Accanto alla già popolare energia solare ed eolica, esistono tecnologie tradizionali meno note, ma dal potenziale di sviluppo enorme, che rimangono ancora scarsamente sfruttate nonostante siano in grado, nel loro insieme, di liberare le nazioni dalla dipendenza dai carburanti fossili.
Il controllo dell’élite finanziaria e industriale sul progresso tecnologico si estende anche alle cosiddette energie alternative tradizionali, per pilotarne e promuoverne lo sviluppo nella direzione voluta.
L’interesse delle grandi lobby dell’energia è infatti quello di mantenere la produzione di elettricità a partire dalle fonti rinnovabili a livelli così bassi da non poter essere considerata una reale alternativa al nucleare e ai carburanti fossili.
Questo obiettivo viene raggiunto dirottando l’attenzione politica e mass-mediatica su tecnologie a basso o scarso rendimento, in modo da oscurare completamente lo sviluppo di quelle che invece sono realmente in grado di porre fine all’era del petrolio.
Per tale ragione, l’attuale dogma politico-scientifico basato sulla scarsità delle risorse trova la sua reale origine nell’intenzione delle lobby di convincere i popoli a sopportare come inevitabili i costi immani di un sistema irrazionale di sfruttamento dell’energia, che va a esclusivo vantaggio dei grandi monopolisti.
Il concetto di scarsità delle risorse energetiche risulta infondato persino di fronte a quanto è già possibile ottenere dalle applicazioni meno note delle tecnologie convenzionali.
Oggi, infatti, sarà sufficiente elencarne sinteticamente 5 di queste fonti energetiche alternative “minori”, per rendersi conto di questa situazione. Vediamole insieme.
1. L'energia geotermica
Accanto alla già popolare energia solare ed eolica esistono tecnologie tradizionali meno note, ma dal potenziale di sviluppo enorme, che rimangono ancora scarsamente sfruttate nonostante siano in grado, nel loro insieme, di liberare le nazioni dalla dipendenza dai carburanti fossili.
La geotermia, per esempio, è una tra queste, poiché consente di utilizzare l'immenso bacino di energia termica della Terra in diversi modi.
La temperatura del sottosuolo, infatti, può essere sfruttata in maniera assai efficiente sia per produrre il riscaldamento che il refrigerio per tutti gli abitanti del pianeta.
Il calore aumenta di circa il 3,3% per ogni 100 metri di profondità e i vulcani, i geyser, le sorgenti di acqua calda e molti altri fenomeni rappresentano solo la manifestazione più evidente di questa produzione termica dalle viscere della Terra.
Nei luoghi caratterizzati dalla presenza di fonti di intenso calore in prossimità della superficie l'energia termica può essere addirittura convertita in energia elettrica a basso costo, anche se questa situazione è piuttosto rara, coprendo solo una minima parte del territorio.
Le fonti a bassa temperatura (sotto i 40 gradi), invece, sono praticamente a portata di tutti grazie alle moderne pompe di calore geotermiche. Si tratta di energia a flusso costante che, a differenza dell'eolico e del solare, non è legata a particolari condizioni climatiche.
Le pompe degli impianti geotermici consumano poca elettricità (le più moderne consentono un risparmio di almeno il 60% sulle bollette delle caldaie a gas) e utilizzano un sistema di tubi interrati che sono in grado di sfruttare la temperatura della Terra per aggiungere o togliere calore agli ambienti, garantendo così il caldo o il freddo desiderato.
Il ridotto fabbisogno elettrico dell'impianto può inoltre essere facilmente assicurato da un sistema fotovoltaico di modeste dimensioni.
Pertanto, il potenziale risparmio offerto dalla tecnologia geotermica dovrebbe iniziare a essere preso realmente in considerazione da un mondo industrializzato in cui una delle principali voci di spesa delle famiglie è rappresentata proprio dalle bollette per il riscaldamento d'inverno e per il condizionamento dell'aria d'estate.
Il sogno di una parziale ma significativa “autarchia energetica” è realizzabile in concreto e ciò è dimostrato dal fatto che alcuni imprenditori edili privati già vendono immobili a costo di mercato riscaldati e raffreddati tutto l'anno da un mini impianto geotermico.
Tale tecnologia è potenzialmente applicabile a qualsiasi tipo di stabile antico o moderno, anche se ovviamente è molto più conveniente realizzarlo in fase di progettazione di un nuovo immobile.
Il geotermico, infine, rispetta la qualità dell'aria (i filtri sporchi dei condizionatori spesso sono fonte di malattie e allergie) e non presenta alcun impatto estetico o ambientale (come per es. i radiatori esterni).
2. Energia dal mare e dalle onde
L'immensa massa oceanica che ricopre circa il 70% della superficie terrestre costituisce un'altra fonte energetica praticamente illimitata ma ancora scarsamente sfruttata.
Le correnti marine, il moto ondoso e lo sbalzo termico presente tra la superficie e i fondali possono essere considerati a tutti gli effetti enormi bacini di energia inutilizzata dall'uomo.
Il suo unico limite reale è costituito dal trasporto sulle lunghe distanze, dalla costa all'entroterra, ma potrebbe comunque fornire un enorme contributo al fabbisogno energetico mondiale.
Ciononostante, i finanziamenti pubblici necessari allo studio e allo sviluppo di nuove tecnologie per la produzione dell'energia elettrica vengono sempre dirottati dalla casta politica su “energie alternative” comunque dipendenti dal petrolio (le cosiddette “derivate”, ovvero fonti di energia ricavate da un diverso utilizzo degli idrocarburi) e sulle centrali nucleari a fissione.
Soluzioni che vengono presentate agli occhi delle masse come le uniche possibili.
Il moto delle onde può essere facilmente convertito in energia elettrica su scala industriale dagli alternatori. La forza di spinta esercitata dal mare è sfruttabile in molti diversi modi e quindi la forma dell'impianto dipende dalla tecnica utilizzata nello specifico.
Questa tecnologia però è ancora allo stato embrionale, perché fino a ora non ha mai ricevuto la giusta attenzione. Il primo mini-impianto al mondo è stato costruito nel 2000 sull'isola scozzese di Isley, a ridosso del mare, ed è costituito da una struttura di cemento armato in cui è stata incassata una turbina che sviluppa una potenza di 500 chilowatt.
La compagnia scozzese Wavegen ha già prodotto dei nuovi prototipi da 4MW al largo delle isole Ebridi.
Un altro promettente tipo di generatori di energia dalle onde sfrutta il principio della colonna d'acqua oscillante (OWC) e ha la caratteristica di essere estremamente efficiente.
Le turbine dei prototipi ricevono infatti la spinta sia nella fase di compressione che in quella di decompressione e producono una potenza di 2 MW. Attualmente sono utilizzate in Scozia nell'ambito del progetto LIMPET (Land-Installed Marine-Powered Energy Transformer).
Il costo a regime dell'energia prodotta in questo modo dal mare è risultato essere di 0,075 € per kWh.
Altre soluzioni tecniche prevedono invece di utilizzare le variazioni di pressione che si manifestano al di sotto della superficie del mare o di impiegare dei galleggianti in grado di trasferire il moto ondoso a dei generatori per mezzo di pistoni idraulici.
I tipi di sistemi realizzabili quindi sono molteplici e offrono largo spazio alla creatività degli ingegneri. La società AW-Energy,7 per esempio, ha realizzato dei piccoli generatori a porte basculanti da 300 kW ciascuno che producono energia semplicemente basculando.
3. Energia dal gradiente termico
Il primo esperimento per la conversione dell'energia termica degli oceani in energia elettrica con tecnologia OTEC (Ocean Thermal Energy Conversion) risale al 1930, anno in cui Georges Claude costruì a Cuba un impianto da 22 kW.
Ciononostante, i generatori OTEC hanno iniziato a ricevere qualche attenzione degna di rilievo solo a partire dalla metà degli anni ’90, rivelandosi una tecnologia particolarmente promettente, che ricava energia dagli sbalzi termici presenti tra la superficie oceanica e gli abissi.
La temperatura dell'acqua di superficie esposta alla radiazione solare può infatti raggiungere i 25-28 gradi centigradi, quando gli strati più profondi rimangono invece a circa 6-7 gradi. Le acque più calde raccolte in superficie consentono quindi di far evaporare facilmente sostanze come ammoniaca e fluoro.
- Nella prima fase del processo, le correnti di vapore ad alta pressione vengono convogliate per azionare una turbina collegata a un generatore di elettricità.
- Nella seconda fase del ciclo i vapori passano invece in un condensatore dove tornano allo stato liquido grazie alla bassa temperatura dell'acqua gelida aspirata dal fondo.
Si tratta di un processo che si presta anche a utilizzi complementari, come la desalinizzazione e la potabilizzazione dell'acqua.
Con questa tecnica, qualsiasi luogo dove la temperatura dell'acqua marina di superficie raggiunge temperature pari o superiori ai 25 gradi centigradi può essere sfruttato per la produzione industriale di energia elettrica.
La fascia tropicale del pianeta è quindi la più adatta allo scopo. Nonostante questi impianti siano ancora allo stadio di prototipo e non beneficino dell'abbattimento dei costi tipici delle grandi produzioni industriali, il prezzo dell'energia così ricavata è stato calcolato tra i 0,07 e i 0,10 dollari a kWh.
Attualmente sono allo studio progetti per grandi impianti da 100 MW e 250 MW, poiché il potenziale di energia ricavabile a livello mondiale da questa tecnologia è immenso.
50.000 centrali OTEC galleggianti da 250 MW, molto meno ingombranti delle attuali piattaforme petrolifere, basterebbero infatti a liberare definitivamente le nazioni dalla dipendenza degli idrocarburi.
Gli esperti stimano che, in una giornata media, in 60 milioni di chilometri quadrati di mari tropicali, l'oceano sia in grado di assorbire una quantità di radiazione solare pari al calore contenuto in circa 250 miliardi di barili di petrolio.
Ciò significa che, convertendo anche meno dello 0,001% di questa energia termica, la quantità di corrente prodotta sarebbe già di per sé sufficiente a garantire una fornitura 20 volte superiore al consumo giornaliero di energia elettrica degli Stati Uniti.
È quindi evidente che una tecnologia simile si scontra con gli interessi del cartello del petrolio, il quale, di conseguenza, alimenta timori e allarmismi ingiustificati di tipo ambientalista per impedirne lo sviluppo. In tale contesto, è facile intuire che nessuno dei grandi progetti in cantiere potrà mai essere realizzato.
4. Energia solare a volontà dalla prima foglia artificiale
Durante il 241° meeting nazionale dell'American Chemical Society ad Anaheim, svoltosi in California nel mese di marzo 2011, il gruppo di ricerca del MIT guidato dal professor Daniel Nocera (nella foto) ha presentato la prima foglia artificiale del mondo, in grado di produrre un quantitativo di energia 10 volte superiore a quello della fotosintesi naturale.
La super cella solare del MIT impiega materiali a buon mercato come catalizzatori fatti di nichel e di cobalto, che sono in grado di accelerare le reazioni chimiche e di dividere l'acqua nei suoi due componenti principali, idrogeno e ossigeno.
Una volta separati, i due elementi vengono inviati in una cella a combustibile e utilizzati per creare energia elettrica.
Gli studiosi stimano che oggi con meno di 4 litri d'acqua la foglia artificiale riesca a produrre l'elettricità necessaria per riscaldare una casa in un paese in via di sviluppo.
Nei test portati avanti dagli scienziati del MIT la foglia artificiale ha dimostrato di poter funzionare continuamente per almeno 45 ore senza alcun calo di attività.
Come dichiarato dal prof. Nocera, ciò significa che, se le abitazioni delle nazioni sufficientemente irradiate dal sole nei mesi invernali venissero dotate di questa nuova tecnologia, diverrebbero in breve tempo completamente autonome dal punto di vista del fabbisogno energetico.
L'invenzione, inoltre, è già pronta per la commercializzazione, tanto è vero che il gigante automobilistico indiano Tata ha sottoscritto un accordo con i ricercatori del MIT per costruire una piccola centrale elettrica, grande quanto una cella frigorifera.
Il vero problema di questo genere di notizie così clamorose, però, è che vengono fatte sparire dall'attenzione della letteratura scientifica ufficiale con la stessa rapidità con cui compaiono.
Se così non fosse, l'era del petrolio e delle centrali nucleari a fissione non sarebbe mai potuta neppure iniziare.
5. La tecnologia ad aria compressa
A sparire di scena dal mondo dell'informazione non sono solo le grandi innovazioni nel campo delle scoperte e delle tecnologie, ma anche le invenzioni che possono “rosicchiare” modeste quote di mercato alle lobby dell'energia.
La tecnologia ad aria compressa appartiene probabilmente a questa seconda categoria, poiché non ha mai avuto lo sviluppo commerciale atteso.
Il suo esordio pubblico risale al 2001, anno in cui l'ingegnere francese Cyril Guy Negre (ex progettista di motori di Formula1 per la Williams, nella foto) presentò al MotorShow di Bologna la prima vettura al mondo con motore ad aria compressa, prodotto dalla francese MDI.
Il propulsore dimostrativo impiegato sfruttava come energia motrice la forza di spinta generata dall'aria in uscita dalla camera di compressione in cui era stata stoccata alla pressione di circa 300 bar.
Una volta immagazzinata nei serbatoi infatti, l'aria può essere liberata per sviluppare l'energia meccanica necessaria ad azionare una turbina o dei pistoni collegati all'albero motore di un automezzo.
Questa soluzione innovativa non produce alcun processo fisico di combustione interna e nessuna emissione di gas di scarico nocivo. L'invenzione destò quindi subito molto interesse e il suo creatore ricevette alcune proposte per la commercializzazione del dispositivo.
La licenza per l'Italia sui brevetti di Negre fu acquisita dalla Eolo Auto, la quale programmò 10 fabbriche e la produzione in serie di 4 diversi modelli per un totale di circa 8.000 auto l'anno.
I prototipi garantivano prestazioni soddisfacenti di 110 km/h orari di velocità massima e circa 200 km di autonomia al costo di appena 0,77 euro per ogni 100 km percorsi.
L'effettiva messa in produzione della tecnologia ad aria compressa venne tuttavia interrotta sul nascere mentre gli operai assunti dall'azienda entrarono in regime di cassa integrazione ancora prima di avere prodotto una sola vettura.
Alcune fonti lasciano supporre che il motivo dell'improvviso abbandono del progetto commerciale sia dovuto a presunti problemi tecnici insormontabili come la formazione di ghiaccio all'interno del motore.
Nel 2007 la società francese MDI di Negre è finalmente riuscita a portare sul mercato l'auto ad aria compressa, presentandola in molte diverse versioni che vanno da una piccola e semplice citycar a tre ruote fino ad automezzi di grandi dimensioni.
Ciò premesso, la vera rivoluzione del motore ad aria compressa non è tanto nella costruzione di mezzi di locomozione quanto piuttosto nella realizzazione di una nuova generazione di generatori di corrente ausiliari a funzionamento meccanico.
Gli automezzi ad aria compressa infatti, pur consentendo un buon risparmio di costi a inquinamento zero richiedono sempre l'utilizzo di fonti di energia tradizionali per lo stoccaggio dell'aria nelle bombole ad alta pressione.
Pertanto, la maggiore utilità della tecnologia ad aria è nella sottovalutata moltitudine di applicazioni in cui non occorrono potenze di compressioni estreme (come appunto nei sistemi di locomozione), ovvero in tutti quei casi in cui lo stoccaggio dell'aria sotto pressione può essere effettuato meccanicamente e con poco sforzo grazie a sistemi di carica manuale a leve.
Il potenziale di sviluppo in questo settore è molto ampio in quanto i motori ad aria compressa a ricarica manuale di modeste dimensioni e potenze potrebbe alimentare alternatori e dinamo elettriche di emergenza (o alternative) per la produzione della corrente necessaria al funzionamento di tutti gli apparecchi elettrici a basso o medio consumo.