Lo sapevate che lo spazio è pieno di spazzatura? Pensate che oggi sono almeno 100.000 gli oggetti, grandi e piccoli, prodotti dai 6.000 satelliti che dal 1957 sono stati messi in orbita dall’uomo e che volano sopra le nostre teste. Frammenti che possono diventare pericolosi, sia per gli astronauti, durante le missioni spaziali, sia (e soprattutto) per noi.
Il lancio dei satelliti è sempre emozionante e sembra che debbano partire verso il cielo per abbandonare il nostro pianeta per sempre. Ma non è così: a volte perdono quota e precipitano, mettendo in agitazione gli astronomi ed anche la gente comune. La loro permanenza nell’atmosfera può rappresentare un serio pericolo per gli aerei di linea e le altre navicelle spaziali.
Un tempo, il vuoto siderale avvolgeva il nostro pianeta, e a sfrecciare nello spazio interstellare erano solo comete, meteore e altri oggetti celesti. Oggi, invece, svariati manufatti umani, sempre più numerosi e sempre più inquinanti, popolano i cieli al di sopra delle nuvole, e orbitano intorno alla Terra. Spazzatura che ruota attorno alla Terra o si deposita sulla superficie di pianeti o satelliti come Venere, Marte e la Luna: si stima che solo sulla luna siano depositate attualmente 20 tonnellate di “rifiuti” spaziali.
Quello che può essere avvistato nel cielo notturno, inquinamento luminoso permettendo, non è dunque sempre una stella cadente, ma a volte è soltanto immondizia: pezzi di satelliti ecc. Il tema dei detriti artificiali che passano nelle vicinanze del nostro pianeta è stato non a caso al centro dell’ultima riunione del Copuos (il sottocomitato Onu sull’uso pacifico dello spazio) che si è tenuta a Vienna lo scorso febbraio (2013). Gli esperti temono infatti che, in mancanza di adeguate misure per contrastare il proliferare di detriti nel cosmo, il problema possa diventare ingestibile. E ci chiediamo: ma davvero l'uomo non può fare a meno di inquinare, là dove mette mano?
Curiosità: Per un mese il guanto sfuggito a Edward White, durante la prima passeggiata umana nello spazio, è sfrecciato a 28.000 chilometri all’ora, diventando uno dei più pericolosi detriti spaziali della storia!!
1. La "Pattumiera spaziale"
Quando guardiamo il cielo durante una splendida notte stellata, non possiamo nemmeno immaginare che stiamo osservando una vera e propria... pattumiera spaziale. Eppure questa definizione così forte non è troppo lontana dalla verità: attorno al nostro pianeta, infatti, ci sono almeno 35 milioni di oggetti più grandi di un millimetro e oltre 100.000 frammenti metallici di oltre un centimetro di diametro: i minuscoli, pericolosissimi resti della corsa allo spazio iniziata circa 56 anni fa.
Erano le 23 del 4 ottobre 1957 (ora di Mosca) quando la radio dell'allora Unione Sovietica annunciò che era stato messo in orbita il primo satellite artificiale: lo Sputnik 1. Da quella storica data sono stati effettuati migliaia di lanci. E oggi il risultato è impressionante: attorno alla terra navigano migliaia di oggetti visibili (chi parla di 10.000, chi di 20.000), cioè più grandi di 10 cm. Solo il 6% di questi è ancora nel pieno della sua vita operativa: tra questi ci sono la Stazione Spaziale Internazionale, centinaia di satelliti per telecomunicazioni, rilevamento, difesa, misurazioni scientifiche.
Tutto il resto? Relitti e frammenti: spazzatura spaziale. O "space junk", come dicono gli anglosassoni. Il 50% degli oggetti che orbitano sopra la Terra è composto da satelliti fuori uso o deliberatamente spenti, da stadi superiori dei razzi usati per le missioni spaziali e da una miriade di oggetti di altra natura: un vero e proprio"bazaar" di coprilenti, termocoperte, attrezzi, adattatori, bulloni. E così via. Non basta. A volte i satelliti esplodono mentre cercano di raggiungere l'orbita o quando l'hanno già raggiunta: e così un altro 44% del materiale che sta sopra le nostra teste è formato da "cocci" delle circa 200 esplosioni avvenute in orbita a partire dal 1961.
Sopra le nostre teste, quindi, non ci sono solo stelle, meteore, asteroide, anzi: il materiale naturale che ruota attorno alla Terra è molto meno di quello creato dall'uomo, almeno per quanto riguarda gli oggetti superiori al millimetro di grandezza. Così, lassù, le cose cominciano a farsi molto complicate. Al punto che lo "space junk" costituisce un problema molto serio, tanto da mettere in allarme chiunque voglia mettere il naso in orbita. Insomma: si tengono sott'occhio, con qualche timore, più relitti che satelliti funzionanti.
2. Detriti in orbita: vere mine vaganti
Ma c'è da preoccuparsi così tanto da questa spazzatura spaziale? Gli esperti dicono si sì, in quanto questi detriti, in orbita, viaggiano alla velocità di ben 10 km al secondo. Sono dei veri proiettili che, quando colpiscono altri oggetti in orbita, possono provocare danni gravissimi ai satelliti funzionanti. Ma non solo: possono colpire anche le navicelle con un equipaggio.
La maggior parte della spazzatura spaziale si trova a una quota compresa tra i 600 e i 2.000 km. Anche se si tratta, quasi sempre, di oggetti piccolissimi, di dimensioni addirittura inferiori al millimetro, la loro velocità li rende assolutamente micidiali. Per dare un'idea: un bullone di 1 cm in orbita nello spazio, ha lo stesso potere devastante di una boccia di acciaio da 180 kg lanciata a 100 km all'ora. L'effetto di un frammento di 10 cm è addirittura paragonabile a quello di 25 candelotti di dinamite.
Il campo gravitazionale terrestre attira gran parte della spazzatura spaziale in orbite sempre più basse, fino a che non raggiunge l’atmosfera e al contatto con questa va a fuoco. Il tempo di permanenza in orbita del detrito è proporzionale all’altezza a cui orbita. Se ad esempio un frammento si trova in un’orbita inferiore ai 600 km con tutta probabilità cadrà sulla Terra nel giro di pochi anni, se invece viaggia ad un’altezza superiore ai 1.000 km potrà restare in orbita anche più di 100 anni. Un problema non da poco, specialmente per gli astronauti che sono impegnati nel corso delle missioni Shuttle.
E, più ancora, quelli che, sopra le nostre teste, a 600 km di altezza, stanno lavorando a bordo della Stazione spaziale internazionale. Si è calcolato che i detriti spaziali perché possano rimanere stabilmente in orbita intorno alla Terra devono raggiungere una velocità che può toccare i 36.000 chilometri orari. Proprio per evitare qualsiasi tipo di rischio, gli enti spaziali di tutto il mondo hanno preso da tempo provvedimenti (si rese conto, ad esempio, che lo Shuttle correva meno rischi orbitando attorno alla Terra capovolto e con la coda in avanti, proprio per evitare che qualsiasi tipo di collisione andasse a interessare la zona dove abita l'equipaggio).
3. Una grandinata di satelliti - Skylab
L'unica "colpevole" di questa situazione è l'atmosfera terrestre, la quale è un baluardo di grande efficacia, quando si tratta di proteggerci dagli oggetti che cercano di piovere sul nostro pianeta. Ma allo stesso tempo. è anche una delle cause del precipitare dei satelliti, producendo una lenta ma costante frizione sui satelliti artificiali. Di conseguenza la loro orbita viene degradata, nel senso che si abbassano a poco a poco, e devono quindi essere, di tanto in tanto, "rimessi a posto" con opportune manovre.
Quando i satelliti non sono più operativi e, quindi, le opere di manutenzione diventano un costo inutile, vengono letteralmente parcheggiati su orbite dove possono rimanere per lunghissimi periodi. In alcuni casi non è più possibile governare i satelliti: un guasto, o la fine del carburante, non permettono l'operazione di parcheggio spaziale. E allora non resta altro che aspettare il rientro. Più o meno controllato che sia.
La storia recente è piena di satelliti precipitati sulla Terra. Uno degli esempi più eclatanti riguarda la prima vera stazione spaziale americana, lo Skylab, il vanto di ingegneria stelle e strisce. Tutto andava liscio fino al 1978, quando esso fu dichiarato non più utilizzabile. E così, l'11 luglio del 1979, lo Skylab precipitò, mentre i controllori di volo da Terra tentavano mille manovre per modificare il suo cammino di rientro, senza tuttavia poterlo controllare realmente.
Avrebbe potuto cadere ovunque, inondando la Terra di frammenti micidiali. Anche perché era un vero colosso: diviso in 5 sezioni, lungo 36 metri e con un peso di 90 tonnellate. Il rischio che potesse precipitare anche in un luogo abitato era davvero reale. Per fortuna il rientro andò bene, nel senso che i suoi frammenti precipitarono nell'Oceano Indiano, a ovest delle coste australiane e non ci fu nessun ferito. Molti pezzi, comunque, caddero sul suolo australiano e le autorità della città di Esperance, mandarono al Dipartimento di Stato degli Usa una multa di 400 dollari per "insozzamento del suolo pubblico".
4. Cosmos 954: un evento pericolosissimo
Era il settembre del 1977 quando il satellite sovietico Cosmos 954 decollò alla volta del cielo. Si trattava di un satellite-spia militare, la cui antenna radar era alimentata da un piccolo reattore nucleare. Secondo la procedura normale il satellite, alla fine della propria vita operativa, avrebbe dovuto sganciare il reattore in un'orbita "cimitero" dove sarebbe rimasto per secoli. Ma qualcosa andò per il verso sbagliato, il satellite si abbassò troppo e non riuscì più a riportarlo sulla sua orbita.
Furono giorni intensi: preparate al peggio, squadre speciali americane si organizzarono per recarsi dove sarebbe caduto il satellite per "ripulire" la zona dalla radioattività. Nel gennaio del 1978, il Cosmos 954 si disintegrò sul Canada. E sparse i propri frammenti su di un'area scarsamente popolata nella zona più settentrionale del Paese. Nei giorni successivi, alcuni detriti vennero scoperti sulla base delle tracce radioattive, in certi casi tanto intense da scatenare un'emergenza. L'area fu bonificata, ma il conto che i canadesi presentarono alle autorità sovietiche fu molto più salato di quello che gli americani dovettero pagare per lo Skylab: il governo canadese ottenne oltre 3 milioni di dollari di risarcimento.
Ma la storia racconta anche i pericolo scampati, come nel caso del satellite LDEF (Long duration exposition facility), messo in orbita nel 1984 dallo Shuttle Challenger che serviva per valutare gli effetti di una lunga permanenza nello spazio. Abbandonato a se stesso, l'LDEF iniziò a perdere quota verso la fine del 1989 e, fortunatamente, solo poche settimane prima del suo pericoloso rientro in atmosfera, nel gennaio 1990, una missione Shuttle riuscì a recuperarlo: appena in tempo per evitare una pioggia mortale di metallo. Ancora nel 1991, la Salyut 7, l'ennesima stazione spaziale russa, si disintegrò nei cieli sel Sud America dopo che i russi tentarono di controllarne (senza successo) la discesa. Pezzi della Salyut caddero addirittura a poche centinaia di chilometri da Buenos Aires.
Nel 2008, infine, la Marina degli Stati Uniti lanciò un missile per abbattere un satellite spia uscito fuori controllo, in modo da evitare che il suo carburante tossico potesse riversarsi sulla Terra; l’idrazina, infatti, avrebbe generato un rischio potenziale per la salute se fosse caduto in un’area popolata.
5. Detriti nel cosmo: un problema ingestibile?
Solo negli anni 70, la NASA ha cominciato a rendersi conto che la "space junk" poteva diventare un problema reale, destinato ad aggravarsi con l'aumento dell'attività dell'uomo nello spazio. Oggi vengono abbandonati in orbita almeno 200 oggetti all'anno (e sono cifre in aumento) contro i 70, massimo 100 oggetti che rientrano nell'atmosfera terrestre. Oggi tutti i maggiori enti spaziali, tra cui la NASA e l'ESA (European space agency), hanno programmi dedicati al problema dei rifiuti spaziali.
Il maggiore di questi, è stato nominato "Orion" e venne varato dalla NASA alla fine degli anni 70. L'obiettivo del progetto era quasi fantascientifico e cioè consisteva nel cercare di realizzare dei fasci laser ad alta potenza per deviare i detriti più pericolosi lontano da sonde e basi orbitanti. E guidarli verso la direzione giusta per una caduta controllata. Nel frattempo la comunità spaziale internazionale, tenta di minimizzare i rischi, tenendo sotto controllo ciò che circola sopra la Terra. La spazzatura spaziale viene monitorata in vari modi: attraverso telescopi, sistemi radar situati a terra e anche con osservazioni "sul posto".
Gli strumenti che passano un lungo tempo nello spazio e che possono essere recuperati, o visitati, dagli astronauti (per esempio il telescopio spaziale Hubble) vengono studiati per verificare quanti impatti abbiano subito nel corso della loro permanenza in orbita e di quale entità. In questo modo si possono elaborare dei modelli matematici che aiutano a capire meglio il rischio statistico di collisione spaziale. L'ultima precauzione possibile è, poi, quella di tenere sotto controllo la proliferazione di frammenti. La NASA ha stilato, a tal proposito, un vero e proprio regolamento per evitare di produrre detriti pericolosi ed evitare, così, di peggiorare ancora il grave problema.
Le linee guida proposte per la “mitigazione” di tali effetti, contenute nell'ultima risoluzione Onu (Vienna, febbraio 2013), sono articolate in 6 punti:
- evitare le esplosioni accidentali in orbita;
- evitare i danni da collisione durante la missione operativa;
- limitare la permanenza in orbita a non oltre i 25 anni dal completamento della missione;
- evitare errori nella rimozione di oggetti dalle regioni più popolate e ad alta valenza commerciale;
- minimizzare il rilascio di oggetti operativi di dimensioni inferiori al millimetro;
- minimizzare la massa e il numero dei frammenti nel rientro atmosferico distruttivo.
A questo proposito, l’eventuale esplosione indotta dall’uomo deve avvenire ad altezze inferiori ai 90 chilometri, in modo che i detriti prodotti ricadano velocemente (nell’arco di pochi giorni) in atmosfera. E’ stato calcolato, ad esempio, che la distruzione di un vecchio satellite meteo cinese, effettuata tramite missile balistico l’11 gennaio 2007, abbia prodotto in pochi secondi almeno 2600 nuovi detriti, causando una pericolosa impennata nel numero di frammenti potenzialmente attori di collisione in un orbita così affollata.