I virus, (termine che in latino significa “veleno” o “tossina”) sono microrganismi infinitamente piccoli, così piccoli da non essere visibili né ad occhio nudo né al comune microscopio ottico. Si tratta indubbiamente di esseri viventi capaci di nutrirsi, crescere e riprodursi. Ma non possono essere considerate cellule in quanto il loro DNA o RNA è semplicemente incapsulato in proteine, ed essi mancano di una membrana che possiedono invece tutte le cellule.
Vengono chiamati “parassiti endocellulari obbligatori” perché sono obbligati a vivere nell’interno delle cellule, delle quali utilizzano i processi metabolici per poter sopravvivere. Un tempo i virus venivano distinti unicamente in base alla loro caratteristica di attraversare le candele porose di porcellana (che, invece, fatte attraversare da un liquido infetto, trattengono i batteri, di dimensioni maggiori dei virus). Una volta che vennero nettamente distinti dai batteri, i virus cominciarono con l’essere classificati in base alla loro particolare attrazione verso un determinato tessuto; furono perciò indicati come neurotropi (attrazione per il tessuto nervoso), dermotropi (per la cute), ecc.
Dopo numerosi tentativi di classificare i virus in base ai più diversi criteri e parametri di valutazione, nel Congresso Internazionale di Microbiologia tenutosi a Mosca nel 1966, fu espressamente istituito il Comitato Internazionale per la Nomenclatura dei Virus, il quale approvò uno schema, che è divenuto la base del sistema universale di classificazione, grazie al quale tutti i virus vengono suddivisi in famiglie, generi e specie. Vengono indicati, poi, sottospecie, gruppi, varianti, ecc.
Attualmente i virus vengono classificati essenzialmente in base alla natura dell’acido nucleico (DNA oppure RNA) in essi presente, alla presenza o meno di un rivestimento intorno al capside (cioè all’involucro dei virus, che ha la funzione di proteggere il genoma virale e consentire la loro adesione sui recettori di membrana della cellula ospite) o alla loro sensibilità nei confronti dell’etere. Al mondo esitono circa 5000 diversi tipi di virus noti, ma si stima che possano essere miliardi quelli di cui ancora non si conoscono le caratteristiche: sono infatti tra le entità biologiche più frequenti del pianeta.
Oggi parleremo di 5 virus molto famosi ricordando sempre però che, tutti quanti questi minuscoli microrganismi, sono legati agli esseri umani con un rapporto molto più stretto di quanto non si pensa di solito. Gli esseri umani, infatti, sono il risultato della selezione operata dai virus nel corso di tutta la storia umana. L’adattamento alle malattie infettive ha rappresentato nella storia e ancora rappresenta un valido strumento di selezione naturale e di evoluzione della popolazione umana.
1. Morbillo
Il morbillo è una malattia esantematica (gli esantemi sono eruzioni cutanee), altamente contagiosa, di natura virale. Viene trasmessa attraverso le goccioline di saliva o le secrezioni nasali o faringee del malato durante il periodo prodromico. Il contagio tramite oggetti è molto raro. Prima della disponibilità del vaccino il morbillo era endemico nelle grandi comunità metropolitane ove si manifestava sotto forma di epidemia ogni due - tre anni. Il periodo di contagio va da 2-4 giorni prima della comparsa dell'eruzione sino a tutta la fase acuta: il virus scompare dalla secrezione nasale e faringea quando svanisce l'eruzione. Il soggetto che presenta una lieve eruzione non è più infettante.
Il lattante la cui madre è affetta da morbillo ha ricevuto attraverso la placenta un'immunità che persiste per quasi tutto il primo anno di vita. La malattia prevale in primavera, con frequenza massima tra 1 e 5 anni di età; ma può comparire a tutte le età. Conferisce un'immunità permanente. Particolarmente grave è il morbillo durante la gravidanza, perché può provocare la morte del feto. Il bambino malato può trasmettere la malattia già dal periodo di incubazione (quando il suo morbillo non è ancora noto) sino a 1 settimana dopo la comparsa dei sintomi. Il periodo di incubazione dura da 8 a 14 giorni.
Nel periodo prodromico la febbre rappresenta di solito il primo sintomo e persiste raggiungendo i 38, 5-40°, per poi recedere con la comparsa dell'esantema. Sussistono inappetenza, sete, vomito, nausea, laringite con tosse intensa, insistente, congiuntivite con fotofobia e lacrimazione. E compaiono le tipiche macchie di Köplik: piccole macchie bianche, grandi come una testa di spillo, presenti in circa il 60% dei casi, sulla mucosa della guancia in corrispondenza dei molari inferiori.
Nel periodo esantematico compare un'eruzione (esantema) intorno al 5° giorno di malattia, di colore rosso che rapidamente diventa rosso vivo, intervallato da aree di cute normale. Entro 2-3 giorni l'eruzione è completa. L'esantema compare prima sul volto e dietro le orecchie, poi si estende al torace, all'addome ed infine agli arti. Dura da 4 a 7 giorni e quando ha raggiunto il suo massimo scompaiono, generalmente, la febbre, il malessere e gli altri sintomi. Possono insorgere complicazioni, come ad esempio, otite media purulenta al termine del periodo prodromico e durante l'evoluzione dell'esantema; tracheobronchite che può evolvere in broncopolmonite. La profilassi consiste nell'allontanamento del bambino dagli ambienti infetti, e nella vaccinazione antimorbillosa a partire dal 15° mese che conferisce di solito immunità permanente.
2. Influenza
L'influenza è una malattia dovuta a 3 tipi principali di virus denominati A, B e C, il cui contatto con l'organismo provoca in questo produzione di anticorpi che lo immunizzano contro il singolo virus. Mentre il B ed il C sono piuttosto stabili, l'A mostra un'estrema variabilità (per cui è più difficile prevedere la comparsa di nuovi ceppi e preparare tempestivamente contro di essi un vaccino), ed è il virus che si rende responsabile della maggior parte delle grandi epidemie come l'influenza asiatica, Hong Kong, ecc.
E' rimasta famosa nella storia "l'influenza spagnola" che nel 1918 colpì 500 milioni di persone, causando la morte di 20 milioni di persone. Sia i virus di tipo A che B possono provocare manifestazioni epidemiche, ma solo quelli di tipo A possono dare luogo a epidemie di notevole consistenza e diffondersi rapidamente in tutto il mondo. In Italia l'influenza colpisce ogni anno circa 3,5 milioni di persone.
La trasmissione dei virus influenzali avviene principalmente per diffusione di goccioline (droplets) di secrezioni naso-faringee mediante la tosse e lo starnuto ed è necessario un contatto stretto tra soggetto infetto e suscettibile (distanza inferiore a 1 metro). La malattia esordisce con brividi, febbre, tosse, dolori muscolari, perdita dell'appetito, ai quali seguono starnuti, mal di gola e secrezione nasale di materiale siero-mucoso. Tali sintomi regrediscono di solito nel termine di 4-5 giorni, ma in alcuni casi possono evolvere in polmonite.
La terapia consiste nel riposo a letto in ambiente ben acclimato e aerato, nella dieta leggera, nella somministrazione di acido acetilsalicilico e di analgesici se sono presenti dolori muscolari. Per prevenire eventuali infezioni batteriche si può ricorrere agli antibiotici. La profilasi è resa possibile da vaccini (contenenti ceppi inattivati) allestiti solitamente con i ceppi responsabili dell'influenza degli anni immediatamente precedenti. Risultano, tuttavia, efficaci soltanto in circa il 75% dei casi.
3. Poliomielite
La poliomielite, detta anche malattia di Heine-Medin o paralisi infantile, è un'infezione acuta da virus, contagiosa. E' dovuta a lesione delle cellule nervose situate nel midollo spinale che inviano gli impulsi per i movimenti. E' dovuta al virus poliomielitico, Poliovirus homini, appartenente agli Enterovirus. Di esso si conoscono 3 virus patogeni per l'uomo, immunologicamente differenti tra loro: tipo 1 (Brunhilde), tipo 2 (Lansing), tipo 3 (Leon). Piccolo appena 28 milionesimi di millimetro, penetra nelle cellule nervose e vi si moltiplica con estrema rapidità.
Il virus può trasmettersi attraverso le feci, dalle quali tramite le dita si trasmette direttamente al corpo e agli alimenti. Ma è possibile anche la trasmissione aerea. Dopo un periodo di incubazione di 2-10 giorni e una fase prodromica caratterizzata da febbre elevata, mal di gola o disturbi intestinali, possono non comparire altri sintomi (85% dei casi). Altrimenti questi sono rappresentati da paralisi più o meno estese, che possono andare dall'interessamento di un solo muscolo o di piccoli gruppi di muscoli sino alla paralisi di tutti gli arti. La forma più grave è, naturalmente, la paralisi dei muscoli respiratori.
L'entità dell'interessamento varia in funzione del livello del midollo spinale in cui sono colpite le cellule nervose, nonché del numero di cellule interessate. Tutte le forme di trattamento inventate in passato per la poliomielite sono risultate inefficaci. La forma più efficace di prevenzione è rappresentata dal vaccino, del quale di conoscono 2 varietà: vaccino Sabin (preparato con virus vivi attenuati) e vaccino Salk (con virus uccisi). In Italia, dopo vati decenni durante i quali fu adottato il primo, viene oggi praticata la vaccinazione con il vaccino Salk (all'età di 2,5-3 mesi) in una somministrazione unica e multipla (insieme ai vaccini per la difterite, il tetano, la tosse convulsa, l'epatite B e l'anti-emofilo) che viene poi ripetuta dopo 45-60 giorni, indi dopo altri 45-60 e poi al 3 anni di vita.
La poliomielite è stata quasi totalmente scomparsa dall'Europa e dagli Stati Uniti ma costituisce ancora un grave un rischio per coloro che, non vaccinati, si recano in Africa, Asia o Sudamerica, dove la malattia colpisce ancora tantissime persone.
4. Vaiolo
Il vaiolo è una malattia del passato praticamente scomparsa dal genere umano dopo la drastica adozione di misure profilattiche, principalmente della vaccinazione antivaiolosa realizzata nel 1796 dal medico inglese E. Jenner.
Jenner aveva notato che le mungitrici che vivevano nella sua contea e che avevano contratto la malattia, non grave, denominata vaiolo bovino non si ammalavano neppure quando il vaiolo fosse diffuso in forma epidemica nella comunità. Di conseguenza, il 14 maggio 1796, Jenner usò materiale infettato con il virus del vaiolo bovino, ottenuto da una mungitrice, per inoculare un bambino di otto anni. Il bambino non sviluppò la malattia e questo dimostrò l’efficacia della prima forma di vaccinazione contro il vaiolo Il vaiolo ha un periodo medio di incubazione di 14 giorni.
In un primo periodo, della durata media di 3 giorni, si hanno febbre elevata e un'eruzione di macchie rosse sulla pelle (rash), che scompare in 12-14 ore. Nel secondo periodo la febbre diminuisce e compaiono macchie rosse sul viso, sul tronco, sugli arti, sulle mucose della bocca. Dopo circa 3 giorni ha inizio il terzo periodo, durante il quale le macchie si trasformano in vescicole. In un quarto periodo la febbre aumenta e le vescicole si trasformano in pustole. Infine le pustole si disseccano coprendosi di croste che poi si staccano lasciando cicatrici cutanee spesso retratte (buttero); la febbre diminuisce e scompare verso il 15° giorno.
Quando non provocava la morte, il vaiolo residuava gravi cicatrici deturpanti, specialmente a carico del viso, che lo rendevano particolarmente terribile. Grazie all'uso di tale vaccinazione, adottata universalmente nel mondo a partire dal diciannovesimo secolo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che il vaiolo è stato completamente eradicato dal pianeta, a partire dal 1979.
5. Varicella
La varicella è una malattia esantematica, molto contagiosa e frequente, dovuta al virus "varicella-zoster". Si trasmette attraverso le goccioline di saliva sparse nell'aria o per contatto con indumenti contaminati. E' contagiosa dal primo al sesto giorno dalla comparsa dell'eruzione, e conferisce immunità permanente. Prevale tra i 2 e i 5 anni; di rado colpisce gli adulti, ma in questo caso si presenta molto più grave.
Sebbene la varicella possa conferire immunità per tutta la vita, il virus può rimanere silente anche per decine di anni per poi riattivarsi e provocare herpes zoster. Il periodo di incubazione varia da 14 a 21 giorni, ed è in genere asintomatico.Abitualmente l'esantema (eruzione cutanea) è il primo segno di malattia e tende caratteristicamente a comparire in attacchi successivi: possono quindi essere presenti simultaneamente tutti i vari stadi della sua evoluzione. L'aspetto della cute ricoperta dai vari elementi dell'eruzione è stato paragonato a quello di un "cielo stellato".
L'esantema si estende a tutto il corpo, anche al cuoio capelluto, e vi è eruzione sulle mucose dei genitali e del cavo orale. Gli elementi attraversano i seguenti stadi: macula rossa-papula-vescicola (piena di liquido chiaro)-crosta. Le croste si distaccano tra il 9° e il 13° giorno. Il prurito, dapprima lieve, può diventare molto intenso nello stadio crostoso. La varicella può complicarsi con infezione delle vescicole e raramente con artrite e meningoencefalite.
Per quanto riguarda il trattamento, nel neonato può essere utile la somministrazione di immunoglobuline per prevenire le complicazioni neurologiche. Le vescicole non vanno toccate, ma solo nettate delicatamente e trattate con polveri inerti. Occorre evitare che il bambino le distacchi grattandosi. In caso di infezione delle vescicole si ricorre all'applicazione locale di antibiotici; nei casi più gravi, alla somministrazione di antivirali. La possibilità di contagio comincia già al termine del periodo di incubazione e perdura tutto il periodo sintomatico.
La trasmissione avviene attraverso le goccioline di saliva. La varicella lascia un'immunità che dura tutta la vita. Quanto alla profilassi, nel 1980 è stato messo a punto un vaccino che consente di proteggere non solo contro la varicella, ma anche il più temibile herpes zoster.