La specie umana è un prodotto evolutivo particolarmente ben riuscito e, per questo, è una preda molto ambita per una variegata categoria di “scrocconi”: virus, batteri, miceti, protozoi e antropoidi.
I virus sono i parassiti più antichi: hanno infettato i batteri, e dopo evoluzione della vita pluricellulare, hanno fatto da apripista ad altre creature più complesse.
Si calcola che, delle circa 100 milioni di specie viventi terrestri, la metà potrebbe essere di natura parassitica.
Per approfondire la conoscenza di questi ospiti inattesi, l’intrepido Michael Mosley, giornalista televisivo britannico, ha addirittura acconsentito a farsi “invadere” da tutta una serie di repellenti animaletti, ricavandone poi un documentario per la BBC.
Senza il bisogno di arrivare a tanto, oggi vedremo una classifica di 5 orripilanti parassiti umani che tutti noi eviteremo volentieri di ospitare nel nostro organismo trasformandolo in un comodo nido. Vediamoli insieme.
1. Verme dell'occhio (Loa loa)
Benché non sia il parassita più temibile ospitato dal corpo umano, questo nematoda dell'Africa Occidentale si guadagna il primo posto in classifica per la sua terrificante inclinazione a infestare il tessuto oculare dell'ospite.
Il verme Loa loa vive per lo più negli strati sottocutanei, vagando per l'organismo senza causare gravi danni.
Le femmine producono larve che si immettono nel circolo ematico e vengono ingerite da un insetto vettore ematofago, in genere un tafano.
Le larve maturano fino a raggiungere lo stadio infettivo nella muscolatura alare del vettore, prima di migrare verso le strutture buccali.
Quando il tafano infetto punge una vittima, le larve si trasferiscono sull'epitelio del nuovo ospite e penetrano nell'organismo attraverso la lesione aperta dalla puntura.
Talvolta, i Loa loa adulti "passeggiano" sulla sclera oculare, risultando perfettamente visibili dall'esterno (come nella foto): un bello shock se capita di guardarsi allo specchio proprio in quel momento!
Per rimuovere i parassiti è necessario un intervento chirurgico.
2. Tenia canina (Echinococcus granulosus)
Il Tenia canina (Echinococcus granulosus) è un piccolo verme piatto che infetta i cani, ma è trasmissibile anche agli umani.
Solitamente il primo vettore dell'infezione è presentato dagli ovini, colonizzati da parassiti allo stadio larvale, che s'incistano nel fegato.
Una volta macellate le pecore infette, le interiora vengono talvolta date in pasto ai cani: raggiunto l'ospite canino, i vermi abbandonano le cisti e si ancorano al piccolo intestino dell'ospite fino alle età adulta.
I cani parassitati possono ospitale anche migliaia di tenie adulte, che producono uova, evacuate con le feci canine.
Se ingerite da altri ovini, le uova si raccolgono in cisti che possono raggiungere le dimensioni di un pompelmo.
Anche i pastori, entrando a contatto con gli animali, possono sviluppare cisti analoghe.
Alla rottura dell'involucro, l'infezione si estende ad altri organi, come il cervello e i polmoni, determinando spesso la morte dell'ospite.
3. Leishmania Braziliensis (Agente eziologico della Leishmaniosi mucocutanea - "espundia")
Questo parassita unicellulare viene immesso nel circolo ematico di un ospite umano dalle punture dei moscerini della sabbia.
Dopo l'infezione, inizia a colonizzare le cellule del sistema immunitario che viaggiano nel corpo: le cellule infette si spostano in diversi siti (bocca, retto, apparato urinario), dove la leishmania si replica e nuove cellule, causando ulcerazioni.
Se non trattata, la Leishmaniosi può rivelarsi letale: in tali casi, l'invenzione della cavità orale può essere tanto devastante da erodere il palato.
Questa forma patologica, nota come "Espundia" (spugna in portoghese, con riferimento all'ipertrofia dei tessuti molli), è riscontrabile solo in remote zone rurali dove l'accesso alle cure è difficoltoso.
Se diagnosticata, la malattia è trattabile con successo e, grazie alla chirurgia plastica, è possibile la riparazione quasi completa delle strutture orali.
4. Verme di Guinea (Dracunculus medinensis)
Il dracunculo, o verme di Guinea, è un altro nematode dalle abitudini rivoltanti.
Le larve infettano piccoli crostacei acquatici come le dafnie, che generalmente vivono in ambienti paludosi.
Quando un'ignara vittima e decide di dissetarsi, ingerisce anche le pulci d'acqua che contengono il verme allo stadio larvale.
Maschi e femmine si accoppiano alcuni mesi dopo aver colonizzato il nuovo ospite; i maschi, poi, muoiono e vengono riassorbiti dall'organismo umano, mentre le femmine si spostano in direzione degli arti inferiori.
Quando li raggiungono, si incistano in una vescica, dentro la quale depongono le uova.
Il dolore e il bruciore provocati dalla pustola spingono l'ospite a cercare sollievo immergendo i piedi in acqua: la vescica sommersa si rompe, e il ciclo ricomincia.
Una tradizionale arma terapeutica consiste nell'estrazione del verme, dopo averne arrotolato l'estremità di testa su un bastoncino.
L'esemplare adulto del verme di Guinea più lungo osservato finora misurava 78 cm.
5. Nematode gigante o Ascaride lombricoide (Ascaris lumbricoides)
Questo verme cilindrico, lungo quanto una matita, si annida nell'intestino tenue umano, dove secerne una sostanza chimica chiamata antitripsina, che ha come effetto la sospensione del processo digestivo, per consentire al parassita di "assaggiare" il cibo che abbiamo ingerito.
Le femmine producono, nell'arco di tre-cinque anni, 200.000 uova al giorno, che vengono espulse con le feci per insediarsi nel terreno, dove rimangono in incubazione per anni, in attesa dell'ingestione accidentale da parte di un ospite.
Il nematode gigante colonizza attualmente 2 miliardi di persone in tutto il mondo, soprattutto in età infantile; nei pazienti pediatrici, un'infezione massiva può causare ritardi mentali e della crescita.
Purtroppo, il parassita abbandona l'organismo ospite soltanto se questo viene colpito da febbri altissime (per l'esempio di natura malarica), nel qual caso il verme emigra, talvolta attraverso orifizi naturali (ano o bocca).
L'ascaridiosi a carico di fegato, pancreas o colecisti può rivelarsi fatale; in altre sedi, l'infezione è trattabile con successo somministrando mebendazolo.