5 diete senza rischi approvate dai medici

Non è facile orientarsi fra tante proposte che promettono – e non sempre mantengono – di farci perdere rapidamente peso.

Con l’estate ormai alle porte, molti di noi si affrettano a individuare la strategia migliore per rimettersi in forma, che non vuol dire solo dimagrire, ma anche guadagnare salute.

Ecco allora che ci mettiamo in cerca di una nuova dieta, aumentiamo l’attività fisica privilegiando quella all’aperto, e rinunciamo a qualche “peccato di gola”.

Oggi, faremo un po’ di chiarezza su cinque diete o stili alimentari, diverse l’una dall’altra, ma tutte accomunate da una solida base scientifica: oltre a farci superare la “prova costume”, ci assicurano anche una buona salute.

Che impatto hanno sulla nostra salute? Funzionano anche per dimagrire? Scopriamolo insieme.

 

1. LA PIÙ SALUTARE È LA DIETA MEDITERRANEA

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Patrimonio Unesco dal 2010, la dieta mediterranea è lo stile alimentare riconosciuto dalla scienza come il migliore per la salute, soprattutto per la prevenzione di malattie cardiovascolari, diabete e ipertensione, obesità e alcuni tipi di tumori.

Non è una dieta dimagrante perché è isocalorica, cioè, quando seguita in modo corretto, introduce le calorie necessarie al fabbisogno giornaliero.

Tuttavia, se è praticata limitando le quantità di cibo e incrementando l’attività fisica, con un approccio leggermente ipocalorico, può consentire anche di perdere qualche chilo di troppo.

La dieta mediterranea segue una piramide ideale che colloca in basso acqua e alimenti da consumare ogni giorno, come cereali integrali, frutta e verdura, olio evo, latticini magri.

Salendo, ci sono gli alimenti da mangiare tre volte alla settimana (pesce, carni bianche, uova e legumi), poi quelli da consumare al massimo una volta a settimana (carni rosse o lavorate) fino al vertice con i dolci da concedersi più raramente. Il vino è consigliato solo con moderazione e di preferenza rosso.

Oltre a ciò, ci sono i consigli sullo stile di vita: praticare attività fisica ogni giorno commisurata alla propria età, cercare la convivialità a tavola perché fa bene all’umore, rispettare la varietà e la stagionalità dei prodotti, scegliere quelli che abbiano compiuto poca strada dal luogo d’origine alla tavola perché più ricchi di sostanze nutritive e più sostenibili per l’ambiente.

In Italia, come in quasi tutti i Paesi del Mediterraneo che sono la patria di questo stile alimentare, purtroppo ancora poche persone lo seguono. È quanto emerge da uno studio del Centro di ricerca CREA-Alimenti e Nutrizione, condotto su un campione di 2.869 persone residenti in Italia, pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Nutrition .

Il 56,8 per cento degli intervistati ha raggiunto il punteggio medio di conoscenza nutrizionale sulla dieta mediterranea, il 40 per cento ha un valore medio di aderenza a questa dieta, ma solo il 13,3 per cento ha un’aderenza più alta.

I  meglio informati applicano anche di più i principi della dieta mediterranea, ma sono ancora pochi. Per esempio, solo il 22,4 per cento della popolazione intervistata era a conoscenza della raccomandazione di mangiare cinque porzioni al giorno di frutta e verdura.

Donne, persone con livelli di istruzione elevati e chi vive nelle città mostra un’aderenza maggiore a questo stile alimentare. La fascia d’età più informata sui temi della nutrizione è risultata quella fra i 45 e i 54 anni.

Emergono differenze anche per aree geografiche. Nelle regioni del nord-est e in Campania l’aderenza alla dieta mediterranea è risultata più bassa. Le persone che abitano nel centro-nord hanno mostrato di conoscere meglio gli aspetti nutrizionali. I risultati migliori si registrano in Emilia Romagna.

2. STOP ALL’IPERTENSIONE CON LA DASH

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Acronimo dell’inglese Dietary Approaches to Stop Hypertension, cioè “approcci dietetici contro l’ipertensione”, la DASH è un regime alimentare promosso dal National Institute of Health degli USA testato per la prima volta nel 1997 in una ricerca volta a verificare l’effetto di diverse combinazioni alimentari sulla pressione arteriosa.

Si basa sui principi della dieta mediterranea e privilegia frutta e verdura (ricche non solo di vitamine, ma anche di potassio e povere di sodio che favorisce l’innalzamento della pressione arteriosa), carboidrati da cereali integrali, derivati del latte a basso contenuto di grassi, pesce, carne bianca, oli vegetali.

Prevede la diminuzione/eliminazione di carne rossa, grassi animali, zucchero e alcol, oltre che un ridotto uso di sale da cucina (massimo 2,4 grammi al giorno).

Il controllo della pressione arteriosa attraverso l’alimentazione non si realizza solo riducendo il sale, ma anche riducendo il consumo di grassi di origine animale (saturi) che possono incrementare il profilo lipidico del sangue, rendendolo più denso e sottoponendo il cuore a maggiore sforzo con il rischio di sviluppare ipertensione.

3. LA FLEXITARIANA FA BENE A NOI E AL PIANETA

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Nel 2019 la commissione EAT-Lancet, legata alla rivista scientifica The Lancet e composta da diversi scienziati, insieme con la FAO e l’OMS, propose una dieta “flexitariana”, definita ideale per la salute umana e del pianeta, basata su alimenti vegetali e senza cibi animali da allevamenti intensivi.

È vegetariana all’80 per cento e flessibile (da cui il nome) perché prevede un consumo occasionale di carne, pesce, latte e uova purché di alta qualità, da agricoltura sostenibile e possibilmente “a chilometro zero”, cioè che abbiano compiuto poca strada dall’allevamento alla tavola.

Promette anche di fare perdere 3-4 chili in due settimane. È una dieta molto in voga negli Stati Uniti, dove spopola fra le celebrità: dicono di praticarla, per esempio, l’attrice Gwyneth Paltrow e il musicista Paul McCartney.

È basata sui principi di quella mediterranea con ancora più componenti proteiche vegetali, soprattutto legumi (anche tutti i giorni) e frutta secca in guscio (50 grammi a porzione contro i 30 della dieta mediterranea).

Un suo limite è la scarsa presenza di latte e yogurt che sono invece importanti fonti di calcio soprattutto per bambini e adolescenti, donne in gravidanza e anziani.

4. LA DIETA CHETOGENICA VA LIMITATA A POCHI GIORNI

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La dieta chetogenica è un percorso terapeutico che si usa per curare alcune malattie neurologiche, come l’epilessia, soprattutto nei bambini.

Ha un bassissimo contenuto di carboidrati e si basa sul principio per cui l’organismo, esaurite le fonti di glucosio derivanti dai carboidrati, comincia a bruciare i grassi ed entra in chetosi, cioè produce molecole chiamate chetoni (es. l’acetone) che hanno effetti sul sistema nervoso centrale.

Il nostro organismo, assumendo carboidrati, è protetto dalla chetosi, che è uno stato di “intossicazione”: ne bastano 20 grammi al giorno per evitarla. Pertanto la dieta chetogenica prevede un consumo di carboidrati inferiore ai 20 grammi giornalieri e necessita di controllo medico anche per le persone sane.

Se la si vuole utilizzare in modalità ipocalorica (non oltre le 500 chilocalorie al giorno) per dimagrire, riducendo anche la quota di calorie provenienti dai grassi, richiede molto spesso anche il consumo di ali- menti molto proteici formulati (integratori in varie forme).

Il regime non dovrebbe superare i 7-8 giorni che è il limite di tollerabilità degli effetti collaterali: nausea, inappetenza, debolezza, mancanza di concentrazione, pressione bassa.

Dovrebbe pertanto essere usata solo per perdere inizialmente tanti chili in poco tempo, anche come formadi motivazione iniziale del paziente, che poi prosegue il percorso di dimagrimento in modo più graduale.





5. IL DIGIUNO DEPURA L’ORGANISMO E RIDUCE IL COLESTEROLO

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Digiunare è una pratica antichissima, nata e portata avanti soprattutto per motivi religiosi.

Ma la scienza ha dimostrato che i benefici del digiuno sulla salute sono molti, osservati sia in modelli animali sia nell’uomo: vita più lunga, diminuzione del rischio di ammalarsi di tumori, ringiovanimento del sistema immunitario, ossa più sane, riduzione delle malattie infiammatorie.

Attenti però al “fai da te”: il digiuno non deve essere drastico e debilitante e andrebbe praticato dopo avere consultato il medico o il nutrizionista.

«Quando si protrae oltre le 18 ore, l’organismo intacca le riserve energetiche di glucosio presenti sotto forma di glicogeno, una molecola che all’occorrenza si trasforma appunto in glucosio. Ma ciò può provocare problemi metabolici», osservano i nutrizionisti.

«Se però il digiuno consiste solo nel saltare la cena – dopo aver mangiato regolarmente senza eccessi a colazione, a pranzo e allo spuntino del pomeriggio –, le scorte di glicogeno si mantengono intatte e si perde peso in modo graduale e costante, senza troppi sacrifici, perché è più facile saltare un pasto che mangiare di meno a ogni pasto».

Questo tipo di digiuno intermittente è anche “disintossicante”, favorisce l’abbassamento di glicemia e trigliceridi e il controllo del colesterolo.








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