Marco Ulpio Nerva Traiano (57-117 d.C.). L’Imperatore che portò Roma al suo massimo splendore e alla sua massima estensione e fu detto «la delizia delle genti» per le sue virtù.
Un Soldato ed un Amministratore, un uomo forte e giusto. La sua opera di legislatore, amministratore e conquistatore nel segno della giustizia e della grandezza di Roma lo hanno reso leggendario. Dante stesso, sebbene Traiano fosse pagano, lo pone in Paradiso.
Con Traiano l’Impero giunse alla sua massima estensione e dopo di lui, ogni nuovo Imperatore venne salutato dal Senato con le parole “Sii più benefico di Augusto e più giusto di Traiano”.
Sotto la sua guida ispirata, Roma riacquistò fiducia non solo nella sua sicurezza interna, ma anche nel suo destino imperiale. Quella traianea è una delle epoche più felici della storia imperiale, l'inizio di quella che viene definita "Età aurea", e che proseguirà con gli Antonini.
Traiano fu esaltato già dai contemporanei e dagli storici antichi come Optimus princeps, da molti storici moderni ed esperti è considerato, in virtù del suo operato e delle sue grandi capacità come "il migliore imperatore conosciuto da Roma nell'arco di tutta la sua lunga storia" ed uno degli statisti più completi e parsimoniosi della storia dell'umanità.
Scopriamolo insieme.
1. Traiano diventa imperatore
Traiano (Marco Ulpio Traiano), (18 settembre 53 – 8 agosto 117, e regnante dal 98 al 117), apparteneva a una famiglia originaria di Tuder (Todi), in Umbria, ma i cui avi erano trasferiti a Italica, nella Spagna Betica (cioè meridionale).
Suo padre, Marco Ulpio Traiano, il primo della famiglia, per quanto si sa, a diventare senatore, raggiunse anche la carica di console e fu governatore delle province d'Asia e di Siria. Nulla è noto della famiglia di Marcia, madre dell'imperatore. Traiano trascorse parecchi anni (una decina, secondo Plinio il Giovane) come tribunus militum, servendo in Siria quando il padre era governatore della regione (c. 75 d.C.). Dopo aver tenuto la pretura, ebbe il comando di una legione che condusse contro Lucio Antonio Saturnino, che si era ribellato a Domiziano (c. 88 d.C.): ma l'armata di Traiano giunse quando la spedizione era stata domata.
Console nel 91 d.C., era governatore della Germania superiore nel 97 d.C., quando apprese di essere stato adottato da Nerva. Fu, infatti, Nerva ad adottare la riforma del principato adottivo, per cui il princeps si riservava il diritto di scegliere il suo successore. Traiano, che nel frattempo era diventato molto popolare, venne adottato dall'anziano imperatore nella primavera del 97 d.C. L'anno seguente Marcus Cocceius Nerva (questo era il nome latino completo) morì e Traiano fu accolto ed acclamato come imperatore, facendo debitamente conferire onori divini al padre adottivo.
Fu il primo imperatore non italico, poiché nato nella provincia dell'Hispania. Subito dopo l'ascesa egli ha compiuto certi passi riguardanti il servizio segreto militare con lo scopo di proteggere il governo e la propria persona. In particolare, il corpo dei frumentari (corrieri incaricati di assicurare i rifornimenti di grano), cominciò ad avere importanti incarichi di spionaggio ed i suoi membri occuparono vari punti di controllo lungo la rete delle strade imperiali che si dipartivano dalla capitale.
Traiano creò anche una nuova guardia del corpo costituita da soldati a cavallo detti "equites singulares". Forte di 500 unità, in seguito portate a 1000, il corpo era costituito da uomini selezionati con cura, soprattutto fra i Germani e i Pannoni dei reggimenti della cavalleria ausiliaria. Con la nuova istituzione Traiano dimostrava di fidarsi degli ausiliari e degli stranieri non meno che della guardia pretoriana che era composta soprattutto da Italici.
Ma queste non furono che piccolo misure preliminari prima di mettersi all'opera per quello che doveva essere il proprio monumento, cioè l'inaugurazione di una politica ci conquiste che avrebbe dovuto eclissare perfino l'eroe Giulio Cesare.
2. Operazioni militari e morte
Prima di ogni altra cosa, Traiano era deciso di andare ben oltre la soluzione di compromesso messa in atto da Domiziano col re della Dacia, Decebalo. Respingendo ogni pacifica soluzione, rinnovò la guerra contro quest'ultimo e con 2 serie successive di operazioni (101-102 d.C., 105-106 d.C.) occupò tutta la Dacia, riducendola allo stato di provincia dell'impero. In questo modo egli condusse a termine l'ultima grande conquista dell'antica Roma e, con l'occasione, mise le mani su un immenso bottino, tra cui una gran quantità di oro.
Le operazioni militari della spedizione sono riprodotte con meticolosa precisione nei bassorilievi che si avvolgono a spirale intorno alla colonna eretta nel foro che porta il nome dell'imperatore, a Roma (colonna Traiana). L'esercito imperiale probabilmente era forte di 400.000 uomini, fra cui 180.000 legionari ripartiti in 30 legioni; e gli uomini, anziché essere in maggioranza italici come nel passato, erano quasi tutti coscritti di origine provinciale.
Gli ausiliari erano ancora più numerosi, superando le 200.000 unità. V'erano ancora circa 11.000 uomini appartenenti a corpi regolari o semiregolari, originari da varie nazionalità dell'impero e organizzati in compagnia di circa 300 uomini. La creazione di questi corpi, chiamati numeri (unità), o symmachiarii (alleati), rappresentava un tentativo di mettere a frutto le particolari attitudini dei vari gruppi etnici.
In Oriente Traiano arrotondò la frontiera creando la nuova provincia d'Arabia con capitale Petra, ora in Giordania (105-106 d.C.). I veri propositi di tale invasione dovevano porre termine una volta per sempre al problema rappresentato dal popolo dei Parti e che non poteva avere soluzione se non con la distruzione o l'annessione del paese. Così nel 114 d.C., Traiano invase vittoriosamente l'Armenia e la Mesopotamia settentrionale, mentre l'anno seguente conquistò la capitale dei Parti, Ctesifonte, e marciò verso sud fino alla foce del Tigri nel golfo Persico.
Ma nel 116 d.C. gli Ebrei della diaspora, indispettiti per la tassa imposta alle loro comunità (il fiscus iudaicus) si sollevarono con una violenza che non aveva precedenti in numerosi centri disseminati in tutto il Levante e nel Medio Oriente. La rivolta venne selvaggiamente repressa ma nel 116 d.C. le regioni meridionali del territorio si sollevarono in una sommossa generale, ed i Parti assalirono le basi romane sia nella Mesopotamia settentrionale, sia nell'Adiabene (Assiria) e nell'Armenia.
Le linee di comunicazione di Traiano furono minacciate e attaccate in più punti. Tuttavia, i Romani riuscirono a riprendere un certo controllo della situazione, e perfino a mettere una marionetta di re su trono di Ctesifonte, anche se poi questo personaggio non seppe affermarsi saldamente. Prima che il fallimento dell'impresa divenisse evidente, tuttavia, Traiano si era posto in viaggio alla volta di Roma. Ma era giunto appena a Selinus, in Cilicia (Asia Minore sud-orientale), quando fu immobilizzato da un attacco di idropisia, presto complicato da un colpo apoplettico, e improvvisamente morì.
3. Traiano statista e filantropo
Nelle pause tra una guerra e l'altra, Traiano aveva trovato il tempo di rivelarsi efficace organizzatore dell'amministrazione civile. Fu anche un oculato statista e filantropo, interessato alle condizioni dei suoi cittadini e pertanto attento nelle riforme sociali e politiche.
Aderì sempre alle forme costituzionali della tradizione confermando fedelmente i privilegi del senato. Anche le necessità materiali della popolazione attrassero la sua attenzione, ed i rifornimenti di grano furono assicurati, mentre continuarono le distribuzioni gratuite a un numero di persone maggiore di prima. Liberò molta gente che era stata ingiustamente imprigionata da Domiziano e restituì una gran quantità di proprietà private che Domiziano aveva confiscato.
Un'altra istituzione di Traiano fu l'introduzione degli "alimenta", cioè di un sistema di sussidi economici per i fanciulli poveri. Non vennero più richiesti i donativi fatti in occasione dell'elevazione al trono, che invece i sudditi di Roma erano stati costretti a offrire agli imperatori precedenti, e fu alleggerito il balzello delle tasse provinciali.
E' giunta fino a noi una serie di lettere dirette da Plinio all'imperatore con le relative riposte che rivelano l'umana preoccupazione di Traiano per il benessere dei provinciali - insieme con una sospettosa preoccupazione per la sicurezza interna e una tendenza paternalistica a interferire negli affari delle città autonome se la loro conduzione destava dubbi. In una lettera Plinio chiede come doveva comportarsi con la setta dei cristiani.
"Essi non sono da perseguitare," rispondeva Traiano, "sono da punire solo quelli che vengono denunciati e convinti di colpa, con la riserva che se uno nega di essere cristiano e lo dimostra con gli atti - cioè onorando i nostri dei - allora, anche se di lui si è sospettato nel passato, può ottenere il perdono per la sua penitenza". La replica, in cui la fermezza è temperata dal disgusto per l'eccessiva severità, dimostra che l'imperatore cercava di abbassare la temperatura, piuttosto che gettare olio sul fuoco.
Nel corso del suo regno l'impero finalmente impegnò le sue risorse per il miglioramento delle condizioni di vita piuttosto che sulle nuove conquiste. Furono anche fatti programmi sempre più ampi di lavori pubblici, tra cui la realizzazione di una grande rete di strade con relativi ponti in tutto il vasto impero. Traiano rafforzò la viabilità restaurando le principali strade che si diramavano dall'Urbe collegandola al resto dell'Impero.
La colonia fondata per l'insediamento dei soldati congedati a Thamugadi, nella Numidia, nell'anno 100 d.C., con la tipica planimetria dell'accampamento militare, con l'edificio del senato, la basilica ed il foro all'intersezione delle due strade principali, ci ha lasciato dei ruderi che sono i più completi fra quelli che possono vedersi in Africa.
In Italia l'ultimo degli acquedotti per l'alimentazione della capitale, quello dell'Aqua Traiana, consentì un sostanziale aumento della dotazione quotidiana degli abitanti. Alimentato da sorgenti nella regione del lago Sabatinus (Bracciano), l'acquedotto arrivava fino al colle del Gianicolo - azionando i mulini esistenti nella zona - quindi attraversava il fiume e finiva, come hanno rivelato recenti scoperte, sul colle Esquilino (Oppio).
4. Famose opere pubbliche
Le famose terme di Traiano sorgevano sul colle Esquilino , fatte costruire sopra l'ala principale della neroniana Domus Aurea e inaugurate nel 109 d.C. Sebbene al giorno d'oggi non rimanga molto delle terme, la loro planimetria
può essere ricostruita almeno approssimativamente. E da quel che è rimasto si comprende che la costruzione per grandiosità doveva superare qualunque cosa mai veduta in precedenza; in altre parole, si trattò delle prima terme cittadine di grandi dimensioni e che in tempi successivi furono imitate 11 volte.
Gli impianti termali che formavano il nucleo del complesso di Traiano avevano dimensioni triple di quelle delle vicine terme di Tito. Al centro v'era un enorme salone sormontato da cupola, e nel recinto circostante erano ospitate tutte le molteplici attività di un centro sociale. L'opera imponente e progettata con criteri utilitaristici del tutto moderni, era il frutto del genio di Apollodoro di Damasco, un architetto che seppe servirsi con maestria della tecnica del calcestruzzo, affidandosi ad essa per la realizzazione di aeree volte, di archi e di absidi.
Apollodoro fu anche il progettista del foro di Traiano, l'ultimo, il più complesso e il più sontuoso dei fori che i vari imperatori fecero costruire intorno all'originario foro romano. Esso aveva forma press'a poco rettangolare (metri 164 x metri 108), che venne ricavata tagliando e asportando tutta la parte più bassa del colle Quirinale. V'erano biblioteche in lingua latina e greca, che però, come la maggior parte del complesso, non sono più visibili; mentre sta ancora in piedi la colonna eretta per celebrare la conquista della Dacia.
In prossimità sorgeva la sala colonnata e absidata della Basilica Ulpia. E la grande piazza delimitata da colonne, terminante a nord e a sud con ampliamenti semicircolari (exedrae), ospitava la statua equestre dell'imperatore.
La parete curva a nord formava la facciata dei Mercati Traianei, che si estendevano al di là della stessa, ma più in alto. Questo elaborato complesso sviluppava con abilità la formula familiare del mercato cittadino rispondendo alle esigenze maggiormente varie e più impegnative della metropoli dell'impero. Realizzato con 3 livelli di terrazze sul pendio collinare reso artificialmente ripido, l'intero complesso ospitava più di 150 negozi e uffici.
Il materiale impiegato per l'intera costruzione fu il calcestruzzo rivestito di durevoli mattoni cotti al forno, che da allora in poi furono spesso utilizzati, senza il parametro esterno del marmo o pietra, anche a scopo puramente decorativo. Il punto centrale del complesso era la sala del mercato, costruita da uno spazio rettangolare coperto con volta a crociera, lunga 25 metri e larga circa 9.
Traiano fece anche costruire ex novo, nell'arco di 12 anni (100-112 d.C.), sempre dall'architetto greco-nabateo Apollodoro di Damasco, il celeberrimo porto di Traiano esagonale nella zona di Fiumicino (i cui resti sono ancor oggi imponenti) che collegava Roma con le regioni occidentali dell'Impero e che fu collegato con un nuovo canale al Tevere in modo da facilitare il trasferimento delle derrate a Roma.
5. "Optimus princeps"
Numerosi motti sulle monete di Traiano ed il "Panegirico" scritto da Plinio il Giovane, riecheggiano il desiderio del sovrano di essere considerato il servo ed il benefattore del genere umano, il rappresentante del cielo sulla terra.
Il suo intento fu quello di governare non come dominus (signore), ma come princeps (primo uomo dello stato), appellativo inventato da Augusto e che si trova unito allo speciale titolo di Optimus (migliore) - reminiscente di Jupiter Optimus Maximus - in una grande serie di monete emesse a partire da 103 d.C.
La sua politica militare, aveva corrisposto pienamente alle ambizioni personali, e i senatori del tardo impero si sentivano dalla parte della ragione quando esprimevano il desiderio che l'imperatore fosse "più fortunato di Augusto e migliore di Traiano" (felicior Augusto, melior Traiano). Ed Eutropio, che ci ha tramandato l'aneddoto, dice chiaramente che anche lui riteneva Traiano superiore ad Augusto, ammirandone soprattutto il rispetto dei privilegi del senato.
Un altro storico, Floro, detto anche Lucio Anneo Floro o anche Giulio Floro, considerava il suo regno come un miracolo di rinascita della romanità. Traiano era alto e di corporatura ben fatta, e aveva un'aria di dignità che veniva accentuata dal precoce incanutimento dei capelli.
Dione Cassio scrisse di lui: "era particolarmente eminente per giustizia, per coraggio e per semplicità di abitudini. Non era invidioso, né fece assassinare alcuno, ma onorò ed esaltò tutti gli uomini buoni, senza eccezione, e per questo non temette, né odiò alcuno. Ai calunniatori prestò scarsissima attenzione e non era schiavo dell'ira. Rifuggiva dall'impossessarsi del denaro altrui e dalle uccisioni ingiuste. Spese grandi somme di danaro nelle guerre e grandi somme nelle opere di pace. Amava entrare nelle case dei provati cittadini, magari senza scorta, e ivi gioire della visita..."
Traiano e la sua famiglia simboleggiarono l'ascesa dell'elemento provinciale nella classe dominante. Sua moglie Pompea Plotina, una donna dall'aspetto austero che gli era molto legata - e che lo assistette al letto di morte - proveniva da Nemausus, città della Gallia meridionale (odierna Nîmes), romanizzata quanto l'originaria Spagna, o anche più. La donna e la sorella dell'imperatore, Ulpia Marciana, verso il 105 ricevettero ambedue il titolo di "Augusta" e, quando verso la fine dell'anno Marciana morì, venne divinizzata ed il titolo passò alla figlia Salonina Matidia. Anche al padre di Traiano, Marco Ulpio Traiano, erano stati concessi onori divini.