Il pesante ronzio e la caratteristica colorazione mettono spesso in allarme chi lo incontra.
Il calabrone è infatti il “re” della famiglia delle vespe, e uno dei più grandi insetti sociali in Europa. È noto a tutti per la sua puntura, indubbiamente dolorosa.
Predatore potente e versatile, il calabrone è il più grande dei vespidi europei. Molto temuto per la sua puntura, non è però così aggressivo.
Carta d’identità
Nome comune: calabrone
Nome scientifico: Vespa crabro
Dimensioni: fino a 3 cm di lunghezza
Dove vive: Europa e Asia Occidentale, introdotto in alcune località di Nord e Centro America. In Italia è comune ovunque
Segni particolari: grande vespa con il tipico addome giallo e nero, ma le zampe e il torace sono rosso mattone
Habitat: campi e foreste a bassa quota; più raro in montagna
Cosa mangia: onnivoro, cattura insetti ma apprezza anche le sostanze zuccherine e la frutta
1. RICONOSCERLO “AL VOLO”
Capita spesso che si attribuisca il nome “calabrone” a qualunque insetto volante di grossa taglia, che ricordi un’ape o una vespa.
In realtà questo nome identifica una specie precisa, Vespa crabro, una grande vespa capace di formare colonie di decine di unità.
Il capo giallo vivo, armato di potenti mandibole, le zampe e il torace con una caratteristica tinta rosso mattone, sono due elementi distintivi che consentono di riconoscerlo subito, assieme al volo non troppo rapido, con spostamenti laterali, soprattutto quando l’insetto rallenta o si prepara ad atterrare.
I bombi, con la loro pelliccetta che li protegge nei climi più rigidi, non sono calabroni, così come le altre grandi vespe descritte più avanti.
Attivi dall’inizio della primavera fino all’autunno inoltrato, i calabroni sono adattabili e si possono incontrare dappertutto: dagli spazi agricoli del fondovalle fino alle praterie di montagna, passando anche per i parchi urbani.
Amano il caldo e sono a loro agio nella macchia mediterranea, ma tendono a evitare i luoghi più umidi e freschi.
Il suo nido si trova in cavità naturali come vecchi alberi cavi o artificiali come soffitte, solai, muri di vecchi edifici, granai e ripari per la legna. Occasionalmente, il nido può essere trovato in cavità sotterranee.
Le sue cellule sono di forma esagonale e si dispongono in più favi discoidali sovrapposti. Un involucro a forma sferoidale, fatto del medesimo materiale delle cellule, racchiude i favi.
L'ingresso del nido si trova nella parte inferiore dell'involucro, e man mano che vengono aggiunti nuovi favi, l'involucro viene allargato.
Alla fine del ciclo, il nido può raggiungere dimensioni che arrivano fino a 60 cm di altezza e 30 cm di diametro.
2. UN CACCIATORE VERSATILE
Proprio come le più piccole vespe, loro strette parenti, i calabroni mangiano un po’ di tutto, ma rimangono comunque dei predatori.
Il pungiglione è soprattutto un’arma difensiva; sono le mandibole a fare il grosso del lavoro.
Questi cacciatori catturano mosche, api, piccole farfalle, bruchi e altri insetti di piccola taglia, soprattutto quando questi si alimentano sulle piante.
Di solito i calabroni attaccano in volo, avvicinandosi alle spalle della vittima posata per poi chiudere le distanze. Sotto i loro assalti cadono non poche api, e infatti gli apicoltori non li vedono di buon occhio.
Il pungiglione degli insetti impollinatori ha difficoltà a perforare l’armatura di chitina del calabrone: prima che l’ape riesca a colpire un punto vitale del predatore, le sue mandibole l’hanno già ferita a morte.
I calabroni non hanno la destrezza di altri insetti, come le libellule, nell’intercettare bersagli in volo, se non in casi fortunati. Sono ottimi predatori generalisti, potenti e versatili, ma non grandi aviatori.
Scendono spesso sul terreno, se hanno individuato qualcosa di interessante, compresi gli insetti morti. Possono anche avvicinarsi in volo alle tele dei ragni per rubare loro la preda. In assenza di insetti, la loro passione è lo zucchero.
Apprezzano moltissimo la frutta, soprattutto quella morbida come fichi, pesche e albicocche. Per fortuna, però, non hanno l’abitudine di girare attorno ai nostri tavoli imbanditi all’aperto, come invece fanno le vespe, per trafugare pezzetti di prosciutto o di dolce.
A fine stagione, se non trovano altro, possono farlo, ma i calabroni sono più cacciatori che spazzini: in fondo si tratta di guerrieri, che non hanno tempo da perdere con i nostri panini.
3. UN REGNO DA COSTRUIRE
I grandi nidi dei calabroni sono piuttosto riconoscibili: una struttura sferica irregolare e allungata, fatta di legno masticato da parte delle operaie, con un diametro che può raggiungere i 50 centimetri.
A questi insetti piace tenere un basso profilo: spesso il nido è nascosto in luoghi appartati e sollevati da terra, come alberi cavi, formazioni rocciose, ma anche nei ruderi e nelle soffitte.
Dopo la fecondazione, che avviene in autunno, è la regina, poco più grande di una operaia, a costruire un primo, piccolo nido.
All’inizio della primavera, infatti, dopo aver passato l’inverno in un nascondiglio, depone le sue uova, che in pochi giorni danno vita alle larve, che crescono in apposite cellette.
Con la nascita delle prime operaie, che aiutano la regina, la colonia può crescere più rapidamente. La sovrana può quindi dedicarsi alla produzione delle uova, mentre le sue figlie sono responsabili della raccolta di cibo, la cura del nido e delle larve, la difesa della colonia.
Alla fine dell’estate il nido può ospitare diverse centinaia di individui, che alimentano un continuo traffico di insetti attorno alla colonia.
Può capitare di ritrovarsi un nido in soffitta: un bel problema, perché i calabroni possono essere aggressivi e pungere chi entra nella stanza o si avvicina troppo.
Tentare di rimuovere il nido da soli, per esempio affumicandolo e staccandolo per buttarlo in un sacco, può essere molto pericoloso.
Se la colonia è già avviata è meglio sentire uno specialista in disinfestazioni, che saprà rimuovere il nido in modo sicuro.
4. PUNTURA DOLOROSA E UN MODELLO DA IMITARE
Più che come predatore, il calabrone è conosciuto, e anche molto temuto, per la sua puntura.
Il pungiglione di Vespa crabro, non seghettato, quindi diverso da quello delle api e adatto a essere usato molte volte, inietta un veleno che provoca dolore intenso, gonfiore e arrossamento, seguito da prurito.
Di solito passa tutto in poche ore, ma alcuni soggetti hanno una sensibilità elevata e il gonfiore può persistere per giorni. Si può applicare una borsa del ghiaccio sulla zona interessata per alleviare la sofferenza, applicando di seguito una pomata antistaminica che si prende in farmacia.
In rari casi, però, la puntura può causare una reazione allergica, che produce sintomi più gravi come difficoltà respiratorie, nausea, aumento del battito cardiaco, malessere diffuso.
Se si sviluppano questi sintomi, è importante cercare immediatamente assistenza medica per un trattamento su misura con appositi farmaci antistaminici, che contrastano l’effetto del veleno.
Evitare di essere punti è sempre l’approccio migliore, e fortunatamente nel caso dei calabroni è piuttosto semplice.
Questi insetti non sono aggressivi, non volano attorno alle persone attratti dal cibo, come fanno spesso le vespe, quindi i rischi sono contenuti.
Se un calabrone si avvicina in volo è sufficiente stare fermi; capirà che per lui non c’è niente di interessante e andrà via subito. Agitare le braccia è invece una pessima idea: in caso di impatto l’insetto potrebbe pungere subito.
Attenzioni ai nidi: le operaie possono diventare sospettose se si arriva a pochi metri dall’alveare. Meglio stare sempre alla larga, ad almeno una decina di metri.
In caso di puntura nei pressi di una colonia è importante allontanarsi subito, perché altri calabroni potrebbero arrivare, richiamati dal primo che ha punto, grazie ad appositi segnali chimici.
I colori vivaci del calabrone lo mettono subito in mostra, lanciando un preciso segnale di allarme. La speranza è che un predatore che abbia già avuto esperienze negative con questa vespa gigante (o anche solo per istinto) riconosca la livrea della preda armata di pungiglione, evitandola.
Non tutto, però, funziona in modo così lineare... Non è necessario essere realmente velenosi o disgustosi per disporre di una livrea vistosa: alcuni insetti volanti, come la mosca Milesia crabroniformis e la falena Sesia apiformis imitano il calabrone, pur non essendo velenose.
Osservando le immagini si nota che non si tratta di riproduzioni raffinate, ma la loro somiglianza è sufficiente a tenere sulle spine chi attacca: basta un attimo di esitazione per mettersi in salvo.
Quasi tutte le specie dotate di un veleno, nel nostro caso calabroni, vespe, api e bombi citati nell’articolo, “si imitano” tra loro, adottando schemi di colorazione facilmente riconoscibili, come il giallo-nero, che hanno lo scopo di “parlare” un linguaggio comune, comprensibile anche dai potenziali nemici.
Così il messaggio viene rafforzato, con evidente vantaggio sia per le prede sia per i predatori.
5. GLI ALTRI “CALABRONI”
Non passa estate senza che si leggano notizie allarmanti su nuove specie di calabroni arrivate in Italia.
Per ora nessuna conferma alla notizia della presenza di Vespa mandarinia (foto sotto), il grande calabrone asiatico di 5 centimetri di lunghezza, mai risultata vera.
Spesso viene confuse con lei Megascolia maculata (foto sotto), una vespa solitaria, non aggressiva e neppure pericolosa, che in Italia è presente da sempre.
In Piemonte e Liguria Occidentale è invece arrivata dall’oriente Vespa velutina (foto sotto), che cattura molte specie di insetti impollinatori tra cui le api, per le quali ha una particolare predilezione. Nelle zone colpite si registrano danni gravi all’apicoltura, già indebolita da pesticidi e malattie.
Ogni tanto sui giornali finisce anche Vespa orientalis, che non è niente di più di un calabrone del Sud Europa che, favorito dal clima sempre più caldo, sta risalendo verso Nord. Non è più pericoloso e aggressivo di Vespa crabro.
Nessun allarme anche per Xylocopa violacea (foto sotto), chiamato erroneamente calabrone nero, che è in realtà una grande ape solitaria, che si nutre di polline.