Il corpo cosparso di terra rossa, penne d’uccello in testa, il volto segnato da pitture di guerra, lo sguardo fiero.
Per generazioni, i “visi pallidi” hanno visto così i nativi americani: tutti uguali, come i soldatini di plastica degli Anni ’70.
Erano semplicemente “i pellerossa”, quelli che facevano lo scalpo ai cowboy.
La maggior parte delle tribù indiane aveva capi civili così come uomini di medicina o sciamani. Toro Seduto e Cavallo Pazzo furono sicuramente i più famosi ma non i soli.
Ecco dieci capi nativi americani entrati nella Storia per la loro strenua resistenza ai “visi pallidi”.
1. CAPO GIUSEPPE E FALCO NERO
- CAPO GIUSEPPE - Il “Napoleone” dei Nasi Forati
Noto anche come “Tuono che rotola dalla montagna”, Giuseppe (1840-1904) aveva ereditato il nome dal padre, capo dei Nasi Forati convertitosi al cristianesimo.
Sebbene fosse stato in passato in buoni rapporti con i bianchi, rifiutò la deportazione in Idaho della sua gente (stanziata in Oregon, territorio ricco d’oro).
Li guidò in una tragica marcia lunga quasi 2.800 km per tentare di raggiungere il Canada, dove sperava di trovare rifugio.
I soldati americani li attaccarono più volte causando gravissime perdite, ma i nativi resistettero a lungo grazie alle strategie del grande capo, ribattezzato dai giornali “Napoleone Rosso”.
Sconfitto infine in battaglia, Giuseppe si arrese a condizione di poter tornare nelle terre d’origine. La promessa fu disattesa e i Nasi Forati furono trasferiti nell’Oklahoma, dove il grande capo morì di crepacuore.
- FALCO NERO - La celebrità sauk
L’ascesa di Falco Nero (1767-1838) iniziò nel 1804, quando i rappresentanti della nazione a cui apparteneva (quella dei Sauk, stanziata a est del Mississippi) si svendettero agli Stati Uniti.
Contrario a quell’umiliante trattato, Falco Nero guidò una parte del suo popolo contro i bianchi e fu tra i leader al fianco di Tecumseh durante la Guerra angloamericana del 1812.
Dopo anni di continue schermaglie, nel 1832 condusse 1.500 guerrieri al di là del Mississippi, conseguendo parziali successi fino al massacro di Bad Axe, che segnò la sua sconfitta (1-2 agosto 1832).
Tenuto prigioniero per mesi a Saint Louis, fu poi trasportato in una sorta di tour delle maggiori città statunitensi nel corso del quale divenne una celebrità.
A quel punto decise di raccontare la propria vita pubblicando (con l’aiuto di un interprete) un’autobiografia, la prima di un nativo americano.
2. PONTIAC E COCHISE
- PONTIAC - Lo stratega degli Ottawa
Alla guida degli Ottawa, stanziati nella regione dei Grandi Laghi tra Usa e Canada, Pontiac (1720- 1769) si districò con abilità tra inglesi e francesi, che si contendevano quelle terre.
Inizialmente alleato dei francesi, decise in seguito di appoggiare i britannici, ma malgrado le rassicurazioni i nuovi padroni si rivelarono occupanti scomodi, privando i nativi dei terreni di caccia.
Fu così che nel 1763 Pontiac decise di formare un’alleanza con altre tribù della zona per cacciarli via.
Mostrando grandi doti di stratega, con una serie di attacchi a sorpresa occupò la maggior parte delle piazzeforti inglesi e mise sotto assedio Detroit.
I britannici rovesciarono però la situazione nel 1764, costringendolo due anni dopo a concludere un trattato di pace. Morirà nel 1769, ucciso dal membro di una tribù rivale.
- COCHISE - Il più grande degli Apache
Membro della tribù dei Chiricahua, Cochise (1805- 1874) fu uno dei capi apache più amati di sempre.
Fino al 1860, i suoi rapporti con i bianchi erano stati buoni, ma in quell’anno fu ingiustamente accusato di aver attaccato un ranch e di aver rapito il figlio del proprietario.
Attirato in un tranello e arrestato, riuscì a evadere dalla prigionia anche se venne colpito da tre pallottole. Decise a quel punto di vendicarsi guidando violente incursioni contro militari, coloni e commercianti bianchi.
Combattente dalla straordinaria forza fisica, per oltre un decennio tenne testa ai visi pallidi in Arizona, ma nel 1872 si accordò con il governo americano ottenendo di stanziare il suo popolo in un’enorme riserva nel Sud-est della regione.
Dopo la morte, fu sepolto con tutti gli onori tra le “sue” montagne.
3. OSCEOLA E TECUMSEH
- OSCEOLA - Il guerriero seminole
Dopo aver strappato la Florida al Messico, nel 1835 il governo degli Stati Uniti tentò di obbligare il popolo dei Seminole a trasferirsi a ovest del fiume Mississippi, ma non aveva fatto i conti con Osceola (1804-1838).
Di madre indiana e padre inglese, dal 1835 al 1837 guidò una guerriglia contro l’esercito americano, nota come Seconda guerra seminole.
Nel corso del conflitto, tra imboscate, ritirate strategiche e logoranti combattimenti, padroneggiò così bene l’arte della guerra che ci fu chi credette che fosse diplomato all’accademia militare di West Point.
Per catturarlo fu necessario un subdolo tranello: attirato insieme ad altri capi a Saint Augustine (Florida), con la promessa di una tregua, venne infatti imprigionato.
Morì lontano dalla sua terra, a Charleston (Sud Carolina).
- TECUMSEH - Lo statista shawnee
Il sogno di Tecumseh (letteralmente, “Cometa Ardente”, 1768-1813) fu quello di fondare una nazione indiana autonoma che riunisse tutte le tribù stanziate nella zona dei grandi laghi.
Con il fratello Tenskwatawa (“il Profeta”) costituì un’alleanza intertribale (che comprendeva Fox, Ottawa e Sauk) per contrastare l’espansione dei coloni nella valle del fiume Ohio e si unì ai britannici nella guerra angloamericana del 1812, dove le sue truppe furono decisive nella presa di Detroit.
Quando gli inglesi si ritirarono fu ucciso nella battaglia del fiume Thames (Ontario) e il progetto di una confederazione indiana morì con lui.
4. NUVOLA ROSSA E PICCOLO LUPO
- NUVOLA ROSSA - L’invincibile sioux
Carismatico leader dei Lakota Sioux, Nuvola Rossa (1822- 1909) fu uno dei pochi capi nativi a trionfare contro l’esercito americano.
Tra il 1866 e il 1868 riunì insieme a Cavallo Pazzo una coalizione di Sioux e Cheyenne combattendo nell’odierno Wyoming, dove fermò gli americani. Il conflitto si concluse con il trattato di Fort Laramie, favorevole ai Sioux.
Nel corso della guerra, Nuvola Rossa inflisse alle giubbe blu una memorabile batosta, uccidendo 81 soldati nel cosiddetto “massacro di Fetterman”.
Nonostante la vittoria, non partecipò alle successive guerre indiane. Nel 1878 il suo popolo dovette trasferirsi nel Sud Dakota. Da allora tentò di difendere i diritti dei nativi con la diplomazia e si convertì al cristianesimo.
La morte lo colse quasi novantenne nella riserva di Pine Ridge.
- PICCOLO LUPO - La guida dei Cheyenne
Guerriero dalla strabiliante forza fisica ma dall’indole serafica, Piccolo Lupo (1820-1904, in piedi nella foto sotto) era considerato l’incarnazione dello spirito primordiale dei Cheyenne del Nord.
Alleato di Nuvola Rossa nel conflitto del 1868, tornò a combattere l’esercito statunitense nella guerra per le Black Hills, che segnò la disfatta della sua tribù (1876).
Insieme a Coltello Spuntato, guidò la fuga dalla riserva in Oklahoma dove erano confinati verso le terre natie del Montana.
Braccati dalle giubbe blu e tormentati dal clima sfavorevole, i nativi furono decimati.
Piccolo Lupo raggiunse la destinazione ma, come molti nativi, diventò alcolista: sotto gli effetti dell’alcol uccise un uomo e perse lo status di capo. Finì i suoi giorni in una riserva.
5. VICTORIO E GERONIMO
- VICTORIO - La furia apache
A capo della sua temibile banda di Apache Chiricahua, per più di un decennio Victorio (1809-1880) fu lo spauracchio dell’esercito americano e di quello messicano, seminando il terrore per il New Mexico.
Nel 1869 accettò di trasferire la sua gente in Arizona, ma i nuovi territori si rivelarono inospitali e il capo apache decise così di evadere compiendo poi una serie di incursioni contro i coloni, che sfociarono in stragi di civili.
La sua latitanza finì nel 1880, quando la sua banda fu scovata in Texas da soldati statunitensi e messicani.
Il destino di Victorio era segnato: alcuni pensano che sia stato assassinato da un nativo arruolato dai messicani, altri che si sia suicidato per non cadere in mano ai nemici. La sua eredità sarà raccolta da Geronimo.
- GERONIMO - L’ultimo Chiricahua
Geronimo (1829-1909), guerriero dal coraggio leggendario, fu l’ultimo dei capi apache chiricahua ad arrendersi ai visi pallidi, guidando una trentennale resistenza sia contro le truppe messicane (che gli avevano sterminato la famiglia) sia contro quelle statunitensi, che nel 1848 erano entrate in possesso di zone dell’Arizona e del Nuovo Messico, dov’era stanziata la sua tribù.
Evaso più volte dalle riserve, fu una spina nel fianco per il governo americano. Nel 1886 dovette arrendersi, e trascorse i restanti 26 anni di vita in prigionia.
Ma anche così divenne una celebrità: tra le altre cose, nel 1905 partecipò alla sfilata di insediamento di Roosevelt. Morì in una riserva vicino a Fort Still (Oklahoma).
In suo onore, durante la Seconda guerra mondiale, i paracadutisti americani adottarono “Geronimo!” come grido di battaglia.