E’ stata scelta nel 1946 da tre esponenti del’Udi-Unione donne italiane, Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei come simbolo dell’8 marzo, la Giornata internazionale della Donna (erroneamente ribattezzata “Festa della Donna”), per un motivo molto semplice: la mimosa fioriva proprio all’inizio di marzo, era facilmente reperibile nell’Italia peninsulare e dunque costava pochissimo.
Così divenne consuetudine regalare a tutte le donne questo primo fiore di stagione, assai gradevole a vedersi, splendidamente giallo e soffice, intensamente odoroso e soprattutto durevole.
In più, il soffice piumino giallo, gentile e delicato, venne associato al pudore femminile tanto da meritarsi il nome “mimosa”, derivante dal latino mimus, “mimo”, a indicare una pianta sensibilissima, capace di cambiare rapidamente aspetto movendo le foglie al minimo alito di vento o tocco di una mano.
Pensate alla Mimosa pudica, più nota come “sensitiva”, le cui foglioline minutissime si chiudono subito se sfiorate. Ma pensate anche all’enorme adattabilità delle donne.
Senza dimenticare che l’apparente delicatezza nasconde una natura resistente e robusta: poche piante come la mimosa hanno, per esempio, la capacità di sopravvivere agli incendi!
1. Un fiore maschile. Mimosa, acacia, robinia
Peccato che, botanicamente parlando, la mimosa non sia esattamente il fiore più adatto: il tripudio di "piumini" gialli altro non è che una sfacciata esibizione di potenza maschile.
Si tratta infatti del coacervo di stami (gli organi riproduttivi maschili) le cui antere (gli apici), appoggiando la punta del naso per aspirarne il profumo, rilasciano il polline soto forma di polverina color giallo oro.
Una bazzecola tecnica che appare irrilevante, soprattutto all'epoca, considerato che il diritto di voto per le donne italiane arrivò solo il 10 marzo 1946.
Adesso, in un'epoca in cui la parità di genere - quasi 80 anni dopo - è ancora lontana, noi donne possiamo pensare così della mimosa: ricevere in omaggio o regalare un mazzolino di mimosa, fatta di soli fiori maschili, sta a indicare che la donna è potente quanto un uomo, ha gli stessi "attributi" di un maschio, la stessa forza virile totale.
E quindi ben venga il dono della mimosa a tutte le donne, che da sempre dimostrano quanto in realtà siano infinitamente più forti degli uomini, in tutti i frangenti della vita, inclusa la resistenza fisica a ogni accidente. Non per niente la durata media della vita delle donne è superiore a quella degli uomini.
Tornando nell'ambito botanico, vi facciamo notare che è un fiore assai strano, per appartenere alla grande famiglia delle Apiacee o Leguminose (quella del fagiolo o della Robinia pseudoacacia, per intendersi): scomparsi - o, meglio, mai apparsi, visto che la mimosa rientra in una sottofamiglia primitiva, le Cesalpinioidee - i petali che fanno assomigliare la corolla a una minuscola farfalla, sono stati gli stami ad assumere il compito di farsi notare dagli insetti impollinatori.
E poi ci sono le faccende legate alla nomenclatura. Partiamo con gli equivoci lessicali: il nome comune è "mimosa", ma il nome scientifico latino è Acacia; però nell'italiano parlato "acacia" è la Robinia, che non per niente Linneo nel 1753 battezzò Robinia pseudacacia.
Quindi, solo fra botanici di professione "acacia" designa la mimosa e "robinia" la robinia, mentre nel parlare comune, se si dice "acacia" bisogna intendersi bene circa la pianta a cui ci si sta riferendo.
Segue, sempre per quanto riguarda la denominazione, un'accesa disputa fra botanici, datata all'inizio del Terzo millennio: le analisi genetiche rivelarono che solo le mimose africane potevano ancora fregiarsi del nome Acacia, mentre quelle australiane - la maggioranza e le più note e diffuse in tutto li mondo - avrebbero dovuto cambiare nome del genere.
In breve, il Congresso internazionale di Vienna del 2005 stabili che il caso rientrava nelle rare eccezioni di conservazione della denominazione precedente sebbene ormai errata, e così tutte le mimose australiane sono rimaste Acacia.
2. Cambiamento climatico: effetti negativi ...e positivi
- Effetti negativi...
I mazzolini gialli in vendita per l'8 marzo provengono da alberi maestosi quasi tutti situati nella Riviera Ligure di Ponente, dove le mimose sono allevate appositamente - sulle colline a ridosso del mare, in forma semi-spontanea - per la produzione del fiore reciso.
Ma dagli anni '10 del Terzo millennio i floricoltori si sono trovati alle prese con un problema inusitato: il cambiamento climatico con i suoi inverni sempre meno freddi ha portato a fioriture anticipate, a volte già a fine gennaio.
Dato per scontato che i fiori, sebbene a lunga durata, comunque non durano per più di 3 settimane, la soluzione è divenuta raccogliere i grappoli fiorali nel momento in cui si aprono e infilarli nelle celle frigorifere da cui farli uscire poco prima della ricorrenza. Questo fa sì che la qualità - e soprattutto la durata in casa - non sia più così eccellente come accadeva fino a una ventina d'anni fa.
Ma comporta anche che i prezzi dei mazzolini lievitino, perché i floricoltori spendono in energia elettrica per il mantenimento del freddo, quando non addirittura per l'acquisto della cella frigorifera.
- Effetti positivi
Il rovescio della medaglia del riscaldamento e degli inverni sempre più miti sta nel fatto che ora una mimosa si può coltivare in piena terra anche in Val Padana, opzione impossibile fino agli anni Zero dell'attuale millennio. Ora non nevica più, e tutte le mimose piantate nei giardini bolognesi dal 2013 a oggi vivono e fioriscono benissimo senza particolari accorgimenti protettivi.
Certo, il consiglio è di non metterla in aperta campagna, bensì sempre a ridosso dell'edificio (le radici vanno in verticale e non danneggiano i manufatti, basta rispettare una distanza di 6-7 m per la chioma) in un punto soleggiato e riparato dai venti freddi.
Rimangono ancora valide le localizzazioni classiche, ossia il Meridione fino alla media collina, tutta la costa tirrenica e quella adriatica adesso dal Po in giù, nonché intorno ai grandi laghi padani, dal Maggiore al Garda: la provenienza dai deserti australiani fa sì che le temperature afose ed elevatissime degli ultimi anni lascino le mimose del tutto indifferenti.
Perché una mimosa in giardino annuncia la primavera: nella predominanza di marroni e grigi invernali, poter godere di un anticipo di bella stagione è impagabile.
Già da fine gennaio, se le temperature sono miti, si riempie di piumini giali a migliaia, trasformandosi in un albero dorato dala fioritura spettacolare e dalla fragranza deliziosa, dato che il profumo inconfondibile è talmente intenso da essere percepibile a decine di metri di distanza.
Allora nel Nord Italia coltivate Acacia dealbata oppure A. baileyana, mentre nelle zone più miti via libera ad Acacia rhetinoides (= A. floribunda o A. semperflorens) oppure, per una barriera difensiva lungo il confine del giardino, optate per la splendida mimosa arbustiva spinosa A. armata, semplicemente invalicabile!
3. Precauzioni per la piena terra. Gestione in vaso
- Precauzioni per la piena terra
Oltre al già citato pieno sole, la mimosa impone anche un altro paio di diktat: il terreno deve essere tendenzialmente acido, anche se accetta quello neutro mentre non tollera quello calcareo (del resto proviene dall'Australia, dove la natura pedologica è acida).
E il suolo deve essere anche profondo e fresco: non sopporta l'aridità, ma teme i ristagni idrici, quindi è necessario che il substrato sia umido ma permeabile, con un drenaggio ottimo.
La mimosa teme il vento, soprattutto vicino al mare e nei primi anni di vita: conviene piantarla in posizione non esposta, magari a ridosso di alte siepi o arbusti, o di un edificio nel Nord Italia, oppure dotarla di tutore robusto, per evitare che si rovini e si debba contenere il volume della chioma con le odiate potature.
Il sostegno, per es. un palo di legno di castagno trattato per l'esterno, va collocato al momento della messa a dimora: le piantine crescono con vigore e in 3 o 4 anni l'esemplare sarà già grande e affrancato dal tutore.
Gli stress da siccità possono far morire la pianta: l'irrigazione è fondamentale, soprattutto nei primi anni di vita; deve essere sempre regolare, e poi abbondante in primavera-estate e più distanziata nei mesi successivi.
- Gestione in vaso
In alternativa alla piena terra, la mimosa può essere coltivata in vaso, soluzione utile per i climi più freddi poiché si può ricoverare in serra fredda o proteggere con un telo di non tessuto durante la cattiva stagione: naturalmente non produrrà quel trionfo di fioritura che caratterizza gli alberi in piena terra, ma - se ben concimata nei primi anni - sarà una presenza gradevole e colorata.
Il contenitore deve essere grande (diametro o lato 42 cm per pianta alta 40 cm) e ogni anno in primavera dopo la fioritura va rinvasata con un perfetto drenaggio sul fondo.
Durante al bella stagione le annaffiature devono essere regolari e abbondanti, ma solo dopo che il terriccio si è asciugato a 5 cm di profondità (inserite il famoso spiedino di legno lungo fino al fondo: se esce pulito, bagnate, se esce sporco, no).
Se acquistate un vasetto questa primavera, procedete così: mettetelo sul balcone, meglio se al sole e in posizione riparata, e godetevi la fioritura, annaffiando tutti i giorni se il terriccio è secco, con sottovaso da svuotare del liquido rimanente dopo 10 minuti.
4. Cosa fare se si ammala
Può capitare, anche al Nord su piante tenute in veranda, di notare scudetti scuri attaccati ai rami o fiocchi bianchi mobili, o comunque incrostazioni bianche e cerose sule fronde, sui germogli e sui rami.
Si tratta di cocciniglie (Pseudococcus adonidum, Icerya purchasi, Aspidiotus hederae, Chrysomphalus dictyospermi...), da combattere con olio minerale ripetendo 3 volte a distanza di 15 giorni l'intervento, oppure con sapone mole da irrorare una decina di volte a distanza di 7 giorni, oppure con caolino da spolverare ogni 10 giorni per 3 volte.
Attenzione: se dovesse piovere, sapone mole e caolino vanno nuovamente erogati appena la pianta si asciuga e il conteggio riparte da lì. Potreste invece notare una strana "mosca", la psilla (Psyla uncatoides) che, come le cocciniglie, punge i tessuti e succhia la linfa, conducendo anche a morte interi rami se la colonia dell'insetto è numerosa.
Anche in questo caso serve un insetticida: o di tipo chimico ad ampio spettro con azione sistemica e residuale, oppure biologico come li piretro che invece va distribuito almeno 5-6 volte a distanza di 10 giorni.
Soprattutto in veranda o in serra fredda possono insorgere malattie fungine, come al verticilliosi (Verticillium dahliae), una grave malattia che colpisce le piante durante il periodo vegetativo e si manifesta con imbrunimenti dei rami, le cui foglie ingialliscono e appassiscono.
In caso di attacchi molto forti, la cima dei rami colpiti può avvizzire completamente: tagliate la parte colpita più almeno 30 cm di ramo sano, disinfettate il taglio con sali di rame. Anche il marciume radicale (da Armillaria mellea) danneggia inizialmente la chioma, che appassisce e poi muore; successivamente la parte basale e le radici si ricoprono di un micelio biancastro e marciscono.
In questo caso non esiste soluzione: anche eliminando il più possibile i tessuti colpiti, il fungo si è già approfondito nelle parti apparentemente sane. Meglio estirpare tutta la pianta, disinfettare la buca con polvere di rame e aspettare 6 mesi prima di ripiantarci qualcosa.
E poi c'è il vasto capitolo dele fisiopatie (sofferenze del vegetale), come la clorosi, consistente in un ingiallimento fogliare causato dall'eccesso di calcio nel terreno: da buona acidofila, la mimosa ha bisogno di ferro (integratore reperibile nel garden center meglio forniti oppure online).
Nei terreni asfittici, poco drenati e compatti, la pianta può andare incontro a un deperimento che si manifesta con una scarsa attività vegetativa, la defogliazione anzitempo el'avvizzimento dei rami. Infine, il disseccamento fisiologico è un avvizzimento degli abbozzi fiorali e fogliari, provocato dall'eccessiva traspirazione del terreno: se il suolo è sabbioso o comunque sciolto, tratterrà meno acqua del normale, dunque dovete fornirne di più con le annaffiature.
5. I consigli dell'esperto
La prima mimosa arrivò in Italia nei giardini Hanbury a Ospedaletti (Sv), la zona con il clima più mite, ma ora le Acacia vivono bene anche sul balcone a Milano: Acacia dealbata resiste fino a -7 C.
Non sottovalutate comunque l'inverno, e state attenti alle gelate improvvise all'inizio della vegetazione: sul fogliame vecchio sono tollerabili, ma sui germogli e sui fiorino, tant'è vero che anneriscono.
Tenete perciò a portata di mano teli di protezione, se abitate nel Nord Italia. Anche perché la fioritura avviene alla fine dell'inverno, ma in Liguria anche a Capodanno.
• State attenti anche al vento che la spacca facilmente: le piante vanno ben tutorate fin dal momento dell'impianto.
• Le mimose hanno origine australiana, quindi sono parzialmente acidofile: necessitano di un terriccio leggermente acido e comunque molto drenante perché patiscono il ristagno.
Inoltre hanno una crescita molto rapida perché sono Leguminose dalla fisiologia accelerata: significa che assorbono tantissima acqua durante la vegetazione e, se manca l'acqua, deperiscono (ma soffrono il ristagno, quindi bisogna sempre prevedere una terra ben drenata). Vi ricordo che lo shock idrico può portare a morte anche esemplari ben radicati.
• Accanto all'acqua, è fondamentale anche una buona concimazione bilanciata, con un prodotto a basso tenore di azoto e contenente ferro, indispensabile per mantenere basso il pH della terra.
• L'ideale è che la mimosa possa crescere libera, perché soffre molto il taglio: la potatura rappresenta un rischio, visto che dal taglio può entrare il mal secco, temibile malattia fungina.
È vero però che tutte le Acacia crescono velocissimamente e può rendersi necessario un ridimensionamento della chioma: procedete con forbici molto affilate e solo sulla nuova vegetazione, a fine aprile o maggio, tagliando li 50% della crescita.
• L'altro grande nemico della mimosa sono le cocciniglie.
Quando le foglie diventano gialle anzitempo, le cause possono essere l'eccesso d'acqua, o la carenza di concime, o la clorosi o la carenza di zinco.
• La coltivazione in vaso non è facile ma neppure impossibile.
Utilizzate vasi molto capienti, riempiti con un buon terriccio frutto di un mix di metà substrato per piante mediterranee e metà per acidofile, con ottimo drenaggio anche sul fondo. Gestite bene le annaffiature in modo da non far patire la sete alla pianta, ma non lasciate mai l'acqua nel sottovaso: bagnate solo quando il terriccio in superficie è asciutto.