Se pensavate che l’uomo fosse l’unico animale esibizionista in natura… vi sbagliavate.
Molte creature si sforzano di mimetizzarsi con l’ambiente, altre sembrano adottare comportamenti completamente opposti e altre ancora mettono in atto certi comportamenti davvero inusuali..
Oggi vi mostriamo alcuni dei membri più esibizionisti del regno animale!
1. IL RAGNO PAVONE E IL ROSPO ARLECCHINO
- IL RAGNO PAVONE
I ragni saltatori sono predatori minuscoli ma incredibilmente atletici, capaci a volte di spiccare balzi lunghi venti volte il loro corpo.
L’Australia ospita una specie particolarmente vistosa, il ragno pavone, che mette a frutto l’agilità delle sue zampette per attrarre partner per l’accoppiamento.
Dotati di un fascino che sconfina nella tenerezza, i ragni pavone, lunghi appena 5 millimetri, sono affettuosamente chiamati “gattini dalle zampe lunghe” dagli scienziati che li studiano.
Quando un maschio della specie avvista una potenziale partner, prende posizione davanti a lei e solleva in alto il suo terzo paio di zampe, un gesto che fa spalancare una estensione dell’addome coperta da scaglie iridescenti che formano un disegno.
Poi il maschio comincia a saltellare su e giù e da una parte all’altra per mettere bene in mostra il suo mantello in technicolor e nello stesso tempo solleva e fa vibrare le zampe, che avendo la punta bianca si trasformano in una sorta di “semaforo”.
Tuttavia si tratta di una danza assai pericolosa, perché il volenteroso corteggiatore rischia di diventare il primo pasto che la femmina consumerà dopo l’accoppiamento.
- IL ROSPO ARLECCHINO
I torrenti di montagna dell’America Centrale e Meridionale sono la casa di un anfibio incredibilmente vistoso: il rospo arlecchino, che con le sue livree che vanno dal viola al verde, dal blu all’arancione al giallo spicca come un’insegna al neon accesa.
Il fenomeno, chiamato “colorazione aposematica”, ha lo scopo di scoraggiare i predatori: funziona a tutti gli effetti come un cartello con la scritta “Non vi conviene mangiarmi”.
Il nostro rospo, infatti, è un boccone parecchio indigesto: la sua pelle e le ghiandole che ha sulla gola secernono una delle più potenti neurotossine naturali finora note, capace di uccidere senza difficoltà un essere umano.
Lo sanno bene alcune popolazioni indigene dell’Amazzonia, che impiegano la sostanza nella caccia e in vari rituali dall’esito talvolta fatale.
Anche la scienza medica sta mostrando un interesse crescente per le secrezioni del rospo arlecchino, che potrebbero nascondere il segreto per la nascita di una nuova generazione di farmaci contro il cancro, i disturbi cardiaci e molte altre malattie.
2. IL CLAMIDOSAURO
Questo “piccolo drago” dell’Outback australiano possiede uno dei display più vistosi e grandi (in proporzione al suo corpo) che ci siano nel regno animale.
Un clamidosauro adulto può raggiungere il metro di lunghezza dalla punta del muso alla punta della coda: quando si sente minacciato, spalanca un collare arancione che normalmente giace drappeggiato sulle sue spalle.
Questa appendice, che ricorda un po’ il mantello di Dracula, è larga ben trenta centimetri.
A sostenerla sono alcune ossa a forma di bacchetta collegate allo ioide (l’osso della lingua): se il rettile apre la bocca di colpo, le ossa di drizzano tendendo la pelle e il collare si spalanca. Più la bocca si apre, più il collare si estende.
Alla minaccia visiva il clamidosauro aggiunge in genere un sibilo inferocito, ma nella realtà dei fatti è tutta scena: il nostro rettile è un timido insettivoro che passa gran parte del suo tempo nascosto tra gli alberi di eucalipto.
Quando il collare non basta a intimorire un avversario, il clamidosauro si drizza sulle robuste zampe posteriori e scappa via con una corsa bipede che lo fa somigliare a un minuscolo Velociraptor.
I gesti di difesa che puntano a spaventare o confondere un potenziale predatore si chiamano “comportamenti deimatici”, tuttavia il clamidosauro usa il suo fantasmagorico collare anche negli scontri con altri membri della sua specie.
Nel 2013 un team di scienziati ha osservato che i maschi con il collare di un arancione più vivido avevano maggiori probabilità di dominare sui rivali più pallidi e li battevano in combattimento il 90 per cento delle volte.
3. L’UCCELLO GIARDINIERE
Gli animali possono produrre arte? Per quanto agisca spinto dal puro istinto, l’uccello giardiniere dell’Australia e della Nuova Guinea ci va molto vicino.
I maschi della specie investono enormi quantità di tempo ed energie per costruire sul terreno della foresta elaborate strutture di rametti e foglie, non di rado utilizzando sottili effetti di prospettiva e simmetria.
Lo scopo di tali costruzioni è fungere da arena per attirare le femmine di passaggio.
Quando sono complete, i loro costruttori le adornano con ogni genere di vistoso trofeo che riescono a trovare nella foresta: bacche e fiori variopinti, carapaci iridescenti di scarabei, gusci di lumaca vuoti, ossa sbiancate dagli agenti atmosferici.
Di fatto l’opera non finisce mai: le strutture vengono sottoposte a manutenzione continua e ogni ramo o foglia che si sia spostato viene rimesso nella corretta posizione.
Ogni specie mette in atto un progetto specifico e riconoscibile: l’uccello giardiniere fiammante (Sericulus ardens) che vedete nella foto sotto, per esempio, “dipinge” ogni giorno la sua struttura con uno strato di fango fresco.
Lo sforzo necessario a fare tutto ciò è un buon indicatore della forma fisica dell’uccello all’opera, e, dato che le femmine prendono in considerazione svariati corteggiatori, si direbbe proprio che si impegnino a valutare le doti di ognuno...
E se fossero loro i critici d’arte del mondo degli uccelli?
4. IL TENREC
Nelle isole, si sa, l’evoluzione si scatena senza freni, come elegantemente dimostrato dal tenrec del Madagascar.
Primi mammiferi ad aver raggiunto quel paradiso tropicale millenni or sono, gli antenati di questo animale fecero quel che avevano fatto anche i marsupiali australiani: sviluppare una serie di bizzarre caratteristiche che ricordano talpe, toporagni, ratti, topi e ricci allo stesso tempo.
Il tenrec striato è l’estroverso della famiglia: gira in gruppo nel sottobosco della foresta pluviale a caccia di lombrichi con il suo muso flessibile da toporagno, protetto da aculei (in realtà peli modificati) che possono staccarsi e rimanere infissi nei predatori che lo attaccano.
Oltre a tutto questo, possiede un’altra caratteristica che gli vale un posto ben meritato nel club degli animali più esibizionisti: facendo vibrare gli aculei del collo, produce un ultrasuono simile a quello dei grilli, degli scarabei e delle cavallette.
Nessun altro mammifero al mondo comunica in questo modo.
L’esperto di mammiferi del Madagascar Nick Garbutt ha paragonato questo rumore a quello di “fili d’erba secca sfregati tra loro”: di certo un eufemismo per descrivere uno dei richiami più strani che esistano in natura.
5. ACHRIOPTERA MAROLOKO E METASEPIA PFEFFERI
- ACHRIOPTERA MAROLOKO
Le tremila specie di insetto stecco esistenti al mondo, la maggior parte delle quali abita la foresta tropicale, hanno perfezionato l’arte della sparizione.
Alcuni arrivano a incorporare nel loro camuffamento imitazioni di germogli, rametti spezzati e foglie danneggiate.
Ma, come accade spesso in natura, anche il loro gruppo ha i propri anticonformisti: due specie di insetto stecco gigante scoperte da poco in Madagascar, pur conservando la tipica struttura allungata, ostentano colori sgargianti al posto delle normali pigmentazioni mimetiche.
Dato ancora più curioso, hanno colori opachi finché sono giovani: le tinte vistose si sviluppano solo con la maturità sessuale.
Gli scienziati ipotizzano dunque che lo scopo sia attirare partner per l’accoppiamento.
Una spiegazione alternativa sarebbe che l’insetto accumula sempre più tossine dalla vegetazione di cui si nutre e i colori servono ad avvertire gli uccelli che il suo sapore è pessimo.
In un caso o nell’altro, questi insetti stecco sono senza dubbio i membri esibizionisti di una famiglia famosa per la sua voglia di non farsi vedere.
- METASEPIA PFEFFERI
Come il polpo, la seppia può mutare a volontà colore, forma del corpo e aspetto della pelle.
In un recente libro sui cefalopodi (la classe di molluschi marini a cui appartengono sia le seppie sia i polpi) Peter Godfrey-Smith sostiene che queste creature, oltre a sensi eccezionalmente acuti, possiedano una autoconsapevolezza piuttosto sviluppata.
A permettere loro di cambiare repentinamente aspetto e colore sono i cromatofori contenuti nella loro pelle: cellule elastiche e ricche di pigmento, collegate con il sistema nervoso.
Le seppie sono inoltre capaci di emettere ondate pulsanti di colore che percorrono il corpo, simili alle luci di un nightclub.
Queste capacità metamorfiche estreme si sono verosimilmente evolute a scopo di camuffamento, per poi adattarsi anche a sistema per intimorire o confondere i predatori mentre la seppia si dà alla fuga.
Specie come Metasepia pfefferi, tipica dell’area indo-pacifica, fanno sfoggio di colorazioni straordinarie anche durante il corteggiamento, dando vita a una delle forme di comunicazione visiva più ipnotiche e misteriose del mondo animale.