5 libri per regalare a Natale 2015-800x400

5 libri da regalare a Natale 2015

Si avvicina il Natale e con esso il piacere/incubo dei regali.

Cosa donare a Tizio, cosa a Caio?

Anche se in tempo di crisi il denaro nei portafogli spesso latita, regalare un libro può essere davvero un buon regalo gradito a tutti.

E non solo perché è facile da impacchettare. Per niente semplice, però, trovarne uno che piaccia davvero a chi lo riceve.

La scelta è faticosa: gli scaffali delle librerie, specialmente nel periodo natalizio, brulicano di nuove uscite, consigli di lettura e classifiche su classifiche dei più letti e più venduti.

Il pericolo nello scegliere dagli scaffali numerati delle grandi librerie è anche quello di procurare un doppione visto che a Natale i libri sono fra i regali più gettonati e più riciclati di mano in mano.

Oggi vi daremo un’alternativa, …anzi, cinque per colpire nel segno il titolo giusto. E non è sempre facile..

E ricordatevi sempre che regalare un libro (tutto l’anno e non soltanto per Natale) è sempre il regalo migliore perché:

  • i libri non passano mai di moda,
  • intrattengono per molto tempo,
  • sono allo stesso tempo anche un biglietto d’auguri,
  • si può trovare un libro per ogni tipologia di persona,
  • possono essere divertenti e benefici,
  • ti portano in altri luoghi e
  • non richiedono batterie o altri accessori!!!

1. "Montaigne" di Stefan Zweig

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In fuga dagli orrori della guerra e dalla persecuzione nazista, Stefan Zweig rilegge e commenta il grande filosofo francese Michel de Montaigne (1533-1592).
In un momento di profonda afflizione, ripercorrere la vita dell'autore dei "Saggi" rappresenta per Zweig la strada verso la liberazione interiore; ciò che di Montaigne lo affascina maggiormente, infatti, è la determinazione cosciente e costante a mantenere integra la propria autonomia di pensiero in un'età tumultuosa e in una società nella quale brutalità e servilismo dilagano.
Incompiuto, pubblicato postumo e qui tradotto per la prima volta in italiano, Montaigne è una biografia a cavallo tra ricostruzione storica e analisi psicologica, scritta con l'entusiasmo di un umanista solitario che riconosce in Montaigne il modello perfetto di saggezza.
Pur senza dettare dogmi, precetti, leggi o sistemi, Montaigne rivela a Zweig come trovare se stessi dentro ogni cosa e ogni cosa dentro se stessi.
Il suo prezioso avvertimento è di non affannarsi nell'ambizione e non farsi trasportare dalle passioni del mondo, perché il vero traguardo è vivere non una vita qualunque, ma la propria vita.

Nato il 28 novembre 1881 a Vienna, Stefan Zweig (Vienna, 28/11/1881 - Petrópolis (Brasile), 1942) era figlio di un ricco industriale ebreo e per questo potè studiare con tutta libertà, seguendo i suoi gusti che lo portavano a interessarsi di letteratura, filosofia e storia.
L'atmosfera cosmopolita della Vienna imperiale favorisce la sua curiosità del mondo, che si trasforma in una sorta di bulimia culturale. Come letterato esordisce con poemi in cui si percepisce l'influenza di Hofmannsthal e Rilke, di cui parla nella sua autobiografia Il mondo di ieri (Die Welt von gestern, 1942).
Per Stefan Zweig "la letteratura non è la vita", ma "un mezzo di esaltazione della vita, un modo di cogliere il dramma in maniera più chiara e intelleggibile".
La sua ambizione è dunque "dare alla mia esistenza l'ampiezza, la pienezza, la forza e la conoscenza, tanto da legarla all'essenza e alla profondità delle cose". Infaticabile viaggiatore è sempre alle ricerca di nuove culture.
I tanti viaggi di Zweig sviluppano in lui ancor più l'amore per la letteratura straniera, specie quella francese.
Questo amore, che si trasformerà in vero e proprio culto, viene manifestato con le traduzioni di Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, dell'amico Verhaeren, con le quali fa conoscere in Europa centrale i versi potenti e le pièces teatrali (di Suarès, Romain Rolland) su cui diventa uno dei primi, se non il primo ad attirare l'attenzione dei paesi di lingua tedesca.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale Zweig, come l'amico Romain Rolland in Francia, non può rassegnarsi a sacrificare al nazionalismo sfrenato la realtà superiore della cultura senza frontiere. Ardente pacifista, viene profondamente segnato da questa guerra.
Nel 1915, sposa Friederike von Winternitz. Lascia Vienna nel 1919 e si sposta a Salisburgo, dove scrive molte delle sue opere più celebri tra narrativa e saggistica (su Dostoïevski, Tolstoï, Nietzsche, Freud - che conosceva bene - Stendhal, etc). Dopo una decina di anni di tranquillità arriva al potere Hitler e l'Austria, già nazista per metà, viene invasa.
Nel 1933, a Monaco e in altre città i libri dell'ebreo Zweig vengono bruciati in un autodafé. Nel 1934, va in Gran Bretagna, a Bath. Questa partenza viene vista in modi diversi dai suoi biografi: alcuni sostengono l'ipotesi di una sua fuga in vista dell'imminente guerra e del montante antisemitismo, altri affermano che la sua partenza sia dovuta semplicemente alla necessità di svolgere ricerche su Maria Stuarda, per scrivere una biografia.
Nel 1938 divorzia da Friederike. Si risposerà con una giovane segretaria inglese, Charlotte Lotte Elizabeth Altmann, che poco dopo si ammalerà gravemente. Ma la sua anima inquieta lo porta di nuovo in viaggio tra l'America del nord, il Brasile, la Francia e ancora l'Austria...
E scoppia la guerra. Nel 1940 lascia definitivamente la Gran Bretagna e vola verso gli Stati Uniti. Il 15 agosto 1941, si imbarca per il Brasile e si stabilisce a Petrópolis dove spera invano di trovare la pace.
Il 22 febbraio 1942, Stefan Zweig scrive un ultimo messaggio, il giorno seguente si suicida con delle medicine. La moglie lo seguirà nelle morte.
Tra le opere ricordiamo alcuni drammi (Geremia, Jeremias, 1917) e le raccolte di novelle Adolescenza (Erstes Erlebnis, 1911), Amok (1922) e Sovvertimento dei sensi (Verwirrung der Gefühle, 1927); fra i racconti successivi spicca, per la tensione drammatica, La novella degli scacchi (Schacknovelle, 1941).
Ma le sue opere più note sono alcune biografie, che offrono una personale interpretazione psicologica dell’esistenza artistica. Fra esse: Tre maestri: Balzac, Dickens, Dostoevskij (Drei Meister, 1920), La lotta col demone: Hölderlin, Kleist, Nietzsche (Der Kampf mit dem Dämon, 1925) e Tre poeti della propria vita: Casanova, Stendhal, Tolstoj (Drei Dichter ihres Lebens, 1928).
Comune a questi scritti è la fede nella perenne attualità dei valori dello spirito. Notevole anche il suo contributo al romanzo storico con Erasmo da Rotterdam (Triumph und Tragik des Erasmus von R., 1935).
La sua vastissima produzione risente dei limiti di un umanesimo ingenuo e di un estetismo superficiale, ma è un’eloquente testimonianza del tramonto dell’impero asburgico e del mondo della vecchia Europa. (Fonti: il sito ufficiale dell'autore, Enciclopedia della Letteratura Garzanti 2007.)

 

2. "Gli sdraiati" di Michele Serra

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Forse sono di là, forse sono altrove. In genere dormono quando il resto del mondo è sveglio, e vegliano quando il resto del mondo sta dormendo.
Sono gli sdraiati. I figli adolescenti, i figli già ragazzi. Michele Serra si inoltra in quel mondo misterioso. Non risparmia niente ai figli, niente ai padri.
Racconta l'estraneità, i conflitti, le occasioni perdute, il montare del senso di colpa, il formicolare di un'ostilità che nessuna saggezza riesce a placare.
Quando è successo? Come è successo? Dove ci siamo persi? E basterà, per ritrovarci, il disperato, patetico invito che il padre reitera al figlio per una passeggiata in montagna?
Fra burrasche psichiche, satira sociale, orgogliose impennate di relativismo etico, il racconto affonda nel mondo ignoto dei figli e in quello almeno altrettanto ignoto dei "dopopadri". "Gli sdraiati" è un romanzo comico, un romanzo di avventure, una storia di rabbia, amore e malinconia.
Ed è anche il piccolo monumento a una generazione che si è allungata orizzontalmente nel mondo, e forse da quella posizione riesce a vedere cose che gli "eretti" non vedono più, non vedono ancora, hanno smesso di vedere.
Qualcuno sostiene che fare il genitore sia un mestiere “impossibile” e che il miglior genitore che ti possa capitare sia quello pienamente consapevole del fatto che il suo ruolo è, appunto, impossibile da sostenere. In fondo è una questione di autorità e di capacità di farsi ascoltare senza per questo invadere gli spazi, senza prevaricare, senza imporre il proprio punto di vista, senza sembrare arroganti, o troppo pesanti, o maturi, o pieni di sé, più esperti, più ricchi, più potenti.
Senza sembrare genitori, insomma. Il grande paradosso con cui si confronta in questo libro, un po’ romanzo e un po’ diario, Michele Serra, giornalista e autore televisivo, opinionista e opinion leader di un’intera generazione di ex giovani promettenti e ribelli, è proprio questo: è possibile riuscire a partecipare alla vita dei propri figli adolescenti? Magari senza farne parte pienamente, senza farsi includere nelle conversazioni e nei progetti, ma almeno farsi inquadrare nel loro spettro visivo? Attirare per un attimo la loro attenzione? Suo figlio “Tizio”, come lo chiama l’autore, è il classico adolescente diciottenne.
Michele Serra passa molto tempo ad osservarlo, senza destare per altro la minima reazione, cercando di comprendere la sua natura intrinseca, senza mai arrivare a una verità consolidata.
Mano a mano che la scrittura va avanti, descrivendo scene avvilenti di vita quotidiana a di reciproca ignoranza, dallo shopping in centro alla vendemmia nelle Langhe, Michele Serra immagina di scrivere il suo grande romanzo inedito dall’impianto epico che impegnerà gli ultimi anni della sua vita, La Grande Guerra Finale, quella tra vecchi e giovani, una grandiosa epopea bellica che vedrà scontrarsi i numerosissimi vecchi, più resistenti e risoluti, e i pochi sonnolenti giovani in una guerra all’ultimo sangue.
Prima che la battaglia abbia inizio e che la sua generazione perisca sotto la spinta di questi nuovi organismi mutanti, Serra coltiva un unico grande desiderio: vuole che suo figlio lo segua in una scalata al Colle della Nasca, una cima brulla e spazzata dal vento di tremila metri, un vecchio sentiero di montagna che lui faceva sempre con suo padre. Forse è il desiderio di essere sorpassato su quella cima ad ossessionarlo, o soltanto il bisogno impellente di cambiare prospettiva e di sdraiarsi, per una volta, mentre suo figlio incombe alto su di lui.
Gli Sdraiati è un libro tenero e struggente, in cui la consueta ironia e la forza satirica di Michele Serra si alterna a momenti di grande nostalgia e lirismo.

Michele Serra (Roma, 10/7/1954) ha cominciato a scrivere a vent’anni sull’Unità, nella quale era entrato come dimafonista. Prima inviato, poi corsivista e commentatore, dal 1997 scrive sulla Repubblica e dal 2002 anche sull’Espresso. In passato ha collaborato a molte testate, tra le quali Epoca e Panorama.
Come autore, ha scritto testi teatrali per Antonio Albanese, Luca De Filippo, Beppe Grillo, Claudio Bisio, Milva, Davide Riondino e Andrea Brambilla. In televisione ha lavorato con Adriano Celentano, Gianni Morandi, Luciana Littizzetto e molti altri artisti. Da quattro anni è co-autore della trasmissione di Fabio Fazio "Che tempo che fa”.
Tra i libri pubblicati, Il ragazzo mucca (1997), Il nuovo che avanza (1989), Cerimonie (2002), Poesie per incartare l’insalata (1993), Canzoni politiche (2000), Tutti al mare (1986), Che tempo fa (1999), Tutti i santi giorni (2006), Breviario comico. A perpetua memoria (2008), L'assassino (2013), Gli sdraiati (2013).
La madre del mostro è il suo primo libretto d’opera, ma non la prima collaborazione per il teatro musicale. Michele Dall’Ongaro ha musicato il suo racconto Jekyll. Marco Tutino ha realizzato, su testi di Serra, il melologo Peteruncino.

 

3. "Città in Fiamme" di Garth Risk Hallberg

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New York, 1977. Il Bronx è in fiamme e Central Park è il terreno di caccia di rapinatori ed eroinomani, il punk sta nascendo e l’Aids è alle porte, gli artisti ancora affittano le soffitte a Manhattan.
La notte di Capodanno corre sul filo del rasoio. È quasi mezzanotte quando si alza una tempesta di neve e, nel frastuono dei fuochi d'artificio, uno scoppio attraversa Central Park.
Uno sparo. Il momento esatto in cui scocca la mezzanotte. Gli eventi intrecciano i destini di un insolito gruppo di newyorkesi: Regan e William Hamilton-Sweeney, i riluttanti eredi di una delle più straordinarie fortune di New York; Keith e Mercer, gli uomini che, nel bene e nel male, li amano; Charlie e Samantha, due ragazzini di Long Island attratti a Manhattan dall'incandescente scena punk.
Il momento esatto in cui la pillola fa effetto. I nuovi arrivati incantati dalla città e quelli che della città sono così stufi che la darebbero alle fiamme: tutti in qualche modo parte dell’ossessione di un reporter e di un detective che cercano di capire cosa c’entra ciascuno di loro con lo sparo in Central Park. Il momento esatto in cui va via la luce.
Che lo sappiano o meno, sono tutti legati dalla stessa storia - una storia su quanto le persone più vicine a noi sono a volte le più difficili da conoscere, una storia dove amore e arte, crimine e tradimento, Storia e rivoluzione sono racchiusi in un unico ordigno, pronto a esplodere.
New York, 1977. Il momento esatto in cui esplode..
Un romanzo sull’amore e i tradimenti, sull’arte e la verità e il punk – su quanto le persone più vicine a noi sono a volte le più difficili da conoscere.

La recensione di Città in fiamme (City on fire in originale) pubblicata da Michiko Kakutani su The New York Times, rende l’idea dei discorsi che aleggiano attorno a questo libro. Eccone un estratto.
Kakutani scrive: “City on Fire attraversa sobborghi e quartieri di New York con la stessa audacia con la quale balza da attici splendenti a squallidi squat, da serate di gala uptown ai club di downtown, da uffici di alta finanza ad anonime bettole. Zooma nelle teste dei suoi eroi per darcene conto da un punto di vista ravvicinato, anche dal punto di vista delle emozioni personali, poi zooma all’indietro per consegnarci delle serafiche viste panoramiche della città. Pur essendo sovraccarico, è un romanzo al cardiopalma incredibilmente ambizioso”. Kakutani conclude definendolo un romanzo che attesta il talento sconfinato del suo giovane autore.

Garth Risk Hallberg (36 anni) è nato in Luisiana e cresciuto in North Carolina. Suoi scritti sono apparsi su Prairie Schooner, The New York Times, Best New American Voices 2008 e The Millions. Vive a New York con sua moglie e i figli. Città in fiamme è il suo primo romanzo.

 

4. "Il confidente" di Hélène Grémillon

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Tra le numerose lettere di condoglianze per la morte della madre, a Camille ne arriva una molto più lunga delle altre, dal tono del tutto diverso.
A firmarla è un certo Louis, che inizia a raccontarle la storia sua e di Annie. Un errore, probabilmente.
Ma, nelle settimane successive, ogni martedì arriva una lettera simile con il seguito della storia. Camille ne è turbata, perché sente che in quel racconto c'è qualcosa che la riguarda: niente combacia con la sua vita e il suo passato, non un luogo, non un nome, non una data, eppure tutto sembra comunque sfiorarla, parlare di lei.
La storia ha inizio nel 1939, in una cittadina della provincia francese, quando la giovane Annie viene presa sotto l'ala protettrice di Madame M., una ricca signora che nutre per la ragazza un affetto particolare.
Nasce fra le due un'amicizia profonda, tanto che, quando la signora le confida il suo dolore per non poter avere figli, Annie le offre se stessa: sarà lei a sostenere la gravidanza e a darle il figlio desiderato. Un patto destinato a rimanere segreto, noto ovviamente solo al signor M. che, prima di partire per la guerra imminente, accetta di passare una notte con la ragazza.
Annie resta incinta, e sotto il rombo dei bombardamenti, mentre il paese viene occupato dai nazisti, dà alla luce una bambina di cui Madame M. si impadronisce immediatamente, non avendo altra preoccupazione da quel momento in avanti che tenere lontana Annie, per salvare il segreto e, soprattutto, sua figlia.

Hélène Gremillon racconta una storia incredibile incidendo la pelle dei suoi personaggi restituendoci sangue e consapevolezza; quello stato di coscienza modificato che Pierre Janet ha definito “abaissement du niveau mental”, una particolare condizione che si scatena come conseguenza di stati emotivi intensi e che causa allo stesso tempo un restringimento della coscienza e un rafforzamento dell’inconscio.

Ma è all’inconscio collettivo che attinge l’autrice, in quel magma indiscriminato portatore di verità inconfessabili, spesso sotto forma d’immagini simboliche, per dire che una via di salvezza è possibile. In quel serbatoio pulsionale Camille ritrova ciò che ha perduto o non ha mai avuto, guarda con occhi nuovi se stessa, guarda in alto, guarda la luce!

Hélène Grémillon è nata l'8 febbraio 1977. Laureata in Lettere con un master in Storia, ha lavorato nella pubblicità, per poi passare al mondo del cinema come sceneggiatrice e autrice di diversi cortometraggi. Nel 2012 Mondadori ha pubblicato il suo primo romanzo Il confidente.

 



5. "L'angelo delle ossa" di John Connolly

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Il passato è in attesa dell'investigatore privato Charlie Parker. Il presente ha la forma di una ragazza, giovane, bella e scomparsa misteriosamente.
Una ragazza sola. O almeno questo è ciò che crede il suo rapitore.
Ma si sbaglia di grosso: la ragazza è la cugina di Louis, l'ombra di Parker, il suo braccio destro. Più l'indagine si avvicina alla verità e più i due amici scoprono che la pista che stanno seguendo è lastricata di ossa, pergamene e antichi miti biblici.
La loro ricerca li porta a spaziare dagli squallidi vicoli newyorchesi, a un'antica abbazia della Boemia che conserva le tracce di un sanguinoso massacro medievale, e infine in Francia, nei luoghi che furono teatro di altri drammatici eventi accaduti nel corso della Seconda guerra mondiale.
La chiave del mistero sembra celata nei frammenti di una vecchia pergamena che parla di una statua d'argento: l'Angelo nero, l'angelo ribelle bandito da Dio e caduto sulla Terra, un simbolo misterioso e fortemente ricercato anche della setta dei Credenti. Chi sono?
Sembrano spietati e pronti a tutto pur di ritrovarlo. Agiscono nell'ombra, seminando morte e orrore: angeli caduti che non trovano pace. Il mito diventa realtà. La realtà mito. Tra religione e storia, tra fede e leggende millenarie Parker si ritrova ad affrontare il più subdolo dei nemici: una voce nella sua testa. "Sei stato trovato". È questa volta dovrà vedersela con qualcosa che non ha mai affrontato prima: il proprio passato.
Protagonista del romanzo è, ovviamente, Charlie Parker, un detective privato, rude e tormentato dai fantasmi del passato, protagonista anche degli altri quattro libri di John Connolly, libri che lo consacrano nell’olimpo dei migliori thrilleristi del panorama letterario mondiale.

Un consiglio: prima di leggere questo libro converrebbe leggere gli altri in ordine di uscita editoriale. C’è un leggero filo conduttore che lega fra loro le storie, una più avvincente dell’altra. Per chi non ha mai letto questo autore è giunta l’ora di fare una scappatina in libreria e procurarsi i suoi libri. Ne vale assolutamente la pena.


John Connolly (1968) vive a Dublino. Nella vita ha fatto di tutto, dal giornalista al barman, dall’ufficiale governativo al cameriere e al facchino da Harrods a Londra.
Dopo aver studiato inglese al Trinity College di Dublino e giornalismo alla Dublin City University, ha lavorato per cinque anni come giornalista freelance per The Irish Times, con il quale collabora tuttora.
Ha dato vita al fortunato personaggio del detective Charlie Parker, comparso per la prima volta in Tutto ciò che muore. I suoi romanzi, tutti disponibili in BUR, sono Il ciclo delle stagioni, Palude, Gente che uccide, L’angelo delle ossa.
Il suo ultimo libro Gli amanti è pubblicato da Rizzoli.

 






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