Il rapporto con il proprio superiore al lavoro diventa spesso una fonte di grattacapi e tensioni, a volte decisamente peggiori di quelli che sorgono nel rapporto col proprio partner.
È ben vero che, come esiste il divorzio, esiste anche la possibilità di cambiare lavoro e quindi capo.
In effetti, secondo le statistiche, molte persone cambiano azienda solo per cambiare boss, ammettono molti esperti di consulenza per imprese e multinazionali.
Ma in primo luogo si rischia di cadere dalla padella nella brace e poi, in tempi di crisi come gli attuali, cambiare non è facile. Inoltre sia le lamentele sia la logica “buono/cattivo” sono infantili.
Più saggio, invece, è chiedersi come migliorare la convivenza con un capo difficile. Com’è il tuo boss? Un tipo ossessivo e ossessionante, un burocrate o un mollaccione?
Ecco 5 tipi di capo con i relativi profili e le strategie per conviverci al meglio.
Curiosità: Esiste un capo ideale? Sì ed è fatto così
Questa domanda è all’origine di molte ricerche. I risultati convergono tutti verso un unico risultato: il capo ideale mostra apertura mentale, qualità definibili come equilibrio emotivo, stabilità caratteriale e auto-controllo, un buon grado di sicurezza in se stesso e un alto livello di sociabilità, estroversione e dominanza personale.
Ha, infine, un ampio repertorio di stili verbali che consiste nel saper passare rapidamente da uno stile di comunicazione più “maschile” – diretto, assertivo- a uno stile più “femminile” – morbido, empatico e motivante.
1. Il morbidone
Tua mamma lo definirebbe “un brav’uomo” e, a conti fatti, lo è davvero.
Ha un modo di fare amichevole e sorride anche alle battute del tuo collega più scemo; quando è teso, non dà in escandescenze.
Odia il rischio, detesta i conflitti. Sulla scrivania, ha la foto di famiglia, cane incluso; come salvaschermo, ha messo la foto del camper con il quale va in vacanza nello stesso campeggio da vent’anni.
Il suo motto
“La vita è breve” e "Vivi e lascia vivere".
Pro e contro
Con lui, la vita quotidiana in ufficio può essere davvero serena.
Però nei momenti critici è un “mollaccione”: se deve prendere un’improvvisa decisione cruciale, tentenna, se c’è un problema con i grandi capi, non è il tipo che sappia imporsi con le unghie e coi denti (non ce li ha).
Anche se la sua squadra ha centrato tutti gli obiettivi aziendali, non sa strappare un aumento per tutti.
Come gestirlo
Un capo così ha bisogno di sentire attorno a sé un ambiente accogliente. Daglielo. Se lo vedi in difficoltà nelle emergenze, appianagli la strada: proponiti come un problem solver. Te ne sarà grato.
Probabilmente non ti difenderà mai in una guerra aziendale né ti garantirà favolosi aumenti di stipendio, però puoi usare la sua malleabilità come un trampolino per migliorare le tue competenze (non ti ostacola se vuoi frequentare un corso di aggiornamento) e allargare il tuo spazio professionale (è capace di riconoscerti bravura e produttività dandoti maggiore autonomia).
Non metterlo mai in difficoltà davanti ai colleghi pari grado e non creargli mai problemi “politici” con i suoi superiori.
2. Il carrierista
È interessato unicamente a se stesso e alla propria auto-promozione, attività in cui si dimostra più abile e scafato di un politico in campagna elettorale.
Il suo principale obiettivo è far carriera e lui sa bene che per farla, più che lavorare sodo, è importante far lavorare gli altri.
Lui si impegna a crearsi un network di alleanze orizzontali e verticali e a incarnare alla perfezione i valori aziendali condivisi dai grandi capi.
Gioca a golf, a bridge o a qualsiasi cosa giochino i grandi capi. Sceglie i vestiti con la stessa cura di una sarta di Hollywood.
Il suo motto
“Se non sei come Marchionne, non sei nessuno”.
Pro e contro
Tu gli interessi solo come un utile mezzo per il suo avanzamento e il tuo compito è farlo brillare; in altri termini da te si aspetta i risultati o gli strumenti con cui farsi bello.
Se ti dimostri utile sotto questo profilo, non è comunque detto che ti faccia salire con lui in ogni fase della sua scalata: un carrierista non sa che cosa sia la gratitudine.
Ti porta con sé solo se pensa che tu gli tornerai utile in futuro. Se si convince che sei un peso morto, ti elimina o ti trasforma in un capro espiatorio.
Come gestirlo
La strategia migliore con un capo simile è essergli funzionale e per diventarlo ricordati che a un carrierista non serve solo che tu faccia al meglio il lavoro (tuo e suo), ma servono soprattutto informazioni su aspetti collaterali che magari gli sfuggono.
Non fare però il servitore scemo: devi sempre presentargli il conto e cercare di ottenere la contropartita che ti interessa.
Adotta una strategia a medio termine do ut des e quando vuoi ottenere da lui qualcosa scegli la tecnica win-win: quello che tu chiedi e vuoi deve sempre rivelarsi vantaggioso e utile anche per lui.
Se invece pensi che con un uomo del genere non potrai mai lavorare a stretto contatto, chiedi conferme o indicazioni rigorosamente per iscritto ogni volta che si presenta una questione ambigua, controversa o rischiosa.
3. Il Boss Old Style
Dei nuovi stili di leadership non ne vuol sentire parlare. Per lui essere il capo significa comandare.
Non è il tipo che spieghi le proprie decisioni, detesta i brainstorming e raramente sollecita il parere dei sottoposti.
È autoritario, freddo e formale, ha modi di fare che intimidiscono e nessuno sa che cosa potrebbe succedere se qualcuno lo contraddicesse apertamente.
Se ti convoca, ti fa aspettare almeno dieci minuti per principio. Quando ti riceve, non ti mette mai a tuo agio per default.
Il suo motto
“Quando vorrò la tua opinione, te lo farò sapere”.
Pro e contro
Questo manager ha spesso, come un capo-branco, un forte senso del proprio territorio e dei propri uomini ed è assai frequente che adotti verso i sottoposti un’attitudine protettiva.
All’occorrenza ti sa difendere in una guerra aziendale, anche se la sua protettività non assume le classiche forme materne.
Ama la gerarchia, non dimentica mai nulla, tanto meno un torto, ma sa riconoscere l’impegno o le reali competenze.
Apprezza l’assoluta fedeltà delle donne che lavorano nella sua squadra, ma abbastanza spesso mostra un fondo di misoginia.
Come gestirlo
Non scavalcarlo mai, ha bisogno di rispetto e di un riconoscimento della sua leadership non disgiunti dalla considerazione delle sue capacità professionali e personali.
Se hai delle idee nuove, devi fare in modo che queste diventino sue. Dagli sempre conto: lasciarlo all’oscuro sarebbe un errore.
Non cercare visibilità personale e non contraddirlo mai in pubblico: tu puoi solo lavorare come un’eminenza grigia al suo servizio.
4. Il work alcoholic
Arrivi la mattina presto e lui sta già lavorando. Esci la sera tardi e lui sta ancora lavorando.
Non l’hai mai visto chiacchierare alla macchinetta del caffè, mangiare in pausa-pranzo, indugiare alla toilette o fumare di nascosto.
È una perfetta macchina da guerra, non ha mai un cedimento e non sente il bisogno di rilassarsi. Non parla mai della sua vita privata, probabilmente perché non ce l’ha.
Il suo motto
“Purtroppo domani è festa”.
Pro e contro
Professionalmente è un drago. Ama il suo lavoro, è tenace, efficiente, in sintonia con la filosofia aziendale.
I grandi capi lo stimano molto e tutta la squadra ne trae grandi vantaggi.
Il problema è che lui, non avendo una vita privata, non si aspetta di certo che tu ne abbia una.
Pretende che tutti lavorino come lui, senza capire quanto sia essenziale costruirsi una vita decente fuori dall’ufficio.
Come gestirlo
Un capo così è come una parete di cristallo che non offre appigli e che può andare facilmente in pezzi.
Queste persone, infatti, proprio perché non hanno una vita personale sono anche le più a rischio burn out (l’esaurimento o logoramento da eccessivo stress).
La buona notizia è che questa “tossicodipendenza da lavoro” è spesso una fase nella vita di alcuni: con il tempo o si cambia o si scoppia.
L’unica strategia di sopravvivenza consiste nel non farsi travolgere dal suo assurdo stile di lavoro. Come?
Occorre che tu, meglio se assieme a tutta la squadra, lo spinga a una solida programmazione anticipata di goal e scadenze.
Sarà più facile negoziare con lui le ore di straordinario e i sabati lavorativi.
5. Il controllore
Si sobbarca una gran mole di lavoro perché tende a delegare poco.
È ossessionato dai dettagli e come perfezionista patologico, non gli va bene niente.
La sua postazione preferita? In piedi, alle spalle dei sottoposti, alla scrivania.
Il suo motto
“A che punto sei? Fammi dare un’occhiata, anzi due”.
Pro e contro
Se sei giovane e ti piace avere indicazioni chiare e precise sulle tue mansioni, è perfetto: ti insegna i “ferri del mestiere” e ti rassicura sulle procedure che conosci poco.
Se, al contrario, hai molta esperienza, avrai sempre il suo fiato sul collo e una scarsa autonomia.
Come gestirlo
Dietro questo bisogno di controllo, si nasconde insicurezza; un capo così vuole apparire ineccepibile perché non è certo delle sue competenze o del suo lavoro.
Non cercare di sfuggire al suo controllo: è una cosa che lo irrita e tu rischi di ritrovartelo addosso come come una matrigna iperansiosa.
Attrezzati piuttosto per anticiparlo: dagli i feedback prima che te li chieda e non lasciarlo mai all’oscuro.
Il tuo obiettivo primario è dimostrarti affidabile perché ti dia fiducia e qualche spazio in più. Se vuoi far colpo, anticipa le consegne, accorciando i tempi previsti.