La gastronomia fiorentina è famosa in tutto il mondo: le sue ricette sono conosciute dappertutto, sono emigrate in numerosi paesi, magari talvolta hanno perduto il loro nome originario, assumendone uno straniero, ma stanno sempre lì, sui menu dei ristoranti, a testimoniare la saldezza di una tradizione secolare.
Chi avrebbe mai immaginato, per esempio, che il "camard à l'orange", il celebre piatto francese, fosse in realtà il "paparo alla melarancia", come descritto in un libro di cucina fiorentino del Trecento? E una comune "colla" che Caterina de' Medici portò in Francia, allorché nel 1536 sposò Enrico II, fu ribattezzata nel Settecento con il nome francese di "besciamella", dal maggiordomo di Luigi XIV, L. del Béchamel, che se ne attribuì la paternità.
Dare una definizione alla cucina di Firenze è tutt'altro una cosa semplice: tutti sono pronti a riconoscere la sua genuinità, il suo equilibrio, la sua essenzialità; ma quando si tratta di dire su quali cibi essa si fondi, allora le idee non sono più tanto chiare e le opinioni cominciano a diversificarsi. Secondo alcuni, la cucina fiorentina è fatta di bistecche, di polli alla griglia, di spiedi e di arrosti: di carmi, cioè, cotte in maniera semplice e primitiva. A giudizio di altri, invece, la gastronomia di Firenze si fonda sui fritti: sulle verdure fritte, sulle carni fritte, sui dolci fritti e persino sulla fritta fritta (come suggerisce un vecchio detto popolare fiorentino "fritta è buona anche una ciabatta"). Per altre persone, infine, a Firenze si fa tutto al pomodoro: a partire dalla famosa "pappa", per proseguire con i sughi, gli umidi, le cacciatore, le verdure e le "carni rifatte".
In realtà, la cucina fiorentina non solo è l'insieme di tutto questo, ma anche di altri elementi fondamentali. Basti pensare alle verdure: ai fagioli, agli spinaci, alle bietole, ai piselli, al cavolo nero, ecc.; e poi al pane: ecco, soprattutto al pane, perché la cucina di Firenze è specialmente la cucina del pane. Viene usato dappertutto: negli antipasti (crostini, panzanella, fettunta), nei primi piatti (minestra di pane, ribollita, zuppe varie), nei secondi (arrosti e umidi su fette di pane abbrustolite e agliate, spiedini con crostini) e persino nei dolci: il pandiramerino e la schiacciata con l'uva, infatti, sono a base di paste di pane.
Si è detto all'inizio, della genuinità e dell'essenzialità della cucina fiorentina; a questo punto è doveroso aggiungere anche la varietà e la completezza: requisiti questi che, unitamente ai primi 2, non sono riscontrabili in nessun'altra cucina: né italiana, né straniera.
Oggi vi daremo 5 ricette semplici, originali, autentiche e genuine, classiche della cucina fiorentina. Le seguenti ricette sono esposte in maniera sintetica e (ci auguriamo) chiara, in modo da consentire una facile e rapida comprensione dei procedimenti da seguire. Vediamole insieme.
1. Bistecca alla fiorentina
Simbolo della gastronomia fiorentina, nota ed apprezzata in tutto il mondo, chiamata semplicemente "fiorentina", questa bistecca sulla brace si beffa con la sua semplicità, di tanti "esperti" cuochi che da anni stanno tentando di darne elaborate e deludenti ricette. Vediamo quindi quali sono i semplici "segreti" di questa specialità.
- La carne: deve essere di manzo (vitellone), possibilmente chianino e frollata al punto giusto (circa 5/6 giorni).
- Il taglio: deve essere nella lombata con filetto, controfiletto e l'osso in mezzo a "T". Questo taglio è difficile da trovare fuori di Firenze e non esiste fuori della Toscana.
- Le dimensioni: da 600 a 800 gr. e alta circa 2 dita. Né più né meno. I bistecconi da 1 kg. e oltre sono assurdi.
- La cottura: è semplicissima. Niente marinate e niente infusioni in olio. Mettete la bistecca, così com'è, senza lavarla, sulla gratella ben calda con sotto la brace di carbone dolce, ardente, ma senza fiamma. Lasciatela cuocere da un lato, senza salare e senza mai bucare con la forchetta; quando avrà fatto la crosta (5 minuti), giratela con una paletta, cospargete di sale la parte già cotta e fatela arrostire per altri 5 minuti dall'altra parte, rigiratela ancora e salate dall'altra parte.
Alla fine dovrà risultare "al sangue" al centro e be arrostita in superficie. Ricordate che "non esiste" una bistecca ben cotta: piuttosto cambiare piatto. Prima di servirla, niente olio, solo del pepe nero appena macinato e se lo gradite, un po' di limone, ma veramente poco.
La bistecca, così antica, così fiorentina, dispiace dirlo, non ha un nome fiorentino. Bistecca, infatti, è una parola di derivazione inglese e risulta dalla fiorentinizzazione di "beef-steak" che vuol dire "fetta di manzo". La leggenda vuole che nel 1565, in occasione di una festa avvenuta a Firenze in piazza San Lorenzo, venisse distribuito al popolo un bue girato allo spiedo sulla piazza. Fra la gente sembra vi fossero dei turisti inglesi che alla vista di quelle belle fette di carne, cominciarono a gridare: "beef-steak! beef-steak!", per chiedere una. I fiorentini fecero presto a trasformare quella richiesta in "bistecche". Prima di allora le bistecche alla fiorentina, che avevano già una lunga storia, venivano chiamate "carbonate" (un nome molto appropriato e simpatico).
2. Penne strascicate
Ingredienti per 4 persone:
- Penne lisce: gr. 350
- Magro di vitellone macinato: gr. 250
- Pomodori pelati: gr. 300
- 1 cipolla
- 1 gambo di sedano
- 1 carota
- 1/4 di litro di brodo
- Olio di oliva
- Sale e pepe
Preparate un battuto fine con le verdure, quindi mettetele a rosolare in un tegame largo e capace con 6 cucchiai di olio, il sale e il pepe. Quando è ben amalgamato, aggiungete la carne macinata e fatela insaporire a fuoco lento per circa mezz'ora unendo poco alla volta il brodo. Unite i pelati e continuate a cuocere piano piano per altri 30 minuti.
Nel frattempo cuocete le penne e quando sono ancora molto al dente (quasi a metà cottura), scolatele e versatele nel sugo. Rigirate lentamente e lasciatele insaporire e "tirare" per una decina di minuti. Servire caldissime, asciutte
e ben informaggiate.
Queste penne, che più o meno si trovano in tutte le trattorie di Firenze, sono più un sistema di condirle che non una ricetta vera e propria. Potete, quindi, prepararle anche con il vostro consueto sugo di carne; l'importante è che la pasta termini di cuocere nell'intingolo in modo che ne assorba tutto il sapore.
3. Arista alla fiorentina
Ingredienti per 6 persone:
- Arista (lombata di maiale): Kg. 1,5
- 2 spicchi d'aglio
- 2 rametti di rosmarino
- Olio di oliva
- Sale
- Pepe nero in grani
Preparate un trito di rosmarino, aglio, 2 cucchiai circa di sale e pepe appena macinato. Con un coltello ben affilato staccate dall'osso centrale dell'arista il solo controfiletto (parte più grossa) e ponete sull'osso un po' del condimento preparato.
Riappoggiate la carne e legatela ben saldamente con uno spaghino, poi praticate delle incisioni piccole ma profonde sia nel controfiletto che nel filetto (lombo) e riempitele con un pizzico del trito. Prima di mettere l'arista in una teglia, "massaggiatela" ancora con altro condimento, quindi cospargetela con un filo di olio e mettetela in forno moderato a 170°.
La cottura è piuttosto lunga e richiede circa 2 ore; durante questo periodo, raccogliete con un cucchiaio l'olio che si sarà formato e irroratelo sulla carne. Poco prima della fine della cottura, alzate la temperatura del forno per far colorire la crosta. Una mezz'ora prima che l'arista sia pronta, è consigliabile unire in quel meraviglioso olietto, un chilo di patate sbucciate e tagliate a grossi tocchi.
Parlando dell'arista non si può tacere l'ormai famosa leggenda che vede legato il suo nome ad una esclamazione del Patriarca bizantino venuto a Firenze nel 1439, in occasione del Concilio Ecumenico. Mentre gustava un arrosto di maiale sembra abbia detto a gran voce: "Aristos!" che in greco vuol dire "il migliore, squisito!". Gli altri convitati fiorentini credettero che chiamasse per nome quel pezzo di carne e trovandolo simpatico lo ripeterono più volte. Da quel giorno, la lombata di maiale fu pou chiamata arista.
Purtroppo però questa simpatica leggenda non può essere vera poiché in una novella scritta da Franco Sacchetti circa un secolo prima del Concilio, già si parlava di arista. La possibilità più certa resta quella secondo la quale Arista è veramente una parola greca ed è dovuta ai greci, mercanti di profumi, che abitavano a Firenze già nel 1200 in una strada che da loro prese il nome di Borgo de' Greci.
4. Biscotti di Prato
Ingredienti:
- Farina bianca 00: gr. 500
- Zucchero: gr. 500
- Mandorle: gr. 250
- 3 uova intere
- 2 tuorli d'uovo
- 1 cucchiaino di lievito in polvere (o di bicarbonato di sodio)
- 1 pizzico di zafferano
- Sale
Mettete la farina sul tavolo e fate la fontana. Al centro ponete lo zucchero, 2 uova intere, 2 tuorli, il lievito, un pizzico di sale e lo zafferano (quel giallo non è tutto uovo!). Lavorate un po' la pasta e aggiungete le mandorle non pelate e leggermente tostate in forno, poi continuate ad impastare bene, infarinandovi ogni tanto le mani se la pasta vi restasse troppo appiccicata.
Preparate tanti filoncini schiacciati larghi circa 2-3 dita e alti 1 centimetro; poneteli ben distanziati (gonfiando si unirebbero) su di una placca imburrata e infarinata e, dopo averli spennellati con un uovo sbattuto, metteteli in forno a calore moderato (175°). Appena saranno cotti (ci vorrà circa mezz'ora), tagliateli subito obliquamente ogni centimetro circa, in modo da ottenere la tipica forma dei biscotti di Prato. Si conservano a lungo in scatole di latta.
Questi biscotti vengono spesso chiamati, erroneamente, cantucci, che invece sono tutt'altra cosa, in quanto preparati con pasta di pane, olio, anice e zucchero. Per entrambi sono però d'obbligo il Vin Santo o il Morellino (Alleatico
dell'Elba).
5. Alchermes di Firenze
Ingredienti:
- Cannella: gr. 12
- Coriandolo: gr. 10
- Cocciniglia: gr. 7
- Macis: gr. 3
- Chiodi di garofano: gr. 2,5
- Scorza d'arancio dolce: gr. 5
- Anice stellato (fiori): gr. 3
- Cardamomo: 10 granelli
- Vaniglia. mezza stecca
- Alcool puro a 95°: gr. 600
- Zucchero: gr. 600
- Acqua di rose: gr. 100
Pesate nel mortaio tutte le droghe (meno la vaniglia che taglierete a pezzettini) e mettete il tutto in un bottiglione con l'alcool e 300 gr. di acqua pura. Tappate il recipiente e lasciate in infusione un paio di settimane ricordando di agitarlo almeno una volta al giorno. Trascorso questo tempo, fate sciogliere a freddo lo zucchero in mezzo litro di acqua pura e unitelo all'infuso, agitate bene e lasciate riposare per un'altra giornata. Alla fine filtrate il liquore (con un cono di carta da filtro) e aromatizzatelo con l'acqua di rose.
Alchermes è un liquore fiorentino di antichissima origine. Sembra, infatti, che questo rosolio sia stato una creazione della famiglia Medici che ne custodiva gelosamente la ricetta. Leone X e Clemente VII, entrambi Medici, ne erano ghiotti e lo chiamarono "Elisir di lunga vita", mentre in Francia, dove sembra sia stato portato da Maria de' Medici e dal suo alchimista Ruggieri, era noto con il nome di "Liquore de' Medici".
Altri liquori tipici di Firenze sono: "L'Acqua di Firenze", a base di scorza di limone, chiodi di garofano, cannella e noce moscata; il "Fioretto di Firenze" a base di Ireos, cannella e fiori d'arancio, il "Gemma d'Abeto" dei frati di Monte Senario e il "Certosino" (o liquore Val d'Ema) della Certosa di Galluzzo.