“L’appetito per le spezie stimolò una straordinaria, ineguagliata profusione di energie,
sia agli albori del mondo moderno, sia secoli, addirittura millenni, prima. In
nome delle spezie si costruirono e si persero dei patrimoni; si formarono e disfecero
imperi; si scoprì persino un nuovo mondo. Per migliaia di anni, la fame di spezie fece
girare il mondo e, nel processo, lo trasformò” (Turner 2006, cit., p. 16 e 17).
Come ci suggerisce Jack Turner, le spezie hanno contribuito a ridisegnare il mondo.
L’autore sostiene che furono la smania e la ricerca delle spezie quali la cannella, i chiodi di garofano, il pepe, la noce moscata e il macis all’origine delle opportunità che avviarono alle ricche scoperte d’oriente e ai possedimenti in Asia di Portogallo, Inghilterra e Olanda.
Fu sempre la fame di spezie a spingere alle navigazioni estreme e ai viaggi più imprevedibili.
La storia della corsa alle spezie è, prima di tutto, una storia di incontro, di contatto e di mescolanza tra genti, popoli e culture che, ammaliate dal fascino di polveri colorate e miracolose, furono capaci di inseguirsi, scontrarsi e succedersi accecati dalla smania di potere, dalla voglia di conquista di un bene portatore di ricchezza economica, ma anche scrigno di echi di mondi lontani sia terreni che mistici e spirituali.
Nel mondo e nella storia le spezie sono state percepite e vissute, annusate e assaporate, rincorse e cercate da uomini e culture che le hanno usate e interpretate in diversi modi, sempre culturalmente fondati.
Le spezie conferirono gusto e colore alle vivande, fino a quel momento piuttosto insipide: insaporirono le carni non sempre fresche e divennero uno status symbol, una moda.
Ebbero tuttavia anche una funzione terapeutica e furono principalmente importate come medicamenti. Grazie alle qualità digestive e stimolanti, ancora nel XVII sec. le spezie ricoprirono un ruolo importante nei trattati di dietetica e di igiene alimentare.
L’abbassamento dei prezzi dal XVI sec. permise l’utilizzo delle spezie anche alle classi meno agiate.
Zenzero, zafferano, curcuma, cannella e peperoncino. Ecco una rassegna delle ultime ricerche, che dimostrano come le sostanze chimiche contenute in queste 5 spezie servano, tra le altre cose, a potenziare la memoria e combattere l’accumulo di adipe.
1. Zenzero
Questa radice nodosa dall’aspetto inconfondibile appartiene alla stessa famiglia botanica della curcuma, e si utilizza fin dal IV secolo a.C. per curare mal di stomaco, nausea e diarrea.
Leggenda vuole che anche gli antichi Greci lo usassero per riprendersi dai bagordi.
Lo zenzero ha un effetto rilassante e gratificante; poiché, appunto, mitiga la sensazione di nausea, viene regolarmente prescritto alle donne in gravidanza, evitando così i possibili effetti collaterali di altri prodotti.
Sembra poi efficace addirittura come ingrediente anticancro, sebbene fino a oggi siano stati eseguiti test essenzialmente su cellule isolate, piuttosto che su cavie animali.
Un elemento forse meno importante, ma comunque confortante, è che lo zenzero favorisce la sudorazione (ha dunque un effetto diaforetico) e per questo ha il potere di riscaldarci, soprattutto quando siamo influenzati o raffreddati.
La capacità di questa spezia di alleviare la nausea, l’artrite e i sintomi dolorosi è attribuibile, in via generale, ad alcune sostanze chimiche, dette appunto gingeroli. Un paio di esse, in particolare il 6-gingerolo e il 10-gingerolo, al momento vengono studiate per il loro effetto preventivo e curativo contro i tumori.
Lo zenzero, inoltre, può favorire la riduzione della glicemia: da test sugli animali condotti di recente è emerso che il 6-gingerolo, in particolare, contribuisce a proteggere dal diabete di tipo 2.
Uno studio su topi affetti da questa patologia ha dimostrato che la sostanza fa aumentare i livelli di insulina e test condotti da scienziati giapponesi sui ratti suggeriscono che il potenziale antidiabetico del composto si realizzi secondo una varietà di meccanismi.
Per esempio, può influenzare i geni responsabili del metabolismo del glucosio e se ne ipotizza l’uso per curare, e anche per prevenire, il diabete di tipo 2.
Associando il 6-gingerolo a una sostanza chimica amara detta quercetina, presente nelle cipolle rosse e in varie tipologie di cavolo, ma acquistabile anche sotto forma di integratore, è possibile potenziare al massimo l’effetto antidiabetico: lo hanno scoperto scienziati di Nanchang, in Cina.
E non è finita qui: lo zenzero, se riscaldato, dà origine a composti detti shogaoli, che conferiscono alla spezia essiccata il caratteristico gusto e aroma pungenti.
Il più comune è il 6-shogaolo, che al momento suscita particolare interesse: alcuni studi sembrano indicare, infatti, che potrebbe proteggere le funzioni cerebrali e forse avere anche proprietà antitumorali.
Uno studio di laboratorio condotto nel 2015 in India ha rivelato che il 6-shogaolo potrebbe essere addirittura più efficace della chemioterapia tradizionale. Infine, altre ricerche indicano che questa stessa sostanza aiuterebbe a combattere i carcinomi gastrici e del colon-retto.
EFFICACE PER:
• Nausea
• Diabete tipo 2
• Artrite
Prova anche tu:
Lo zenzero può essere consumato fresco oppure essiccato e polverizzato. Gli studi effettuati indicano che bastano appena 2 grammi di prodotto al giorno per abbassare la glicemia. Biscotti per tutti, dunque!
2. Zafferano
Nota per essere la spezia più costosa al mondo, lo zafferano colpisce per il bel colore giallo e il gusto vagamente floreale e amarognolo (i filamenti dorati che utilizziamo in cucina sono gli stigmi essiccati dei fiori di Crocus sativus).
Lo zafferano ha la fama di essere, oltre che carissimo, anche molto salutare: infatti, è ricco di antiossidanti e numerosi studi ne hanno evidenziato le proprietà antitumorali.
Pare che abbia un effetto positivo anche per le funzioni cerebrali: alcuni studi sugli umani suggeriscono che assumerne 30 milligrammi al giorno potrebbe combattere gli stati depressivi lievi, mentre secondo altre ricerche, l’uso quotidiano determinerebbe un potenziamento delle prestazioni cognitive nelle fasi iniziali della malattia di Alzheimer.
A tutto ciò si aggiungono le sue tanto decantate proprietà afrodisiache: uno studio israeliano ha dimostrato che un mese di trattamento ha consentito di migliorare la funzione sessuale in donne sottoposte a terapia antidepressiva.
Questa spezia contiene centinaia di composti, ma i suoi principali costituenti biologici sono il safranale, la crocina e la picocrocina, che le conferiscono l’aroma, il colore e il gusto amaro caratteristici.
La crocina e una sostanza chimica affine, detta crocetina, sono le maggiori responsabili dei suoi “superpoteri”: la prima, in particolare, protegge le cellule cerebrali e svolge un’azione antidepressiva, e inoltre, nei roditori, inibisce la crescita tumorale in varie forme di carcinoma, tra cui quelle mammarie e prostatiche.
L’équipe di ricerca di Amr Amin presso l’Università degli Emirati Arabi ha dichiarato di avere messo a punto una tecnica per il trattamento delle cellule tumorali epatiche usando particelle di magnetite (ferrose) rivestite di crocina:
“Il nostro gruppo ha provato che lo zafferano esplica un’importante azione chemopreventiva nei confronti dei carcinomi epatico e colorettale, grazie a diversi meccanismi molecolari”, ha detto il ricercatore.
Studiosi dell’Università del Kansas hanno inoltre suggerito che la crocetina sia in grado di inibire la proliferazione di cellule tumorali pancreatiche, sia in colture di laboratorio che nei topi.
L’équipe ha recentemente creato l’acido crocetinico, la cui azione anticancro sembra ancora più potente.
EFFICACE PER:
• Sintomi depressivi lievi
• Rallentamento del declino cognitivo
• Funzionalità sessuale
Prova anche tu:
Gli studi raccomandano una dose giornaliera di zafferano pari a 30 mg. La forma di somministrazione più semplice è una tisana, che può essere ripetutamente diluita con acqua calda finché i filamenti non avranno rilasciato tutto il loro prezioso contenuto.
3. Curcuma
Questa spezia dal colore dorato e dal gusto terroso viene ricavata dalla radice di una pianta della famiglia dello zenzero e rappresenta l'ingrediente principale del mix noto come curry.
La curcuma si usa da quasi 4000 anni per scopi medicinali, e si ritiene che sia in grado di curare un’impressionante varietà di malattie, dall’artrite alle disfunzioni erettili, soprattutto grazie al suo principale ingrediente, la curcumina.
Gran parte delle prove cliniche condotte sugli umani, però, non hanno evidenziato chiari benefici derivanti dal consumo di curcuma: la curcumina è difficile da studiare perché non è particolarmente stabile e non è facilmente solubile in acqua, e per questo motivo, non viene assimilata dal nostro organismo.
Le ricerche, infatti, sembrano suggerire che gran parte della sostanza, una volta ingerita, attraversi l’apparato digerente senza venire assorbita, tanto che gli esperti in campo farmaceutico parlano spesso di “grande bluff”: sulla carta, il costituente ha delle proprietà straordinarie, che però non si traducono in vantaggi effettivi.
La soluzione è modificare opportunamente la struttura della curcumina, oppure fissarla a un vettore chimico; nel 2011, gli scienziati del Cedar-Sinai Medical Center, negli Stati Uniti, che si dedicano alla ricerca sugli ictus, hanno scoperto che un particolare adattamento strutturale dell’estratto consentiva di riparare i danni neurologici nei conigli.
Un’altra équipe dell’Università dell’Illinois, invece, ha messo a punto una tecnica per veicolare la curcumina fino a bersagli specifici nell’organismo, utilizzando composti a base di platino.
Il risultato è un complesso che sembra efficace per il trattamento di numerose forme tumorali, tra cui il melanoma e il carcinoma mammario.
Analogamente, in alcuni test di laboratorio condotti dall’Università della Florida, la curcumina è stata fissata a nanoparticelle e utilizzata per eliminare cellule di neuroblastoma, una forma tumorale che colpisce prevalentemente pazienti in età pediatrica.
La ricerca suggerisce che le nanoparticelle distruggono le cellule neoplastiche, anche se saranno necessari ulteriori studi per confermare l’efficacia negli umani. La curcumina, inoltre, potrebbe avere effetti benefici sulla memoria.
Un’équipe dell’Università della California, a Los Angeles, ha selezionato un integratore comunemente reperibile contenente la sostanza, detto Theracurmin, e lo ha somministrato a 40 adulti partecipanti allo studio, affetti da lievi deficit mnemonici.
I soggetti hanno ricevuto un placebo oppure 90 milligrammi di Theracurmin due volte al giorno per 18 mesi: l’integratore è risultato associato a un significativo miglioramento della memoria, con livelli inferiori di placche amiloidi a livello cerebrale, evidenziati da una tomografia PET.
“Riteniamo che gli effetti anti-infiammatori della curcumina siano protettivi per il cervello”, ha spiegato il direttore della ricerca, Gary Small.
“Al momento, stiamo progettando il prossimo studio, con il quale tenteremo di replicare questi risultati e determinare se l’effetto positivo sul tono dell’umore prodotto dalla sostanza contribuisca ai benefici cognitivi”.
EFFICACE PER:
• Artrite
• Deficit mnemonici
• Infiammazione
Prova anche tu:
La dose efficace sembra essere pari ad almeno un cucchiaino al giorno. La spezia può essere consumata anche in forma liquida, particolarmente gradevole se diluita con succo di frutta o acqua di cocco. Oppure, si può optare per un estratto o un integratore a base di curcuma.
4. Cannella
Questa spezia è la corteccia, essiccata, di una pianta fortemente aromatica, utilizzata per un’ampia varietà di preparazioni alimentari dolci e salate.
Ha un gusto molto gradevole, e da lungo tempo viene usata dalla medicina tradizionale per curare flatulenza e squilibri digestivi.
Le ricerche effettuate suggeriscono che la varietà più comune di cannella, detta cassia, sia efficace per la riduzione dei valori glicemici nelle persone affette da diabete di tipo 2.
Benché i risultati siano ancora da confermare, uno studio su scala ridotta svolto di recente presso il Raabe College of Pharmacy dell’Ohio Northern University, ha dimostrato che la specie di cannella Cinnamomum cassia è più efficace ai fini del controllo dei livelli di glucosio nel sangue rispetto alla sola dieta.
Amy Stockert e la sua équipe hanno avanzato l’ipotesi che le sostanze chimiche contenute nella cannella potrebbero legarsi a un enzima del sistema di segnalazione dell’insulina.
Le buone qualità organolettiche della spezia derivano sostanzialmente dall’aldeide cinammica o cinammaldeide, un composto con proprietà antibatteriche e antimicotiche.
Le evidenze raccolte suggeriscono che la sostanza possa aiutare a contrastare l’obesità (ma non quando la cannella viene consumata come ingrediente di biscotti e dolciumi!).
Una ricerca su un campione umano condotta presso l’Università del Michigan ha indicato che la cinammaldeide potrebbe agire direttamente sulle cellule adipose, inducendole a bruciare energia; determina infatti un incremento dell’espressione di diversi geni ed enzimi che accelerano il metabolismo lipidico.
Altri dati, inoltre, confermano l’effetto benefico della cannella sulla funzionalità cerebrale. Uno studio effettuato dal Rush University Medical Center di Chicago ha evidenziato che la spezia, somministrata a topi, ne potenzia le facoltà di apprendimento (valutate in base alla capacità di orientarsi in un labirinto complesso).
La sostanza, inoltre, incrementa i livelli di una proteina, detta CREB, coinvolta nei processi mnemonici e cognitivi. I ricercatori hanno spiegato che il nostro organismo metabolizza la cannella per produrre benzoato di sodio, comunemente usato per il trattamento chimico di lesioni cerebrali.
Attenzione, però, a non esagerare con le quantità: la cannella, infatti, può contenere concentrazioni elevate di una sostanza, la cumarina, potenzialmente in grado di causare epatiti.
EFFICACE PER:
• Flatulenza
• Memoria e apprendimento
• Riduzione del grasso corporeo
Prova anche tu:
La varietà di cannella Cinnamomum cassia è moderatamente tossica per reni e fegato. Meglio scegliere la specie Ceylon per aromatizzare piatti a base di curry e dolciumi.
5. Peperoncino
I peperoncini comparvero oltre 6.000 anni fa e, dopo che furono scoperti e apprezzati da Cristoforo Colombo, si diffusero dall’originario Messico in tutto il pianeta.
La tipica sensazione di calore che scatenano all’assaggio è dovuta alla capsaicina e a un gruppo di sostanze chimiche affini, dette capsaicinoidi.
Sotto forma di estratto, la capsaicina è inodore e incolore, ma fortemente urticante: infatti, è il principale ingrediente attivo dello spray al peperoncino.
Viene utilizzata, però, anche in diverse pomate per uso topico, spray nasali e cerotti transdermici, per il suo effetto antalgico: le creme a base di questa sostanza si sono dimostrate efficaci nel trattamento del dolore osteoartritico.
Il composto, inoltre, abbatte i livelli di un neuropeptide, la Sostanza P, che svolge un ruolo fondamentale nella trasmissione dei segnali dolorosi al cervello, oltre ad attivare le sostanze chimiche che innescano i processi infiammatori articolari.
Nel 2015, un’équipe dell’Accademia Cinese di Scienze Mediche effettuò il monitoraggio delle condizioni di salute di quasi mezzo milione di persone per diversi anni.
Chi consumava una o due volte alla settimana pietanze condite con peperoncino evidenziava un tasso di mortalità inferiore rispetto a chi non lo utilizzava, e chi insaporiva il cibo con questa spezia tutti i giorni aveva chance di sopravvivenza ancora superiori.
Il motivo non è chiaro, ma ulteriori studi condotti sui dati raccolti nell’ambito dell’indagine China Health and Nutrition (Salute e Nutrizione in Cina) hanno rivelato che un maggior consumo di peperoncino è anche associato a livelli inferiori di obesità.
Inoltre, una recente indagine effettuata in Australia indica che chi apprezza questo cibo solitamente non ha valori pressori eccessivi: la capsaicina, infatti, ha un’azione rilassante sui vasi sanguigni, grazie alla produzione di ossido nitrico, che ha un effetto anti-infiammatorio.
Infine, il peperoncino sembra avere proprietà antitumorali: recenti evidenze suggerirebbero che la capsaicina aiuta a prevenire l’insorgenza e la proliferazione di alcune neoplasie. Sembra, per esempio, particolarmente efficace contro le cellule di carcinoma prostatico.
Ricercatori indiani hanno svolto test di laboratorio, dimostrando che il composto si lega alla superficie cellulare, determinando la rottura delle membrane. Pare, inoltre, che la sostanza aiuti a prevenire l’evoluzione metastatica.
La trasformazione della capsaicina in farmaco antitumorale è però frenata dalla presenza di effetti collaterali, tra cui bruciore, crampi allo stomaco e nausea.
Scienziati statunitensi hanno cercato di ridurli sintetizzando versioni leggermente diverse ma più potenti del composto, che assicurino lo stesso grado di attività biologica non accompagnata, però, dall’intensa sensazione di calore. Dal punto di vista puramente nutrizionale, i peperoncini sono ricchi di vitamina A e C.
Se temete il sapore troppo piccante, ricordate che la sensazione dolorosa che si prova quando i capsaicinoidi si legano ai recettori proteici sensibili agli stimoli termici è destinata ad attenuarsi con l’abitudine: il consumo regolare, infatti, desensibilizza questi recettori, consentendo di affrontare varietà via via più piccanti.
EFFICACE PER:
• Sintomi dolorosi
• Ipertensione
• Controllo del peso corporeo
Prova anche tu:
Alcuni suggeriscono addirittura di aggiungere peperoncino a tutti i piatti. Dopotutto, perché no? Se si hanno stomaci particolarmente sensibili, si può provare con il prodotto in polvere, più delicato.
Per chi non ama il gusto troppo piccante, sono consigliabili i peperoncini verdi, più dolci ma comunque molto ricchi della preziosa capsaicina.