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5 malattie del cane: artrosi, cardiopatie, diabete, tosse e malattie comuni

Noi che amiamo profondamente il nostro cane spesso facciamo di tutto per farlo felice: giochiamo, lo educhiamo, ci iscriviamo a corsi per attività sportive da fare insieme, cerchiamo di farlo sentire parte integrante della nostra vita e della nostra famiglia.

Insomma, tentiamo di essere veri cinofili, come è giusto fare. Ma altrettanto spesso trascuriamo alcune competenze che sono, invece, essenziali: specialmente quelle legate alla salute del nostro migliore amico.

Da un lato ciò accade perché buona parte di noi demanda al professionista, il medico veterinario, questi aspetti cruciali per il benessere del cane, e dall’altro perché alcuni di noi, sulla scorta delle precedenti esperienze con i cani, ritengono di sapere già come gestire questi aspetti. In entrambi i casi, sbagliamo.

Nel primo caso perché è verissimo che il veterinario è la figura cui rivolgersi per queste esigenze, ma è altrettanto innegabile che avere una cultura di base su salute e alimentazione ci impedisce di commettere errori o di sottovalutare situazioni che mettono a rischio il benessere del cane: a volte dal veterinario ci finiamo proprio perché non sappiamo compiere le scelte giuste o perché alimentiamo scorrettamente il cane!

Nel secondo caso, l’errore è quello di generalizzare e pensare che se qualcosa andava bene per il nostro cane precedente allora andrà bene anche per quello che abbiamo ora: i cani non sono tutti uguali e le differenze sono determinate da fattori che vanno dalla razza o incrocio alla storia individuale di ciascuno.

Dunque, anche se il veterinario rimane la figura indispensabile cui rivolgersi per ogni esigenza del cane, prevenire errori alimentari comuni e saper riconoscere situazioni e sintomi che possono essere indicativi di una patologia è di fondamentale importanza per qualsiasi vero cinofilo.

Oggi abbiamo voluto occuparci di 5 malattie del cane (artrosi, cardiopatie, diabete, tosse e malattie comuni) per fornire a tutti informazioni utili e altrettanti suggerimenti da seguire. Buona lettura.

 

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1. Artrosi: cos’è e come si affronta

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L’osteoartrite è un’affezione degenerativa che colpisce le articolazioni e interessa prevalentemente, ma non solo, i soggetti di taglia grande e gigante.

Il problema consiste in una progressiva usura delle cartilagini articolari, vale a dire del tessuto che riveste le estremità ossee nel punto di contatto tra un elemento scheletrico e l’altro, dove si formano le giunture.

Questa usura si accompagna sia ad alterazioni dei singoli strati di cellule, dovute a un’eccessiva distruzione o a un’insufficiente produzione delle stesse, sia alla scarsa lubrificazione da parte del liquido sinoviale contenuto nelle singole articolazioni.

Le cause che conducono a questo stato possono essere strutturali, come avviene, per esempio, in caso di malformazioni o forme di displasia, oppure acquisite, ovvero dovute a infezioni o a episodi traumatici, quali fratture, lussazioni o lesioni a carico dei tessuti molli.

In ogni caso, tuttavia, l’osteoartrite presenta un andamento peggiorativo con il trascorrere del tempo. Sebbene le articolazioni maggiormente colpite risultino essere quelle dell’anca, del ginocchio, della spalla e del gomito, in realtà l’artrosi può riguardare qualunque elemento dello scheletro, interessando il cane in forma localizzata o diffusa.

 

- Sintomi e diagnosi
Il processo degenerativo a carico delle articolazioni causa dolore.
Il nostro amico può manifestare disturbi quali zoppie di grado variabile (nelle situazioni più gravi si può addirittura assistere all’andatura su tre sole zampe), riluttanza al movimento e difficoltà a compiere determinate azioni, per esempio alzarsi dalla posizione sdraiata, saltare sull’automobile, salire e scendere i gradini di una scala, camminare sui terreni accidentati e così via.
Il cane può anche esibire atteggiamenti scontrosi o aggressivi quando viene accarezzato, toccato o semplicemente sfiorato nelle zone colpite.
Il metodo più efficace per accertare la presenza della malattia consiste nella diagnostica per immagini, che di norma dovrebbe sempre e comunque seguire una precedente valutazione ortopedica.
L’esecuzione di accurati studi radiografici e il ricorso, ormai possibile anche nel nostro Paese, a metodiche più sofisticate come la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica e l’artroscopia, consente risultati qualitativi eccellenti per classificare la patologia e il suo grado di gravità.
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- Dolore di tre tipi
Il primo e più importante sintomo dell’osteoartrite è il dolore, che può essere classificato come adattativo e maladattativo.
Il primo, a sua volta, può essere di due tipi: fisiologico, che riveste un importante ruolo come segnale di allarme, che serve al cane come sistema protettivo, volto a minimizzare un danno tessutale; oppure infiammatorio acuto, conseguente cioè a un danno di una certa entità e all’infiammazione che ne deriva.
Quello maladattativo o cronico, invece, è un dolore infiammatorio persistente, dovuto al permanere di una causa patologica responsabile della stimolazione pressoché continua delle cellule nervose deputate al suo rilevamento.
I processi degenerativi a carico delle cartilagini articolari causano alterazioni che interessano le strutture circostanti (erosione e rarefazione della componente ossea, fibrosi tendinea e sinoviale, rilassamento di muscoli e legamenti) e si accompagnano all’incremento dell’infiammazione.

 

- Curare l’artrosi: occorrono antinfiammatori e condroprotettori
Trattandosi di una patologia di tipo degenerativo, la cura dell’artrosi purtroppo non è mai risolutiva e mira perciò a tenere sotto controllo il segno clinico predominante, ovvero il dolore, con lo scopo di restituire al nostro amico a quattro zampe la mobilità perduta e migliorare la sua qualità di vita, facendola tornare ai livelli di un tempo.
Il trattamento intrapreso deve essere, sulla base di quanto spiegato a proposito della sintomatologia, di lunga durata. I Fans (farmaci antinfiammatori non steroidei) di nuova generazione per uso canino sono in genere efficaci e al tempo stesso molto ben tollerati, per cui rappresentano la soluzione ideale in tal senso.
Poiché ne esistono di molti tipi, per scegliere il principio attivo più adatto al nostro amico con la coda è meglio rivolgersi al veterinario di fiducia, che prescriverà il farmaco più opportuno a seguito di un’attenta visita.
Un importante aiuto, da affiancare al trattamento farmacologico (senza tuttavia sostituirlo), arriva dai cosiddetti condroprotettori, sostanze naturali in grado di rinforzare le cartilagini articolari del cane, migliorando il turnover dei condrociti (le cellule che compongono il tessuto cartilagineo) e attenuando al tempo stesso il dolore e l’infiammazione.
Molecole come la glucosamina, il condroitinsolfato, il chitosano, gli estratti di Perna canaliculus, gli acidi grassi essenziali della serie omega-3, il ribes nero, il celadrin, l’artiglio del diavolo, la quercetina e così via dovrebbero essere somministrate, sotto forma di estratti o integratori alimentari, in maniera ciclica e continuativa per tutta la durata della vita del cane, seguendo sempre le indicazioni del veterinario, non solo in caso di malattia ma anche come prevenzione.

 

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2. Cardiopatie, le “malattie del cuore”

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L’apparato cardiovascolare dei cani, come il nostro, è costituito dal cuore e dai vasi sanguigni.

Il primo, un muscolo cavo che funziona come una sorta di pompa, ha il compito di distribuire il sangue all’intero organismo. Il muscolo cardiaco è collocato nella cavità toracica ed è formato da quattro camere (due atri e due ventricoli) che comunicano tra loro e con i grossi vasi, a loro volta deputati a trasportare il sangue.

Quest’ultimo, dopo essersi ossigenato nei polmoni, passa attraverso l’aorta e arriva così alle diramazioni arteriose, che provvedono a distribuirlo in tutto l’organismo, fino a raggiungere le singole cellule, da cui riceve l’anidride carbonica.

Questo “prodotto di scarto” viene riportato al cuore dalle vene per essere poi trasportato, attraverso l’arteria polmonare, ai polmoni, dove hanno nuovamente luogo gli scambi gassosi. E così, il ciclo riprende dal principio.

Nel cane la frequenza cardiaca, cioè la velocità di contrazione del cuore, è di circa 70-120 battiti al minuto ed è inversamente proporzionale alla taglia: più piccolo è il nostro amico, più velocemente batte il suo cuore.

 

- I segnali della malattia: come accorgersi di una cardiopatia
I sintomi di una malattia cardiovascolare si manifestano di norma in maniera piuttosto graduale e progressiva, ma non passano di certo inosservati all’occhio attento di chi ha scelto un cane come amico e compagno di vita.
Fido può mostrarsi svogliato e affaticato, si stanca facilmente anche a seguito di uno scarso esercizio fisico, respira talvolta in maniera affannosa, tossisce di notte o dopo avere effettuato una corsa, di tanto in tanto può andare incontro a sorta di svenimenti con perdita più o meno completa della coscienza.
Nelle fasi più avanzate, poi, si può assistere a un costante deperimento organico, caratterizzato anche da diminuzione dell’appetito e calo del peso. Più raramente, è stato segnalato il decesso improvviso e apparentemente ingiustificato.
La diagnosi di cardiopatia compete al veterinario di fiducia che, dopo avere visitato il nostro amico con la coda, può riscontrare eventuali anomalie all’auscultazione del torace e decidere perciò di eseguire esami approfonditi quali l’analisi del sangue e lo studio radiografico del torace, piuttosto che test più specialistici, primi tra tutti l’elettrocardiogramma e l’ecocardiografia.

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- Le patologie più frequenti: endocardiosi e cardiomiopatie
Le patologie cardiache che si verificano più comunemente nella specie canina sono di due tipi: le endocardiosi e le cardiomiopatie, entrambe in grado di causare insufficienza cardiocircolatoria, ovvero l’inadeguata distribuzione del sangue alle varie parti del corpo.
Nel primo caso sono interessate le valvole cardiache, cioè quelle strutture che regolano il flusso tra le diverse camere del cuore e i grossi vasi. Chiamate anche patologie valvolari o valvulopatie, le endocardiosi possono riguardare la mitrale (posta tra l’atrio e il ventricolo di sinistra), la tricuspidale (posta tra l’atrio e il ventricolo di destra), la semilunare aortica (posta tra il ventricolo sinistro e l’aorta) e la polmonare (posta tra il ventricolo destro e l’arteria polmonare). Ne sono principalmente colpiti i soggetti di taglia piccola e media, più facilmente in seguito a malformazioni o all’usura in tarda età.
Nel secondo caso si ha, invece, un’alterazione a carico della parte muscolare del cuore: l’organo risulta inefficiente nella sua funzione di pompa distributrice. I cani più a rischio in questo caso sono quelli di taglia grande o gigante, quasi sempre giovani o adulti, raramente anziani. Nella forma più comune, la cardiomiopatia dilatativa, il muscolo cardiaco perde, per motivi ancora non del tutto chiariti, la propria capacità di contrarsi e non è più quindi in grado di distribuire con la dovuta forza il sangue in circolo.

 

- Curare un cane cardiopatico: un farmaco innovativo e più pratico
Una gestione terapeutica efficace gioca un ruolo determinante non solo per migliorare la qualità dell’esistenza e allungarne i limiti, ma anche per restituire al nostro amico la voglia di vivere.
Le linee guida internazionali raccomandano sempre una cura multi-modale, comprendente cioè la somministrazione di un diuretico, di un ACE-inibitore e di un calcio-sensibilizzatore, tre farmaci la cui azione combinata alle giuste dosi è essenziale per ottenere il massimo risultato.
Tuttavia, dare al cane tre differenti medicinali (più volte al giorno per un periodo di tempo illimitato) non sempre è agevole. Senza contare che per molti proprietari la somministrazione di farmaci ai propri amici a quattro zampe può essere fonte di ansia. Tutto questo può rendere il trattamento inefficace, se non inutile.
Per fortuna la recente disponibilità, anche nel nostro Paese, di un’innovativa associazione farmacologica a base di benazepril e pimobendan rende il compito più semplice ai familiari. Il medicinale in questione, infatti, combina due principi attivi di comprovata efficacia in un’unica compressa aromatizzata, più appetibile per il cane che si dimostrerà, così, più propenso a prenderla.
Il prodotto è soggetto a prescrizione ma si trova facilmente in farmacia. Per ulteriori informazioni in proposito, è sempre bene fare riferimento al proprio veterinario.

 

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3. Diabete, la dieta se ne soffre

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Secondo le attuali statistiche, in Italia il diabete interessa circa quattro milioni di persone.

Non si hanno stime precise circa la diffusione della malattia nella specie canina, ma è comunque documentato che questa affezione colpisce in modo non raro anche i nostri amici.

Uno studio recente ha evidenziato come, da un quarto di secolo a questa parte, in tutto il mondo i casi di diabete canino si siano decuplicati, soprattutto a causa delle mutate condizioni di vita dei cani.

Il diabete, che sarebbe meglio chiamare diabete mellito per distinguerlo dal diabete insipido (una patologia di tutt’altra natura), è un’affezione su base endocrina che si manifesta in seguito a una carenza diretta o indiretta di insulina, ormone prodotto dal pancreas che regola il metabolismo degli zuccheri.

Nella pratica, però, si verifica un’alterazione metabolica più generalizzata che, oltre ai carboidrati, riguarda anche i grassi e le proteine, determinando problemi di salute non trascurabili nei nostri amici a quattro zampe. Ne sono principalmente colpite le femmine di mezza età e in particolar modo quelle non sterilizzate, così come quelle in sovrappeso o obese.

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- Stabilizzare la glicemia: iniezioni e controlli periodici come per noi
Nella specie canina la terapia del diabete mellito si basa sulla somministrazione continuativa dell’insulina mancante. Da sottolineare, a questo proposito, la disponibilità in commercio di un farmaco ad azione lenta, specifico per uso veterinario.
Il quantitativo da iniettare al nostro amico a quattro zampe va tarato sulla base di un dosaggio medio iniziale, da valutare nel tempo grazie all’esecuzione di frequenti controlli della glicemia.
Ideale è eseguire la cosiddetta curva glicemica, un test che consiste nel prelievo ematico a intervalli regolari lungo l’arco della giornata, mediamente ogni due o quattro ore, per confrontare il risultato del valore dello zucchero nel sangue in funzione del medicinale utilizzato.
Le iniezioni devono essere effettuate con apposite siringhe per insulina veterinaria che si trovano facilmente in commercio e sono tarate per la concentrazione specifica adatta agli animali: 40 U.I./ml.
Esiste anche una pratica penna, la VetPen, del tutto equiparabile a quelle impiegate per noi, che funziona con aghi monouso e assicura la massima precisione nell’erogazione delle dosi.
Una volta che la glicemia è stata stabilizzata, il monitoraggio dei livelli di insulina può essere effettuato con facilità anche dai proprietari grazie ad apparecchiature dedicate, analogamente a quanto avviene in campo umano.
Ogni quattro-sei mesi, comunque, è bene consultare il proprio veterinario per effettuare controlli specifici e fare quindi il punto della situazione sull’andamento della malattia.

 

- Segnali preoccupanti: se ne notiamo qualcuno, non perdiamo tempo!
Come ci si può rendere conto se il proprio cane è affetto da diabete mellito? I sintomi iniziali della malattia sono l’aumento della sete e l’abbondante eliminazione di urina, cui possono accompagnarsi l’incremento dell’appetito e il progressivo dimagramento.
Se ci accorgiamo che sono insorti questi segni clinici è bene iniziare a insospettirsi e, ovviamente, rivolgersi in modo tempestivo al veterinario di fiducia. La conferma diagnostica, tuttavia, arriva dall’esame del sangue.
La glicemia, ovvero il tasso degli zuccheri nel sangue, a digiuno è piuttosto elevata in corso di diabete (supera cioè il valore standard di 70-120 mg/dl) e la contestuale valutazione della fruttosaminemia, che indica l’andamento del metabolismo glucidico delle ultime settimane, fornisce al veterinario un’ulteriore informazione diagnostica per capire se il problema è quello temuto.
Se non viene opportunamente trattato, il diabete mellito può condurre in tempi più o meno lunghi a disturbi di tipo cardio-circolatorio e ad anomalie oculari, prima tra tutte la cataratta, ovvero l’opacizzazione del cristallino, cui segue l’evidente calo della vista.
Si possono anche verificare alterazioni a carico del fegato e dei reni, scompensi idro-elettrolitici, fino ad arrivare a un progressivo decadimento delle condizioni generali del cane ed eventualmente al decesso. Evidente, quindi, come non si possa minimamente trascurare la cosa e come sia prioritario intervenire il prima possibile con una cura. Vediamo come regolarci.

 

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4. Malattie comuni. Come difenderli?

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Il temine “cane” indica soggetti molto differenti e ci sono malattie più frequenti in base alla razza, o per il tipo di impiego.

Per uno Yorkshire, per esempio, la torsione gastrica è un evento più unico che raro, mentre è più frequente nel Pastore Tedesco.

In base all’area geografica in cui viviamo, inoltre, ci saranno malattie differenti. Questo per dire che, prima di acquistare o adottare un cane, sarebbe bene informarsi su quali siano le patologie più frequenti in quel tipo di cane.

Perché la prevenzione è importantissima. Per quanto, però, un Chihuahua o un Alano possano sembrare agli antipodi, esistono patologie che possono colpire entrambi a dispetto delle loro evidenti differenze.

Parleremo proprio di queste patologie, cioè di quelle malattie per cui sottoponiamo tutti i nostri cani a vaccinazione e profilassi per proteggerli.

 

- Quattro temibili: cimurro, epatite, parvo e lepto 
I vaccini di base, che tutti i cani devono fare, li proteggono da tre malattie virali molto contagiose, con alta mortalità: cimurro, epatite e parvovirosi canina.
Oggi, le epidemie di cimurro o di epatite sono meno diffuse grazie alla vaccinazione di massa, ma un singolo cane può ancora essere colpito e purtroppo l’esito è spesso infausto.
La parvovirosi, anch’essa spesso fatale, è purtroppo ancora molto diffusa soprattutto a causa del traffico illegale di cuccioli. Si tratta di malattie specie-specifiche, cioè che si trasmettono solo da cane a cane, senza alcun rischio per la salute umana.
La vaccinazione è sicura ma deve essere eseguita nei tempi e nei modi corretti, seguendo il piano vaccinale impostato dal veterinario.
Una quarta malattia per la quale possiamo vaccinare i nostri amici è la leptospirosi: si tratta di una vaccinazione non obbligatoria, perché il rischio di incorrere in questa malattia dipende in parte dallo stile di vita del cane.
Colpisce principalmente fegato e reni ed è provocata da batteri (Leptospire) presenti nelle urine dei topi e, più in generale, in quelle di molti animali selvatici o roditori.
Si tratta di una zoonosi, cioè di una malattia che colpisce anche noi, per cui un cane infetto può, potenzialmente, trasmettere la malattia oltre che ad altri cani anche ai proprietari ma il contagio non è facile perché avviene per contatto diretto con le urine di un animale portatore o malato o con acque contaminate, perché si tratta di batteri che sopravvivono molto bene negli ambienti umidi.
Sono maggiormente esposti e a rischio di infezione i cani che frequentano aree dove sono presenti topi e ratti, quindi in campagna ma anche nelle città.

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- La filaria si previene: trattamenti e analisi annuali
Per alcune patologie non esiste la vaccinazione ma la profilassi. Questo termine indica l’assunzione di un farmaco a scopo preventivo, cioè per prevenire la malattia.
Le profilassi si eseguono principalmente per le malattie parassitarie: su tutte la filariosi cardiopolmonare, provocata da un verme, la filaria, che da adulto infesta il cuore e le arterie polmonari dei nostri amici. Questo parassita viene trasmesso, sotto forma di piccola larva, dalle zanzare quando succhiano il sangue.
Esistono trattamenti, che possono essere somministrati mensilmente per bocca o annualmente tramite iniezione, che uccidono le larve inoculate dalle zanzare, proteggendo il cane da questa brutta malattia.
Come per la leishmaniosi, anche per la filariosi esistono aree geografiche più a rischio: per capire se il nostro cane debba sottoporsi a profilassi, chiediamo consiglio al veterinario. Se viviamo in zone a rischio, è bene controllare annualmente il nostro amico; per farlo è sufficiente eseguire un rapido esame del sangue in primavera.

 

- E per la rabbia?
Altra patologia temibile è la rabbia, che tra l’altro è la più antica malattia che si conosca, citata già cinquemila anni fa in India.
Si tratta di un virus che può attaccare diverse specie, inclusa la nostra, e in particolare animali selvatici come le volpi, ma anche i cani. Il suo esito è sempre letale, purtroppo. Causa sintomi terribili ed è nota anche come “idrofobia” perché chi ne è colpito spesso ha una sete violenta ma non riesce a bere.
Fino a non molti anni fa era obbligatorio vaccinare i cani per prevenire il contagio, che avviene quasi soltanto attraverso la saliva, quindi morsi, o anche graffi.
Per fortuna in Italia la rabbia è attualmente considerata non più presente, almeno a livello di animali domestici, e i programmi di prevenzione verso gli animali selvatici hanno dato buoni frutti, tanto da far eliminare l’obbligo della vaccinazione per i cani domestici.
Ciò nonostante, per il timore che il virus possa riprendere forza e diffondersi, e per impedire il contagio in Paesi dove ancora non è stata debellata, la vaccinazione è obbligatoria per i cani che varcano i confini del nostro Paese. E va riportata sul passaporto dell’animale.

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5. Tosse: impariamo a riconoscerla

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Il brutto tempo, le differenze di temperatura tra l’ambiente interno e quello esterno, il freddo e il clima inclemente possono predisporre i nostri amici con la coda allo sviluppo di forme infiammatorie e irritative che interessano le vie respiratorie intermedie, la cui espressione principale è rappresentata dalla tosse.

Chi non ha mai sentito un cane tossire, la prima volta può addirittura spaventarsi, poiché non capisce che cosa sia quel suono strano, roco e talvolta cavernoso, che nella maggior parte dei casi viene interpretato come il tentativo di espellere qualcosa che sia rimasto in gola, quasi che si trattasse di una serie di conati di vomito.

Questa convinzione viene avvalorata dal fatto che, al termine degli accessi di tosse, i cani possono avere un vero e proprio urto di vomito, che si conclude con l’espulsione del pasto, se effettuato da poco, o di un certo quantitativo di materiale liquido o schiumoso, che altro non è se non il contenuto dello stomaco vuoto.

 

- Tante le cause: dai colpi d’aria alle infezioni
La tosse può dipendere da differenti cause, molte delle quali identificabili a livello del tratto intermedio dell’albero respiratorio (vie aeree e polmoni): colpi d’aria; sbalzi di temperatura; inalazione di fumi e vapori; traumatismi quali colpi, ferite, reiterata abitudine a tirare al guinzaglio o strattoni da parte del proprietario (da evitare); processi infiammatori o infettivi aspecifici (tracheite, laringite) o specifici (complesso respiratorio canino, tosse dei canili); anomalie tracheali (stenosi, collasso, ipoplasia) o laringee (paresi, emiparesi, paralisi).
Anche le affezioni bronchiali e polmonari, per esempio processi infiammatori, infettivi e neoplastici, broncopolmoniti ab ingestis (provocate dall’aspirazione di cibo e succhi digestivi), possono naturalmente determinare tosse, suggerendo in tali situazioni il coinvolgimento delle strutture anatomiche respiratorie profonde.
Da non dimenticare, infine, la tosse cardiaca, che si presenta più comunemente durante il riposo notturno o subito dopo sforzi ed esercizi fisici di entità più o meno variabile, in particolare a seguito della presenza di cardiopatie.

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- Una roca vibrazione
Determinata da un’energica contrazione inspiratoria-espiratoria che porta all’espulsione dell’aria dai polmoni, la tosse si manifesta con una vibrazione sonora roca emessa dal cane a bocca aperta e non di rado con la testa allungata in avanti.
Prodotta nel tratto intermedio delle vie aeree, è in realtà un importante meccanismo di difesa messo in atto dall’organismo per migliorare la funzione respiratoria soprattutto, ma non solo, per favorire l’espulsione di materiali patologici.
Sotto l’aspetto prettamente sonoro, si possono distinguere differenti tipi di tosse, per esempio secca, grassa, aspra, catarrosa, a colpetti staccati, ad accessi e così via.
Spesso, quando è presente, la tosse può essere facilmente evocata attraverso la stimolazione diretta della trachea, nella parte ventrale del collo: ciò rende questo segno clinico di più facile riconoscimento, soprattutto se sussistono dubbi in merito.

 

- Le tracheiti: le vie aeree intermedie
La trachea è un organo che fa parte dell’apparato respiratorio: è un lungo tubo che comincia nella parte inferiore della gola, attraversa il collo e termina all’interno della cassa toracica.
È formata da una serie di anelli di cartilagine, disposti a formare una sorta di canale, all’interno del quale passa l’aria inalata attraverso le narici. È preceduta dalla laringe e seguita dall’albero bronchiale.
Con il termine tracheite si intende un processo infiammatorio a carico della trachea, anche se in realtà le forme di tracheite vera e propria sono piuttosto rare: nella maggior parte dei casi si verifica un coinvolgimento maggiore, che si estende a più strutture dell’apparato respiratorio.
Sarebbe più corretto parlare di laringo-tracheite, di tracheo-bronchite o più in generale di affezioni a carico delle vie aeree intermedie. In inverno, le tracheiti e le laringiti aspecifiche sono le più comuni affezioni responsabili di tosse nei cani.
Il sintomo è piuttosto fastidioso e può ripetersi più volte durante il giorno. L’insorgenza è acuta e con il passare dei giorni la tosse, inizialmente molto secca, si trasforma via via in grassa e catarrosa per poi scomparire per conto proprio, seguendo un preciso processo fisiologico, come avviene anche nella specie umana.
Raramente sono presenti anche sintomi generalizzati, per esempio febbre o mancanza di appetito, mentre capita spesso di accorgersi di altri disturbi locali correlati, come starnuti o abbassamento di voce.

 

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- Come curare la tosse
Se il nostro cane ha la tosse è bene portarlo dal veterinario. Spesso, però, nelle forme lievi, è sufficiente la somministrazione di sciroppi specifici. Prima di dare al nostro amico questi farmaci, tuttavia, è opportuno tenere presente quanto già accennato: la tosse, infatti, è un sintomo difensivo dell’organismo e come tale non è sempre corretto sopprimerla del tutto poiché potrebbe essere il segno della presenza di un’altra patologia. È importante dotare di pettorina i cani abituati al collare tradizionale, in quanto la trazione diretta sul collo può peggiorare il disturbo e ritardare la guarigione.
Bisogna ricordare anche di evitare gli sbalzi di temperatura, poiché si potrebbe verificare un allungamento dei tempi di recupero. In questo caso potrebbe essere indicato utilizzare cappottini e per cani. Se, invece, il problema appare più serio o si accompagna ad altri segni clinici, è opportuna una visita accurata, nell’ambito della quale va prestata particolare attenzione all’auscultazione del torace. Meglio ancora far eseguire al nostro amico una serie di esami diagnostici collaterali quali analisi del sangue, studio radiografico del torace, elettrocardiogramma, ecocardiografia, lavaggio bronchiale e altri ancora.






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