Com’è che il micio di casa, da selvatico e diffidente com’era il suo antenato, nel corso del tempo è diventato mite e mansueto.
Se volessimo riassumere in poche parole la differenza tra un gatto domestico e un gatto selvatico potremmo dire quanto segue:
– il primo mostra un certo grado di familiarità con l’uomo, perché vive nei suoi dintorni oppure condividendo proprio la sua casa;
– il secondo è rappresentato da ben cinque sottospecie diverse (il gatto selvatico europeo, l’africano, il sudafricano, l’asiatico e del deserto cinese) ma tutte hanno in comune la caratteristica di vivere in zone disabitate, per lo più boschive o desertiche, essere estremamente elusive, difficilissime da vedere e inavvicinabili.
Quello che lega i gatti domestici a tutti gli altri è che, migliaia di generazioni fa, tutti i gatti erano selvatici!
1. PARTIAMO DAL PRINCIPIO
Quando si parla di domesticazione ci si riferisce a quell’insieme di accadimenti e di trasformazioni che hanno permesso ai gatti, inizialmente selvatici e diffidenti, di avvicinarsi all’uomo e diventare miti e mansueti.
Oggi il gatto è definito domestico non perché, come alcuni credono, sia fatto per vivere in casa ma perché, rispetto ai suoi avi, ha subìto una serie di trasformazioni – nel corpo e nella mente – che lo hanno portato a sviluppare un certo grado di tolleranza (e, in molti casi, persino fiducia) nella specie umana, a patto che la convivenza inizi sin dall’infanzia.
Ripercorrere le tappe di questo percorso è un viaggio affascinante, perché ci permette di capire tanti aspetti del comportamento e delle abitudini dei nostri amici felini e, persino, di svelare il mistero nascosto dietro alcuni dei loro atteggiamenti più bizzarri.
In principio esistevano solo i gatti selvatici, animali estremamente elusivi, che vivevano solitari di caccia e di difesa del territorio.
Ma 10mila anni fa, all’incirca, l’uomo ha iniziato a modificare l’ambiente in cui viveva: da cacciatore-raccoglitore, che vagava in alcune aree del Medio Oriente (l’antica Mesopotamia) alla ricerca di cibo, si è trasformato in agricoltore, imparando a seminare, a piantare e a raccogliere ciò che la terra gli offriva, ma anche a costruire silos e granai per conservare quanto prodotto.
E queste nuove costruzioni hanno attirato topi, ratti e altri piccoli animali che hanno iniziato a costruire le loro tane proprio in prossimità di tutta questa abbondanza di cibo “gratuito”.
Ma, a sua volta, la gran concentrazione di roditori ha inevitabilmente fatto avvicinare ai granai i loro predatori principali, i gatti selvatici africani, i quali hanno intravisto l’opportunità di cacciare le loro prede con estrema facilità, visto il gran numero.
2. CONVENIENZA RECIPROCA
Nei millenni successivi, uomini e gatti hanno semplicemente iniziato a convivere per una forma di mutua convenienza: gli esseri umani tolleravano la presenza dei gatti perché tenevano lontani i roditori che rubavano le scorte di cibo; e i gatti imparavano a conoscere gli esseri umani, il che consentiva loro di frequentare con serenità granai e silos così abbondanti di prede.
Generazione dopo generazione, i gatti sono diventati via via più amichevoli e questo ha portato poi gli esseri umani ad accoglierli dentro casa e permettere loro di dormire al riparo. In cambio, dovevano fare ciò che avevano sempre fatto e sapevano fare al meglio: tenere a bada le popolazioni di roditori.
Questa alleanza è stata talmente efficace da trasformarsi in vera e propria idolatria con gli Egizi, i quali per 3mila anni hanno venerato i gatti come autentiche divinità.
A migliaia venivano sacrificati in riti religiosi, ed è il motivo per cui, se entrate in un qualunque museo egizio, è molto probabile che troviate esposta qualche mummia felina.
Con l’Impero romano, i gatti iniziarono a viaggiare. Mentre gli Egizi, infatti, erano assai gelosi delle loro creature sacre e non permettevano che uscissero al di fuori dei confini, le cose cambiarono con l’espansione romana e l’esplosione dei commerci dall’Africa del Nord a tutta l’Europa continentale: i gatti diventarono spesso parte dell’equipaggio di navi mercantili dirette a Nord come ad Oriente, sempre per la loro abilità di cacciatori e di “salvatori” di merci.
E la loro diffusione raggiunse, in pochi secoli, tutto il globo terrestre.
3. AMATI E ODIATI
Il Medioevo, però, portò scompiglio e un po’ di problemi ai nostri amici felini.
Dipinti spesso come animali del diavolo o alleati di streghe e altre creature maligne, attorno al 1200 i gatti subirono una vera e proprio repressione: malvisti, scacciati, persino uccisi a migliaia.
Bisognerà aspettare il Trecento per una loro rivalutazione: dal 1347 al 1353, infatti, la popolazione europea fu decimata da una terribile pestilenza dovuta a un batterio portato dal ratto.
Il gatto, come predatore più capace, venne riabilitato per le sue abilità – ancora una volta – di cacciatore, ma anche per la sua capacità innata di mantenersi pulito e praticamente inodore.
Da questo momento in poi nessuno metterà più in discussione l’aiuto che questi animali sono in grado di offrire all’uomo per proteggere i raccolti e persino la sua stessa salute.
Il crescente favore che gli esseri umani riconoscevano al gatto culminò nel 1850 con la nascita ufficiale delle prime razze feline, una vera e propria invenzione umana: gatti che condividono un insieme di caratteristiche fisiche vengono accoppiati ripetutamente fino a rendere stabili queste caratteristiche ed etichettarle, ovvero renderle riconoscibili, attribuendo loro un nome di razza.
4. SELEZIONE (IN)NATURALE
Riassumendo, quindi, sin dal Neolitico il gatto domestico (a eccezione della popolazione dei gatti di razza) ha vissuto prevalentemente libero e si è riprodotto seguendo le leggi della selezione naturale.
Questo è il motivo per cui, malgrado sia passato tanto tempo, non è molto dissimile – né in aspetto, né in comportamento, né geneticamente – dal suo antenato selvatico, che esiste ancora!
All’inizio della nostra storia, infatti, abbiamo detto che alcuni gatti si sono avvicinati ai villaggi umani per poi cambiare e diventare più miti, ma molti altri non lo hanno fatto e i loro discendenti hanno continuato a evolversi, generazione dopo generazione, come gatti selvatici a tutti gli effetti, ovvero elusivi, diffidenti e solitari.
Oggi la popolazione dei gatti selvatici (in Italia è presente quella dei gatti selvatici europei, spesso confusi con il comune soriano tigrato per via del loro mantello) è ben separata da quella dei domestici e vive in zone boschive e inaccessibili.
I domestici, invece, coi loro tanti colori del pelo, tendono a gravitare attorno all’essere umano, a volte come serafici e affettuosi gatti di casa, a volte come animali diffidenti che, però, approfittano comunque di avanzi o di altre opportunità offerte, anche inconsapevolmente, dall’essere umano.
I gatti domestici, inoltre, stanno oggi affrontando una nuova rivoluzione, che è quella indotta dall’invasione delle monocolture nelle campagne, dalla sempre più massiccia mancanza di spazi verdi nelle aree urbane e dalla tendenza dell’uomo a controllarne sistematicamente la riproduzione.
Il futuro del gatto non è mai stato così incerto perché, per quanto sia amato e accudito, ha sempre meno modo di evolversi seguendo la selezione naturale e, contrariamente a quanto è avvenuto fino ad ora, si avvia a diventare un animale totalmente manipolato dall’uomo.
5. TANTE RAZZE, TANTI LOOK!
I gatti sono animali meravigliosi e affascinanti, e una delle cose che li rende così speciali è la loro straordinaria diversità di razze.
Dalle dimensioni e dalla struttura del corpo al manto e al temperamento, ogni razza di gatto offre una combinazione unica di caratteristiche che la rende unica e affascinante.
Quel che distingue una razza da un’altra è soprattutto l’aspetto fisico, e gli allevatori si sforzano costantemente di differenziarle cercando di esaltare certe caratteristiche estetiche piuttosto che altre.
Così il look delle razze può passare dal lunghissimo pelo e naso schiacciato del persiano al mantello uniforme di un certosino, dagli occhi blu intenso di un sacro di Birmania alle dimensioni impressionanti di un Maine Coon.
Le razze possono anche mostrare segni comportamentali distintivi (per esempio gli abissini sono abili scalatori, mentre i blu di Russia sono alquanto riservati) ma, spesso, c’è più differenza tra due gatti della stessa razza che non di razze diverse. Insomma, ogni individuo, prima di essere un membro di razza è... se stesso!
La diversità delle razze dei gatti è semplicemente straordinaria. Ogni razza offre un mix unico di aspetto, personalità e caratteristiche che li rende affascinanti e speciali a modo loro.
Che tu sia attratto dalle razze a pelo corto eleganti e facili da gestire, o dalle razze a pelo lungo con i loro mantelli sontuosi e richiedenti cure, c'è sicuramente un gatto che si adatta alle tue preferenze.
La varietà delle razze dei gatti è un vero tesoro da esplorare e apprezzare, arricchendo il nostro mondo con la loro bellezza e individualità.