10 consigli per non somatizzare, per rigenerare la nostra salute e per essere felici

Ogni volta che freniamo un’emozione o un modo di essere facciamo ristagnare un’energia che può farci ammalare.

Per mantenersi sani non basta mettere in atto una buona “manutenzione”, controlli preventivi e pratiche salutari, occorre imparare ad ascoltare ciò che il corpo ci dice e a seguire i suoi suggerimenti.

Il corpo ne sa sempre più di noi. Per fare prevenzione, così come per recuperare la salute, dobbiamo cercare di assecondarlo quanto più possibile, come faremmo con un medico saggio.

Ecco Il nostro organismo ci dà continuamente segnali di benessere: ogni sintomo o ogni sensazione sono suggerimenti per rigenerare la nostra salute e per essere felici. Proprio così, il corpo può essere un canale di felicità.

Per questo abbiamo studiato una serie di suggerimenti che ci aiuteranno a curare l’organismo in base alle sue “spie” a migliorare subito la nostra vita: da come cambiare “sguardo” a come affrontare un disturbo.

Saper leggere il codice psicofisico significa avere l’alleato più prezioso come nostro complice terapeutico.

Ecco come riuscirci: le operazioni e i comportamenti che ci evitano di somatizzare i disagi e ci permettono di recepire il messaggio in tempo reale. Una guida da utilizzare ogni giorno.

 

1. Cerca il senso non la causa e non trattare il corpo come un oggetto

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- Cerca il senso non la causa

Di solito deleghiamo agli esami specialistici il compito di interrogare il corpo e di scoprire in esso l’errore.
Ma accanto a questo procedimento, necessario per arrivare a una diagnosi, noi dobbiamo fare un’altra operazione: chiederci cosa ci sta comunicando l’organo che in quel momento ha preso la parola.
Proviamo a farci qualche domanda: chi ci sta “parlando”? Dove è collocato? Qual è la sua funzione? A cosa lo associamo?
Ad esempio attraverso il mal di testa parla il mondo alto del pensiero, attraverso lo stomaco la nutrizione e l’affettività ad esso legata...
Osserva i sintomi: quando migliorano o peggiorano? Che periodo è quello in cui sono comparsi? Cosa ci impediscono di fare e ci consentono di ottenere?
Ci sono organi il cui significato simbolico è più complesso o oscuro, se la sofferenza che li riguarda è ricorrente o importante è utile chiedere aiuto a una psicoterapia a orientamento psicosomatico.

 

- Non trattare il corpo come un oggetto

Nella nostra cultura il corpo è sempre più un oggetto narcisistico da ammirare, manipolare, mantenere efficiente.
Ma non può esserci alcun dialogo, alcuna curiosità o rispetto per un oggetto... D’altronde, in quest’ottica, cosa potrebbe dirci? Siamo noi che dobbiamo controllarlo, plasmarlo, correggerlo...
Occorre cambiare prospettiva: il corpo è vivo, ha un’anima, saggezza, volontà e intelligenza.
Nel corpo è custodito l’inconscio, un sapere antico quanto l’uomo. Il corpo sa, condivide con l’universo i ritmi, le stagioni, il destino; guarisce e si ammala per ragioni che hanno sempre un senso ampio e profondo.
Ecco perché dobbiamo rispettarlo come una risorsa prodigiosa, un patrimonio innato che vive dentro di noi, a cui possiamo attingere.
Prova a visualizzare questa dotazione con un simbolo, ad esempio un calice, una pietra preziosa, una pergamena, un punto luminoso... e a evocarlo quando stai male.

 

2. Afferma i tuoi gusti e le tue tendenze e non “patologizzare” ogni segnale

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- Afferma i tuoi gusti e le tue tendenze

Per evitare di ammalarti devi essere quanto più possibile spontaneo e te stesso.
Più abbiamo il coraggio di affermare i nostri gusti e le nostre scelte, soprattutto quando non sono condivise, e più mettiamo il nostro sistema immunitario in grado di svolgere il suo ruolo: prevenzione e autoguarigione.
Ecco perché non è un vezzo narcisistico né egoismo pensare con la nostra testa, scegliere senza farci condizionare, seguire i nostri gusti anche se non combaciano con le mode del momento.
E cercare l’originalità in ogni cosa, che non significa farsi notare a tutti i costi ma dare la nostra impronta, anche apparentemente normale, a tutto ciò che facciamo.
Ad esempio, parlare usando parole nostre, arredare la nostra casa come più ci piace, frequentare solo le persone che ci stanno simpatiche, leggere i libri che ci appassionano e che gli altri trovano noiosi, indossare i colori che ci mettono allegria, evitare i cibi che non ci appetiscono...

 

- Non “patologizzare” ogni segnale

Basta un’occasionale dissenteria per metterci a dieta stretta e ricorrere a una copertura antibiotica oppure un mal di testa per imbottirci di ibuprofene, calcoliamo ogni piccolo sintomo come catastrofico...
Quando ogni segnale inconsueto viene interpretato come sintomo di malattia, vuol dire che il nostro corpo è un estraneo di cui abbiamo paura. La diffidenza con cui lo guardiamo infatti è tipica di tutto ciò
che non controlliamo. L’ipocondria, ossia la percezione del proprio corpo come un antro buio dove si annida il male, ci impedisce di cogliere segnali che invece potrebbero metterci sulla retta via.
Come si fa a fidarsi del corpo? Bisogna metterlo alla prova, di fronte a un sintomo non drammatico anziché chiamare il medico o assumere farmaci, mettiti in osservazione: come stai? Cosa sta succedendo attorno a te?
Concediti più attenzioni, ma dai al tuo corpo la possibilità di farcela da solo. Ti renderai immediatamente conto delle sue capacità e comincerai a farci affidamento.

 

3. Chiediti a cosa “ti serve” quel disturbo e cerca di capire

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- Chiediti a cosa “ti serve” quel disturbo

Si chiama vantaggio secondario della malattia ed è la ricaduta “utile” che la malattia ha sulla nostra vita.
Sembra paradossale ma è così: la malattia serve sempre a uno scopo di cui spesso non siamo consapevoli.
Facciamo qualche esempio: una banale allergia al pelo di gatto ci esonera a frequentare una certa casa, una diarrea cronica ci obbliga a mangiare per conto nostro.
Una patologia cardiaca ci rende fragili e bisognosi di attenzioni, un attacco di vertigini ci costringe ad appoggiarci a qualcuno, la depressione o una patologia acuta come una polmonite o un’appendicite congelano scelte travagliate.
Non sempre è facile individuare il vantaggio che quel disagio ci comporta, ma spesso concentrare l’attenzione sul corpo è un modo per distrarsi da un’angoscia di tipo diverso: “Ho qualcosa di più urgente a cui pensare del mio matrimonio”, “Prima devo guarire poi ricomincerò a cercare lavoro...”.

 

- Cercare di capire

Il corpo parla un linguaggio semplice e nel contempo profondo, che per essere compreso non necessita di una cultura sofisticata.
Lo testimoniano la medicina popolare e il sapere degli antichi, per questa ragione un approccio al corpo troppo cerebrale e scientifico non aiuta.
Se sei solito leggere l’enciclopedia medica per saperne di più o fare giri su Internet per cercare rassicurazioni e notizie, considera che in questo modo ti impedisci di compiere l’unica operazione che ti consente di capire davvero come funziona il tuo corpo: l’osservazione diretta.
Ascoltalo, osservati: ti renderai conto di come si allarga il tuo respiro quando sei contento o sei forzato, dei cibi che fai fatica a digerire, della ciclicità degli ormoni, dell’orario in cui hai più energie, di come cambia la luminosità della pelle o la qualità del sonno o dei sogni che variano a seconda di quello che pensi...

 

4. Fai pace con il tuo corpo e non zittire i disagi con i farmaci

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- Fai pace con il tuo corpo

Se tra te e il tuo corpo c’è distanza o conflitto, come accade ad esempio nei casi di disturbi alimentari o di patologie croniche, può essere catartico e chiarificatore entrare in comunicazione con la dimensione somatica e stabilire un contatto attraverso la scrittura.
Il tuo corpo è un nemico, o un estraneo, hai la sensazione che ti invii solo segnali ansiogeni o che ti tradisca quando meno te l’aspetti?
Trova un momento di tranquillità, prendi un foglio e una penna e rivolgendoti al corpo prova a dirgli quello che ti ispira: le paure, il senso di disagio, di disorientamento, di fiducia e sfiducia...
Prova a fare la stessa operazione in momenti diversi, a scrivere una lettera di gratitudine per avercela fatta a guarire o per aver superato un trauma.

 

- Non zittire i disagi con i farmaci

Siamo stanchi ma al lavoro stiamo sostituendo un collega, ecco allora che quando sopraggiungono i primi sintomi di un’influenza ci imbottiamo di farmaci che silenziando i sintomi ci permettono di andare oltre i nostri limiti.
E se quell’influenza venisse proprio per imporci un ritmo più lento? O a scaricarci da una responsabilità che stiamo vivendo con troppa ansia?
I farmaci inutili imbavagliano il corpo e, spegnendo i sintomi, favoriscono lo sviluppo di patologie croniche più gravi. Mettersi a letto quando serve, potrebbe invece farci tirare il fiato e darci il tempo di renderci conto che stavamo esagerando.
Ogni disturbo, ogni imprevisto fisico ci comunica qualcosa e va sfruttato: perché nella maggior parte dei casi sa indirizzarci verso una nuova strada.

 





5. Usa l’immaginario e non trattenere le emozioni, belle e brutte che siano

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- Usa l’immaginario: è la forza dell’inconscio

Il corpo parla per immagini: una pelle arrossata, una mano deformata dall’artrosi, una mucosa gastrica lacerata, un fibroma sono alcuni esempi di come l’intelligenza del corpo traduca un conflitto in un’immagine simbolica.
Il linguaggio delle immagini è quello che il corpo comprende in maniera più facile e immediata. Ecco perché creare delle immagini può avere un effetto terapeutico.
Vediamo come fare: chiudi gli occhi e pensa al disturbo che ti affligge, a cosa assomiglia? Quale immagine ti evoca?
Supponiamo che il bruciore di stomaco ti evochi un vulcano, immagina adesso che la lava ribollente pian piano si raffreddi diventando meno incandescente, meno rossa...

 

- Non trattenere le emozioni, belle e brutte che siano

Le emozioni soffocate diventano ansia, bruciore di stomaco, mal di testa, senso di soffocamento, diarrea o stipsi...
Dare spazio alle emozioni, espanderle, creare le occasioni perché si scarichino vuol dire prevenire ma anche disinnescare le cause di malessere.
Ti senti triste senza ragione? Ecco le operazioni da evitare: cercare il motivo, sentirti in colpa, ostentare allegria, crogiolarti...
Ecco invece cosa fare: ammetterlo, coccolarsi, dare un volto a ciò che sentiamo, ad esempio una nube nera, e pensare “A qualcosa mi servirà, le lascio fare il suo lavoro, da qualche parte mi porterà...”.
Perché è così. E perché molto spesso basta un semplice atteggiamento mentale: cedere invece di resistere.

 








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