Fin dalla tarda antichità, diversi fautori occidentali del vegetarianismo etico, basato su un’idea di continuità o affinità fra uomo e animale che comporta il riconoscimento dell’appartenenza del secondo alla dimensione della giustizia e della morale, hanno raccolto a sostegno della propria posizione un gran numero di precedenti.
Si sono cioè costruiti una genealogia intellettuale e culturale, fatta di individui esemplari e racconti di popoli lontani nel tempo o nello spazio. Un elenco costituito dai nomi di grandi vegetariani di ieri e di oggi, si può trovare sui numerosi siti e blog, così come nei libri divulgativi rivolti prevalentemente al pubblico dei già convinti, con la speranza, tuttavia, di convincere anche altri.
Al di là delle definizioni, non è un caso che gli ancor poco numerosi tentativi storiografici sul tema del vegetarianismo, si siano concentrati principalmente sull’Età moderna. Fu questa l’epoca dello sviluppo delle idee di tolleranza, di libertà individuale, di libertà d’espressione, di eguaglianza e democrazia, dell’attacco al potere monarchico assoluto proprio quando si stava affermando.
Ma quali sono questi nomi di grandi vegetariani? Scopriamoli insieme.
P.S. Per ulteriori e più dettagliati approfondimenti sul tema, vi consigliamo la lettura del libro “La cena di Pitagora – Storia del vegetarianismo dall'antica Grecia a Internet” di Erica Joy Mannucci.
1. Pitagora (Πυθαγόρας, 570 a.C. circa – 495 a.C. circa)
Nella storia culturale occidentale, l’immagine di Pitagora come iniziatore ed emblema stesso del vegetarianismo è legata forse in primo luogo a versi celebri, quelli delle "Metamorfosi" di Ovidio dedicati alle sue dottrine.
Questo testo - scritto seicento anni dopo l’epoca in cui era vissuto il saggio leggendario che secondo la tradizione coniò il termine stesso “filosofo” - rappresenta una tappa importante della lunga elaborazione di un mito culturale che andò svolgendosi nel mondo antico per circa un millennio.
Ma le dimensioni della figura dell’enigmatico Pitagora - che non lasciò alcuno scritto - sono tante: è fisico e matematico, ma anche mago, semidio, una figura sciamanica dotata di poteri soprannaturali (tra cui quello di comunicare con gli animali). Ed è il capo di una scuola filosofica (la Scuola Pitagorica), che è insieme setta, movimento religioso, partito politico.
Nella narrazione di Ovidio, tuttavia, è il vegetarianismo ad assurgere a tratto fondamentale di Pitagora. Per primo si scagliò contro l’abitudine di cibarsi di animali, per primo lasciò uscire dalla sua dotta bocca parole come le seguenti:
«Smettetela, uomini, di profanare i vostri corpi con cibi empi! Ci sono le messi, ci sono alberi stracarichi di frutti, ci sono turgidi grappoli d’uva sulle viti! Ci sono erbe dolci e tenere [...]. Avete a disposizione il latte e il miele profumato di timo. La terra nella sua generosità vi propone in abbondanza blandi cibi e vi offre banchetti senza stragi e sangue [...]. Che enorme delitto è ingurgitare viscere altrui nelle proprie, far ingrassare il proprio corpo ingordo a spese di altri corpi, e vivere, noi animali, della morte di altri animali! Ti par possibile che fra tanto ben di dio che produce la terra, ottima tra le madri, a te non piaccia masticare altro coi tuoi denti crudeli che carne ferita, riportando in voga le abitudini dei Ciclopi?» (ivi, 72-93).
Queste parole, che avrebbero in futuro commosso profondamente i vegetariani motivati da una sensibilità moderna, richiamano l’attenzione su quello che nel contesto antico era il nodo essenziale del comportamento in questione: il rifiuto del sacrificio cruento.
2. Plutarco (Πλούταρχος, 46 d.C./48 d.C. – 125 d.C./127 d.C.)
Plutarco nel suo dialogo "Sull’intelligenza degli animali", che comincia con una condanna della caccia e della macellazione degli animali in quanto fonte di insensibilità e crudeltà e quindi causa di un danno sociale, presenta un
gran numero di argomenti a favore della razionalità animale, per screditare la tesi dell’eterogeneità radicale tra la condizione umana e quella animale.
La vera linea di divisione passa tra gli oggetti inanimati e gli esseri animati, perché la natura, se è animata, comporta, per una questione di equilibrio, tutti gli opposti: razionale e irrazionale, sensazione e insensibilità. Plutarco non crede nella metempsicosi (reincarnazione), ma crede nel valore della vita di ogni essere senziente.
Sa però che è difficile allontanare gli uomini dall’abitudine lussuosa del consumo della carne e quindi insiste perché almeno l’animale non venga sottoposto a tormenti, condannando con una descrizione particolareggiata le pratiche crudeli con cui si ammorbidisce la carne del maiale vivo o si ingrassano la gru e il cigno, con gli occhi cuciti e innaffiati di mostruose misture.
Tutti temi che saranno ripresi nell’Età moderna, con un’indignazione che le esigenze retoriche non bastano a spiegare.
L’obiezione che il contenuto letterale di difese in particolare antiche del vegetarianismo e del valore intrinseco degli animali, con i loro esempi tendenti a destare un senso di orrore e ripugnanza, debba essere letto come non più che un espediente retorico e addirittura satirico, subordinato a obiettivi polemici d’altro tipo, sembra smentita storicamente dal ripetersi nei secoli proprio della ricezione letterale di esempi e brani di testo specifici.
3. Lev Tolstoj ( Лев Толстой, 1828 – 1910)
Alla fine dell’Ottocento, esisteva ormai una letteratura vegetariana molto abbondante, come attestava Howard Williams nell'autorevole compendio degli argomenti per il vegetarianismo e delle biografie dei suoi esponenti antichi e moderni, intitolato "The Ethics of Diet", del 1881 e rivisto nel 1896.
Il merito dei pensatori vegetariani, per lui, era stato il loro tentativo di «disimbarbarire la vita umana nel suo aspetto essenzialmente più disumano», richiamandosi ai «diritti naturali, o morali, di tutti gli esseri innocenti, altamente organizzati».
L’opera di Howard Williams, apparsa dapprima sulle pagine del “Dietetic Reformer”, era stata tradotta in russo nel 1893 da Tolstoj (1828-1910), passato al vegetarianismo nel 1885, ovvero nel periodo in cui attraversò una profonda crisi spirituale che lo spinse ad adottare una posizione di difesa non-violenta di chi soffriva ingiustamente ed era oppresso.
Su ciò ebbe una corrispondenza con il giovane Mohandas Gandhi. L’autore di Guerra e pace e di Anna Karenina, scomunicato dalla Chiesa ortodossa, offrì più volte i propri diritti d’autore per aiutare contadini a riscattare la terra o perseguitati a emigrare dalla Russia zarista.
Scrisse un’opera contro la macelleria, Il primo passo, come prefazione all’edizione russa di Williams: il vegetarianismo era il primo passo verso un autocontrollo a cui tutti gli esseri umani avrebbero dovuto aspirare. Tolstoj raccontava di una visita a un mattatoio e del suo dialogo con un giovane macellaio ancora inesperto, che aveva ammesso di provare pietà per gli animali che uccideva per vivere.
“La prima tappa – scrive l’autore – sarà la sobrietà nell’alimentazione […] E se l’uomo cerca seriamente e sinceramente di progredire verso il bene, la prima cosa di cui si priverà, sarà l’alimentazione carnea … il suo uso è immorale perché comporta una azione contraria alla morale: l’assassinio ”.
4. Mohandas Karamchand Gandhi, (detto il Mahatma, 1868-1948)
Mohandas Gandhi era cresciuto vegetariano secondo l’uso che prevaleva nella casta dei mercanti, specie nella zona dell’India occidentale da cui lui proveniva.
Si era però quasi convinto dell’idea che solo con la dieta carnea gli indiani sarebbero riusciti a mandare via gli inglesi, grazie alla forza che avrebbero acquisito. Da ragazzo, aveva compiuto esperimenti carnivori segreti, concependoli come una sfida alla tradizione indù e all’imperialismo britannico.
A vent’anni partì per studiare legge in Inghilterra, dopo avere promesso solennemente alla madre di rimanere fedele al vegetarianismo e di non bere.
A Londra scoprì, in Farringdon Street, un ristorante vegetariano dove trovò non solo una buona cucina, ma anche la letteratura che propugnava quella dieta dal punto di vista sia etico sia medico. Venne così a conoscenza della tradizione vegetariana occidentale e della sua associazione con forme di radicalismo politico.
Gandhi divenne membro, poi dirigente della Vegetarian Society londinese e per i periodici vegetariani scrisse i suoi primi articoli: questa fu, insomma, la prima causa pubblica per cui si impegnò e svolse attività di organizzazione, proseguendo anche dopo, in Sudafrica, dove fondò due comuni vegetariane rurali, una delle quali intitolata a Tolstoj.
Il vegetarianismo diveniva per Gandhi una scelta, invece che una costrizione culturale, e assumeva, con il parallelo fra il rispetto per gli uomini e quello per gli animali, un carattere etico: «Il vegetarianismo era stato per Gandhi un emblema di umiliazione coloniale; ora lo trasformava in un simbolo di resistenza».
5. Adolf Hitler (1889 – 1945)
Inevitabile è lo sgomento di chi scopre non solo che Hitler era vegetariano (come lo erano alcuni dei suoi massimi gerarchi) e nemico della caccia, ma che tra i primi provvedimenti all’indomani dell’avvento al potere dei nazisti vi furono leggi per la regolamentazione della vivisezione (paragonabili a quelle ottenute dopo tante battaglie civili in Gran Bretagna) e per la protezione degli animali, ivi comprese le specie a rischio di estinzione.
Hitler si immedesimava col lupo, si circondava di cani e lo stesso facevano alcuni dei suoi gerarchi. La “compassione” del gerarca, è arbitraria come la sua decisione di massacrare e non ha nulla a che fare con il valore inerente, con colpe o meriti, dell’oggetto del suo gesto.
C’è una spiegazione immediata per tutto questo: l’antivivisezionismo e il vegetarianismo erano strettamente legati all’antisemitismo e all’idea del ripristino della originaria “purezza ariana” dei leggendari eroi germanici.
Più in generale, tra il tardo Ottocento e l’inizio del Novecento, il nazionalismo razzista si sviluppò - soprattutto in Germania - con un caratteristico corredo di misticismo naturalista e di esoterismo autoritario, di collegamento tra l’identità razziale del Volk e il paesaggio della foresta teutonica, di culto del corpo, e anzi di uno stereotipo fisico: in questo quadro si collocavano l’adozione del vegetarianismo, il nudismo, le terapie che oggi chiameremmo alternative, anche tra alcuni esponenti dell’Unione vegetariana tedesca del primo dopoguerra 24.
Si è avanzata inoltre l’opinione che la legislazione protezionistica e il vegetarianismo nazisti siano da collegare anche all’ostilità verso il cristianesimo: un attacco all'antropocentrismo dagli intenti però opposti a quelli della critica dei liberi pensatori del passato.
Hitler e i suoi annetterono a una feroce ideologia della natura razzista il vegetarianismo e l’antivivisezionismo. A torto i vegetariani evitano spesso di affrontare l’argomento, temendo di non saper rispondere al rinnovarsi di un’antica accusa che, dopo i campi di sterminio, diverrebbe terribile: preferite gli animali agli uomini.