali: "Riduzione dell'esposizione all'inquinamento ambientale grazie alla migliore qualità dell'aria tipica dei luoghi con molti alberi; esposizione a un microbiota 'salutare' per il nostro sistema immunitario e per il buon funzionamento del nostro intestino; stimolazione dei 'comportamenti costruttivi' come il movimento fisico, ottimo per la salute; aumento della coesione sociale e dei rapporti umani, perché la natura sembra aiutare a interagire positivamente con gli altri; un contesto meno stressante di quello in cui viviamo quotidianamente, che ci dà modo di raccogliere i pensieri e ricaricare le funzioni cognitive ed emotive esaurite; e infine lo sviluppo dell'attaccamento a un luogo', sensazione molto importate oggi per chi sta cercando di orientarsi nella vita e trovare un proprio posto nel mondo".
Come?
Per ricevere i benefici della natura non serve accamparsi su un'isola deserta. Secondo White, la presenza di acqua - il mare, un fiume, un lago - dà i benefici maggiori, in quanto offre il meglio di due mondi: lo spazio verde e lo spazio azzurro.
"Dalle nostre ricerche - ha detto - sono emersi anche i benefici dell'avere piante in casa e persino effettuare esperienze virtuali in video. Alcuni studi hanno poi evidenziato l'utilità dei parchi cittadini, soprattutto per chi vive nelle comunità più in difficoltà e non avrebbe il tempo o i mezzi economici per raggiungere aree naturali più remote".
5. RIMANERE CONNESSI
Che cosa?
La solitudine non è una cosa divertente. Ma a quanto pare la longevità lo è: uno studio del 2010, che ha analizzato dati provenienti da tutto il XX secolo, ha infatti dimostrato che avere un solido supporto sociale aumenta anche del 50% le probabilità di sopravvivenza.
Una ricerca più recente della Commissione sulla Solitudine, che fa parte della fondazione Joe Cox, a scoperto che sono in particolare gli uomini a raggiungere un "picco di solitudine" attorno ai 35 anni.
Ciò può essere imputato a vari fattori tra cui disoccupazione, divorzi, lutti e l'essere costretti ad allontanarsi da famiglia e amici: tutte le circostanze ben lontane da quelle ideali, come ha dimostrato un fondamentale studio pubblicato sulla rivista Science secondo il quale la mancanza di buone connessioni sociali fa più male alla salute dell'obesità, del fumo e della pressione alta.
Perché?
Le ricerche hanno evidenziato correlazioni tra la solitudine e un gran numero di problemi sia fisici sia psichici, tra cui pressione alta, obesità, problemi cardiaci, depressione, sindrome di Alzheimer e anche morte.
I meccanismi fisiologici, psicologici e biologici che entrano in gioco sono svariati, ma riconducibili tutti all'idea che la solitudine alteri la tendenza delle cellule del sistema immunitario a generare infiammazione di lunga durata, che a loro volta aumentano il rischio di malattie croniche.
È un'idea che ha senso: gli esseri umani sono creature sociali, e uno studio apparso nel 2017 sull'American Journal of Lifestyle Medicine lo spiega in termini molto chiari: "Le connessioni sociali sono il pilastro su cui si fonda la medicina del benessere".
Sempre lo stesso articolo spiega che "tanto dalle teorie fisiologiche quanto dalle ricerche più recenti sono emerse prove significative che il sostegno sociale e il sentirsi connessi con gli altri possono aiutare a mantenere un indice di massa corporea salutare, a controllare i livelli di zucchero nel sangue, ad aumentare le probabilità di sopravvivenza al cancro, a diminuire la mortalità legata a cause cardiovascolari, a ridurre i sintomi di depressione, a mitigare lo stress post traumatico e a migliorare la salute mentale in generale".
Come?
Esistono ovviamente molti modi per connettersi con gli altri, ma per gli autori dello studio in questione "si può dare per scontato che frequentare famiglia e amici con cui si hanno buoni rapporti è consigliato su base giornaliera o perlomeno settimanale, che si tratti di un incontro reale o anche solo di una telefonata o una videochiamata a su Skype".
Lo studio sottolinea che anche la sensazione di appartenere a un gruppo è assai benefica: un buon punto di partenza sarebbe partecipare ad attività di gruppo una volta alla settimana o perlomeno una volta al mese.