Con il freddo, accadono strane cose.
Cotechino e polenta ci richiamano come le sirene di Ulisse, le signore sentono il bisogno di infilarsi in pigiamoni di pile finché non si torna sopra i 20 °C e se andiamo nel Nord Europa ci mettiamo il colbacco come Totò e Peppino mentre gli autoctoni girano in maglietta…
Perché succede tutto questo? Come reagiamo al freddo?
Ecco che cosa risponde la scienza a queste e ad altre domande, per capire che cosa accade al nostro corpo… al gelo.
1. LE DONNE SONO PIÙ FREDDOLOSE? E SPALARE LA NEVE È RISCHIOSO?
1. LE DONNE SONO PIÙ FREDDOLOSE?
Sì, perché hanno il metabolismo basale più basso e producono meno calore corporeo.
Lo hanno verificato Boris Kingma e Wouter van Marken Lichenbelt, dell’Università di Maastricht, misurando il metabolismo di 16 signore: per questo, dicono i due studiosi, le donne in genere preferiscono una temperatura più alta, in ufficio e a casa.
Ma la scienza ha una spiegazione anche per la “gelida manina” femminile, cantata nella Bohème di Giacomo Puccini: dipende da una maggiore reazione al freddo.
Il corpo infatti risponde alle basse temperature facendo contrarre i vasi sanguigni alla periferia, in braccia e gambe, per deviare il sangue verso gli organi interni e disperdere meno calore.
Nelle donne i vasi si “chiudono” prima e di più rispetto a quanto accade negli uomini, come hanno mostrato gli studi di Michael Tipton, fisiologo dell’Università di Portsmouth (Uk): ecco perché tendono ad avere mani gelide e piedi ghiacciati...
E ciò, come aggiunge Tipton, le rende più suscettibili al gelo in generale, perché un fattore importante nel determinare se sentiamo freddo o no è la temperatura delle estremità.
Questo meccanismo forse si è evoluto per proteggere il feto dal gelo, in gravidanza. Ma, oltre al sesso, sono diverse le caratteristiche che rendono una persona più o meno sensibile.
In generale, essere più o meno freddolosi dipende dalla velocità del metabolismo, regolata dagli ormoni tiroidei: se il metabolismo corre si produce più calore e serve meno sforzo per adattarsi al freddo, e viceversa.
Gli anziani per esempio sono più freddolosi, perché hanno un metabolismo più lento e non hanno più una buona capacità di termoregolazione. Mentre i bambini sembrano all’opposto piccole stufe.
E poi ci sono fattori come dimensioni e... strato adiposo: chi è alto e robusto ha una maggiore superficie corporea e quindi disperde più calore, mentre chi ha più grasso sottocutaneo è più “isolato”.
2. SPALARE LA NEVE È RISCHIOSO?
Un pochino... Uno studio di un team dell’Università di Montréal (Canada), analizzando i casi di infarto avvenuti in oltre trent’anni nella provincia canadese del Québec, ha visto che il rischio di attacco cardiaco aumentava dopo una nevicata.
Gli scienziati lo hanno associato al fatto di spalare la neve. Il motivo?
La fatica aumenta molto la pressione arteriosa, mentre inalare aria fredda può causare una costrizione dei vasi, comprese le coronarie.
In generale, chi non è in salute deve stare attento agli sbalzi e non fare sforzi al freddo: spalare la neve dopo una giornata passata al calduccio può essere rischioso, perché comporta una super-richiesta di energia per far fronte al gelo e alla fatica.
Inoltre, il freddo può essere pericoloso per gli anziani, che fanno più fatica ad acclimatarsi e possono reagire alla vasocostrizione da freddo con un’ipertensione poco controllabile. Molto meglio, insomma, andarci piano...
2. IL FREDDO METTE DAVVERO FAME? E PERCHÉ SENTIAMO PIÙ FREDDO IN AUTUNNO CHE IN PRIMAVERA, A PARITÀ DI TEMPERATURA?
3. IL FREDDO METTE DAVVERO FAME?
Sì, perché per mantenere la temperatura interna si usano le riserve di grasso, e questo accende l’appetito.
Per scaldarci bruciamo grassi particolari: quello chia- mato “bruno”, presente in alcuni punti del corpo, e quello “beige”, derivato dal grasso “normale”.
Quando fa freddo, dal sistema nervoso autonomo parte un segnale che trasforma il grasso “bianco”, quello di deposito (la ciccia), in grasso “beige”. In esso ci sono acidi grassi e trigliceridi che possono essere bruciati per produrre calore.
Così facendo però il deposito di energia dell’organismo si riduce: si attiva allora il centro della fame e mangiamo di più.
Senza contare che spendiamo energia anche per un’altra strategia anti-gelo: contraiamo i muscoli, perché la loro attività genera calore. È questo che produce i brividi.
Gli scienziati invitano però a resistere alla tentazione di abbuffarsi, sfruttando invece questi meccanismi per perdere i chili di troppo: uno studio giapponese ha mostrato un calo del grasso corporeo già nei volontari che avevano passato due ore al giorno a 17 °C (nemmeno troppo freddo) per sei settimane.
4. PERCHÉ SENTIAMO PIÙ FREDDO IN AUTUNNO CHE IN PRIMAVERA, A PARITÀ DI TEMPERATURA?
Perché veniamo dal tepore estivo e non siamo ancora abituati al gelo: serve tempo per acclimatarsi e più si è esposti al freddo, più si riesce a tollerarlo.
Il che spiega perché gli svedesi che arrivano qui da noi circolano in maglietta a dicembre...
Noi italiani invece abbiamo una scarsa tolleranza, anche perché qui il termometro per la maggior parte del tempo segna fra 15 e 25 gradi: non siamo “allenati” alle temperature rigide.
Per alcuni studiosi è solo psicologia (ovvero, questione di abitudine), per altri entra in gioco anche la fisiologia: secondo vari studi, chi sta abitualmente al gelo reagisce in modo un po’ attenuato.
I vasi sanguigni si restringono di meno, le parti esposte – come le mani – restano più calde e si patisce meno.
3. CI SONO POPOLI ADATTATI AL FREDDO? E MEGLIO STARE A 0 °C COL VENTO O A -5 °C SENZA VENTO?
5. CI SONO POPOLI ADATTATI AL FREDDO?
Non c’è solo l’acclimatazione individuale: nelle popolazioni delle zone fredde si sono evoluti specifici adattamenti.
Per esempio, un metabolismo basale più alto, con una maggiore produzione di calore (è stato rilevato in popolazioni indigene della fredda Patagonia Cilena, per esempio).
E uno studio genetico sugli Inuit della Groenlandia, condotto dal team di Rasmus Nielsen della University of California a Berkeley, ha visto che nel popolo del Grande Nord sono diffuse varianti di geni che aiuterebbero ad adattarsi al freddo, aumentando i livelli del grasso bruno, quello che viene “bruciato” per generare calore.
Queste varianti sarebbero un’eredità dell’Homo di Denisova, il nostro cugino estinto con cui noi Homo sapiens ci siamo “incrociati”.
Lo scambio di geni risultante avrebbe aiutato alcune popolazioni umane ad adattarsi meglio ad ambienti particolari come l’Artico.
6. MEGLIO STARE A 0 °C COL VENTO O A -5 °C SENZA VENTO?
A 0 °C, con un vento a 80 km/h, abbiamo la sensazione che ci siano -19 °C.
Il vento aumenta infatti la sensazione di freddo, perché porta via il calore corporeo: è l’effetto windchill.
La temperatura percepita si abbassa parecchio anche se il freddo è “umido”, perché sulla pelle si deposita un microscopico velo d’acqua che evaporando toglie calore: ecco perché se siamo bagnati sentiamo più freddo.
4. COPRENDOCI, POSSIAMO ISOLARE TUTTO IL CORPO DAL FREDDO? E PERCHÉ IL MENTOLO CI DÀ UN SENSO DI FRESCHEZZA?
7. COPRENDOCI, POSSIAMO ISOLARE TUTTO IL CORPO DAL FREDDO?
No. L’apparato respiratorio è per forza a contatto diretto con l’aria esterna.
Il modo in cui è “costruito” però ci salva da guai. I polmoni sono nel torace, vicini agli organi interni tenuti al caldo.
Inoltre l’aria passando da naso e gola si riscalda, così al di sotto della trachea è già a una temperatura innocua.
Quando non succede, se il freddo è davvero eccessivo o per esempio si soffre d’asma, respirare può diventare difficoltoso perché l’aria gelida fa contrarre i bronchi; così se fuori il termometro schizza sottozero è bene coprirsi il naso con la sciarpa, per riscaldare un poco l’aria prima di inspirarla.
8. PERCHÉ IL MENTOLO CI DÀ UN SENSO DI FRESCHEZZA?
Dipende da una proteina chiamata TRPM8 (foto sotto): si trova sulla membrana delle cellule e funziona come un sensore del freddo.
È attivata dal calo delle temperature. E da sostanze come il mentolo (un alcol derivato dalla menta), a cui perciò leghiamo una sensazione di “fresco”.
5. FINO A CHE TEMPERATURA POSSIAMO RESISTERE? E CHE COSA SUCCEDE SE CI BUTTIAMO NELL’ACQUA GELATA?
9. FINO A CHE TEMPERATURA POSSIAMO RESISTERE?
Se la temperatura interna del nostro corpo scende sotto i 35 °C si parla già di ipotermia (nella normalità, siamo tra 36,5 °C e 37,5 °C), con un forte tremore.
Sotto i 32 °C non ci sono più neanche i brividi e si è intontiti. La pelle è cianotica, la coordinazione muscolare assente, il pensiero confuso.
A meno di 28 °C si scivola nell’incoscienza, a 20 °C il cuore si ferma.
Se invece riusciamo a difenderci con i vestiti e a tenere il gelo lontano dal corpo, possiamo sopportare temperature di parecchie decine di gradi sotto lo zero; la pelle nuda congelerebbe in pochi minuti a -35 °C, perciò in Antartide o in Siberia occorre coprirsi ogni centimetro, anche con maschere e occhiali.
10. CHE COSA SUCCEDE SE CI BUTTIAMO NELL’ACQUA GELATA?
I vasi sanguigni della periferia si stringono all’istante e la pressione arteriosa sale di colpo.
Ecco perché il bagno di Capodanno nel fiume o la sauna finlandese sono attività sconsigliate a chi non è perfettamente in salute.
La sauna è ritenuta una “ginnastica per la circolazione” perché si passa dalla vasodilatazione del gran caldo alla vasocostrizione del tuffo nella neve, ma non comporta rischi solo se si è sani o, come i finlandesi, si ha un’alta tolleranza agli sbalzi termici perché si è abituati a questo tipo di attività.
Note
Lana sì, alcol no
Sorpresi dal freddo? In una buca nella neve, o in una specie di igloo artigianale, non ci si congela: nella neve infatti restano bolle d’aria che fanno da isolante. Grazie al calore di chi sta dentro, la temperatura può persino salire. E si è protetti dal vento.
Per proteggersi, gli animali hanno la pelliccia: l’aria intrappolata fra i peli fa da isolante. Così si intrappola il calore del corpo. È lo stesso principio alla base di un... maglione di lana, fra le cui fibre resta aria.
Per stare caldi è importante tenere ben coperti mani e piedi, le parti che si raffreddano prima. Se si vuole fare movimento è invece controproducente coprirsi troppo: se si suda, appena ci si ferma viene freddo (la produzione di calore cessa, il sudore evapora e raffredda).
L’alcol è molto pericoloso, se si sta al freddo: dilata i vasi sanguigni e quindi fa sentire più caldo alle estremità, ma in realtà la vasodilatazione aumenta la dispersione di calore, tanto che si può rischiare anche l’ipotermia.