Di chi sono le fauci più potenti al mondo? Rispondere non è facile, ma c’è uno scienziato che (a suo rischio e pericolo) ne misura la forza.
Se c’è una cosa che a noi umani piace da impazzire sono i record, le esagerazioni, le azioni estreme: andare oltre i limiti ci piace tanto che abbiamo addirittura un libro dedicato, il Guinness dei primati.
Gregory Erickson, paleontologo alla Florida State University, di record e di Guinness se ne intende: il suo soggetto di studio preferito è finito più volte su quelle pagine, e proprio grazie al suo lavoro.
Erickson, infatti, si occupa di morsi, e da anni va in cerca di quelli più potenti del regno animale.
1. NESSUNO COME IL COCCODRILLO
Dopo indagini e misurazioni sul campo, è giunto a una conclusione sulla quale è irremovibile: in natura, nessuno morde con più forza di un coccodrillo. La situazione, ovviamente, è più complicata di così.
Ma coccodrilli e alligatori sono un buon punto di partenza per li nostro discorso, perché come ci spiega Erickson: «Sono un empirista, non credo granché alle stime ottenute tramite modelli. La potenza del morso di un animale preferisco misurarla direttamente».
Inoltre, i coccodrilli sono un soggetto che si presta bene alle misure dirette, a differenza per esempio degli squali.
E dato che questi rettili fanno delle fauci la loro arma principale, dalla quale dipende direttamente la loro sopravvivenza, sono anche un ottimo modello per spiegare come funzioni un "megamorso", e che cosa serva a un animale per ottenere questo superpotere.
Innanzitutto, bisogna chiarire come quantificare questa capacità (mordere). Il morso di un animale si può misurare in Newton per metro quadrato (cioè pascal, Pa), che è l'unità di misura della pressione nel Sistema Internazionale.
Ma dato che nella maggior parte dei casi gli studi arrivano da Paesi anglofoni, le misure sono espresse in psi (pound per square inch), cioè libbre per pollice quadrato.
Esprimere le intensità dei morsi come pressioni ha senso perché lo stesso morso (ovvero la stessa potenza sprigionata d a i muscoli) può avere valori misurati molto diversi a seconda dell'area sulla quale viene applicato.
2. LA FORZA STA NEL DENTE
E qui arriviamo al primo elemento per definire un megamorso: i denti. «La misura della potenza di un morso dipende prima di tutto dalla forma del dente, perché la forza espressa si concentratutta sulla punta», sottolinea Erickson.
Un dente appuntito, quindi, deve essere in grado di sopportare una pressione maggiore rispetto a uno piatto: «I denti creano delle limitazioni fisiche al morso legate al materiale di cui sono fatti. Lo smalto che li ricopre è una sostanza ceramica molto dura ma anche fragile, e soprattutto non è riparabile: è il primo dei fattori limitanti di un megamorso».
Accade anche a noi: avete mai provato a masticare una caramella particolarmente dura? In teoria la mascella umana potrebbe sviluppare abbastanza forza da romperla, ma la sua potenza viene limitata dai nervi, in particolare dal trigemino, che indica al cervello qual è il limite da non superare per non farsi male.
Lo stesso vale per gli animali: la potenza del loro morso è determinata da quanto possano sforzare iloro denti senza romperli. Perché, per esempio, una leonessa con i denti rotti probabilmente morirebbe in poco tempo.
Il problema dei denti è meno pressante in animali come gli squali e (guarda caso) i coccodrilli, che sono polifiodonti: significa che i loro denti crescono in continuazione per tutta la vita. Quindi questi animali possono permettersi di mordere più forte, perché quando uno degli elementi del loro "sorriso" viene danneggiato, sanno che verrà presto sostituito.
«I mammiferi non hanno questo lusso: non è un caso che i loro morsi misurati non siano tra i più forti», precisa Erickson. Di che numeri stiamo parlando? Come già accennato, il record assoluto di potenza appartiene al coccodrillo marino: nel 2012, Erickson ha personalmente misurato un morso da 3.700 psi (in pratica. circa 260 kg-forza per centimetro quadrato).
Un record ancora imbattuto, che va ad aggiornare quello precedente dell'alligatore del Mississippi (2.980 psi) e che, in teoria, potrebbe essere minacciato solo dal morso del grande squalo bianco, che secondo alcuni modelli raggiungerebbe o addirittura supererebbe i 4.000 psi.
I morsi si valutano quantitativamente con le unità di misura della pressione,che è una forza divisa per la superficie sulla quale la forza è applicata.
Nel Sistema Internazionale, come detto, le pressioni si misurano in pascal, cioè newton per metro quadrato(N/m2), ma nei Paesi anglofoni in psi(pound per square inch, cioè libbre per pollice quadrato). Valgono le equivalenze: 1 psi= 6.894,76N/m2= 0,689476N/cm2.
In pratica, per un morso di 1 psi, significa che l'animale esercita una pressione di circa 70 grammi-forza per ogni centimetro quadrato, 1.000 psi sono 70 kg-forza/cm2.
3. MACCHINA PERFETTA
Il condizionale però è d'obbligo, almeno stando a Erickson: «Tutte le volte che leggo una stima del genere mi viene da sbuffare, perché finché non vedo non ci credo».
La sua non è solo una questione di principio, ovviamente: per capire come funziona un megamorso bisogna anche considerare le ossa e i muscoli, e soprattutto il fatto che questi ultimi non sono sempre attivi al 100% per tutta la durata di un morso.
Come si fa per generare l'urto di un morso potente, che di solito serve per perforare superfici dure come le ossa o una pelle particolarmente spessa?
«Serve una serie di stabilizzatori, a livello muscolare e scheletrico. Muscoli e cartilagini devono essere potenti per mantenere al loro posto le articolazioni, che sono sottoposte a uno stress notevole. Per un animale che usa il morso come strumento per procurarsi il cibo, una mascella slogata significa morte certa».
La muscolatura delle fauci dei coccodrilli è appunto molto potente, e ci sono animali come le iene che hanno addirittura i muscoli mascellari ipertrofici, più grandi della media: il loro cranio ha la forma adatta per fare spazio a queste strutture massicce, che aiutano a dare potenza al morso ma anche a proteggersi.
Le iene riescono a raggiungere i 1.100 psi proprio grazie a questo adattamento: è un valore non paragonabile a quelli raggiunti dai coccodrilli, ma impressionante se si pensa alle loro dimensioni e lo si confronta per esempio con quello del morso di un orso polare (1.200 psi, per un animale che però pesa dieci volte tanto).
4. CALCOLI COMPLICATI
Un megamorso, insomma, è un'azione complessa, che coinvolge un gran numero di parti in movimento del cranio e del collo, che tra l'altro non sempre si limitano a muoversi dal basso verso l'alto.
«Pensiamo ai ruminanti», continua Erickson, «la loro mandibola quando mangiano descrive una forma a 8: la forza del loro morso è distribuita su un'area più ampia, mentre per esempio una iena la concentra quasi tutta nel movimento verticale».
Cosa significa tutto questo? «Che i modelli al computer hanno un problema: partono dal presupposto che durante un morso tutti i muscoli del cranio siano costantemente attivi al 100% della loro potenza».
Non è così: ci sono muscoli che si attivano solo durante la fase iniziale del morso, altri che entrano in gioco più tardi, altri ancora che sono sempre attivi ma a bassa intensità. Un modello informatico, insomma, tende per sua natura a sovrastimare la potenza di un morso, e a restituire numeri che sono quasi sicuramente più alti di quanto siano nella realtà.
Il caso degli squali è particolarmente frustrante per chi, come Erickson, vorrebbe ottenere misure dirette: «Non è facile convincerli a mordere qualcosa come vogliamo noi. C'è chi ha provato a misurare la potenza del loro morso attaccando uno strumento di misura a un pezzo di legno lasciato penzolare qualche centimetro sopra l'acqua: l'idea è che lo squalo salterà fuori dall'acqua e lo morderà, fornendoci la risposta che cerchiamo. Ma la misura così ottenuta non sarebbe dovuta solo alla potenza del morso, ma anche al peso dell'animale che per arrivare lì ha dovuto prendere una bella rincorsa».
I coccodrilli, invece, si possono immobilizzare e si riesce così a ottenere una misura corretta in maniera relativamente semplice. «In più, noi usiamo uno strumento particolarmente sofisticato: la maggior parte dei misuratori hanno un singolo sensore al centro, per cui un morso dato nel punto sbagliato viene misurato erroneamente. Il nostro strumento ha invece sensori multipli, per cui non importa dove e come il coccodrillo lo morda: la misura che otteniamo è corretta».
Abbiamo però un numero enorme di misure dirette su coccodrilli e alligatori, e molte meno su altri animali. «Per esempio, che io sappia nessuno si è mai messo seriamente a misurare la forza del morso degli erbivori, anche se le stime di quello di un ippopotamo parlano di 1.800 psi. Pure per i grandi felini ci si basa di solito su stime e previsioni», continua Erickson.
«Quando leggerete che una tigre del Bengala può superare i 1.000 psi mentre un leone difficilmente supera i 600, tenete sempre conto che nessuno, per ora, ha preso queste misure direttamente».
5. PICCOLO MA CATTIVO
Abbiamo parlato finora di animali molto grossi, ma come stanno el cose in quelli piccoli? «Innanzitutto, la forza di un morso è una misura assoluta, per cui più un animale è grande più il suo morso sarà potente», sottolinea Erickson.
«Ecco perché c'è chi preferisce usare il BFQ (bite force quotient), cioè la potenza del morso parametrata alle dimensioni corporee».
Secondo queste misure, per esempio, il mammifero carnivoro dal morso più potente sarebbe il diavolo della Tasmania (foto sotto), non il giaguaro e nemmeno la iena.
Erickson, però, non è troppo d'accordo neanche con questo approccio: «Il problema è che la forza di un morso non aumenta in proporzione alle dimensioni». Gli insetti della famiglia Gryllacrididae, per esempio, che come suggerisce il nome sono parenti dei grilli, hanno il morso più potente mai misurato in un insetto.
«Se però noi ingrandissimo questi insetti fino alle dimensioni di un elefante, il loro morso non crescerebbe in proporzione; anzi, probabilmente l'animale non si reggerebbe neanche in piedi». Lo stesso vale per un erbivoro come il castoro, il cui morso può raggiungere i 180 psi ma non aumenterebbe troppo se l'animale fosse più grande.
«Questo perché il corpo cresce in tre dimensioni, mentre i muscoli possono farlo solo lungo due assi, per cui non possono adeguarsi alla crescita. Un castoro di tre metri collasserebbe sotto il suo stesso peso», fa notare lo studioso.
Mega morditori, insomma, si nasce, non si diventa, ed essere grandi aiuta ad avere un morso più potente. Ouanto potente di preciso dipende... dalla volontà dell'animale di farsi misurare, e dall'ingegno umano nell'inventare metodi efficaci e sicuri.
«Come già detto, per ora non sono riuscito a trovare un modo per misurare davvero il morso di un grande squalo bianco», conclude Erickson, «per cui il record appartiene ancora al coccodrillo marino. Se però riesco a inventarmi qualcosa, ci risentiremo per aggiornarci».
Nella foto sotto, i denti dell'orca sono lunghi circa 10 cm. Come tutti i mammiferi, per potersene servire al meglio deve fare attenzione a non rompere lo smalto.