Sono ricominciate le lezioni, le interrogazioni e gli esami universitari. Ognuno di noi ha un metodo per capire e memorizzare.
Ma come si impara a imparare? Una domanda a cui è difficile rispondere, tant’è che gli studenti spesso si dibattono tra strategie di studio inefficaci.
Per esempio, sottolineare o usare evidenziatori per mettere in risalto le parole o le frasi di un testo non serve a un gran che: «Sulla base delle prove disponibili, valutiamo l’evidenziazione e la sottolineatura di scarsa utilità», affermano gli autori di una vasta analisi delle ricerche sulle tecniche di apprendimento coordinata dalla Kent State University (Stati Uniti).
Può essere sorprendente scoprirlo se si pensa che tutti, o quasi, hanno avuto tra le mani libri dalle pagine colorate con matite o pennarelli. E chi non ha mai fatto una full immersion in libri e appunti studiando tutto appena prima della prova?
Anche qui la ricerca ha qualcosa da ridire. Va bene rileggere? Si può fare di meglio: «La rilettura è più veloce rispetto ad altre tecniche ma anche molto meno efficace».
Per fortuna, gli psicologi hanno individuato le tecniche più utili. Ecco quali sono, con i pro e i contro di ciascuna.
1. Domandarsi “Perché?”
Gli esseri umani sono curiosi per natura, devono fornire spiegazioni a ciò che li circonda.
E quindi, porsi domande su ciò che si studia aiuta a memorizzare: “Perché ha senso che...?”, “Perché è vero?” o “Perché dovrebbe essere vero per questo e non per altro?”.
Per esempio: “Perché i pinguini trasportano le uova sulle zampe e altri animali non lo fanno?”.
In uno dei primi studi su questa strategia di apprendimento, nota come “interrogazione elaborativa”, alcuni ricercatori dell’Università del Western Ontario (Canada) hanno presentato a studenti universitari una serie di frasi, ad esempio: “L’uomo affamato è salito in macchina”.
Chi di loro è stato invitato a immaginare spiegazioni (“Perché quell’uomo ha fatto questo?”), le ha memorizzate con un’accuratezza del 72%, contro il 37% di chi aveva avuto la soluzione dagli sperimentatori (per esempio: “È salito in macchina per andare al ristorante”) o aveva semplicemente letto le frasi senza cercare spiegazioni.
Le ricerche successive hanno dimostrato gli effetti positivi dell’interrogazione elaborativa su vari contenuti di studio, dall’etologia, alla medicina, fino all’economia.
PRO. Fa riflettere attivamente su ciò che si studia e aiuta a collegare i nuovi contenuti con le conoscenze precedenti.
CONTRO. Non tutti ne traggono uguale beneficio: aiuta di più gli studenti che hanno già una buona conoscenza della materia, probabilmente perché sanno fornire una risposta alle domande e sono facilitati nel dare spiegazioni plausibili e accurate.
2. Mescolare diversi contenuti
Anziché concentrarsi su un argomento o un tipo di problema prima di passare al successivo, a volte può essere meglio mescolarli.
Per esempio, gli studenti di un corso di neuroanatomia potrebbero esercitarsi a riconoscere diverse parti del sistema nervoso studiandole insieme per confrontarle, e quelli di un corso di geometria imparare nello stesso momento varie formule per calcolare le proprietà di oggetti (area, perimetro ecc.) oppure esercitarsi nell’applicare la stessa formula a oggetti diversi.
Questa strategia, detta “pratica interlacciata”, aiuta a imparare ragionando sulle differenze: “Cosa c’è di specifico in questo? In cosa è uguale e in cosa diverso da quest’altro problema (o contenuto)?”.
I suoi vantaggi sono stati riscontrati su vari contenuti: per esempio, ha migliorato l’accuratezza delle diagnosi tramite elettrocardiogramma in studenti di medicina (secondo quanto emerge da uno studio della McMaster University, Usa), la capacità di discriminare artisti con stili diversi (da uno studio dell’Università della Californi a San Diego), l’apprendimento della classificazione degli uccelli (lo dice una ricerca dell’Università della Carolina del Nord) e l’abilità di futuri ingegneri nel comprendere la natura di un guasto in un sistema informatico (da uno studio dell’Università di Twente, Paesi Bassi).
PRO. Facilita l’apprendimento perché incoraggia a discriminare diversi contenuti.
CONTRO. La strategia non è ugualmente adatta a tutti i contenuti di studio. È utile solo quando gli elementi da imparare sono confrontabili e hanno molto in comune: per esempio, dovendo apprendere delle classificazioni (di piante, animali ecc.) la pratica interlacciata funziona se gli esemplari di diverse categorie sono simili perché studiarli insieme fa risaltare le differenze, ma se una categoria è molto eterogenea è meglio concentrarsi solo su quella per cogliere ciò che accomuna i suoi membri.
3. Riassumere
Studiando ci si confronta con grandi quantità di informazioni, il che richiede di identificare i contenuti più importanti e comprendere come si collegano tra loro.
Può essere d’aiuto quindi fare riassunti: sintetizzare i testi (per esempio, i capitoli di un libro) catturandone il “succo”. Per farlo (bene) occorre cogliere il significato di ciò che si è letto e riorganizzarlo.
Se il riassunto è esauriente e fedele al testo (se contiene tutte le informazioni rilevanti e non ne include delle errate) può migliorare le prestazioni soprattutto quando la prova richiede di produrre informazioni (per esempio, rispondere a una domanda o esporre liberamente un argomento), meno nei test a scelta multipla, in cui occorre riconoscere la risposta corretta tra più opzioni.
Dall’analisi delle ricerche sul tema coordinata dalla Kent State University risulta che fare riassunti non è sempre e per tutti ugualmente efficace, ma è comunque preferibile ad altre strategie amate dagli studenti come evidenziare o rileggere.
PRO. Per chi è abile nella sintesi è una tecnica semplice, che non richiede molto tempo e favorisce un apprendimento a lungo termine (le informazioni restano vive in memoria anche dopo diverse settimane).
CONTRO. La sua efficacia dipende dalla qualità del riassunto. Inoltre, i vantaggi della sintesi sono stati osservati principalmente negli studenti universitari.
I più piccoli (ad es. studenti delle medie) possono trarne beneficio solo dopo una specifica formazione.
4. Esercitarsi
Rispondere a domande, come quelle che a volte si trovano alla fine dei capitoli dei libri di testo, completare prove d’esame, risolvere problemi... esercitarsi in prove pratiche è una delle strategie migliori per potenziare l’apprendimento secondo quanto emerge dallo studio condotto dalla Kent State University.
Perché? Per rispondere, l’informazione viene ricercata tra le altre depositate in memoria e questo percorso di recupero la fissa ulteriormente creando anche una corsia preferenziale per andare a richiamarla in seguito (naturalmente, va controllato che le proprie risposte agli autotest siano corrette). I vantaggi sono notevoli.
Lo dimostra, per esempio, una ricerca della Purdue University (Usa) in cui si è verificata l’utilità dei test nell’apprendimento di parole straniere in studenti universitari: dopo una settimana dalla presentazione delle parole, le prestazioni di chi aveva fatto test ripetuti erano migliori del 44% rispetto a quelle di chi si era limitato a studiarle.
PRO. È una strategia molto potente: diverse ricerche indicano che cimentarsi in una o più prove pratiche è notevolmente più efficace che passare solo del tempo sui libri.
CONTRO. Nessuno, più ci si esercita meglio è!
5. Chiedersi “Cosa significa?” e dilazionare lo studio
- Chiedersi “Cosa significa?”
“Che cosa significa per me ciò che ho letto?”, “Quali nuove informazioni mi fornisce? E come si collegano a ciò che già so?”, “C’è qualcosa che ancora non capisco?”.
Domande come queste rientrano nella strategia dell’“auto-spiegazione”, utile non solo per apprendere testi ma anche per risolvere problemi.
Spiegarsi da soli un enigma logico, ragionando sulle diverse alternative, ne facilita la soluzione, come ha dimostrato uno studio del Politecnico di Hatfield (Regno Unito).
Altre ricerche ne hanno verificato l’efficacia con problemi matematici, formule algebriche e teoremi geometrici, e vale persino per l’apprendimento del gioco degli scacchi.
In più, aiuta bambini e ragazzi ad assumere un punto di vista diverso dal proprio.
PRO. La strategia è applicabile a svariate materie di studio ed è stata testata dalla scuola dell’infanzia fino all’università. Favorisce il ragionamento e permette di apprendere nuove informazioni integrandole con quelle già in memoria.
CONTRO. Allunga il tempo da dedicare allo studio.
- Dilazionare lo studio
In genere, gli studenti incontrano gli stessi contenuti studio in più di un’occasione: ascoltandoli a lezione, rivedendo gli appunti, studiando sui libri.
Ma spesso concentrano i loro sforzi in prossimità della prova studiando e ristudiando il materiale in sessioni molto ravvicinate nel tempo.
Un errore: è dimostrato che l’apprendimento è decisamente migliore se lo studio distribuito e non condensato in momenti che si susseguono in stretta successione.
Secondo una ricerca dell’Università di York (Uk), il massimo si ottiene distanziando le sessioni di apprendimento di circa il 10-20% del tempo che manca alla prova.
Ad esempio, per ricordare qualcosa per una settimana i momenti di studio dovrebbero essere distanziati di 12-24 ore, per ricordarlo per 5 anni di 6-12 mesi. Comunque, vale la regola: meglio distanziare un po’ che non farlo per nulla.
PRO. È una strategia davvero efficace: il cervello deve concentrarsi di più per recuperare informazioni già note ma non fresche di lettura e questo rinforza il loro consolidamento in memoria.
CONTRO. Ai molti studenti che si riducono sempre all’ultimo comporta lo sforzo di riorganizzare le proprie abitudini in modo sostanziale.