Persone comuni che lavoravano, combattevano e tiravano avanti come potevano: furono loro la fonte di ispirazione di questo grande compositore, autore della famosa Cavalleria Rusticana.
Genio ribelle e celebrità acclamata anche in America, non aveva finito gli studi in Conservatorio. Cade quest’anno il 160° anniversario della sua nascita.
Era bello, atletico, con chioma fluente e ciuffo ribelle. Il popolo lo amava e conosceva le sue melodie, che cantava nelle case e nei caffè. La sua è stata una vita piena, con amori, successi e riconoscimenti.
Ma anche con momenti bui ed enormi dolori. In tarda età, dirà di sé: «Tutti credono che io sia fatto solo per lo spirito e per l’allegria, ma non è così. Sono piuttosto malinconico e ho sempre fatto uno sforzo enorme per non mostrarmi quello che sono veramente».
1. L’infanzia
Nasce a Livorno il 7 dicembre 1863; il padre Domenico è proprietario del forno sotto casa. Pietro è un bambino precoce, con due intensi occhi chiari che scrutano tutto, anche se spesso è immerso nei suoi pensieri.
A 11 anni perde la mamma Emilia, portata via dalla tisi, a cui è profondamente legato.
Come racconta Francesca Albertini Petroni nel suo libro Le donne di Pietro Mascagni, è l’unica alla quale il figlio ha confessato di avere acquistato per pochi spiccioli un piccolo pianoforte a cristalli in un mercatino delle pulci e di tenerlo nascosto sotto il letto.
Quando tutti escono di casa, lo tira fuori e prova a suonare qualcosa. Pietro è un ragazzino diligente, che ama studiare e infatti frequenta brillantemente il ginnasio.
A 14 anni, grazie all’aiuto economico della zia Maria e di nascosto dal padre, inizia a frequentare l’Istituto musicale livornese, fondato da Alfredo Soffredini, che si era formato al Conservatorio di Milano e intuisce subito le grandi potenzialità del ragazzo.
Studia violino, contrabbasso e alcuni strumenti a fiato; con lo stesso Soffredini approfondisce armonia e contrappunto. «Componeva in ogni momento una pagina di musica: appena finita una lezione teorica o letto un saggio, scriveva un brano per dimostrare di avere capito e appreso», scrive Albertini Petroni.
Un giorno Soffredini fa eseguire una composizione del giovane in una chiesa livornese, accolta da uno scrosciante applauso. Tra i fedeli c’è Florestano de Larderel, una personalità di spicco a Livorno, che vuole conoscere il ragazzo.
2. A Milano e La cavalleria rusticana
Siamo nel 1882. Soffredini spedisce le composizioni di Pietro Mascagni ad Amilcare Ponchielli, che insegna a Milano e che ne resta colpito, poi vince le ultime resistenze del padre Domenico e chiede a Florestano de Larderel di finanziare gli studi del giovane ammesso al Conservatorio di Milano; 150 lire al mese.
Pietro prende una stanza in affitto con Giacomo Puccini, più anziano di lui di 5 anni. Dopo il primo anno, però, va in crisi: si scontra con la disciplina ferrea del Conservatorio, con lo studio incessante della tecnica e invece il poco ascolto della musica.
Teme di perdere lo slancio creativo: «La sua vita diventò allora una ricerca affannosa; doveva trovare qualcosa, una storia, un soggetto, un libro che gli desse la possibilità di coltivare la sua idea di musica, viva, evocativa e coinvolgente, popolare ed elegante insieme, fondata sì sulla tradizione e sulle famose regole, ma affine anche ai sentimenti del popolo, alle sue passioni, ai suoi valori», si legge ancora nel libro di Albertini Petroni.
Nel 1885 Mascagni lascia il Conservatorio, senza terminare gli studi, quindi si unisce a compagnie d’operetta come direttore d’orchestra e l’anno successivo fa tappa a Cerignola, in provincia di Foggia, dove decide di fermarsi. Il sindaco lo assume come precettore del figlio e docente della nascente orchestra giovanile locale.
Un giorno Mascagni legge sul giornale l’annuncio di un concorso per giovani compositori indetto dalla casa editrice milanese Sonzogno. Si ricorda di una novella di Giovanni Verga, La cavalleria rusticana, e chiede a Giovanni Targioni-Tozzetti, poeta scapigliato, di ricavarne un libretto d’opera.
«Volle mettere in scena la vita vera dei personaggi, i loro problemi di fatica quotidiana, di amore non corrisposto, di codici sociali opprimenti e pericolosi», dirà molto tempo dopo sua figlia Emy. Di 73 compositori in gara è proprio lui a vincere.
Il 17 maggio 1890 La cavalleria rusticana viene per la prima volta rappresentata al celebre Teatro Costanzi di Roma, alla presenza della Regina. Già il Preludio conquista il pubblico, che chiederà molti bis e a fine spettacolo chiamerà alla ribalta per ben 60 volte Mascagni e gli artisti, in un delirio di applausi e ovazioni.
Un trionfo assoluto. Un sogno inseguito per anni che diventa realtà. E in una sola notte il compositore dall’indubbio talento ma ancora sconosciuto diventa una celebrità. Qua sotto, l'esecuzione dell'Opera di Mascagni "Cavalleria Rusticana" davanti a sua Maestà nella Camera di Waterloo, Castello di Windsor, 1891.
3. Un successo dietro l’altro e i tour mondiali
Con i soldi del premio, Mascagni fa chiudere il forno al papà e inizia a viaggiare. Un anno dopo arriva la sua seconda opera, L’amico Fritz, dove cambia aria (per non ricalcare lo stile della Cavalleria) e protagonisti sulla scena, ma sceglie ancora il lato umano della vita vera. Il mondo intero lo acclama.
A questo punto, Mascagni riprende un suo vecchio sogno, il Guglielmo Ratcliff, nel quale ricerca nuovi mondi sonori ed esplora la psicologia umana.
La prima alla Scala di Milano ha un successo clamoroso, con l’intermezzo strumentale Il sogno applaudito a scena aperta. Francesca Albertini Petroni racconta che il giorno dopo il famoso editore musicale Giulio Ricordi andò a trovarlo nella sua camera d’albergo e gli presentò Giuseppe Verdi.
«Quando ricevette da lui un telegramma in cui lo definiva “portabandiera della musica nostra”, si commosse: aveva la conferma che la sua ispirazione aveva radici antiche e sorgeva insieme dal nuovo, da qualcosa che non avrebbe seguito nessuna regola, codice o moda».
La carriera di Mascagni è ormai inarrestabile. Dopo qualche mese porta in scena Iris, poi, al ritorno dalla lunga tournée accetta la carica di direttore del Conservatorio di Pesaro “Gioacchino Rossini”. E lo fa con entusiasmo perché ha sperimentato su di sé i limiti dell’insegnamento tradizionale e vuole stimolare nei suoi allievi la loro creatività.
In classe si rivela geniale, brillante e fantasioso, entusiasmando i suoi studenti, che ormai arrivano da tutta Europa per ascoltarlo. Ma nella vita di Mascagni ci sono anche dolori e insuccessi. Nel 1899 muore il padre, con cui aveva ricucito un buon rapporto e due anni dopo incassa il fiasco dell’opera Le maschere.
Nel 1902, convinto da un impresario americano, Aubrey Mittenthal, Mascagni parte per un tour oltreoceano di 15 settimane con un mega contratto di 6mila dollari. La compagnia gira senza sosta – da New York a Baltimora, a Montreal – e ovunque viene accolta da migliaia di persone, cosa che sorprende lo stesso Mascagni.
L’impresario, però, non si rivela una persona onesta e Pietro deve assumere un avvocato per difendere la sua reputazione. Lo scandalo finisce su tutti i giornali e la compagnia si scioglie, ma Pietro e la moglie Lina decidono di restare finché non sarà dimostrata la loro estraneità ai magheggi di Mittenthal.
Intanto, un nuovo (e onesto) impresario procura a Mascagni una serie di concerti a San Francisco, dove è accolto con entusiasmo, finché viene assolto da ogni accusa. Ora può tornare in Italia.
4. In Sudamerica e al cinema
Nel 1910 Mascagni inizia ad avere qualche difficoltà economica, avendo acquistato un villino per la sua famiglia, un appartamento per l’amante Anna e perso la direzione del Teatro Costanzi; anche i cartelloni languono per mancanza di finanziamenti.
Ma la fortuna gira ancora una volta e un impresario gli propone una lunga tournée in Sudamerica.
A Buenos Aires, dove è accolto da 50mila persone e dalla banda municipale che suona l’Inno del sole con cui apre l’Iris, trascorre mesi frenetici, tra prove, rappresentazioni, orchestre, inaugurazioni di bande, comitati, scuole e pure un ristorante “Mascagni” e un salone da barbiere “Mascagni”.
Al ritorno in Europa porta in giro l’opera Isabeau, poi inizia a lavorare alla tragedia Parisina di Gabriele D’Annunzio, in programma alla Scala di Milano nel dicembre 1913. Un’opera mastodontica, che finirà con il deteriorare i rapporti con il poeta e che lo sfiancherà, nel corpo e nello spirito.
Per qualche mese si sente come svuotato finché a risvegliare la sua ispirazione arriva un’arte nuova, il cinema. Gli viene chiesto di realizzare la colonna sonora del film Rapsodia satanica, diretto da Nino Oxilia e lui ci si butta a capofitto.
Lavora per mesi con una piccola moviola e un cronometro per sincronizzare i fotogrammi con la musica. Il risultato sarà straordinario. Qua sotto, Pietro Mascagni (a sinistra) con Vittorio Franchetti (al pianoforte) e Giacomo Puccini (a destra) in una foto del 1885 circa.
5. Le guerre e gli ultimi anni
Negli anni della Grande Guerra Mascagni organizza concerti per le truppe. Ma inizia a essere stanco.
Durante il ventennio fascista non è amato dalla classe dirigente, anche se nel 1927 Benito Mussolini lo incarica di rappresentare il Paese a Vienna alle celebrazioni per il centenario della morte di Ludwig van Beethoven.
Due anni dopo gli viene riconosciuto il titolo di Accademico d’Italia, insieme a Luigi Pirandello, Guglielmo Marconi ed Enrico Fermi. Nel 1932 si iscrive al partito nazionale fascista.
Negli anni successivi il panorama musicale cambia, con una nuova generazione di musicisti (come Malipiero, Casella, Respighi) che prende il sopravvento sulla precedente.
«Conduceva ancora una vita pubblica piena di allori e onori, ma era di fatto tenuto ai margini, come una sorta di monumento nazionale, un’antica gloria italica da sfoggiare nelle occasioni solenni», scrive Francesca Albertini Petroni. Tra il 1943 e il 1944, ormai ottantenne termina la sua carriera al Teatro Adriano di Roma.
Il 2 agosto 1945 Mascagni muore nel suo appartamento al Grand Hotel Plaza di Roma. Viene allestita la camera ardente e la gente arriva a rendergli omaggio, ma è così numerosa che bisogna chiudere le porte.
Non ci sono rappresentanti dello Stato o delle istituzioni. Il corpo di Mascagni viene portato via da un modesto carro funebre trainato da quattro cavalli e oggi le sue spoglie sono al cimitero della Misericordia di Livorno.
Note
Lina e Anna: la moglie e l’amante di Mascagni sapevano l’una dell’altra
Mascagni aveva 23 anni quando, durante un viaggio in treno, conobbe Argenide Marcellina (detta Lina) Carbognani, salita alla stazione di Fidenza e diretta a Parma per fare la comparsa in un’operetta diretta proprio da Mascagni.
Si innamorarono subito e dopo qualche giorno Pietro le chiese di seguirlo. Si sposarono nel 1887 dopo la nascita del loro primo figlio (che morì a soli 4 mesi), cui ne seguirono altri tre, Domenico, Edoardo (detto Dino) ed Emilia (foto sotto).
Lina fu una moglie presente, concreta ed equilibrata, che non fece mai mancare il suo appoggio al marito e non perse la testa quando divenne celebre e ricco. Sapeva bene che piaceva alle donne (e che loro piacevano a lui) e ogni tanto gli faceva tremende scenate di gelosia, anche se finiva sempre per perdonarlo.
Dovette però accettare la relazione del marito con Anna Lolli, un’affascinante corista conosciuta nel 1910 (foto sotto). Lui aveva 47 anni, lei 22. Discreta e riservata, Anna si trasferì a Roma per stargli vicina e condusse una vita appartata, in attesa di una lettera o di una visita del maestro.
Era attenta, amorevole, studiava le composizioni, gli dava dei suggerimenti, parlavano di tutto. Fu la sua vera fonte di ispirazione.
Riuscirono a vivere insieme solo durante la preparazione di Parisina, dal luglio al dicembre 1912, in Francia, assieme a Gabriele D’Annunzio e alla figlia del musicista Emy, che non ne fece cenno mai con la madre.
E così, per 35 anni, fino alla sua morte, il compositore ebbe di fatto due famiglie, ognuna delle quali sapeva dell’esistenza dell’altra.