In tutte le fasi storiche, durante i secoli della presenza umana sulla terra, sono state combattute battaglie che hanno avuto un ruolo fondamentale nel determinare il futuro dell'umanità, come la battaglia di Maratona, la battaglia di Azio, quella di Megiddo, la battaglia di Gaugaméla e, infine, quella svoltasi nella Selva di Teutoburgo.
Non si deve mai sottovalutare il significato delle battaglie più cruciali delle storia perché sarebbe un gravissimo errore, visto che chi ha conquistato la vittoria in esse, in genere, ha vinto anche le guerre. Il perdente, invece, viene sottomesso o addirittura annientato e le sue comunità disperse. Le battaglie, inoltre, determinano la diffusione delle culture, civiltà e dogmi religiosi. A proposito di battaglie, Napoleone Bonaparte diceva che "tra una battaglia vinta e una battaglia persa c'è una immensa distanza ed è in quello spazio che stanno gli imperi".
Oggi metteremo a confronto 5 battaglie importantissime (forse le più importanti) del mondo antico. Il criterio scelto per tale scelta è stato quello di basarsi non tanto sulle sue conseguenze dirette e immediate, quanto sull'influenza da esso esercitata a lungo termine. Vediamole insieme.
Curiosità: Ma qual'è la battaglia più antica finora conosciuta? Recenti scavi archeologici hanno portato alla luce i segni della più antica battaglia finora conosciuta, avvenuta circa anni fa 3.500 a.C., nell’attuale Siria, presso l’antica città mesopotamica di Hamoukar. Sappiamo che la città fu conquistata, ma non il nome del popolo che riuscì a travolgerne le difese.
Mentre la battaglia di Megiddo (sempre in Siria), vinta nel 1479 a. C. dagli Egizi è invece la più antica battaglia registrata, di cui ci siano state tramandate testimonianze dirette: la ricordava, su un rotolo di cuoio poi andato perduto, lo scriba del faraone Thutmosi III, vincitore dello scontro che, tra l’altro, fruttò un ricchissimo bottino che comprendeva oltre 2 mila cavalli.
1. Megiddo (ca. 1479 a.C.)
La battaglia di Megiddo ha una notevole importanza storica, in quanto si tratta del primo conflitto del quale ci siano state tramandate testimonianze dirette. La vittoria conseguita dagli Egizi, in questa battaglia, contro la coalizione formatasi attorno al regno di Kadesh, ristabilì il loro potere sulla odierna Palestina e fruttò larga parte delle ricchezze che sarebbero poi servite per erigere i loro grandiosi templi e monumenti.
Nel 1575 a.C. Ahmose divenne faraone e iniziò subito a operare per ampliare i domini oltre le frontiere nord-orientali. Per più di un secolo Ahmose e i suoi discendenti, allargarono i confini dell'impero fino a far loro comprendere i territori delle odierne Palestina e Siria. Attorno al 1520 a.C. il faraone Tuthmosi II morì lasciando il trono al suo giovane figlio. Data la giovane età di Tuthmosi III, in un primo momento sua madre, Hatscepsut, governò in sua vece in qualità di reggente; poi assunse sempre più apertamente il ruolo di faraone.
Quando ella morì, attorno al 1480 a.C., il re di Kadesh -appoggiato dalle potenti tribù del Mitanni, un rengo che si trovava sulle rive dell'Eufrate- proclamò libere dal dominio egiziano le terre delle odierne Siria e Palestina. Tuthmosi III, ormai adulto, riorganizzò l'esercito (costituito da 20.000-30.000 armati) che era trascurato per tanti anni, guidandolo, nel 1479 a.C., a Gaza e poi in Palestina. L'esercito egiziano valicò indisturbato le montagne e attaccò le forze di Kadesh cogliendolo di sorpresa e costringendole a rifugiarsi tra le mura di Megiddo.
Il faraone ordinò di costruire attorno alla città un vallo d'assedio al duplice scopo di proteggere le sue truppe e prevenire eventuali fughe. Dopo alcuni mesi di assedio la città si arrese. Il re Kadesh riuscì ad evitare la cattura ma gli Egizi fecero prigioniero il suo esercito e si impadronirono di 1000 carri da guerra, di più di 2.000 cavalli e di circa 180 kg di oro e argento. Dopo la caduta di Megiddo, Tuthmosi III continuò l'offensiva abbattendo ogni resistenza ed espandendo i confini dell'impero fin oltre l'Eufrate.
La battaglia di Megiddo è molto importante anche grazie alle testimonianze tramandateci dai cronisti che accompagnavano l'esercito egizio. Gli scritti di questi progenitori dei moderni corrispondenti di guerra sulla marcia delle armate di Tuthmosi e sull'andamento della campagna, sono i primi del loro genere di tutta la storia registrata.
2. Maratona (490 a.C.)
La battaglia combattuta nel 490 a.C. sulla piana di Maratona, pose fine alla grande invasione intrapresa dall'impero persiano e suggellò la supremazia della potenza militare greca. Questa battaglia è importantissima perché segnò l'unificazione delle genti greche che fece della nazione il massimo veicolo di diffusione della nostra civiltà occidentale.
Re Ciro il Grande, era riuscito ad espandere l'impero persiano dal confine orientale con l'India, che correva sulle sponde dell'Indo, fino alle coste del mar di Aral, del Caspio, del mar Nero e del Mediterraneo. Nel 492 a.C. Dario è riuscito a conquistare Tracia e Macedonia, sui confini settentrionali greci, e 2 anni dopo l'Armata persiana, forte di 20.000 soldati appiedati e 1000 cavalieri, sbarcò nella baia di Maratona, una quarantina di chilometri a nord est di Atene.
Atene mise in campo un esercito di 10.000 opliti, cui si aggiunsero 1.000 uomini inviati dalla città di Platea. In una mattina di metà settembre, i Greci si accorsero che la cavalleria persiana era sparita dalla piana. Così il comandante greco Milziade ordinò che i suoi uomini, armati di spade, lance e scudi, avanzassero, colpendo duro sui fianchi persiani e respingendoli indietro finché non riuscirono ad aggirare il centro dello schieramento nemico.
I greci fecero strage tra i Persiani che arretravano e riuscirono anche a catturare 7 navi nemiche che si erano avvicinate per portare in salvo le truppe in rotta. Alla fine della giornata più di 6.000 cadaveri persiani ricoprivano le piana di Maratona. I Greci avevano perso appena 192 uomini. Due piccole città greche era riuscite a sconfiggere il grande impero persiano. Grazie ai resoconti tramandati dal grande storico Erodoto, Maratona divenne presto famosa come la prima, grande decisiva battaglia della storia.
Da ricordare l'aneddoto giunto fino a noi e universalmente accettato relativo alla corsa di 42 km fatta dal soldato che annunciava la vittoria di Atene e che sopravvive nella moderna specialità olimpica che prende, appunto, il nome di Maratona.
3. Arbela - Gaugaméla (331 a.C.)
La vittoria colta da Alessandro Magno ad Arbela nel 331 a.C. segnò la fine dell'impero persiano e aprì ai Greci i grandi orizzonti delle vie orientali, ove essi avrebbero esteso la loro influenza giungendo fino all'India. La battaglia suggellò la supremazia della civiltà e della cultura greca nei secoli a venire.
Alla metà del 4 secolo a.C. Filippo il Macedone aveva creato un potente esercito che prima aveva sconfitto e, poi, riunito gli Stati greci in un nuovo impero che, in breve, divenne la potenza economica e militare dominante dell'Occidente. Solo l'impero persiano, i cui domini si estendevano a est, poteva rivaleggiare con la sua grandezza. Filippo aveva anche iniziato a preparare i piani per la futura conquista della Persia, ma fu assassinato prima che potesse metterli in pratica.
Il figlio di Filippo, Alessandro salì al trono e decise che prima di sconfiggere del tutto i Persiani avrebbe aggiunto altri domini al suo impero. Conquistò, così, l'odierna Israele e l'Egitto, fondando la celebre città di Alessandria. Nel 331 a.C. Alessandro raccolse intorno a sé il suo provetto esercito forte di 40.000 soldati e 7.000 cavalieri e giunse nel villaggio di Gaugaméla, giusto di fronte alle difese di Dario. Nella mattinata del 1 ottobre Alessandro, data la sua inferiorità numerica di circa 1 a 5, attaccando con successo il centro persiano, costrinse Dario alla fuga e la cavalleria greca si gettò all'inseguimento.
Dario scampò ma buona parte del suo esercito rimase sul campo. Le stime sulle perdite persiane vanno dai 40.000 ai 100.000 uomini. I greci ne persero meno di 500. Dario fu assassinato successivamente da uno dei suoi generali, mentre Alessandro e il suo esercito completarono rapidamente la conquista delle maggiori città persiane, continuando l'avanzata verso il mar Caspio e occupando tutte le terre che lo dividevano dalle propaggini nord occidentali dell'India.
4. Azio (31 a.C.)
La vittoria navale conseguita da Ottaviano sulle flotte congiunte di Antonio e Cleopatra al largo delle coste di Azio, nel 31 a.C., sancì la fine della repubblica romana e la nascita dell'Impero che avrebbe dominato i 5 secoli a venire. Inoltre, fece sì che l'influenza della civiltà romana si concentrasse sull'Occidente piuttosto che a est.
Nel 33 a.C. Antonio controllava l'Egitto e i domini d'Oriente, mentre Ottaviano governava Roma e le province occidentali. Quest'ultimo non accettava di dividere il potere con Antonio, tantomeno con Cleopatra. La rivalità tra i 2 giunse all'apice quando Antonio sposò Cleopatra senza prima divorziare dalla sorella di Ottaviano, il quale riuscì a procurarsi una copia del testamento di Antonio che lesse al Senato, rivelando la volontà del rivale di nominare i figli avuti con Cleopatra eredi della sua carica e la sua intenzione di spostare in Egitto il centro della repubblica romana.
Agli inizi del 31 a.C. Ottaviano salpò con una flotta di 400 galee e 40.000 armati per la stretta penisola greca che separa il mar Ionio dal golfo di Ambracia. Più o meno allo stesso tempo, le forze congiunte di Antonio e Cleopatra, forti di circa 460 galee, occuparono Azio, posta a sud della posizione di Ottaviano al di là di un angusto stretto. All'alba del 2 settembre Antonio fece uscire la sua flotta dal Golfo di Ambracia. Tuttavia, nel pomeriggio, sull'ala nord della flotta di Antonio si aprì un varco e Cleopatra, invece di provvedere a chiuderlo con le sue navi, colse l'occasione per scappare e far vela verso Egitto.
Quando si rese conto della manovra di Cleopatra, Antonio riunì 40 delle sue navi più veloci e ruppe i ranghi per riunirsi a lei. Il resto della sua flotta, inopinatamente abbandonato dai suoi capi, si arrese. Verso sera Ottaviano aveva affondato 40 navi, ucciso 5000 soldati e costretto le restanti 100 a fuggire nel Golfo di Ambracia. Antonio disfatto ad Azio e abbandonato da Cleopatra si suicidò un anno dopo, quando il suo esercito fuggì alla vista dei soldati di Ottaviano che aveva deciso di invadere l’Egitto (30 a.C.).
Cleopatra tentò di esercitare le proprie doti di ammaliatrice anche su Ottaviano ma non raggiunse il risultato sperato e ottenuto precedentemente con Cesare e Antonio. Anche lei si suicidò, si narra, facendosi mordere al seno da un serpente velenoso ( un aspide). Ottaviano tornò a Roma da eroe, portandosi dietro il tesoro d'Egitto e rimanendo l'unico capo della repubblica. Tre anni dopo il Senato lo proclamò "Augusto", dando origine all'Impero che avrebbe governato i domini romani nei 500 anni a venire.
5. Selva di Teutoburgo (9 d.C.)
La spinta espansionistica dell'Impero Romano verso il nord Europeo si infranse nella Selva di Teutoburgo ove, il 9 d.C., le tribù germaniche sconfissero duramente le legioni di Roma. Da quel giorno il Reno divenne l'estremo limite settentrionale dell'Impero, il luogo ove si fermavano la lingua, la cultura e gli usi latini che quindi non avrebbero potuto estendere la loro influenza sulle genti che poi avrebbero dato origine al popolo tedesco.
Alla fine del I secolo a.C. Roma aveva ormai esteso i propri domini fino a comprendere Medio Oriente, Nord Africa, Europa occidentale e isole britanniche. Il solo ostacolo che restava alla loro espansione verso nord era costituito dalle tribù nomadi germaniche prive di tattica e strategia ma molto feroci, barbare e bellicose. Nel 6 d.C., Publio Quintilio Varo prese il comando della Gallia e delle regioni a nord del Reno nelle quali si trovavano le tribù germaniche.
Quando Varo, nel 9 d.C. iniziò i preparativi per trasferire i 18.000 legionari e i circa 10.000 ausiliari del suo esercito nei campi invernali posti a sud del Reno. Fu allora che un traditore di nome Arminio che prestava servizio nel suo stato maggiore ove ricopriva il ruolo di autorevole consigliere militare, gli raccomandò che l'armata transitasse attraverso la foresta di Teutoburgo così da domare, strada facendo, una piccola ribellione in corso nell'area. Ma i romani quando furono addentrati in quella regione non trovarono "la piccola rivolta", bensì 30.000 feroci guerrieri germanici pronti per la battaglia, grazie alla guida e la linea di condotta da seguire offerta precedentemente dal traditore Arminio.
Pochi romani scamparono alla furia dei germanici e si arresero, ma solo per venire torturati e poi sacrificati alle varie divinità tribali germaniche. Varo preferì darsi la morte di propria mano. Raramente così pochi riuscirono in una impresa tanto grande con uno sforzo tanto piccolo, ma riuscirono grazie al tradimento di Arminio. I Germani bloccarono così completamente l'espansionismo romano nelle regioni nord orientali europee e fecero del fiume Reno il confine nord dell'Impero.
Anche se Arminio non riuscì a tenere unite le tribù germaniche che avevano sconfitto le legioni romane, la cruenta e bruttale battaglia della selva di Teutoburgo pose le fondamenta della futura cultura tedesca, ebbe un ruolo nella nascita della Gran Bretagna e, alla fine, portò alla caduta dell'Impero Romano.