Il corpo umano è una macchina complessa dotata di numerose parti mobili, ciascuna delle quali, opportunamente avvicinata, allontanata o bilanciata, rende possibile:
- la locomozione, cioè i movimenti che il corpo compie per muoversi;
- la postura, intesa come la corretta posizione delle parti del nostro corpo, in atteggiamenti sia statici che dinamici, capace di conservare sempre il giusto equilibrio e di usare in modo adeguato le qualità motorie nell’ottica del risparmio energetico;
- la mimica, cioè la gestualità attraverso la quale possiamo esprimere ciò che sentiamo e pensiamo.
Per componenti attive del movimento intendiamo dunque tutti quei sistemi che con il loro lavoro collaborativo permettono ogni sorta di espressione motoria.
L’unione di questi sistemi dà vita al sistema motorio, inteso come il sistema costituito dall’insieme dei muscoli e dai centri e vie nervose che li governano.
I muscoli (organi formati prevalentemente da tessuto muscolare, che nel loro insieme formano il sistema muscolare) sono in grado di muovere sia le ossa unite dalle articolazioni, sia la pelle, sia gli organi interni (stomaco, intestino ecc.).
I movimenti di contrazione ed estensione dei muscoli coinvolgono quindi altre parti del corpo umano.
I muscoli sono paragonabili a macchine capaci di trasformare la statica e inattiva energia chimica in attivo e dinamico lavoro meccanico.
Questa loro capacità, per la quale sono considerati componenti attive del movimento, dipende da alcune caratteristiche delle cellule di cui è fatto il tessuto muscolare.
Ma vediamo un po meglio ed in maniera semplice alcuni aspetti che riguardano il sistema muscolare e cioè le proprietà, i diversi tipi del muscolo e come essi riescono a trasformare l’energia chimica derivata dagli alimenti in energia meccanica, cioè in movimento. Scopriamolo insieme.
1. Le proprietà del muscolo
Il muscolo è costituito di cellule che sono organizzate e specializzate per contrarsi.
Queste cellule, dette anche fibre muscolari, hanno alcune proprietà fondamentali, che sono:
- l’eccitabilità, intesa come la capacità di reagire agli stimoli provenienti dal sistema nervoso;
- la contrattilità, che è la capacità di contrarsi o distendersi in risposta allo stimolo nervoso; grazie a questa proprietà la fibra muscolare sollecitata dal sistema nervoso è in grado di accorciarsi e allungarsi;
- l’elasticità, che è la capacità della fibrocellula di riprendere la forma e la lunghezza iniziali una volta cessato lo stimolo;
- la tonicità, che si esprime con la capacità che ha la fibra muscolare di mantenere sempre, anche in stato di riposo, una certa tensione (tono muscolare). Questa tensione permette al muscolo di entrare in azione piú velocemente di quanto farebbe se fosse completamente rilasciato. La stazione eretta ci è garantita proprio dal tono mantenuto nei muscoli «antigravitazionali», presenti nel dorso, nel collo, negli arti inferiori, nel bacino (tono posturale).
Sicuramente la capacità di contrarsi in risposta a una stimolazione nervosa è la proprietà che piú caratterizza il tessuto muscolare. Generalmente la contrazione muscolare si suddivide in 3 fasi:
- la fase di latenza, cioè il tempo che trascorre fra l’arrivo dell’impulso nervoso e l’inizio della contrazione muscolare;
- la fase di contrazione, cioè il tempo di contrazione del muscolo;
- la fase di rilassamento, cioè il tempo durante il quale il muscolo ritorna nella posizione iniziale di riposo.
2. Tipi di muscolo
I muscoli vengono suddivisi in 3 grandi tipologie a seconda del tessuto muscolare che li caratterizza: muscoli striati o scheletrici, muscoli lisci, muscolo cardiaco.
- I muscoli striati o scheletrici sono costituiti da tessuto muscolare striato, cosiddetto per la particolare caratteristica delle cellule che lo compongono: esse infatti appaiono al microscopio elettronico con una serie di bande chiare e scure.
Aderiscono alla pelle e alle ossa, formando quella che viene comunemente detta «carne». I muscoli scheletrici si contraggono rapidamente e sviluppano una notevole potenza per brevi periodi di tempo.
Si muovono solo «a comando» e per questo vengono anche chiamati muscoli volontari. Sono deputati al movimento volontario riflesso e automatico, e governati dal sistema nervoso centrale e periferico. - I muscoli lisci sono costituiti da tessuto muscolare composto da fibre lisce, che sono fusiformi e più piccole delle fibre striate. Sono muscoli a contrazione lenta e il loro funzionamento è indipendente dalla volontà; per questo sono anche detti muscoli involontari.
Rivestono le pareti degli organi interni preposti a digestione, respirazione, circolazione, escrezione, riproduzione e ne permettono l’attività. I movimenti dei muscoli lisci sono governati dal sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico). - Il muscolo cardiaco è presente solo nel cuore. È governato ed innervato dal sistema nervoso autonomo, ma è caratterizzato dalla muscolatura striata tipica della contrazione volontaria; tuttavia la sua azione è involontaria. Inoltre è molto più resistente del muscolo scheletrico ed è in grado di contrarsi continuamente, ritmicamente, senza manifestare affaticamento.
In particolare, i muscoli scheletrici (nella foto) hanno forme differenti in rapporto alla funzione che devono svolgere. Nel nostro corpo esistono circa 400 muscoli che in base alla forma possono essere raggruppati in quattro diversi gruppi da cui derivano tutti gli altri.
Distinguiamo quindi i muscoli fusiformi, i muscoli semipenniformi, i muscoli penniformi, i muscoli a ventaglio.
Sempre riguardo alla forma i muscoli si distinguono anche in muscoli lunghi, che ricoprono sostanzialmente lo scheletro degli arti (bicipite, tricipite, quadricipite: essi devono il nome al numero dei tendini che sono inseriti alle origini), e muscoli larghi, che sono a copertura del tronco (grande gluteo, gran dorsale, trapezio, deltoide, gran pettorale).
3. Dalle fonti energetiche all’energia muscolare
I muscoli non sono altro che macchine generatrici di movimento e come tali hanno bisogno di una fonte di energia.
Sappiamo che il muscolo è un organo capace di trasformare l’energia chimica derivata dagli alimenti in energia meccanica, cioè in movimento. Vediamo come.
L’energia che il muscolo utilizza per contrarsi deriva, anche se indirettamente, dai cibi energetici, in particolare dalla combustione e trasformazione degli zuccheri e dei grassi.
Le molecole di cibo vengono scomposte a livello cellulare attraverso particolari reazioni chimiche che si verificano nei mitocondri della cellula.
Nei mitocondri è presente una molecola, ATP (acido adenosintrifosforico), che fornisce l’energia necessaria per la contrazione-decontrazione del muscolo.
L’ATP è presente normalmente nel muscolo ma in piccole quantità, sufficienti a garantire la contrazione per pochi secondi. Durante queste brevi fasi, l’ATP produce energia per la contrazione e subito dopo si trasforma in ADP (acido adenosindifosforico).
Questo processo entra in azione molto rapidamente, però è di breve durata (solo pochi secondi: da 6 a 8). Ecco quindi che, per fornire ai muscoli l’energia necessaria per la contrazione, occorre riformare nuovamente l’ATP dall’ADP.
La necessaria e continua trasformazione di ADP in ATP si chiama ricarica dell’ATP; per realizzarsi ha bisogno di sfruttare una fonte di energia che può essere ottenuta attraverso tre meccanismi che vanno a ricostituire continuamente ATP ed energia:
- il meccanismo anaerobico alattacido;
- il meccanismo anaerobico lattacido;
- il meccanismo aerobico.
4. Meccanismo anaerobico alattacido e lattacido
a) Meccanismo anaerobico alattacido
Per produrre energia e riformare ATP dall’ADP, questo meccanismo sfrutta la presenza nelle fibre muscolari di un altro composto contenente fosforo, la fosfocreatina (PC), che è un naturale accumulatore di energia.
Anche questo meccanismo è di breve durata (circa 5-8 secondi) ma sufficiente a ritrasformare l’ADP in ATP. Questo meccanismo si attiva in assenza di ossigeno (anaerobico significa infatti «senza ossigeno») e senza formazione di acido lattico (alattacido).
È molto potente ed entra in funzione immediatamente, ma data la scarsa quantità di materiale disponibile (ATP, PC) si esaurisce altrettanto velocemente. Pertanto viene utilizzato per attività di scatto, velocità, salto, lancio, cioè movimenti in cui la potenza ha un ruolo preminente.
b) Meccanismo anaerobico lattacido
Quando lo sforzo si protrae oltre i 10 secondi e il meccanismo anaerobico alattacido non basta piú a produrre energia e a riformare ATP, si innesca un secondo meccanismo energetico detto anaerobico lattacido.
Per ottenere l’energia necessaria per ricaricare l’ATP questo meccanismo non utilizza l’ossigeno ma i depositi di glicogeno (ottenuti dalla scomposizione di zuccheri e grassi assunti con l’alimentazione) presenti nel fegato e nei muscoli. Il glicogeno si combina con l’ADP formando ATP.
Poiché però il processo avviene in assenza di ossigeno, insieme alla produzione di energia si ha formazione di acido lattico nei muscoli. Quando l’acido lattico supera una certa quantità, la contrazione può diventare dolorosa e subentra il fenomeno della fatica. L’uso di questo meccanismo dipende dalla quantità di acido lattico che il muscolo riesce a tollerare e che può essere aumentata con l’allenamento. In ogni caso è un meccanismo di breve durata (uno o due minuti).
Dopo uno sforzo intenso lattacido o alattacido subentra la fase di recupero, caratterizzata dal «fiatone». Al momento dello sforzo breve viene «sospeso» l’utilizzo di ossigeno (il muscolo lavora sfruttando i meccanismi anaerobici per produrre ATP), cioè si crea un debito all’organismo di questo elemento che però deve essere subito compensato al termine dello sforzo.
Dopo un’attività intensa respirando affannosamente cerchiamo di assumere l’ossigeno di cui i muscoli hanno bisogno. L’ossigeno introdotto nella fase di recupero ha la capacità di diminuire la quantità di acido lattico circolante riconvertendolo in glicogeno o bruciandolo completamente. Parte dell’acido lattico è eliminata anche attraverso l’apparato escretore (sudore, urina).
5. Meccanismo aerobico
Quando lo sforzo si protrae da diversi minuti a qualche ora (come accade nelle corse di resistenza, per esempio la maratona) interviene, per la produzione di energia, un altro meccanismo, molto piú lento a entrare in azione ma che può mantenere il lavoro per lunghissimo tempo: il meccanismo aerobico.
Questo meccanismo sfrutta come carburante i glucidi e i lipidi presenti nel muscolo e come comburente l’ossigeno.
Quando gli zuccheri (glicogeno) e i grassi presenti nei muscoli vengono a contatto con l’ossigeno trasportato dal sangue, bruciano, producendo l’energia necessaria per trasformare l’ADP in ATP e lasciando come prodotti di rifiuto anidride carbonica, espulsa con la respirazione, e acqua, espulsa con il sudore.
Con questo meccanismo sono prodotte quantità di energia ben piú alte rispetto ai precedenti meccanismi.
Con il processo aerobico, a differenza di quanto avviene con gli altri due, non si contrae debito di ossigeno poiché l’ossigeno consumato è in equilibrio con le richieste organiche.
Ci sono tuttavia fattori che limitano l’attività aerobica: la disponibilità delle riserve energetiche di lipidi e glucidi (è importantissima la dieta, specie per i fondisti) e le capacità organiche del soggetto (l’attività del sistema cardiorespiratorio, la quantità di capillari muscolari, la capacità dei muscoli di rifornirsi di ossigeno dal sangue).
Queste capacità migliorano decisamente grazie alle modificazioni che l’allenamento di «endurance» (resistenza) produce sul sistema nervoso, muscolare e sull’apparato endocrino. Le fibre rosse, ricche di mitocondri e di ossigeno, sono deputate proprio al lavoro aerobico.