I miti sono storie collegate a formare una raccolta di documenti sacri, sulla cui autorità si fondò la prosecuzione di antiche istituzioni, di costumi, di riti e di credenze nei luoghi dove i miti ebbero origine, oppure opportuna modificazione.
« Miti » è vocabolo greco, mitologia è concetto greco, e la storia mitologica si basa su esempi greci.
Gli studiosi che negano la presenza di miti nella Bibbia, sono, in un certo senso, giustificati perché molti altri miti riguardano dèi e dee che prendono a cuore le vicende degli uomini, ognuno favorendo eroi rivali tra loro, mentre la Bibbia riconosce un onnipotente, universale e unico Dio.
Nonostante ciò esistono tantissimi miti ebraici (come ad esempio la creazione secondo la Genesi, la cosmologia mitica, la caduta di Lucifero, la torre di Babele ecc.) i quali possono accompagnarsi ai miti greci perché tutti e due hanno la stessa concezione.
Oggi, in particolare, parleremo di un interessante mito ebraico che analizza la "Cosmologia mitica" e secondo il quale si tenta di spiegare l'origine e l'evoluzione di tutto l'Universo. Vediamolo insieme.
1. Dimensioni e numeri
Fu tanto grande il lavoro compiuto per la creazione, che una passeggiata da est ad ovest, attraverso la terra, richiederebbe in proporzione cinquecento anni per un uomo (ammesso che fosse in grado di portarla a termine) e una passeggiata da nord a sud, altri cinquecento.
Tali distanze corrispondono a quelle considerate esistenti fra la terra e il primo paradiso, e fra il primo paradiso e la suprema sommità.
In quanto alla terra per se stessa, un terzo della sua superficie era deserta, un terzo mare e il terzo rimanente terra abitabile.
Alcuni misurano l’ampiezza della terra in seimila parasanghe, ossia diciottomila miglia in ogni direzione e l’altezza del cielo in mille parasanghe ossia tremila miglia ( parasanga è un'antica misura lineare persiana, utilizzata anche in Egitto e presso altri popoli del Medio Oriente. Il nome occidentale deriva dal greco parasánges).
Altri credono che la terra sia anche più ampia. Asseriscono che l’Egitto misura quattrocento per quattrocento parasanghe, cioè milleduecento miglia quadrate; benché l’Egitto sia un sessantesimo dell’Etiopia, l’Etiopia un sessantesimo della superficie terrestre.
Questa veniva calcolata come un sessantesimo dell’Eden e l’Eden un sessantesimo della Gehenna. Di conseguenza la terra era, dunque, paragonata alla Gehenna, come il piccolo coperchio di una immensa pentola.
A est del mondo abitabile, vediamo quindi il giardino dell’Eden, dimora dei giusti. A ovest l’oceano e le sue isole; e dietro a esso il deserto, un suolo inaridito dove strisciano soltanto scorpioni e serpenti. A nord, si stendono la Babilonia e la Caldea, e, dietro a queste, stanno le dimore dell’inferno infuocato e le dimore della neve, della grandine, delle nebbie, della brina, delle tenebre e dei cicloni. Là vivono i demoni, gli spiriti del male, l’ospite di Samaele, e v’è anche la Gehenna, dove vengono confinati i malvagi. A sud stanno le dimore di Teman, quelle del fuoco e l’antro del fumo, da cui sorgono le calde trombe d’aria.
2. Confini
Secondo altri, l’est è la zona dalla quale si sprigionano sul mondo la luce e il calore. L’ovest contiene le dimore della neve e delle bufere, dalle quali proviene il vento gelido. Le brine e le piogge della benedizione provengono dal sud, mentre il nord genera le tenebre.
Dio fissò il firmamento ai confini della terra verso est, sud e ovest, ma lasciò libero un lembo a nord, e proclamò: « Se qualcuno dicesse: ’Io sono Dio’, lasciate che tenti di fissare anche quel lembo per provare la sua divina potenza! »
Le sette terre, separate le une dalle altre da intervalli di trombe d’aria, vengono nominate in ordine ascendente. Eres, Adama, Harabha, Siyya, Yabbasha, Arqa, Tebhel e Heled.
Arqa, la quinta terra, contiene la Gehenna e le sue sette propaggini, ognuna delle quali dispone di proprie dimore delle tenebre. La più alta di esse è Sheol, e sotto di questa troviamo altri nomi: perdizione, il pozzo dell’imo, la sentina, il silenzio, i cancelli della morte e i cancelli dell’ombra della morte.
Il fuoco di queste propaggini è sessanta volte più ardente di quello immediatamente sottostante. Qui i malvagi sono puniti e gli angeli li tormentano.
Tebhel, la sesta terra, contiene colline, montagne, vallate e pianure, abitate da non meno di 365 specie di creature. Alcune hanno testa e corpi bovini, ma parlano come la specie umana, altre hanno teste gemelle, quattro orecchie, quattro occhi, nasi e bocche doppie, quattro gambe e quattro mani, ma un solo tronco.
Quando sono sedute sembrano due persone, ma quando camminano, una sola, quando mangiano e bevono, le due teste litigano, accusandosi a vicenda di prendere la parte migliore. Tuttavia sono considerate esseri giusti.
Heled, la nostra terra, la settima, non richiede descrizioni.
3. I sette cieli
Varie sono le opinioni sull’esistenza di due, tre, sette o dieci cieli; ma indubbiamente il loro numero è pari a quello delle sette terre.
Il firmamento copre la terra, come un coperchio fatto a cupola; il suo orlo sfida l’oceano circostante. Il cielo, quindi, è agganciato a queste acque.
Un arabo, una volta, condusse il rabbino bar Bar-Hana fino ai confini della terra, dove questa era fissata al firmamento. Il rabbino aveva portato con sé un canestro pieno di pane e, giunta l’ora della preghiera, lo aveva posato presso l’apertura che conduceva al cielo.
Più tardi, cercò invano il paniere e chiese: « Chi ha rubato il mio pane? » L’arabo gli rispose: « Nessun uomo, ma la ruota del firmamento si è messa a girare mentre pregavi. Aspetta fino a domani e riavrai il tuo pane ».
Alcuni descrivono la terra come un immenso atrio, aperto soltanto a nord; perché, quando il sole, muovendo da est a ovest, raggiunge l’angolo nord-ovest, esso si volge, sale e ridiscende, spostandosi sul retro della cupola del
firmamento. Siccome il firmamento è opaco, questo giro di ritorno dell’astro solare porta la notte sulla terra.
Arrivato all’estremo est, si sposta di nuovo, riprendendo posizione sulla parte anteriore del firmamento e ridona la luce a tutta l’umanità.
Il rabbino Shimon ben Laqish, nomina i sette Cieli nel seguente ordine: Wilon, Raqi‘a, Shehaqim, Zebhul, Ma‘on, Makhon e ‘Arabhoth. Essi sono tutti fìssati e disposti a volta sopra la terra, uno sull’altro, come le pelli di una cipolla; eccetto soltanto Wilon, il più basso, che ombreggia la parte superiore della terra proteggendola dalla calura.
All’alba, quindi, Wilon si stende attraverso il firmamento; ma al tramonto, viene spinto via per consentire alla luna e alle stelle di brillare da Raqi‘a, il secondo cielo.
In Shehaqim, un paio di mole macinano la manna per i giusti; in Zebhul si trovano la Gerusalemme celeste, il tempio e l’altare, sul quale l’arcangelo Michele offre sacrifici. In Ma‘on, sciami di angeli ministri cantano inni di ringraziamento a Dio durante l’intera notte, ma tacciono all’alba, così da consentire che il Signore ascolti gli inni e le lodi che salgono a lui da Israele.
Makhon contiene dimore di neve e grandine, di rugiade e piogge, antri di tempeste e antri di nebbie; in ‘Arabhoth hanno dimora giustizia, legge, carità, i tesori della vita, pace e benedizione, le anime dei giusti, quelle dei non ancora nati, la rugiada con la quale Dio renderà la vita ai morti, il carro visto in sogno da Ezechiele, gli angeli ministri e il trono divino.
4. I sette cieli e le sette terre
Dal lato opposto, il cielo più basso contiene nubi, venti, aria, le acque superiori, i duecento angeli incaricati di sorvegliare le stelle, e dimore di neve, ghiaccio, e rugiade, tutte coi propri angeli custodi.
Nel secondo cielo regna una completa tenebra sopra i peccatori, incatenati, in attesa del giudizio. Nel terzo cielo, sta il giardino dell’Eden, pieno di meravigliosi alberi da frutta, compreso l’albero della vita, sotto il quale Dio si riposa, quando vi giunge in visita.
Dall’Eden sgorgano due fiumi: uno di latte e miele, l’altro di vino e olio: essi si diramano in quattro corsi, scendono e circondano la terra. Trecento angeli della luce, che cantano incessantemente le lodi di Dio, vegliano sul giardino, che è il paradiso per le anime dei giusti, i quali vi sono ammessi dopo la loro morte.
A nord dell’Eden si stende la Gehenna, dove oscuri fuochi ardono perennemente e un rivolo di fiamme scorre attraverso una distesa di ghiaccio e di freddo mordente; qui sono torturati i malvagi.
Nel quarto cielo vi sono i carri guidati dal sole e dalla luna; e vi sono anche grandi stelle, ognuna seguita da un migliaio di stelle minori, che accompagnano il sole nel suo giro, quattro alla destra e quattro alla sinistra. Uno dei due venti che trainano quei carri ha la forma di una fenice e l’altro di un serpente vorace, e tuttavia le loro teste sono simili a quella del leone e le parti inferiori simili a quelle del Leviathan.
Ciascun vento ha dodici ali. A est e a ovest di questo cielo, stanno i cancelli attraverso i quali passano i carri celesti, nelle loro determinate ore.
Il quinto cielo ospita i giganteschi angeli caduti, che vi stanno accucciati in silenzio e in perpetua disperazione.
Nel sesto cielo vivono sette fenici, sette cherubini inneggianti a Dio senza posa, e schiere di angeli raggianti, intenti a studi astrologici; altri angeli, a guardia delle ore, degli anni, dei fiumi, dei mari, delle messi, dei pascoli e dell’umanità, sono attenti al volere di Dio, per quanto fantastiche siano le cose che contemplano.
Il settimo cielo, di luce ineffabile, ospita gli arcangeli, i cherubini, i serafini e le ruote divine; qui Dio siede sul suo divino trono, e intorno a lui tutti cantano le sue lodi.
Questi sette cieli e queste sette terre non possono staccarsi gli uni dagli altri, né cadere nel vuoto sottostante, perché congiunti fra loro dai corrispondenti lembi di cieli e angoli di terra. La terra superiore, tuttavia, è agganciata al lembo del secondo cielo (non del primo che consiste in un incommensurabile velo ripiegato).
La seconda terra è agganciata al terzo cielo e così di seguito. Inoltre ogni cielo è congiunto nello stesso modo al cielo vicino. La intera struttura ricorda quindi una torre di quattordici piani, il superiore dei quali, ’Arabhoth, pende dal braccio di Dio; alcuni tuttavia sostengono che Dio regge i cieli con la mano destra e la terra con la sinistra.
Ogni giorno Dio è portato da un cherubino a visitare tutti questi mondi, e vi riceve omaggio e adorazione. Durante il viaggio di ritorno è portato dalle ali del vento.
5. Chiarimenti sulle dottrine rabbiniche
- Le suddette dottrine rabbiniche, soprattutto derivanti da azzardate fonti greche, persiane e babilonesi, furono create per impressionare l’umanità riguardo alla inimmaginabile potenza e complessità del lavoro di Dio, e la stessa inconciliabilità di queste dottrine tra loro, avvalorò tale impressione. I saggi accettarono il concetto biblico della terra piatta, ma erano tutti perplessi e sconcertati dal fatto che il sole ogni mattino apparisse ad oriente. Un minuscolo frammento di scienza matematica troviamo nel fatto che la misura delle dimensioni della terra si avvicina ragionevolmente a quella dichiarata dal fisico tolemaico Eratostene di Cirene, nel terzo secolo a.C. La sistemazione della Gehenna non solo nel sottosuolo, ma sulla terra e in uno dei cieli, è forse stabilita come un’eco della concezione di Amos IX 2: « Quand’anche penetrassero nel soggiorno dei morti, la mia mano li strapperà di laggiù; quand’anche salissero al cielo, la mia mano li afferrerà e li trarrà giù».
- Teman significa tanto « sud » quanto « terra del sud ». Esaù ebbe un nipote con questo nome, il cui padre era Eliphaz. Un « capo di Teman » è nominato due volte in un passo che accenna anche a Husham della terra del sud (temani), come un re di Edom. « Eliphaz, il temanita » (temani) fu uno dei confortatori di Giobbe. Altrove, la lontana terra del sud appare come una misteriosa regione piena di « stanze » e « venti vorticosi del sud ». In un tardo midrash queste stanze sono identificate con lo Yemen nell’Arabia del sud o con Tayma, una zona dell’Arabia del nord, a circa duecentocinquanta miglia dall’entrata nel golfo di Aqaba.
- Hashmal è una sostanza divina che (secondo Ezechiele I) provvide all’infuocato aspetto del trono di Dio, e della sua stessa figura. La versione dei Settanta traduce Hashmal in elektron che in greco è connesso con elector, uno dei nomi del sole; e questo nome significa « splendore di luce d’oro »; quindi un’ambra o ambra gialla electrum, una lega di quattro parti d’argento con una d’oro. Hashmal si identifica col nome moderno "elettricità" , in quanto lo sfregamento dell’ambra attrae particelle di polvere e a quanto sembra questo fu il primo esperimento dell’elettricità. Ma l’associazione del lampo con la polvere di Dio essendo antica, Ezechiele può aver considerato questo divino hashmal, come la sorgente della luce.
- Nei tempi del Talmud, le considerazioni sulla struttura dell’Universo erano chiamate ma‘asse merkabhah « ciò che riguarda il carro », perché pertinenti al carro divino descritto da Ezechiele. I Farisei consideravano pericolosi gli studi di queste cose e parecchie leggende parlano di studiosi che omisero necessarie precauzioni: Ben Azzay mori all’improvviso, Ben Zoma impazzì, Elisha ben Abuya divenne eretico; soltanto il rabbino Akiba sopravvisse, grazie alla sua umiltà e circospezione.
- Che l’intero Universo penda dalle braccia di Dio è citato in primo luogo nel Talmud babilonese (B. Hagiga 12b): « Il rabbino Yose dice: ’La terra posa su colonne, le colonne sull’acqua, l’acqua sulle montagne, le montagne sul vento, il vento sul turbine, e il turbine pende dal braccio di Dio ’ ». Ma questo non si concilia con la visita quotidiana di Dio a ogni cielo e a ogni terra.