Comunemente vengono chiamate "piante grasse", mentre i botanici indicano con il termine di "succulente" le numerose specie che hanno avuto origine nei luoghi aridi, semidesertici o desertici di tutti i continenti e che hanno la caratteristica di immagazzinare al loro interno grandi quantità di acqua, nei periodi particolarmente piovosi, che serve per riserva durante i lunghi periodi di siccità.
Sarebbe, invece, più corretto l’uso del termine “succulente”, dato che la loro caratteristica è quella di possedere al loro interno un “tessuto succulento”, ossia una carnosità soffice e spugnosa satura d’acqua che produce un tipico rigonfiamento nella pianta.
Per poter sopravvivere in luoghi tanto avversi quasi tutte le succulenti hanno subito particolari modificazioni morfologiche, trasformando le foglie in spine. Sono piante dotate di organi in grado di trattenere una notevole quantità di liquido per mezzo di tessuti spugnosi. Questi tessuti vanno a costituire dei veri e propri serbatoi capaci di trattenere e rilasciare liquido in funzione del fabbisogno del soggetto. Fra le altre peculiarità di adattamento queste piante, hanno ridotto al massimo i processi respiratori e traspiratori e non sopportano il freddo, con una tolleranza minima a 7°C.
Queste piante sono facili da coltivare ma, al contrario di quello che si potrebbe pensare, anche le piante grasse hanno bisogno di essere annaffiate. Infatti l'umidità atmosferica non è sufficiente e per far crescere la nostra pianta, occorre annaffiare periodicamente. Se ben mantenute sono in grado di fiorire ripetutamente con fiori di grandi dimensioni e di colori sgargianti, anche se il fiore ha scarsa durata e la fioritura avviene per alcune solo di notte, proprio per ridurre la traspirazione d'acqua.
Le piante grasse sono identificate con un binomio, cioè con due parole in latino che identificano ogni pianta e, spesso, molto complicate per chi non ne conosca la dicitura scientifica. Il tutto lo si deve allo studio e alle ricerche del botanico svedese, Carl Von Linné (1707 – 1778), meglio conosciuto con il nome di Linneo, il quale ha dedicato tutta la sua vita alla classificazione botanica. Egli scelse la lingua latina, non soltanto perché veniva già impiegata dalla scienza, ma anche perchè era una lingua conosciuta in tutto il mondo occidentale di quell'epoca.
Si calcolano le piante grasse in circa 10.000 tipi, divisi in circa 25 famiglie, di cui la più numerosa è formata dalle cactacee.
Molte specie fanno parte dell’immensa famiglia delle cactacee, dove le foglie delle succulente sono ridotte o assenti o trasformate in spine. Spesso presentano fioriture vistose e talvolta effimere. Le cactaceae sono tipiche del continente americano e si estendono dal Canada alla Patagonia, ma sono soprattutto diffuse nelle steppe, nelle praterie e nei semideserti anche se si estendono fino alla catena delle Ande ben oltre i 4000 metri.
Le piante grasse possono essere:
- maestose come alberi: i più famoso è certamente il Saguaro (Carnegiea gigantea) soggetto di film, cartoni animati e “pianta simbolo” dell’Arizona. I territori dell’America centro-meridionale (Arizona, California e Messico settentrionale) costituiscono gli ambienti ideali per la diffusione di questa specie.
- minuscole come pietre (Lithops o Pleiospilos),
- piatte (come Opuntia o Zygocactus),
- larghe e basse (molte Mammillaria, i Ferocactus, le Rebutia),
- strette e alte come colonne (i longilinei Cleistocactus).
- ricoperte da grosse spine anche colorate (le Coryphantha, dalle ricche fioriture, o il noto Echinocactus grusonii detto “sedile della suocera”), da lanugine (Cephalocereus senilis o “testa di vecchio”) oppure completamente lisce e vellutate.
La succulenta di maggiore dimensioni, ma anche uno degli alberi più grandi esistenti sulla terra, è il celebre Baobab (Adansonia digitata). Considerata pianta sacra da molte etnie africane, viene anche utilizzata come fonte di cibo per il suo fusto spugnoso, ricco d’acqua.
Altre specie di piante grasse di notevoli dimensioni le troviamo in Madagascar (Euphorbia, Pachypodiume Didierea arborescenti) mentre in Australia si trovano pochi esempi di succulente, tra cui le Hoya, epifite delle foreste umide della Malesia, e la rara Brighamia, la palma delle Hawaii appartenente alla stessa famiglia delle campanule. In Europa sono diffuse parecchie specie di Sedum e Sempervivum che popolane sassaie, burroni rocciosi e pareti calcaree aride.
Le piante grasse rappresentano davvero un mondo a parte: per le caratteristiche, per la resistenza, per il comportamento vegetativo, per le fioriture e altre molteplici e differenziate particolarità. Sono delle piante incredibili, particolari, uniche.
Oggi abbiamo scelto di presentarvi 5 di queste meravigliose piante… un po' più particolari rispetto alle altre. Facciamo quindi un salto in questo originale, strabiliante e bizzarro mondo delle piante grasse.
1. Hylocereus undatus
Questa pianta che appartiene alla famiglia delle Cactacee ed al genere Hylocereu, si può trovare in tutta l'Asia, Australia, Nord America e Sud America ma si pensa che sia originaria del Messico.
E' molto usata come pianta ornamentale e/o da frutto ed è coltivata per i suoi frutti più noti come pitaya o frutto del frago (dragonfruits). Può raggiungere altezze considerevoli ma sempre in posti molto luminosi e non al sole diretto.
I fiori di questa pianta straordinariamente bella, raggiungono i 30 centimetri di lunghezza ed emanano un odore dolce vanigliato intenso. Non a casa l'Hylocereus undatus è conosciuto con l'appellativo di "regina della notte" poichè, il suo fiore, è il più grande tra i cereus.
Questo cactus è un rampicante, tentacolare, si attacca sui muri e alberi per mezzo di radici aeree, può raggiungere più di 10 metri di altezza.
2. Ariocarpus fissuratus (Ariocarpo)
Questa pianta appartiene alla famiglia di cactacee è originaria dei deserti del Texas e del Messico. Si tratta di cactus molto speciali, in quanto il loro fusto tozzo assume spesso una colorazione grigio verde, con presenza di una superficie rugosa e coriacea uguale alle pietre, facendo diventare la pianta invisibile fra le rocce. La pianta produce dei fiori di colore rosa acceso, molto appariscenti, per compensare alla sua scarsa visibilità.
L'Ariocarpo è tra le cactacee di più difficile coltivazione, perchè per vedere svilupparsi di pochi centimetri una pianta, è necessario avere la pazienza di attendere lunghi anni. Pensate che alcune di esse possono richiedere fino a 50 anni per raggiungere i 4-5 centimetri di diametro. Amano il sole pieno e le zone ben luminose e ventilate.
La pianta contiene delle sostanze psicoattive. Secondo alcune testimonianze sembra che i Maya Pokomon del Guatemala usavano questa pianta, insieme ad altre piante allucinogene, per preparare una bevanda (una birra di mais) per indurli in uno stato di inebriamento con effetto psicoattivo ed afrodisiaco.
Nell'Ariocarpus sono stati trovati diversi alcaloidi tossici, specialmente anhalonina, ma la mescalina sembra apparentemente assente. Gli indiani Tarahumare ed Huichol del Messico settentrionale dicevano che il suo potere allucinogeno sia più potente del peyote.
3. Obregonia denegrii
E' una pianta grassa del genere di cactaceae originaria del Messico nord orientale (Stato di Taumalipas nella valle di Jaumave). Vive nei luoghi riparati dalla luce solare ben arieggiati e negli interstizi delle pietre in posizioni ombreggiate. E' caratterizzata da una crescita molto lenta.
Può raggiungere un diametro di circa 13-14 centimetri, con 3 o 4 spine di 4-15 millimetri di lunghezza, molto flessibili. E' una pianta che in inverno, se mantenuta asciutta, può resistere a temperature di -7°C per brevi periodi. Il nome è stato dedicato dallo scopritore all'allora presidente del Messico Alvaro Obregon.
Per le popolazioni degli indiani Messicani, questa pianta era sacra, un'altra specie di "roccia vivente". Questo cactus viene conosciuto come un peyote e il botanico messicano Blas Pablo Reko, dopo anni di studi su queste piante, scoprì che conteneva alcaloidi simili a quelli di ben conosciuti Ariocarpus. Estratti di questo cactus hanno mostrato di possedere un'attività antibiotica attraverso la molecola N-methyl tyramine e l' hordenine.
4. Astrophytum caput-medusae
Unica nella sua forma l'Astrophytum caput-medusae, cresce, come suggerisce il nome, simile ai capelli da serpente della Medusa. L'etimologia del nome di questa succulenta proviene dal latino "caput" che significa testa e dal mostro della mitologia greca, il cui sguardo poteva trasformare chiunque la guardasse in statua di pietra e che i cui capelli erano dei serpenti, la Medusa, appunto. Astrophytum proviene dal greco "aster" che vuol dire stella e "phyton" che vuol dire pianta per la sua forma che la fa assomigliare ad una stella.
E' una pianta scoperta in una località (non resa nota ) nel nord del Messico, nel 2001 da 2 botanici messicani Carlos Velazco e Manuel Nevarez. L'unica cosa che si sa su questa località è che si trova ad un'altitudine compresa tra i 100 ed i 200 metri s.l.m.
Nel 2003 è stata classificata, per il suo frutto, il fiore e per la caratteristica peluria cotonosa delle bacche che contengono i semi, come una nuova specie del genere Astrophytum. Non ama i posti troppo soleggiati e di solito è una pianta solitaria. Cresce molto lentamente e sopporta bene le temperature molto rigide, potendo sopravvivere anche a temperature di alcuni gradi sotto lo zero.
L'Astrophytum caput-medusae produce alcuni dei più grandi semi tra le piante grasse, che misurano da 1 a 3 mm.
5. Lophophora Williamsii ( Peyote )
Il peyote è un piccolo cactus di 10 - 12 cm. di diametro, che cresce nelle regioni semi-desertiche del nord e del centro del Messico, e nel sud degli Stati Uniti (es. deserto del Chihuahuàn). Questa pianta raramente sporge dal terreno per più di 2-3 cm, mentre la sua radice è interrata fino ad una profondità di 20 - 25 cm.
Per gli indios messicani veniva considerata a tutti gli effetti come un Dio, grazie ad una droga allucinogena in essa contenuta. Il suo uso fra queste popolazioni risale a prima dell'arrivo dei Conquistadores spagnoli. Con l'introduzione forzata del cattolicesimo, l'uso del peyote fu considerato peccaminoso e diabolico.
Il peyote è un potente allucinogeno che modifica le percezioni sensoriali e lo 'stato di coscienza' fino a provocare allucinazioni visive e acustiche. Basta pensare che non più di 150 anni fa il consumo di peyote negli Stati Uniti poteva essere punito con l'impiccagione.
Oggi la legge messicana assicura il diritto di possedere e consumare peyote, per scopi religiosi, solo ai membri della NAC (Native American Church, Chiesa dei Nativi Americani), che abbiano almeno il 25% di sangue Indios.
E' stato il Dott. Heffter, nel 1896, ad isolare la mescalina, il principale fra i principi attivi contenuti nel cactus. Questa sostanza allucinogena è stata utilizzata da molti artisti e pittori nel periodo della cultura psichedelica degli anni '60 e '70 mediante il consumo fresco o diseccato della pianta.
L'attività allucinogena inizia a 1 o 2 ore dall'ingestione e viene paragonata a quella dell' LSD (euforia, alterazioni visuali e auditive accompagnate da un marcato intensificarsi della percezione dei colori).
In genere l'effetto dura dalle 10 alle 12 ore. In molti casi si sono verificati anche degli effetti gravi (perdita di conoscenza, tremori incontrollati e convulsioni). Il peyote, come tutti gli allucinogeni, ha un riscontro molto forte sul funzionamento neuro-fisiologico del cervello, per cui non è una sostanza da prendere alla leggera.
Note
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