
Nessuna specie vivente oggi era presente all’epoca dei dinosauri, tra i 246 e i 66 milioni di anni fa. Tuttavia, ci sono diversi animali attualmente in vita le cui radici risalgono ad antenati preistorici dall’aspetto molto simile.
Questo non significa che siano rimasti del tutto immutati; infatti, il loro DNA è cambiato nel corso del tempo a causa di molte trasformazioni evolutive.
Questi organismi (cosiddetti “fossili viventi”) rappresentano un ponte tra il passato preistorico e il presente, offrendo agli scienziati una finestra unica sulla storia della vita sulla Terra. Essi, ci permettono comunque di farci un’idea di come fosse la vita milioni di anni fa, mostrandoci come alcune specie siano riuscite a sopravvivere ai disastri preistorici che hanno portato altri, come i dinosauri, all’estinzione.
Ecco alcuni degli esempi più affascinanti.
1. LIMULIDAE

I Limulidae, comunemente noti come "granchi a ferro di cavallo" o "limuli", sono una famiglia di artropodi marini che affascinano scienziati e appassionati di natura per la loro straordinaria longevità evolutiva.
Questi animali, spesso definiti "fossili viventi", hanno mantenuto una morfologia pressoché invariata per oltre 450 milioni di anni, rendendoli testimoni silenziosi di ere geologiche passate, dal Paleozoico ai giorni nostri. Ciò fa sì che la specie che esiste ancora oggi sia più vecchia dei dinosauri stessi.
I Limulidae appartengono alla classe Merostomata e sono imparentati con gli aracnidi e gli estinti trilobiti. Le loro origini risalgono al periodo Ordoviciano, circa 480 milioni di anni fa, ma è durante il periodo Devoniano, circa 400 milioni di anni fa, che i loro antenati diretti iniziarono a sviluppare la forma caratteristica che ancora oggi possiedono.
Nonostante i cambiamenti climatici, le estinzioni di massa e la competizione con altre specie, i Limulidae hanno saputo adattarsi e sopravvivere, mantenendo una struttura corporea unica e altamente efficiente.
I Limulidae sono facilmente riconoscibili per il loro carapace a forma di ferro di cavallo, che protegge il corpo diviso in tre sezioni: il prosoma (la parte anteriore), l'opistosoma (la parte centrale) e il telson (la coda lunga e appuntita). Il telson, spesso scambiato per una pericolosa arma, è in realtà utilizzato principalmente per raddrizzarsi se capovolti.
Hanno cinque paia di zampe, di cui le prime quattro sono dotate di chele, utilizzate per la locomozione e la manipolazione del cibo. La quinta coppia di zampe, invece, è specializzata per la pulizia delle branchie. I Limulidae respirano attraverso branchie lamellari, strutture simili a pagine di un libro, situate sotto l'opistosoma.
Sono prevalentemente diffusi lungo le coste dell'Oceano Atlantico occidentale e del Golfo del Messico, con una presenza significativa anche nelle acque dell'Asia sud-orientale. Preferiscono acque poco profonde e fondali sabbiosi o fangosi, dove possono nutrirsi di molluschi, vermi e altri piccoli organismi bentonici.
Uno degli aspetti più affascinanti dei Limulidae è il loro rituale di accoppiamento. Durante le alte maree primaverili ed estive, migliaia di esemplari si radunano sulle spiagge per deporre le uova. Le femmine scavano piccole buche nella sabbia, dove depositano fino a 60.000 uova, che vengono poi fecondate dai maschi. Dopo alcune settimane, le uova si schiudono, rilasciando larve che trascorrono i primi stadi della vita nell'acqua prima di svilupparsi in adulti.
Nonostante la loro resilienza evolutiva, i Limulidae affrontano oggi numerose minacce, tra cui la distruzione degli habitat costieri, l'inquinamento e la pesca eccessiva. In alcune regioni, come il Sud-Est asiatico, vengono catturati per uso alimentare o come esca, mettendo a rischio le popolazioni locali. Per questo motivo, sono in corso sforzi di conservazione per proteggere questi antichi abitanti del mare, garantendo la loro sopravvivenza per le generazioni future.
Queste creature sono sopravvissute a diversi disastri di dimensione planetaria, compreso l’impatto dell’asteroide che ha spazzato via i dinosauri. Si pensa che la loro tolleranza a condizioni estreme, come i bassi livelli di ossigeno, li renda a prova di estinzione.
2. ORNITORINCO

L'ornitorinco (Ornithorhynchus anatinus) è uno degli animali più straordinari e enigmatici del pianeta, spesso definito un "fossile vivente" per la sua combinazione unica di caratteristiche primitive e moderne.
Endemico dell'Australia, questo mammifero semi-acquatico rappresenta un vero e proprio puzzle evolutivo, sfidando le nostre comprensioni tradizionali della biologia e della classificazione degli animali.
L'ornitorinco è un mosaico di tratti che sembrano appartenere a diverse specie. Ha un becco simile a quello di un'anatra, una coda piatta come quella di un castoro e zampe palmate che ricordano quelle di una lontra.
Tuttavia, è un mammifero, sebbene deponga uova invece di dare alla luce piccoli vivi, una caratteristica che lo colloca tra i monotremi, un gruppo antico e ristretto di mammiferi ovipari.
Una delle caratteristiche più sorprendenti dell'ornitorinco è la sua capacità di produrre veleno. I maschi possiedono uno sperone cavo sulle zampe posteriori, collegato a una ghiandola velenifera, che usano principalmente durante la stagione riproduttiva per competere con altri maschi. Questo tratto, insolito per un mammifero, lo avvicina più a rettili e anfibi.
L'ornitorinco è diffuso nelle regioni orientali dell'Australia, compresa la Tasmania, dove abita fiumi, laghi e corsi d'acqua dolce. È un abile nuotatore, che passa gran parte della sua vita in acqua, nutrendosi di invertebrati come insetti, crostacei e vermi, che localizza grazie a un sistema di elettroricezione nel suo becco, un'altra caratteristica straordinaria.
L'ornitorinco è considerato un fossile vivente perché rappresenta un ramo antico dell'albero evolutivo dei mammiferi. I suoi antenati risalgono a oltre 166 milioni di anni fa, durante il periodo Giurassico, quando i mammiferi stavano appena iniziando a diversificarsi. Nonostante i milioni di anni di evoluzione, l'ornitorinco ha mantenuto molte caratteristiche primitive, offrendo agli scienziati uno sguardo unico sulle origini dei mammiferi.
L'ornitorinco è un soggetto di grande interesse per la ricerca scientifica. Il suo genoma, sequenziato nel 2008, ha rivelato una combinazione unica di geni, con elementi tipici dei mammiferi, dei rettili e persino degli uccelli. Questo lo rende un modello prezioso per studiare l'evoluzione dei mammiferi e la plasticità genetica.
3. TUATARA

Il tuatara (Sphenodon punctatus) è uno dei rettili più affascinanti e unici al mondo, spesso definito un "fossile vivente" per la sua straordinaria somiglianza con i suoi antenati preistorici.
Endemico della Nuova Zelanda, questo rettile rappresenta l'unico sopravvissuto dell'ordine Rhynchocephalia, che fiorì oltre 200 milioni di anni fa, durante l'era dei dinosauri.
Il tuatara ha un aspetto che ricorda una lucertola, ma appartiene a un lignaggio evolutivo distinto. Una delle sue caratteristiche più notevoli è la presenza di un "terzo occhio", noto come occhio parietale, situato sulla sommità del cranio.
Questo organo, sebbene non funzioni come un occhio vero e proprio, è sensibile alla luce e potrebbe svolgere un ruolo nella regolazione dei ritmi circadiani e della temperatura corporea.
Un'altra peculiarità del tuatara è la sua longevità: può vivere oltre 100 anni, con alcuni individui che raggiungono i 120 anni. Inoltre, ha un metabolismo lento e una crescita estremamente graduale, caratteristiche che contribuiscono alla sua impressionante durata di vita.
Il tuatara è endemico della Nuova Zelanda, dove abita principalmente su piccole isole al largo della costa. Queste isole offrono un ambiente protetto, lontano dai predatori introdotti dall'uomo, come ratti e gatti, che hanno decimato le popolazioni di tuatara sulla terraferma. Preferisce habitat rocciosi e costieri, dove può trovare rifugio in tane scavate nel terreno.
Ha un ciclo riproduttivo insolito. Le femmine depongono uova solo ogni 2-5 anni, e le uova impiegano fino a 16 mesi per schiudersi, uno dei periodi di incubazione più lunghi tra i rettili.
La temperatura di incubazione determina il sesso dei piccoli: temperature più basse producono femmine, mentre temperature più alte favoriscono la nascita di maschi. Questo fenomeno, noto come determinazione del sesso dipendente dalla temperatura, è particolarmente rilevante in un'epoca di cambiamenti climatici.
Nonostante la sua resilienza, il tuatara è classificato come specie vulnerabile. La distruzione dell'habitat, l'introduzione di predatori invasivi e i cambiamenti climatici rappresentano minacce significative. Programmi di conservazione, come la riproduzione in cattività e il trasferimento su isole protette, hanno contribuito a stabilizzare alcune popolazioni, ma la protezione a lungo termine richiede sforzi continui.
4. COCCODRILLI E SYNTEXIS LIBOCEDRII

- COCCODRILLI
Oggi esistono più di due dozzine di specie di coccodrilli, tra cui veri e propri coccodrilli, alligatori, caimani e gaviali.
Tutte queste varietà attuali condividono un antenato comune che visse accanto ai dinosauri nel tardo Cretaceo, circa 80 milioni di anni fa, e che somigliava molto agli odierni coccodrilli.
Come loro, trascorreva la maggior parte del tempo sulle rive di specchi d’acqua, prendendo il sole e aspettando che ignare prede entrassero nel suo dominio.
Sebbene si dica che siano dinosauri viventi, in realtà i coccodrilli di oggi sono molto diversi dai loro antichi predecessori che apparvero per la prima volta nel tardo Triassico.
Alcuni, come il litargosuchus, avevano una corporatura snella, simile a quella di un levriero, e inseguivano piccole prede sulla terraferma come lupi; altri, come il sarcosuchus, raggiungevano lunghezze colossali, fino a 12 metri, ed erano in grado di trascinare in acqua dinosauri di grandi dimensioni.
Questa diversità di forme e comportamenti ha portato alcuni scienziati a ritenere che “fossile vivente” sia un’etichetta inappropriata per questa specie.
Sì, i coccodrilli di oggi possono sembrare preistorici, ma hanno compiuto un lungo percorso evolutivo dalle origini dei loro antenati nel tardo Triassico e potrebbero continuare a mutare, man mano che i cambiamenti climatici li costringeranno ad adattarsi.
- SYNTEXIS LIBOCEDRII
Questa piccola vespa, lunga 1 cm, è l’unica specie rimasta di una famiglia di insetti che, nel Giurassico medio, circa 165 milioni di anni fa, contava quasi 50 specie.
Le odierne syntexis libocedrii sono endemiche delle montagne della California centrale (Usa) e della Columbia Britannica (Canada), mentre i loro antenati erano diffusi in tutta l’Eurasia, che all’epoca si trovava più vicina al Nord America ed era collegata a quest’ultimo da una serie di isole.
Queste vespe sono note per deporre le uova nei cedri bruciati, a volte mentre questi stanno ancora fumando. Una volta schiuse, le larve cilindriche emergono e iniziano a scavare nel legno, nutrendosene man mano.
Trascorrono fino a tre anni in questo stadio larvale prima di trasformarsi in adulti, fase che dura solo pochi giorni. Il loro ciclo di vita è strettamente legato agli incendi e, dopo tali eventi, sono in grado di riprodursi in massa, al punto da causare danni economici significativi alle scorte di legno di cedro.
Syntexis libocedrii è una finestra sul passato, un testimone vivente di un'era in cui i dinosauri dominavano la Terra. La sua sopravvivenza fino ai giorni nostri è un promemoria della straordinaria capacità della natura di adattarsi e resistere.
Proteggere questa specie significa non solo salvaguardare la biodiversità, ma anche preservare un pezzo di storia evolutiva che continua a ispirare e stupire.
5. EQUISETUM E DIPNOI

- EQUISETUM
L'Equisetum, comunemente noto come "coda di cavallo", è una pianta vascolare unica che rappresenta un vero e proprio fossile vivente. Appartenente all'ordine delle Equisetales, questa pianta affascina botanici e paleontologi per la sua straordinaria somiglianza con i suoi antenati preistorici, che dominavano i paesaggi del Paleozoico, oltre 300 milioni di anni fa.
L'Equisetum è facilmente riconoscibile per il suo fusto segmentato, cavo e ricco di silice, che gli conferisce una consistenza ruvida. Le foglie, ridotte a squame, sono disposte in verticilli intorno ai nodi del fusto, creando una struttura distintiva. La pianta si riproduce attraverso spore, rilasciate da coni posti all'apice degli steli, un metodo primitivo rispetto alla riproduzione tramite semi delle piante più moderne.
Una delle caratteristiche più notevoli dell'Equisetum è la sua capacità di accumulare silice nei tessuti, rendendolo estremamente resistente e abrasivo. Questa proprietà lo ha reso utile in passato per la pulizia di pentole e strumenti, da cui il nome comune "coda di cavallo".
Gli antenati dell'Equisetum, noti come Calamites, erano piante gigantesche che raggiungevano altezze di oltre 30 metri durante il periodo Carbonifero, circa 300-350 milioni di anni fa. Queste piante dominavano le foreste preistoriche, contribuendo alla formazione dei vasti depositi di carbone che oggi utilizziamo come risorsa energetica.
Nonostante i cambiamenti climatici e le estinzioni di massa, l'Equisetum ha mantenuto una morfologia sorprendentemente simile ai suoi antenati, sopravvivendo fino ai giorni nostri.
L'Equisetum è diffuso in tutto il mondo, prediligendo ambienti umidi come paludi, rive di fiumi e zone boschive. È una pianta estremamente adattabile, capace di crescere in terreni poveri e in condizioni ambientali difficili, grazie alla sua resistenza e alla capacità di riprodursi sia tramite spore che attraverso rizomi sotterranei.
Nonostante la sua resilienza, l'Equisetum è minacciato dalla distruzione degli habitat umidi e dall'inquinamento delle acque. La conservazione di queste piante è essenziale per mantenere la biodiversità e proteggere un legame vivente con il passato preistorico della Terra.
L'Equisetum è una testimonianza vivente della straordinaria longevità della vita vegetale. La sua sopravvivenza attraverso milioni di anni di cambiamenti climatici e geologici è un promemoria della resilienza della natura.
Proteggere questa pianta unica significa non solo preservare una specie antica, ma anche mantenere un legame con un'era remota che continua a ispirare e stupire.
- DIPNOI
Conosciuti anche come coanoitti o pesci polmonati, appartengono a un antico gruppo comparso nel Devoniano inferiore, oltre 410 milioni di anni fa. Si tratta di un periodo
caratterizzato dalla comparsa di due grandi tipi di pesci ossei: quelli con pinne a raggiera e quelli con pinne a lobo.
Come gli altri pesci con pinne lobate, i dipnoi sono dotati di appendici simili ad arti e di polmoni che permettono loro di respirare aria e sopravvivere a periodi di siccità.
Pur essendo antichi e rimasti in gran parte immutati per centinaia di milioni di anni, sono tutt’altro che “primitivi”. I loro polmoni sono suddivisi in numerosi sacchi d’aria
più piccoli, il che massimizza la superficie disponibile per lo scambio di gas. La maggior parte dei dipnoi moderni ha due polmoni, con l’eccezione del pesce polmonato australiano, che ne possiede uno solo.
Oggi si conoscono sei specie, che vivono in Africa, Sud America e Australia. A differenza dei loro antenati, i pesci polmonati moderni sono confinati in ambienti di acqua dolce.
Durante il Devoniano, erano invece diffusi in tutto il mondo e convivevano con molti dei loro stretti parenti con pinne lobate, inclusi i tetrapodi che in seguito avrebbero conquistato la terraferma, diversificandosi in anfibi, rettili, dinosauri, uccelli e mammiferi.

