Fa parte di noi, come la fame o il bisogno di dormire: provare rabbia, paura ma anche amore, senso di colpa o preoccupazione è inevitabile come respirare.
Ma che cosa sono queste passioni che, volenti o nolenti, si agitano dentro di noi?
Le chiamiamo emozioni e ad alcune di esse, quelle più complesse come l’affetto o l’ostilità, diamo un nome quasi desueto: sentimenti. Per definire le funzioni di emozioni e sentimenti, gli studiosi hanno formulato parecchie teorie.
Jaak Panksepp, psicobiologo, nel libro The Emotional Foundations of Personality (scritto insieme a Kenneth Davis e Mark Solms), dava questa definizione: «I sistemi cerebrali che elaborano le emozioni costituiscono il motore che sta alla base delle nostre personalità».
Ecco perché ciò che sentiamo è così importante: «Le emozioni potrebbero essere definite come interfacce (ovvero collegamenti) tra gli input che arrivano dai sensi e le azioni compiute da ognuno di noi. Fanno in modo che le nostre reazioni all’ambiente siano flessibili anziché essere semplici risposte sempre uguali a uno stimolo».
Ecco allora alcuni dei più importanti sentimenti umani, il loro scopo e le emozioni che hanno dato loro origine.
1. Preoccupazione
La preoccupazione è un po’ il sentimento della nostra era.
Ci preoccupa il futuro, la situazione economica del Paese, le conseguenze del riscaldamento globale, la possibile perdita del lavoro o di una persona cara.
Nella vita, le fonti di ansia non mancano certo. Sembrerebbe dunque un sentimento inutile, anzi dannoso. In effetti, mentre la paura è giustificata dagli eventi e di solito termina con la scomparsa del pericolo, l’ansia è continua e porta chi la prova a sfuggire alle situazioni che teme.
Quando è molto acuta, qualsiasi cosa allarmante diventa fonte di attacchi di panico o reazioni fisiche come tachicardia o sudorazione.
«La preoccupazione non è un’emozione istintiva, di per sé, come non lo è l’empatia. Ma può essere definita come una versione più sociale o una combinazione di altri sentimenti primari, per esempio il dolore e il timore», dice Aikaterini Fotopoulou, ricercatrice allo University college di Londra.
Di sicuro, quindi, le preoccupazioni che ci attraversano la mente sono una versione complessa della paura. Allora perché esistono, se ci fanno male? Perché nessun essere vivente può sopravvivere senza: è così essenziale che ne sono già dotati i bambini molto piccoli.
E senza paura probabilmente non si sarebbe sviluppata l’intelligenza visto che lo stato di allerta permette di affrontare il pericolo al meglio possibile. Del resto, alcune paure sono state e sono ancora fondamentali per la sopravvivenza, come quella dei serpenti, delle acque profonde, della solitudine, delle altezze.
Il lato negativo è che la paura ha la caratteristica di contagiare gli altri e di diffondersi rapidamente, fino a generare psicosi collettive. Per poter provare ansia dobbiamo essere in grado di prevedere futuri eventi negativi, c’è quindi bisogno di un’elaborazione cosciente che la rende un sentimento complesso.
Resta il fatto che ancora oggi i timori e l’ansia che ne consegue hanno una funzione importante. Basta fare un esempio: la preoccupazione che un’epidemia si diffonda può indurre a costruire le difese giuste per sé e per la comunità.
2. Amore e amicizia
Quando pensiamo alla parola “sentimento”, è il primo che ci viene in mente. Eppure non è facile definirlo (e del resto nel corso della vita spesso cambia faccia).
Ma possiede sempre alcune caratteristiche che si ritrovano in tutte le culture: l’esigenza di scambio affettivo tra i due partner, la reciproca sollecitudine, la condivisione delle esperienze quotidiane.
A che cosa serve? Secondo una delle ipotesi, è necessario per tenere insieme due persone, almeno per il tempo che occorre a crescere dei bambini, una attività che deve durare a lungo, visto che i “cuccioli umani” nascono molto immaturi.
Insomma, una ipotetica Lei potrebbe non impegnarsi con un ipotetico Lui (e viceversa) per timore di essere lasciata sola con figli piccoli: l’innamoramento, anche se non è una garanzia, potrebbe essere un indizio in più a favore della durata del rapporto.
Ma non tutti sono d’accordo. Secondo l’antropologo Usa Robin Dunbar, che ha studiato l’argomento e poi ha riassunto le sue teorie in un saggio (Amore e tradimento, Raffaello Cortina editore), gli uomini non sono poi così fondamentali per la crescita dei figli.
Le donne (mamme e nonne) se si trovano in gruppo sono sufficienti, dice lo studioso. E anche la tesi per cui l’uomo deve restare vicino alla donna per essere certo della paternità della sua prole non lo convince: in questo tipo di relazione l’amore non sarebbe necessario.
L’innamoramento è invece il “trucco” inventato dall’evoluzione per tenere insieme maschi e femmine quando ci si trova a vivere in gruppi numerosi in cui le donne e i bambini sono più esposti al rischio di violenze.
Molti studiosi non considerano, invece, l'amicizia un sentimento, ma una variante un po’ particolare dell’amore. Per esistere deve però essere reciproca, mentre ci si può innamorare anche di qualcuno che non ricambia.
Dal punto di vista psicologico, l’amicizia ha molto a che fare con la cura, col rapporto che nasce tra genitori e figli, sul quale si costruisce il desiderio del bene dell’altro che è anche alla base dei rapporti di amicizia.
Di sicuro è un sentimento complesso (del resto non compare prima dei 3 anni di vita): possiamo avere amicizie di molti tipi, che cambiano nel corso della vita. La sua funzione principale è l’aiuto reciproco, fondamentale perché la società umana è basata sulla collaborazione.
Secondo i sociologi, è anche un ottimo modo di conoscere se stessi, dato che l’amico fa da specchio e consente di vedere meglio dentro di sé (il che è utile durante l’adolescenza).
Secondo gli studi condotti dall’antropologo Usa Robin Dunbar, ci sono cinque fattori che rendono possibile la creazione di una amicizia: «Avere lo stesso senso dell’umorismo, gli stessi interessi, gli stessi valori morali, avere un livello simile di istruzione/intelligenza, ed essere nati (o, almeno, cresciuti) in una stessa zona».
3. Odio
L’odio è certamente un sentimento: dura nel tempo e per essere capaci di odiare è fondamentale avere il senso di sé e soprattutto la capacità di fare piani.
Sembra totalmente negativo, ma se usato con misura è anch’esso utile.
Lo è per esempio il desiderio di vendetta che suscita: senza il quale, sostiene l’economista Robert Frank, sarebbe facile sfruttarci (ci si guarda bene dal fare una prepotenza se si teme che la vittima possa vendicarsi).
È anch’esso un sentimento complesso, visto che può contenere molte emozioni, come l’invidia e la collera. Può anche scaturire dall’impossibilità di sanare un’offesa, vera o presunta che sia.
Ma soprattutto è l’evoluzione consapevole di un’emozione fondamentale: la rabbia. Con una differenza: mentre l’odio è razionale, la rabbia non lo è (il suo eccesso, l’ira, spesso fa perdere davvero il lume della ragione).
Ma ha la sua importanza: ci rende combattivi nelle situazioni che lo meritano. Del resto è tra le emozioni più precoci: sono state individuate tracce di rabbia nelle espressioni e nelle vocalizzazioni di bambini di 5 mesi.
E, secondo i sondaggi, le persone ammettono di arrabbiarsi seriamente almeno due o tre volte alla settimana. Di solito, la causa più frequente che innesca le esplosioni di rabbia è essere trattati ingiustamente, un’altra prova del fatto che è un sentimento utile.
L’espressione della rabbia dipende dalla cultura. Gli aborigeni australiani la sfogano in schiamazzi rituali. Mentre in Corea chi offende viene trattato in modo formale, per placarne l’ira.
4. Giustizia
Secondo le ricerche di neurobiologi, economisti, evoluzionisti, il comportamento morale si basa sulle emozioni.
Per esempio sul senso di colpa e sull’indignazione, che compongono il nostro senso di giustizia. Di tutte le emozioni, queste sono forse le più utili alla nostra vita sociale.
«Molte delle nostre regole morali – come l’idea che non dovremmo tradire i nostri amici o abbandonare i nostri figli – sono state chiaramente modellate dalla selezione naturale per ottimizzare la nostra capacità di vivere in gruppo. Come nel caso della reciprocità: sappiamo in modo pressoché innato che se qualcuno ci dà un dono, dovremmo ricambiare in un’occasione futura», dice la studiosa di emozioni Lisa Feldman Barrett.
«Inoltre, senza che nessuno ce l’abbia insegnato, ci aspettiamo disapprovazione per la menzogna e approvazione per un comportamento cortese».
Comportarsi bene, insomma, è in gran parte istintivo. Potrebbe però sembrare che il senso di colpa sia svantaggioso per l’individuo e che lo metta alla mercé di persone senza scrupoli morali.
In parte è così, ma secondo l’economista Robert Frank i benefici superano i rischi perché il senso di colpa serve a mantenersi onesti e godere della fiducia altrui.
Ci induce quindi a comportarci onestamente anche quando non saremmo comunque scoperti. Lo stesso vale per l’indignazione di fronte a una situazione iniqua, che è forse nata per evitare disuguaglianze tra i nostri antenati e costruire società più giuste.
5. Lutto
Mentre la tristezza e il dolore hanno durata limitata, il lutto è la lunga elaborazione della perdita, fino alla rassegnazione e quindi al distacco.
Non è un’emozione pura quindi, ma un modo per condividere con gli altri la sofferenza, anche attraverso riti come quello del funerale.
«Il lutto è un aspetto molto importante della vita umana. È al centro del nostro bisogno di attaccamento e affiliazione, vale a dire sentirci parte di una comunità in cui tutti i membri sono importanti, tanto da onorare la loro mancanza», dice Aikaterini Fotopoulou, ricercatrice allo University college di Londra.
Aiuta quindi a mantenere la coesione sociale. È caratterizzato da una successione di emozioni diverse.
Per gli psicologi, infatti, si divide in tre fasi: la prima è di ribellione, si continua a pensare alla persona scomparsa come se fosse ancora presente e si sente molta tristezza e rabbia. La seconda è l’apatia e l’isolamento, a cui segue la terza fase cioè l’accettazione della perdita.
Questo susseguirsi di sentimenti ha la funzione di staccarsi da qualcuno che si ama. Il lutto è uno dei sentimenti umani più complessi. Per provarlo bisogna avere il senso delle nostre relazioni affettive con gli altri, ma bisogna anche aver fatto proprie alcune norme sociali o morali.
Lo dimostra il fatto che la manifestazione del lutto è influenzata da fattori come la consuetudine di lasciare libero sfogo emotivo alle persone colpite dalla perdita oppure è condizionata dall’usanza di trattenere il dolore.