Ecco una domanda veloce: su una scala da 1 a 10, quanto vi sentite motivati a tornare ai vostri impegni quotidiani dopo aver finito di leggere questo articolo? E che cosa significa?
Come esseri umani, la maggior parte di noi è intrinsecamente spinta a perseguire alcuni obiettivi: cibo, riparo, compagnia e apprezzamento.
Ma quando si tratta di traguardi più astratti, o a lungo termine, alcuni sembrano infinitamente energici mentre altri faticano a carburare. Quindi, che cosa succede nel nostro cervello quando ci sentiamo motivati? Potete sfruttare questa sensazione o fare in modo che si presenti più spesso? E, in definitiva, la motivazione serve davvero o si può farne a meno?
«Da un punto di vista neuropsicologico, le principali regioni del cervello coinvolte nel motivarci sono l’amigdala e la corteccia prefrontale: la prima è il nostro centro emozionale, mentre la seconda è l’area preposta alla pianificazione e alla messa in atto delle decisioni. Questi due elementi devono lavorare insieme affinché si verifichi un’azione sinergica efficace», spiega la dottoressa Avigail Lev, psicologa clinica e autrice del libro Acceptance and Commitment Therapy for Couples.
«L’amigdala controlla la risposta alla paura e ci spinge all’azione. Ma l’ansia si sviluppa con una curva a campana, quindi se ce n’è troppa ci paralizza e ci impedisce di agire», aggiunge. Quando, però, si raggiunge un livello ottimale di ansia entra in gioco la corteccia prefrontale.
«Questa aiuta a pianificare in anticipo, scompone le azioni in passaggi più piccoli e sfrutta le funzionalità esecutive e la capacità di ordine superiore per trovare un modo per raggiungere gli obiettivi desiderati», spiega Lev.
Perché alcuni individui sono procrastinatori mentre altri sono dinamici e intraprendenti? Tutto dipende dal cervello! Una migliore comprensione delle dinamiche alla base di ciò che ci stimola può aiutarci a ottenere di più.
1. GLI INCENTIVI
L’altro ingrediente chiave in questa formula, che probabilmente conoscete già, anche solo di nome, è la dopamina. Questo neurotrasmettitore svolge un ruolo cruciale nel controllo della motivazione.
Il suo rilascio in risposta a un evento segnala la nostra consapevolezza o meno della natura buona o cattiva di ciò che abbiamo sperimentato.
«Ci aiuta a scegliere quali azioni compiere per ottenere cose belle ed evitare quelle brutte», afferma la dottoressa Amy Reichelt, neuroscienziata.
«Viene rilasciata nel cervello dai neuroni che si attivano in modo costante o con picchi “fasici” che causano repentini aumenti o cali delle concentrazioni di dopamina in specifiche strutture cerebrali, tra cui il nucleus accumbens, una regione chiave coinvolta nel sistema di ricompensa e nella regolazione delle funzioni correlate allo sforzo».
Secondo la dottoressa Reichelt, un’esperienza gratificante, come mangiare una deliziosa barretta di cioccolato, potrebbe innescare un picco di segnalazione dopaminergica, ma anche la visione della pubblicità di quella deliziosa barretta di cioccolato e la previsione di tale ricompensa possono esercitare lo stesso effetto.
L’attenzione si concentra sulla possibile ricompensa e genera il desiderio di replicare l’esperienza gratificante iniziale. In altre parole, la dopamina non riguarda solo il piacere, ma anche il desiderio e la ricerca del piacere stesso e, come tale, è un fattore chiave per spingere all’azione.
Infatti, è stato dimostrato sperimentalmente che gli animali con bassi livelli di dopamina nel cervello non eseguono comportamenti che richiedono un grande sforzo per ottenere una ricompensa.
Al contempo, le persone a cui è stata somministrata anfetamina (che aumenta il rilascio di dopamina nel cervello) hanno mostrato una maggiore disponibilità a svolgere un compito impegnativo. Ciò significa anche che la segnalazione dopaminergica può essere manipolata.
I social media più popolari, ad esempio, sono studiati per incoraggiare tale processo tramite un meccanismo simile a quello innescato dalle slot machine, spingendoci a passare più tempo a scorrere post e mettere “like” più di quanto faremmo altrimenti.
2. TIPI DI MOTIVAZIONE
Quali sono le implicazioni di tutto questo sul rimanere motivati? Innanzitutto, e forse ovviamente, significa riuscire a evitare di fare cose che in realtà non vogliamo fare, come resistere al perdere tempo sui social media. Significa anche trovare modi per innescare una risposta dopaminergica quando facciamo ciò che dobbiamo fare.
Ma la questione è più complessa di quanto possa sembrare. «Esistono due tipi principali di motivazione: intrinseca ed estrinseca», spiega lo psicologo Anthony Thompson, dell’Arden University di Coventry.
«Nel caso della motivazione intrinseca, gli individui si impegnano a svolgere un’attività o mettere in atto un comportamento perché è intrinsecamente interessante, senza che vi sia necessariamente un’aspettativa di ricompensa concreta alla fine. Al contrario, nel caso della motivazione estrinseca, le persone si impegnano a svolgere un’attività o mettere in atto un comportamento allo scopo di ottenere un beneficio, come un pagamento in denaro o un apprezzamento, oppure evitare una punizione».
Quindi la motivazione estrinseca potrebbe spingerci ad attuare un comportamento o a fare qualcosa che non troviamo interessante; un esempio è quello di auto-premiarsi con una puntata della seria preferita dopo aver fatto un noioso allenamento. Ma c’è un problema.
«Inizialmente, le ricerche consideravano la motivazione intrinseca ed estrinseca come processi separati ma complementari», afferma Thompson. «Tuttavia, gli studi hanno dimostrato che fornire alle persone una motivazione estrinseca, offrendo ricompense, può, in realtà, indebolire la loro motivazione rendendole meno interessate ai compiti per i quali erano inizialmente motivate».
Ciò significa che se state cercando di mantenere viva la motivazione a lungo termine dovete optare per la motivazione intrinseca. E se non vi sentite istintivamente curiosi o entusiasti nei confronti di qualsiasi cosa stiate cercando di fare, vi conviene trovare un modo per dare un significato a queste attività.
«La motivazione intrinseca aumenta quando individuiamo un significato o uno scopo insito nel nostro comportamento», dichiara Lev. «Quando riteniamo che il nostro obiettivo sia profondamente significativo per noi aumentiamo le probabilità di conseguirlo». Lev incoraggia le persone a comprendere appieno i loro valori più profondi e a identificare quali azioni e comportamenti specifici si allineano con essi.
Ad esempio, se proprio non riuscite a convincervi ad andare in palestra, dovreste trovare un valore profondo che si allinea con tale comportamento, come diventare quel tipo di nonno divertente che rincorre i nipoti al parco giochi.
Allo stesso modo, se vi sentite sconfortati all’idea di affrontare un altro giro di mail o riunioni pensate ai valori su cui quelle attività si fondano, come essere un lavoratore diligente per provvedere alle necessità della famiglia. In sostanza, vi basterà mettere in atto i sistemi giusti per fare ciò che dovete. Qui di seguito trovate alcuni suggerimenti utili a trovare e mantenere viva la motivazione…
3. METTETE DA PARTE LO SMARTPHONE E FISSATE DEGLI “OBIETTIVI DI PROCESSO”
Mettete in pratica questi semplici consigli per aumentare la vostra motivazione e raggiungere quegli obiettivi che avete sempre ritenuto fuori dalla vostra portata...
- METTETE DA PARTE LO SMARTPHONE
Prima di fare qualsiasi altra cosa, riducete al minimo l’influenza delle cose che potrebbero sviare la vostra attenzione… come lo smartphone, per esempio. Gli studi suggeriscono che tenerlo vicino rende più propensi a controllarlo spesso. Provate a tenerlo fuori dalla vista, magari in un cassetto o nella borsa, se possibile.
Esistono anche delle app che trasformeranno la vostra schermata home da quell’allettante tavolozza di colori che è ora a una noiosa schermata vuota a eccezione delle scritte.
Disattivate le notifiche per tutti coloro che non hanno bisogno di contattarvi urgentemente e prendete in considerazione la possibilità di trasformare la schermata di blocco in un promemoria di ciò a cui vale davvero la pena pensare, come la vostra famiglia.
- FISSATE DEGLI “OBIETTIVI DI PROCESSO”
«Obiettivi orientati al risultato come, ad esempio, imparare lo spagnolo o perdere 5 kg, sono piuttosto comuni, ma tendono a virare verso una motivazione estrinseca», afferma il dottor Anthony Thompson. Questi possono essere efficaci all’inizio, grazie alle aspettative generate dall’immaginare come ci sentiremmo una volta raggiunto l’obiettivo.
Ma tendono anche a essere a lungo termine, quindi è difficile tracciare o misurare i progressi, il che può intaccare la motivazione nel corso del tempo. Al contrario, gli “obiettivi di processo” si concentrano su un atteggiamento o comportamento anziché sul risultato.
Ad esempio, dedicare 5 minuti al giorno allo studio dello spagnolo sposta l’attenzione su elementi che possono essere monitorati e tracciati più frequentemente. «È più facile tracciare il completamento di una sessione di studio della lingua spagnola di 10 minuti anziché tracciare l’obiettivo di riuscire a padroneggiare lo spagnolo», afferma Thompson. Così facendo, i soggetti ricevono feedback più regolari sui progressi con ripercussioni positive sulla motivazione.
4. INDIVIDUATE DEGLI OBIETTIVI PICCOLI, REALIZZABILI E COLLEGATELI A UNO SCOPO PIÙ GRANDE. APPLICATE LA “REGOLA DEI DUE MINUTI”
- INDIVIDUATE DEGLI OBIETTIVI PICCOLI E REALIZZABILI… E COLLEGATELI A UNO SCOPO PIÙ GRANDE
«Il cervello rilascia dopamina ogni volta che provate un senso di realizzazione, che si tratti di portare a termine un compito impegnativo, raggiungere un obiettivo, ricevere un riconoscimento per il vostro duro lavoro o padroneggiare qualcosa di nuovo», spiega la dottoressa Amy Reichelt.
«Questo alimenta ulteriormente la motivazione per il comportamento che avete messo in atto. Quando vi ponete degli obiettivi realizzabili e sperimentate piccole vittorie lungo il percorso il sistema dopaminergico è in grado di rinforzare positivamente quei comportamenti, rendendovi più propensi a metterli in atto di nuovo per ottenere lo stesso senso di realizzazione intrinseca».
In altre parole, ponetevi degli obiettivi piccoli e realizzabili anziché motivarvi con un compito a lungo termine, e celebrate le piccole vittorie che conseguite lungo il percorso.
«L’errore più grande che si possa fare è presumere che il piacere derivante dal raggiungimento di un obiettivo durerà a lungo», afferma la dottoressa Emma Seppälä, psicologa e docente.
«Purtroppo non è così, perché l’effetto dopaminergico è solo momentaneo, e presto vi ritroverete a desiderarne di più. È per questo che il cervello fa in modo che continuiamo a riprodurci, mangiare, cercare l’apprezzamento altrui e così via».
Secondo Seppälä, c’è una forma di piacere che non si placa così rapidamente, ed è quella che proviamo nel fare qualcosa per gli altri: compassione, altruismo, connessione con qualcosa di più grande che va oltre noi stessi.
In sostanza, il piacere che offre una rapida scarica di dopamina, ossia il cosiddetto “piacere edonico”, è incentrato sulla gratificazione personale, mentre il piacere duraturo, il “piacere eudaimonico”, deriva da azioni che si inseriscono in uno scopo più grande.
Quindi, sarete più motivati se perseguirete obiettivi più alti, ma anche se collegherete i vostri obiettivi esistenti a uno scopo superiore.
- APPLICATE LA “REGOLA DEI DUE MINUTI”
«Questa regola, resa popolare da David Allen (esperto di produttività e autore del libro Detto, fatto!), funziona perché impedisce che piccoli compiti si accumulino fino a diventare opprimenti e ingestibili», afferma la dottoressa Kristin Mann, psicologa organizzativa.
«Se un compito richiede due minuti o meno fatelo subito».
Potrebbe essere inviare una mail che vi mette a disagio o pulire il lavandino, ma potreste anche estendere questo concetto a un’abitudine che volete adottare, come suonare il pianoforte o leggere una pagina di un libro. Fate solo il minimo possibile.
5. PENSATE AL FUTURO, FATE UN ESERCIZIO DI BACKCASTING E MUOVETEVI
- PENSATE AL FUTURO
«Quando considerate due opzioni, come stare sul divano o andare in palestra, fate un esperimento mentale», consiglia Seppälä.
«Immaginate come vi sentirete dopo aver fatto entrambe le cose per un’ora: probabilmente letargici, pigri e un po’ giù di morale sul divano, oppure realizzati, energici e felici in palestra.
O ancora, se state cercando di ridurre gli zuccheri e vedete una fetta di torta pensate a come vi sentirete dopo averla mangiata».
- FATE UN ESERCIZIO DI BACKCASTING
Immaginate di avere 75 anni: siete sani, ricchi e seduti in giardino a sorseggiare una bibita fresca. Fantastico! Come ci siete arrivati? La giocatrice di poker Annie Duke chiama questo processo mentale “backcasting”.
Nell’ambito di un esperimento, i ricercatori hanno scoperto che immaginare che un evento si sia già verificato aumenta del 30% la capacità di individuare correttamente le ragioni che hanno condotto a quel risultato.
Quindi, collegate i vostri obiettivi a lungo termine alle azioni a breve termine e, così facendo, imboccherete la strada giusta.
- MUOVETEVI
Pensare che sia necessario essere motivati per iniziare un allenamento potrebbe essere un modo sbagliato di vedere le cose.
«I livelli di dopamina tonica possono essere aumentati dedicandosi all’attività fisica», spiega Reichelt.
«Ciò potrebbe aiutare a ricalibrare la dopamina di base, quindi è meno faticoso trovare la motivazione per completare questo compito». Bastano una manciata di squat o una passeggiata veloce durante la pausa pranzo.